La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la fattispecie delittuosa della violenza sessuale ex art. 609 bis C.p. nell’ipotesi di una visita ginecologica effettuata con inganno della vittima da un finto ginecologo.
Nel caso di specie l’imputato, qualificandosi come ginecologo, aveva tratto in inganno le persone offese, inducendole a subire atti sessuali. La presunta vista ginecologica si era realizzata con ispezione manuale della vagina e palpeggiamento dei seni.
Deve configurarsi la fattispecie criminosa di cui all’art. 609 bis C.p. allorché la condotta si concreti in una illegittima violazione della sfera della libertà sessuale della vittima posta in essere dall’autore con la consapevolezza dell’azione che compie indipendentemente dal fatto che lo stesso ne tragga un appagamento della propria libido.
Secondo l’ormai consolidato indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità, infatti, la condotta, posta in essere intenzionalmente, che invada la sfera sessuale della persona offesa, integra il reato di cui all’art. 609 bis C.p. anche nel caso in cui sia ispirato da una finalità diversa da quella a sfondo sessuale, quale ad esempio la volontà di infliggere umiliazioni o uno scopo vendicativo, (Cass., Sez. 3, sentenza n. 39710 del 21/09/2011; conf. Cass., sentenze n. 4402 del 2000, n. 7772 del 2000, n. 33464 del 2006, n. 35625 del 2007, n. 28815 del 2008, n. 39718 del 2009, n. 21336 del 2010).
Quanto all’elemento soggettivo del reato di violenza sessuale esso è costituito dal dolo generico e, pertanto dalla coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona non consenziente, restando pertanto irrilevante l’eventuale fine ulteriore propostosi dal soggetto agente, (Cass., Sez. 3, sentenza n. 39718 del 17/06/2009, conf. sentenze n. 4402 del 2000, n. 28815 del 2008).
Nel caso in esame, pertanto, l’ispezione in vagina operata dall’imputato nei confronti delle persone offese con il dito della mano nuda integra la fattispecie criminosa di cui alla contestazione, essendo in re ipsa anche l’elemento volitivo che la caratterizza.
Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 14 maggio 2013, n. 20754.