L’art. 581 C.p.P., (Forma dell’impugnazione), come modificato dalla Legge 23 giugno 2017, n. 103, stabilisce la specificità dei motivi di appello, a pena di inammissibilità ex art. 591, comma 1, lett. c):
L’impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, con l’enunciazione specifica, a pena di inammissibilità:
a) i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione;
b) delle prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea valutazione;
c) delle richieste, anche istruttorie;
d) dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Tale norma si ricollega all’a 546 C.p.P. con riguardo ai Requisiti della sentenza.
Sotto il profilo pratico l’inammissibilità dell’appello sussiste, in linea con gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, qualora i motivi proposti risultano:
I. del tutto generici in quanto riproducenti pedisseque censure già valutate e disattese con idonei argomenti giuridici;
II. ampiamente inidonei a confutare le argomentazioni spese dal giudice di primo grado ovvero a disarticolare il corretto ragionamento probatorio;
III. assolutamente privi di specifici rilievi critici avverso i capi ed i punti della sentenza impugnata nonché di qualsivoglia indicazione della loro rilevanza per la possibile emissione di una pronuncia in senso contrario rispetto a quella di primo grado;
IV. in ogni caso, carenti di elementi a sostegno per una rivisitazione degli elementi in fatto.
Il requisito della specificità dei motivi di appello si ricollega al giudizio successivo ovvero al giudizio di Cassazione, sempre sotto il profilo dell’ammissibilità.
Il contrasto che le Sezioni Unite Galtelli (sent. n. 8825 del 27/10/2016) erano state chiamate a comporre, oscillava tra due indirizzi interpretativi. Un primo indirizzo favorevole ad un diverso “metro di valutazione” circa l’ammissibilità dei motivi di appello rispetto al ricorso per cassazione che proponeva di valutare il requisito della specificità dei motivi di appello in modo meno stringente e in ogni caso diverso rispetto alla specificità richiesta ai motivi di ricorso per cassazione: orientamento che faceva leva sul principio generale del favor impugnationis, valorizzando al contempo anche la sostanziale diversità strutturale dei due giudizi e ponendo in luce altresì la differente funzione dei motivi di ricorso nella delimitazione della cognizione dei due diversi giudizi.
L’indirizzo in parola non negava la necessità di un rigoroso sindacato sulla c.d. “genericità intrinseca” dei motivi ma valorizzava esclusivamente la necessità che l’atto di appello fosse valutato nel suo complesso al solo fine di apprezzarne la completezza e la sua idoneità a dare impulso al grado di giudizio successivo.
All’opposto, si riteneva che, accanto alla valutazione della “genericità intrinseca“, doveva aggiungersi quella della c.d. “genericità estrinseca” dei motivi di appello, di tal che doveva ritenersi inammissibile l’appello che non metteva in correlazione i motivi di gravame con le ragioni di fatto o di diritto su cui si fondava la sentenza impugnata. In posizione intermedia tra i due orientamenti si poneva quello che faceva perno sulla diversità strutturale dei due giudizi per escludere che la riproposizione di questioni già esaminate e disattese in primo grado fossero per ciò stesso causa di inammissibilità dell’appello che, a detta di tale orientamento, avrebbe per contenuto l’integrale rivisitazione del punto “attaccato“, con gli stessi poteri del primo giudice e a prescindere dalle ragioni dedotte in sede di gravame.
L’orientamento accolto dalle Sezioni Unite riconosce invece la “sostanziale omogeneità” della valutazione sulla “specificità estrinseca” dei motivi di appello e dei motivi di ricorso per cassazione. Omogeneità che traspare in primo luogo dalla struttura del giudizio di appello.
Si è ritenuta, infatti, esserci “perfetta equiparazione” tra appello e ricorso per cassazione in punto di specificità dei motivi di censura e ciò discenderebbe intanto dalla natura del giudizio di appello che non è da intendere come un “nuovo giudizio” ma semplicemente come «uno strumento di controllo o, rectius, di censura su specifici punti e per specifiche ragioni, della decisione impugnata. Il tutto con la necessaria e prevedibile conseguenza che l’impugnazione «deve esplicarsi attraverso una critica specifica, mirata e necessariamente puntuale della decisione impugnata e da essa deve trarre gli spazi argomentativi della domanda di una decisione corretta in diritto e in fatto» (in questi termini, già Cass., Sez. 6, n. 13621 del 06/02/2003).
Le Sezioni Unite Galtelli hanno ritenuto questo orientamento come il più coerente con il piano normativo.
Invero, se la diversità strutturale tra i giudizi di appello e di cassazione deve indurre ad escludere che la riproposizione di questioni già esaminate e disattese in primo grado sia di per sé causa di inammissibilità dell’appello, è però altrettanto vero che l’appello, in quanto soggetto alla disciplina generale delle impugnazioni, deve essere connotato da motivi caratterizzati da specificità: le censure mosse, cioè, devono essere basate su argomenti che siano strettamente collegate agli accertamenti della sentenza di primo grado. D’altro lato, se il sindacato sull’ammissibilità dell’appello, condotto ai sensi degli artt. 581 e 591 C.p.P., non può ricomprendere – a differenza di quanto avviene per il ricorso per cassazione (art. 606, comma 3, C.p.P.) o per l’appello civile – la valutazione della manifesta infondatezza dei motivi di appello, non essendo la manifesta infondatezza espressamente menzionata da tali disposizioni quale causa di inammissibilità dell’impugnazione (di tal che, il giudice d’appello non potrà fare ricorso alla speciale procedura prevista dall’art. 591, comma 2, C.p.P., in presenza di motivi che siano manifestamente infondati e tuttavia caratterizzati da specificità intrinseca ed estrinseca), è altrettanto vero che il “rigore” sulla specificità delle censure deve involgere (oltre, eventualmente al diritto) il fatto nella sua complessità e deve sostanziarsi in “una precisa esposizione degli elementi a sostegno e (in) una puntuale confutazione della motivazione della sentenza impugnata … con adeguata prospettazione delle “ragioni della loro rilevanza nel caso concreto“, non essendo sufficiente, ai fini del superamento dello scrutinio di ammissibilità, meri richiami evocativi ovvero generiche contestazioni finalizzate a semplici letture alternative dei risultati probatori, risultando invece come assolutamente necessaria una esplicita enunciazione ed argomentazione dei rilievi critici rispetto alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata.
Corte di Cassazione Penale Sez. 2 n. 10362 Anno 2022