La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente il delitto di violenza sessuale, ex art. 609-bis C.p., mediante l’utilizzo della rete internet o di altri mezzi di comunicazione, pur in assenza di contatto fisico tra le parti.
Nel caso di specie si contesta all’imputato la violazione dei reati ex art. 609-bis e 609-ter C.p. per aver scritto una serie di messaggi di whatsapp allusivi e sessualmente espliciti ad una ragazza, minore di età, costringendola a scattarsi foto e ad inoltrare una foto senza reggiseno nonché a ricevere una foto ritraente il membro maschile e commentarla, sotto la minaccia di pubblicare la chat su instagram e su pagine hot.
In particolare, si contesta che, in assenza di incontri con la persona offesa o di induzione a pratiche di autoerotismo o altre pratiche sessuali via chat, sarebbe difettato l’atto sessuale volto al soddisfacimento dei propri impulsi, potendo la condotta ricondursi, al limite, nell’alveo dell’art. 609-undecies C.p. (adescamento di minorenne allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600 bis, 600 ter e 600 quater). Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione. Con il reato di violenza sessuale ex art. 609 bis C.p., si punisce “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali,…ovvero chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona”.
Occorre affermare, così come sottolineato dal Tribunale del riesame nel caso di specie, che la violenza sessuale risulta pienamente integrata, pur in assenza di contatto fisico con la vittima, quando gli atti sessuali coinvolgono la corporeità sessuale della persona offesa e sono finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale.
Ed invero, la giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. 3, n. 8453 del 14/06/1994) ha qualificato come tentativo di violenza carnale (e non come diffamazione aggravata) il fatto di chi, minacciando, e poi attuando la minaccia, di inviare ai parenti di una donna foto compromettenti scattate in occasione di incontri amorosi con lei precedentemente avuti, tenti di costringerla ad ulteriori rapporti sessuale, non rilevando l’assenza di qualsivoglia approccio fisico, in quanto con l’effettuazione della minaccia, diretta a costringere la persona offesa alla congiunzione, iniziava comunque l’esecuzione materiale del reato; analogamente (Cass., Sez. 3, n. 12987 del 03/12/2008), ai fini della configurabilità del tentativo di atti sessuali con minorenne nel caso in cui il contatto tra il reo ed il minore avvenga mediante comunicazione a distanza, è necessario accertare, da un lato, l’univoca intenzione dell’agente di soddisfare la propria concupiscenza e, dall’altro, l’oggettiva idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione sessuale della vittima (fattispecie in cui il reo aveva inviato a mezzo telefono cellulare un SMS ad un minore nel tentativo di indurlo a compiere sulla propria persona atti di autoerotismo).
Più recentemente, la giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. 3, n. 19033 del 26/03/2013) ha affermato, con ampi riferimenti alla giurisprudenza già formatasi sul tema, che nella violenza sessuale commessa mediante strumenti telematici di comunicazione a distanza, la mancanza di contatto fisico tra l’autore del reato e la vittima non è determinante ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di minore gravità. Ha ravvisato l’integrazione del reato di cui all’art. 609-quater C.p. nella condotta di richiesta ad un minorenne, nel corso di una conversazione telefonica, di compiere atti sessuali, di filmarli e di inviarli immediatamente all’interlocutore, non distinguendosi tale fattispecie da quella del minore che compia atti sessuali durante una video-chiamata o una video-conversazione, (Cass., Sez. 3, n. 17509 del 30/10/2018).
Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, n. 25266 del 2020