Il Sacrificio di Polissena è un dipinto (olio su tela) realizzato nel 1624 circa dal pittore toscano Pietro Berrettini, meglio noto come Pietro da Cortona.
L’opera è attualmente conservata nei Musei Capitolini, Pinacoteca Capitolina di Roma, unitamente al dipinto raffigurante il Carro di Venere (databile al 1622); il dipinto raffigurante la Madonna col Bambino e angeli (databile tra il 1625 e il 1630) e il dipinto raffigurante il Ratto delle Sabine (databile al 1629 circa), tutti a firma dello stesso autore.
Pietro da Cortona, all’anagrafe Pietro Berrettini (Cortona, 1º Novembre 1596 – Roma, 16 Maggio 1669) è stato un celebre pittore ed architetto di origine toscana, grande esponente del primo periodo del Barocco romano unitamente a Gian Lorenzo Bernini e a Francesco Borromini.
Nato a Cortona, in provincia di Arezzo, Pietro Berrettini o Pietro da Cortona studia a Firenze sotto la guida del pittore fiorentino Andrea Commodi e si trasferisce a Roma in giovane età, nel 1612, dove, sin da subito, riceve commissioni dalle nobili famiglie romane, in particolare la famiglia Barberini, affermando in breve tempo la sua arte e il suo talento. Il suo più grande capolavoro romano viene indicato nella decorazione del soffitto del salone di Palazzo Barberini, un affresco che raffigura il Trionfo della Divina Provvidenza.
Il dipinto il Sacrificio di Polissena raffigura al centro la giovane principessa troiana con la veste strappata e il petto in evidenza, pronta al sacrificio, mentre dietro di lei, si trova il suo carnefice, con la lama in alto, nell’atto di colpirla. La rappresentazione è teatrale, propria dello stile del barocco, mentre la composizione si sviluppa in diagonale, con le figure umane poste sullo stesso piano e suddivise in tre gruppi; l’intensità dei colori si contrappone a moderati contrasti di luce e ombra.
Polissena figlia di Priamo organizza una congiura per la morte di Achille che si era innamorato di lei. Dopo la morte dell’eroe greco e la conquista di Troia, Polissena viene sacrificata sulla tomba di Achille, per volere dello stesso la cui ombra apparve più volte in sogno al figlio Neottolemo.