Vizi della cosa venduta e la relativa garanzia

vizi della cosa venduta

L’art. 1490 primo comma C.c., nel prevedere a carico del venditore la garanzia per i vizi della cosa venduta che rendano la stessa inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (c.d. vizi redibitori) e nel consentire che tale garanzia sia esclusa a mezzo di apposita deroga pattizia, stabilisce tuttavia al secondo comma che “Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa“.

Quest’ultima disposizione, che pone un limite all’autonomia negoziale a tutela del contraente ritenuto più debole, sottintende la condotta del venditore che trae in inganno il compratore, tacendo consapevolmente i vizi che presentava la cosa venduta.

La condotta del venditore, presupposta dalla norma, sembra perciò configurarsi come una sorta di raggiro posto in essere tramite il callido silenzio ai danni del compratore, il quale, per tale via, viene indotto ad accettare la clausola di esonero del venditore dalla garanzia per i vizi della cosa venduta, che altrimenti non avrebbe accettato.

Se così è, si comprende bene come, nel quadro della norma in esame, non possa trovare spazio il caso in cui il venditore non sia a conoscenza, sia pure per colpa grave, dei vizi della cosa venduta.

In questo caso, infatti, la condotta del tacere sarebbe conseguenza della ignoranza (sia pure colposa) dei vizi, e non della consapevole condotta decettiva richiesta dalla legge.

La giurisprudenza di legittimità ha statuito che, in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, la mala fede del venditore, ai sensi dell’art. 1490 cpv. C.c., sussiste quando egli conosceva o avrebbe potuto conoscere usando l’ordinaria diligenza i vizi della cosa venduta.

Tuttavia, tale precedente non tiene conto del fatto che il silenzio del venditore sui vizi della cosa venduta può assumere valenza ingannatoria solo se l’alienante aveva conoscenza di tali vizi; altrimenti, nessuna volontà decettiva può ravvisarsi nel silenzio e nessun rilievo tale silenzio può assumere sul piano della verifica della lealtà della condotta nello svolgersi della contrattazione giuridica.

Né coglierebbe nel segno l’osservazione di chi volesse estendere al campo della garanzia per vizi della cosa venduta il disposto dell’art. 1147 secondo comma C.c., a tenore del quale ” La buona fede non giova se l’ignoranza dipende da colpa grave“; trattasi infatti di disposizione il cui ambito applicativo appare limitato al campo possessorio e che, comunque, non si attaglia alla condotta di callido silenzio richiesta dall’art. 1490 secondo comma C.c.

La diversità concettuale tra “mala fede” e “colpa grave” è peraltro fatta propria dallo stesso legislatore, il quale non a caso, ove ha inteso riferirsi ad entrambe, vi ha fatto espresso riferimento (così, ad es., nell’art. 96 C.p.P.).

Né vale invocare l’applicazione dell’art. 1229 C.c. a tenore del quale “È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave”.

Trattasi di disposizione di carattere generale che è derogata, nello specifico campo della esclusione della garanzia per i vizi della cosa venduta, dall’art. 1490 cpv. C.c., norma quest’ultima che pertanto prevale sulla prima, alla stregua del principio “lex specialis derogat legi generali”.

D’altra parte, il fatto che l’art. 1490 cpv. esiga la mala fede del venditore, e non si accontenti della colpa grave, trova spiegazione nel fatto che tale disposizione è dettata con riferimento al momento della conclusione dell’accordo negoziale e mira a salvaguardare la genuinità dello scambio dei consensi; a differenza dell’art. 1229 C.c., che invece detta una norma che ha riguardo allo svolgimento del rapporto obbligatorio e all’adempimento delle obbligazioni già pattuite.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, sul punto va enunciato il seguente principio di diritto:

“in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, l’art. 1490 secondo comma C.c., secondo cui il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto se il venditore ha in nulla fede taciuto al compratore i vizi della cosa, presuppone che il venditore abbia raggirato il compratore tacendo consapevolmente i vizi della cosa venduta dei quali era a conoscenza, inducendolo così ad accettare la clausola di esonero dalla garanzia che altrimenti non avrebbe accettato; ne deriva che non rientra nella sfera di applicazione della norma il caso in cui il venditore sia rimasto all’oscuro dei vizi della cosa venduta ancorché per sua colpa grave”.

Corte di Cassazione Civile Sent. Sez. 2 Num. 9651 Anno 2016

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