Occorre affermare i primis il principio secondo cui i reperti archeologici, a mente dell’art. 91 D.Lg.vo 42/04, “appartengono allo Stato” “da chiunque ritrovati”, salva la prova, fornita dal detentore, di averli legittimamente acquisiti.
Ciò è tanto vero che l’appartenenza allo Stato delle cose di interesse archeologico, ovvero reperti archeologici, rinvenute fortuitamente, ovvero a seguito di ricerche od opere in genere, era stata affermata già in una legge del 1909 ( e precisamente la Legge 20 giugno n. 364) e, successivamente, in epoca relativamente recente, anche da una serie di pronunce della giurisprudenza di legittimità, la quale aveva espresso il concetto secondo cui
i beni di cui all’art. 10 del citato D.Lgs. n. 42 appartengono allo Stato sulla base del semplice accertamento del loro interesse culturale, salvo che il possessore non fornisca la prova della legittima proprietà degli stessi.
Inoltre, occorre sottolineare che plurime decisioni della Suprema Corte di Cassazione (disattendendo l’unico ed alquanto risalente, precedente di segno opposto – sez. 111, 27.5.04, Mugnaini, Rv. 229491) hanno più volte affermato che, ove si tratti di beni appartenenti allo Stato, non è richiesto l’accertamento del cosiddetto interesse culturale (né che i medesimi siano qualificati come culturali da un provvedimento amministrativo), essendo sufficiente che la “culturalità” sia desumibile dalle caratteristiche del bene, e essendo sufficiente
“un interesse culturale oggettivo, derivante da tipologia, localizzazione, rarità o altri analoghi criteri, e la cui prova può desumersi o dalla testimonianza di organi della P.A. o da una perizia disposta dall’autorità giudiziaria”
La dichiarazione prevista dall’art. 13 D.Lgs 42/04 del valore storico ed archeologico dei beni o reperti archeologici attiene al fatto che la suddetta dichiarazione riguarda i beni appartenenti a soggetti diversi dallo Stato (lett.” a”) ovvero le collezioni legittimamente formate che presentino determinate caratteristiche.
Peraltro, anche nella eventualità in cui il procedimento penale avente ad oggetto beni d’interesse artistico, storico o archeologico sia stato definito con archiviazione, questi ultimi devono essere restituiti allo Stato, non soltanto, in caso di positiva verifica de/loro “interesse culturale”, ma anche, nel caso in cui, risoltasi negativamente detta verifica, il detentore non fornisca prova della legittimità della detenzione, in quanto il giudizio d’infondatezza della notizia di reato non impedisce l’operatività della presunzione della loro appartenenza al patrimonio indisponibile dello Stato, ovvero al demanio pubblico.
Corte di Cassazione Sent. Sez. 3 Num. 29070 Anno 2013