Risarcimento del danno subito dal figlio in conseguenza dell’abbandono di uno dei genitori
Ai fini del risarcimento del danno subito dal figlio in conseguenza dell’abbandono da parte di uno dei genitori, occorre che quest’ultimo non abbia assolto ai propri doveri consapevolmente e intenzionalmente o anche solo ignorando per colpa l’esistenza del rapporto di filiazione. La prova di ciò può desumersi da presunzioni gravi, precise e concordanti, ricavate dal complesso degli indizi, da valutarsi, non atomisticamente, ma nel loro insieme e l’uno per mezzo degli altri, nel senso che ognuno di essi, quand’anche singolarmente sfornito di valenza indiziaria, può rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento.
Nel caso di specie la Corte territoriale è pervenuta alla conclusione che mancavano i presupposti per il riconoscimento del risarcimento del danno subito dal figlio affermando che non vi era prova che il genitore fosse stato informato della sua paternità subito dopo la nascita del figlio, sulla base della ritenuta inattendibilità della testimonianza della madre, e senza valutare plurimi elementi indiziari, quali la certezza di un rapporto sessuale non protetto avvenuto tra i genitori in epoca compatibile con il concepimento, la vicinanza tra le abitazioni di questi ultimi, situate in un piccolo paese, e la continuazione della frequentazione del ristorante paterno da parte della madre anche durante la gravidanza. Inoltre non era provato che il genitore fosse, consapevolmente e intenzionalmente o per colpa, venuto meno ai propri obblighi paterni nei confronti del figlio; non v’era prova del danno patito da quest’ultimo sotto l’aspetto affettivo, psicologico e sociale, ed infatti, pur avendo provato di essere cresciuto in povertà, questi non aveva dimostrato che avrebbe potuto beneficiare di condizioni di vita migliori se il padre lo avesse riconosciuto (non aveva dimostrato “quali prospettive egli avesse riguardo al suo futuro, quali ambizioni restassero insoddisfatte e quali concrete chances egli si fosse perso”).
Preliminarmente è opportuno rammentare che, come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità che “La responsabilità del genitore per i danni subiti dal figlio, in conseguenza del suo inadempimento ai propri obblighi di mantenimento, istruzione, educazione ed assistenza, non può ritenersi esclusa o limitata dalla circostanza che anche l’altro genitore possa non avere correttamente adempiuto ai rispettivi doveri.” (Cass. n. 14382/2019).
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole non trova sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell’illecito civile, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti; l’illecito intrafamiliare può, infatti, produrre anche un danno non patrimoniale lato sensu psicologico/esistenziale, ovvero che investe direttamente la progressiva formazione della personalità del danneggiato, condizionando così pure lo sviluppo delle sue capacità di comprensione e di autodifesa (Cass. n. 40335/2021). Questo illecito, pertanto, può dar luogo ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’articolo 2059 c.c. esercitabile anche nell’ambito dell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità (Cass. n. 5652/2012; Cass. n. 14382/2019) qualora l’inadempimento del genitore abbia causato un complessivo disagio materiale e morale per il figlio e qualora da tale disagio siano derivate una serie di ulteriori conseguenze pregiudizievoli, di carattere patrimoniale oltre che non patrimoniale, tra cui la impossibilità di affermarsi in maniera più soddisfacente socialmente e di svolgere degli studi, che posso aver precluso le possibilità di realizzazione professionale, con rilievo anche economico. In tale situazione, ove sussista la prova del danno morale e mancando la ragionevole possibilità di dimostrare la sua precisa entità risulta certamente consentita la liquidazione di esso in via equitativa.
Va ancora osservato che il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di un figlio naturale integra la violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione che trovano negli articoli 2 e 30 Cost. – oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento – un elevato grado di riconoscimento e tutela, sicché tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell’illecito civile e legittima l’esercizio, ai sensi dell’articolo 2059 c.c., di un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole (Cass. n. 3079/2015; Cass. n. 15148/2022). E’ stato altresì osservato, ai fini del decorso del termine di prescrizione, che l’illecito endofamiliare commesso in violazione dei doveri genitoriali verso la prole può essere sia istantaneo, ove ricorra una singola condotta inadempiente dell’agente, che si esaurisce prima o nel momento stesso della produzione del danno, sia permanente, se detta condotta perdura oltre tale momento e continua a cagionare il danno per tutto il corso della sua reiterazione, poiché il genitore si estranea completamente per un periodo significativo dalla vita dei figli (Cass. n. 11097/2020; Cass. n. 27139/2021).
Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale ha escluso che la condotta ascritta al genitore costituisse un illecito endofamiliare e fosse stata produttiva di danni non patrimoniali, limitandosi a raffrontare le possibili condizioni di vita e deducendo la mancanza di prova in ordine al preteso pregiudizio subito, omettendo del tutto di considerare che il figlio, dalla nascita a tutta l’età matura è stato privato della figura genitoriale paterna sia nella vita strettamente familiare, che nel contesto sociale, costituito dal piccolo centro urbano in cui ha vissuto.
Al riguardo, non può essere invece sottaciuto che la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare se e quali fossero stati gli effetti causati da detta assenza e, dunque, dall’assoluta elisione della figura paterna, sullo sviluppo fisiopsichico del ricorrente, mentre si è soffermata solo su profili di tipo sostanzialmente economico.
Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 34950 del 28/11/2022