Reformatio in peius: qualificazione giuridica del fatto

reformatio in peiusLa Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente il divieto di ” reformatio in peius “ relativamente alla cognizione del giudice di appello.

Secondo l’ orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, in presenza della sola impugnazione della sentenza da parte dell’imputato, non costituisce violazione del divieto di ” reformatio in peius ” la nuova e più grave qualificazione giuridica data al fatto dal giudice dell’appello, quando resti comunque ferma la pena irrogata, anche se ciò comporti un più grave trattamento penitenziario.

Ciò che, quindi, assume rilevanza per valutare se la diversa qualificazione giuridica del fatto dia o meno luogo ad una violazione dell’articolo 597 comma 3, C.p.P., è che rimanga immutato il trattamento sanzionatorio applicato all’imputato o che comunque la posizione processuale dello stesso, in ordine al fatto ascrittogli, non risulti deteriore per effetto di tale operazione ermeneutica, tanto è vero che incorre nella violazione del divieto di reformatio in peius anche il giudice che prosciolga l’imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza impugnata.

Coerente con tale ricostruzione è l’affermazione della giurisprudenza di legittimità secondo cui viola il divieto della reformatio in peius la sentenza del giudice d’appello che, in difetto di impugnazione del Pubblico Ministero, abbia ritenuto sussistente una circostanza aggravante esclusa dal giudice di primo grado, onde farne derivare la procedibilità d’ufficio del reato contestato.

Analogamente e, a maggior ragione, in assenza dell’impugnazione da parte del Pubblico Ministero, proprio perchè la posizione dell’imputato viene ad essere parimenti pregiudicata rispetto a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, la diversa qualificazione giuridica del fatto da parte del giudice del gravame dà luogo ad una violazione del divieto di reformatio in peius allorquando, per effetto di tale operazione ermeneutica, venga ad essere ritenuto configurabile un delitto procedibile d’ufficio, escluso dal primo giudice, in luogo di uno punibile a querela.

Corte di Cassazione sentenza n. 42577 del 2016

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