Il reato di stalking condominiale scaturisce da una interpretazione di diritto parametrata sull’articolo 612-bis C.p. qualora la condotta contestata si realizzi nell’ambito di aspri contrasti condominiali.
Ne consegue che lo stalking condominiale conserva tutti gli elementi della suindicata norma in ordine al reato di atti persecutori (“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita“).
Spesso però si contesta il reato di stalking in quanto gli scontri tra le parti in ambito condominiale sono reciproci, e per la sussistenza del reato de quo occorre uno sbilanciamento tra le parti. Sul punto cit. Cass., Sezione 5, Penale, Sentenza, 23/01/2020, n. 2726: “Esso, in primo luogo, parte da un presupposto esegetico – quello dell’impossibilità di configurare il reato di stalking in caso di reciprocità delle condotte – che non è quello recepito nella giurisprudenza di questa Corte. Ed invero, quand’anche le odierne persone offese avessero attuato anch’esse condotte eteroaggressive nei confronti dell’imputato, ciò non legittimerebbe sic et simpliciter l’esclusione del reato, ma imporrebbe solo un più accurato onere di motivazione in capo al Giudice di merito (Cass., Sez. 3, n. 45648 del 23/05/2013; Cass., Sez. 5, n. 17698 del 05/02/2010)“.
Nel caso di specie il giudice di secondo grado ha preso atto dell’esistenza di contrasti reciproci di natura condominiale, ma ne ha logicamente neutralizzato la rilevanza a discarico, ponendoli a raffronto con i comportamenti violenti e prevaricatori attribuiti all’imputato, di tale rilevanza da determinare nelle odierne persone offese la modifica delle proprie abitudini di vita (si pensi alla necessità di uscire in due e, per il minore, di farsi accompagnare sull’uscio di casa da amici) e addirittura la scelta estrema, per un nucleo familiare, di lasciare la propria abitazione e di trasferirsi altrove, anche se per un certo periodo di tempo. Inoltre veniva riconosciuta per tutti gli imputati la circostanza aggravante dei futili motivi. Secondo la giurisprudenza di legittimità la circostanza aggravante dei futili motivi sussiste ove la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento. (Cass., Sez. 1, n. 16889 del 21/12/2017; Cass., Sez. 5, n. 38377 del 01/02/2017).(Cass., 23 gennaio 2020, n. 2726).