Il carattere pacificamente abusivo dei supporti contenenti riproduzione, contraffazione e/o duplicazione di opere originali tutelate dal diritto d’autore non va confuso con la mancanza sui suddetti supporti del bollino SIAE (alla luce della sentenza della Corte di Giustizia Europea dell’8/11/2007, Schwibbert, concernente la inopponibilità ai privati del contrassegno SIAE mancante).
Ciò trova una maggiore corrispondenza qualora venga accertata la destinazione alla vendita del materiale riprodotto, desunta dal numero di supporti detenuti, dal luogo della detenzione e dalla diversa tipologia degli stessi.
Invero la nota sentenza della Corte di Giustizia Europea dell’8/11/2007, Swibbert, risulta irrilevante in tali ipotesi, in quanto oggetto della contestazione è la detenzione per la vendita di supporti abusivamente riprodotti, rispetto ai quali la mancanza del contrassegno SIAE rappresenta solo un sintomo di tale illecita riproduzione.
In sostanza, la contestazione non concerne solo la mera assenza del contrassegno SIAE sui supporti sequestrati, ma ha ad oggetto anche la detenzione di supporti frutto di abusiva riproduzione e duplicazione del loro contenuto e, conseguentemente, la violazione dei diritti tutelati dall’art. 171-ter, comma 1, lett. c), L. n. 633 del 1941 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio).
Ne deriva che soltanto qualora la violazione si riferisce alla mancanza del contrassegno SIAE trova applicazione la sentenza della Corte di Giustizia Europea, Schwibbert.
Diversamente, ove la violazione è riferibile all’abusiva riproduzione o duplicazione di opere tutelate dal diritto d’autore, detta sentenza non può trovare applicazione.
In altri termini, gli effetti di questa nota pronuncia, cioè, la non opponibilità ai privati della normativa sul contrassegno SIAE, quale conseguenza della mancata comunicazione dello stesso alla Commissione Europea in adempimento della normativa comunitaria relativa alle “regole tecniche”, comportano il venir meno unicamente dei reati caratterizzati dalla sola mancanza del contrassegno suddetto, continuando dunque ad essere vietata e sanzionata penalmente qualsiasi attività che comporti l’abusiva diffusione, riproduzione o contraffazione delle opere dell’ingegno.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 24358 Anno 2016