Nell’ambito dei reati a mezzo stampa accanto alla fattispecie dolosa del reato di diffamazione ex art. 595 C.p. è disciplinata altresì l’ipotesi prevista dall’art. 57 C.p., ossia un reato colposo proprio del direttore responsabile di una stampa periodica per l’ omesso controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione sia commesso il reato di diffamazione. (Cass. Sez. 5, n. 8180/2019).
In merito alla responsabilità ex art. 57 C.p., tale norma configura a carico del direttore responsabile di un periodico, un reato autonomo, punibile a titolo di colpa, la quale consiste non già in generiche forme di negligenza, imprudenza o imperizia, bensì nella inosservanza di una specifica regola di condotta e cioè nel mancato esercizio, sul contenuto del periodico, del controllo necessario ad impedire che con il mezzo della pubblicazione siano commessi reati. (Cass. Sez. 5, n. 8180/2019).
In proposito, più volte la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato come la responsabilità a titolo di colpa del direttore per l’omesso controllo sul contenuto del periodico in riferimento al fatto diffamatorio a mezzo stampa possa dirsi esclusa ove si dimostri che il predetto, titolare di una posizione di garanzia, ha fatto quanto in suo potere per prevenire la diffusione di notizie non rispondenti al vero, prescrivendo e imponendo regole e controlli, anche mediati, di accuratezza, di assoluta fedeltà e di imparzialità rispetto alla fonte-notizia (Cass., Sez. 1, n. 48119 del 15/10/2009).
Vero è che con riferimento alla diffamazione realizzata mediante articoli su quotidiani aventi una significativa tiratura viene in rilievo il problema della esigibilità di un effettivo controllo ad opera del direttore, per legge “responsabile“. In proposito, la Corte Costituzionale, investita del problema non ha mancato di rilevare (Corte Cost. n. 198 del 1982 n. 139 del 1983) che l’identificazione del responsabile nel solo direttore del giornale trova giustificazione nel fatto che egli, per la sua funzione, più degli altri è in grado di seguire l’attività del giornale; che con la modifica legislativa ad opera della L. n. 127/58, la colpa, fondante la responsabilità, è espressamente individuata nella violazione di una specifica regola di condotta, quale è appunto quella prescritta dalla norma stessa quando dispone che il direttore deve “esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati“; che nulla impedisce di ritenere che “la responsabilità del direttore venga meno tutte le volte in cui il caso fortuito, la forza maggiore, il costringimento fisico o l’errore invincibile (artt. 45, 46 e 48 C.p.) vietino di affermare che la sua omissione sia cosciente e volontaria (art. 42 C.p.): restando affidate alla valutazione del giudice di merito tutte le eventuali situazioni che, in concreto, consentono di escludere la colpa” (Cass., Sez. 1, n. 48119 del 15/10/2009, che richiama i principi espressi dalla Corte Cost.).
La valutazione del giudice delle leggi … indirizza alla verifica della sussistenza di specifiche cause che consentono di escludere, nei diversi casi concreti, la riferibilità del fatto (omissivo) al titolare della posizione di garanzia o che consentano di escludere, nella singola situazione considerata, la rimproverabilità dell’omissione (in base al principio che la responsabilità per fatto proprio colpevole esige che tutti e ciascuno degli elementi che concorrono a contrassegnare il disvalore della fattispecie siano soggettivamente collegati all’agente, nella forma, a seconda dei casi, del dolo o della colpa, e al medesimo “rimproverabili“). (Cass. Sez. 5, n. 8180/2019).
Le Sezioni Unite della Corte di legittimità, peraltro, avevano già evidenziato (Sez. U, n. 28 del 1958) che l’art. 57 C.p. configura a carico del direttore e del vice direttore responsabile di un periodico un reato proprio e autonomo rispetto al quale:
a) il reato commesso dall’autore dello scritto si configura come evento e non come condizione obiettiva di punibilità dell’autonomo reato di cui risponde il direttore o Vice direttore;
b) la responsabilità di questi ultimi deve essere sempre sorretta dallo elemento soggettivo della colpa, l’evento da essi non voluto (commissione di un reato col mezzo della pubblicazione) venendo in considerazione come effetto della omissione della doverosa attività di controllo del soggetto responsabile;
c) la colpa non è ravvisabile genericamente nella negligenza, imperizia, ecc., ma è espressamente individuata dalla legge nella inosservanza di una specifica regola di condotta (omesso esercizio, sul contenuto del periodico, del controllo necessario ad impedire che siano commessi reati col mezzo della pubblicazione);
d) la condotta omissiva (l’omesso controllo anzidetto) può a sua volta essere, indifferentemente, volontaria o colposa, non discostandosi la specifica disciplina dei basilari principi del codice penale regolanti il fondamento soggettivo della responsabilità con riguardo ai delitti colposi, secondo i quali la non volontarietà concerne l’evento (che, nella specie, è quello stesso del reato commesso mediante la pubblicazione);
e) non sussiste una presunzione legale della colpa, ma questa deve essere provata in concreto, onde dev’essere provata in concreto l’omissione del controllo prescritto, rapportata ad un atteggiamento psichico secondo i criteri precisati, mentre ai fini della prova e secondo i comuni principi relativi alla libertà della stessa ed al libero convincimento del giudice, ben possono utilizzarsi le presunzioni hominis, particolarmente aderenti alla materia, data la difficoltà di altre prove, e desumibili anche dalla stessa impostazione, collocazione e natura dell’articolo incriminato, nel complesso e nell’economia del giornale, (ripreso da Cass. Sez. 5, n. 8180/2019, relativa al caso di pubblicazione di lettere inviate al direttore, in cui si ritiene che il controllo che il direttore del periodico, in virtù della sua posizione di garanzia, è tenuto a compiere al fine di impedire che con il mezzo della pubblicazione della lettera sia commesso il reato di diffamazione debba essere ancor più stringente, sicchè l’erronea convinzione circa la rispondenza al vero della fonte e del fatto riferito nella lettera non potrà esimerlo da colpa se non abbia proceduto ad una seria ed adeguata verifica della fonte e dei fatti, di guisa che nell’ipotesi in cui una simile verifica sia impossibile il direttore che intenda comunque pubblicarla accetta il rischio che essa non corrisponda a verità).
Peraltro, già la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato come in determinate circostanze il controllo del direttore sulla pubblicazione debba essere ancor più incisivo. Nel caso ad esempio della cd. “brevina” (in linguaggio giornalistico), ha ritenuto sussistente la responsabilità del direttore di un quotidiano, ex art. 57 C.p. in relazione all’art. 595 C.p., che aveva pubblicato una notizia diffamatoria contenuta in un breve pezzo non firmato (“brevina” appunto), evidenziando come non fosse rilevante a tal fine la circostanza della brevità del pezzo, in quanto la carenza di una firma dell’informazione induce a supporre un diretto e più stringente controllo al riguardo, divenendo immediato il titolo di coinvolgimento del preposto al giornale verso i destinatari di eventuali resoconti diffamatori (Cass., Sez. 5, n. 15004 del 22/02/2012).