Violenza sessuale per induzione
Nel caso di specie la Corte territoriale ha ritenuto configurabile il reato di violenza sessuale per induzione contestato all’imputato (art. 609 bis comma 2 nn 1 e 2 cod. pen.) ritenendo comprovata una duplice attività induttiva da parte dello stesso: quella di indurre in inganno la persona offesa spacciandosi come fotografo professionista e quella di far ingerire alla minore dell’alcool in modo da renderla più disinibita e così invogliarla a soddisfare i propri impulsi sessuali.
Quanto al primo profilo della condotta induttiva, va rammentato che secondo la consolidata e condivisibile giurisprudenza di legittimità, l’ipotesi di violenza sessuale per induzione contemplata dall’art. 609 bis secondo comma n. 2 cod. pen. (che punisce chi induce taluno a compiere o a subire atti sessuali “traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona“) è integrata non solo dallo scambio fisico fra persone ma anche dall’ipotesi in cui l’agente si sia attribuito un falso stato o false qualità, interpretandosi il concetto di sostituzione di persona conformemente alla nozione fornita dall’art 494 cod. pen. (“sostituzione della propria all’altrui persona ovvero attribuzione a sé o ad altri di un falso nome o di un falso stato ovvero di una falsa qualità cui la legge attribuisce effetti giuridici“).
In particolare, la Corte di legittimità ha ritenuto integrato il reato in questione anche dalla falsa attribuzione di uno status professionale: Sez.3, n.20578 del 06/05/2010 – in una fattispecie nella quale l’imputato aveva convinto la vittima a sottoporsi ad una visita ginecologica “tantrica” qualificandosi come medico ginecologo, qualifica di cui non era in possesso – ha affermato che il reato di induzione a compiere o subire atti sessuali con l’inganno per essersi il reo sostituito ad altra persona è integrato anche dalla falsa attribuzione di una qualifica professionale, rientrando quest’ultima nella nozione di sostituzione di persona di cui all’art. 609 bis cod. pen.; in caso sovrapponibile a quello in esame, Cass., Sez 3, 15 gennaio 2001 n. 250, non mass, ha ritenuto integrato il reato in questione in una fattispecie nella quale la condotta induttiva mediante inganno era consistita nel presentarsi in qualità di fotografo con il pretesto di procurare alle persone offese occasioni di lavoro nel mondo dello spettacolo, così inducendole a compiere e subire atti sessuali.
Destituita di fondamento è la lettura restrittiva dell’art. 494 cod. pen. in relazione alla nozione di “qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici“, che dovrebbe limitarsi alle sole attività professionali il cui esercizio è sottoposto a disciplina legale attraverso l’iscrizione ad apposito albo.
La Corte Suprema ha già chiarito, infatti, in relazione alla configurabilità del reato di cui all’art. 494 cod. pen., che la professione va considerata in senso ampio come qualità personale cui la legge attribuisce effetti giuridici in quanto individua un soggetto nella collettività sociale (Cass., Sez. 2, n. 674 del 22 gennaio 1987; Sez. 5, n. 3645 del 21 gennaio 1999; Sez.2, n.30229 del 05/06/2014).
Quanto al secondo profilo della condotta, giova ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, è pacifico che tra le condizioni di “inferiorità psichica” rientrino anche quelle conseguenti all’ingestione di alcolici o all’assunzione di stupefacenti (cfr Sez.3, n.39800 del 21/06/2016; Sez.3, n.38059 del 11/07/2013; Sez.3, n. 40565 del 19/04/2012; Sez. 3, n. 30547 del 15/07/2011; Sez. 3, n. 1183 dei 23/11/2011; Sez. 3, n. 2646 del 27/01/2004); anche in tal caso, infatti, si realizza quel doloso sfruttamento, da parte dell’autore del reato, delle condizioni di menomazione della vittima, la quale viene così strumentalizzata con l’obiettivo di accedere alla sua sfera intima a fini di soddisfacimento degli impulsi sessuali, che rappresenta la ratio della fattispecie in oggetto.
Corte di Cassazione, Sez. III Penale, 13 dicembre 2017, n. 55481