Provvedimento del sindaco con cui si vieta la fermata dei veicoli se effettuata al fine di contrattare prestazioni sessuali a pagamento.
E’ illegittimo il provvedimento del sindaco con cui si vieta la fermata dei veicoli se effettuata al fine di contrattare prestazioni sessuali a pagamento.
Nel caso di specie il Sindaco, sulla base delle facoltà riconosciutegli dalla normativa del C.d.S. ha emesso un provvedimento apparentemente finalizzato alla regolamentazione della circolazione stradale di autoveicoli, per vietare il meretricio sessuale, con estensione in modo indiscriminato su tutto il territorio del Comune.
Si richiamano i principi affermati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 115 del 2011, con la quale è stata dichiarata la incostituzionalità del D.Lgs. n. 261 del 2000, art. 54, comma 4, come sostituito dal D.L. n. 92 del 2008, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 125 del 2008, art. 1, comma 1, “nella parte in cui consentiva al Sindaco di adottare provvedimenti a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciavano la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilità e urgenza”.
Premette la sentenza n. 115 del 2011 rileva come nel D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 54, comma 4, sia scritto: “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.
Si deve trarre da ciò la conclusione che il riferimento al rispetto dei soli principi generali dell’ordinamento riguarda i provvedimenti contingibili e urgenti e non anche le ordinanze sindacali di ordinaria amministrazione. L’estensione anche a tali atti del regime giuridico proprio degli atti contingibili e urgenti avrebbe richiesto una disposizione così formulata: “adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento (…)”. La dizione letterale della norma implica che non è consentito alle ordinanze sindacali “ordinarie” – pur rivolte al fine di fronteggiare “gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana” – di derogare a norme legislative vigenti, come invece è possibile nel caso di provvedimenti che si fondino sul presupposto dell’urgenza e a condizione della temporaneità dei loro effetti. (…) La Corte di legittimità ha infatti precisato, con giurisprudenza costante e consolidata, che deroghe alla normativa primaria, da parte delle autorità amministrative munite di potere di ordinanza, sono consentite solo se “temporalmente delimitate” (…) Le ordinanze oggetto del presente scrutinio di legittimità costituzionale non sono assimilabili a quelle contingibili e urgenti, già valutate nelle pronunce appena richiamate. Esse consentono ai sindaci “di adottare provvedimenti di ordinaria amministrazione a tutela di esigenze di incolumità pubblica e sicurezza urbana” (sentenza n. 196 del 2009). (…) Sicché, il giudice delle leggi “ha affermato, in più occasioni, l’imprescindibile necessità che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale, posto a base dello Stato di diritto. Tale principio non consente “l’assoluta indeterminatezza” del potere conferito dalla legge ad una autorità amministrativa, che produce l’effetto di attribuire, in pratica, una “totale libertà” al soggetto od organo investito della funzione (sentenza n. 307 del 2003; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 32 del 2009 e n. 150 del 1982). Non è sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità, in modo da mantenere costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell’azione amministrativa.
Nel caso di specie non rispondeva alla asserita finalità di regolamentare la circolazione stradale, onde evitare gli intralci alla stessa mediante l’eventuale imposizione del divieto di fermata in una determinata strada o zona (come consentito dagli artt. 6 e 7 C.d.S.), il provvedimento sindacale con cui si vietava la fermata dei veicoli su tutto il territorio comunale se effettuata al fine di contrattare prestazioni sessuali a pagamento. Si rileva il vizio di eccesso di potere, avendo il Sindaco, sulla base delle facoltà riconosciutegli dalla sopra richiamata normativa del C.d.S., emesso un provvedimento riguardante, invece, l’ordine pubblico; in particolare, ha fatto ricorso ad un provvedimento apparentemente finalizzato alla regolamentazione della circolazione stradale di autoveicoli, per vietare il meretricio sessuale, con estensione, e tale aspetto è ancor più decisivo, in modo indiscriminato su tutto il territorio del Comune. Con ciò confermando che con detto provvedimento non si fosse affatto voluto imporre il divieto di fermata agli autoveicoli in relazione alle esigenze di tutela di un determinata strada o di una determinata zona (così come “impone” il tenore letterale degli artt. 6 e 7 C.d.S., e come emerge dalla relativa ratio legis), bensì sanzionare, in modo illegittimo per le ragioni esposte, l’attività riguardante le prestazioni sessuali a pagamento in genere e, in modo indiscriminato, su tutto il territorio comunale (Cass. n. 21432 del 2006).
Secondo la giurisprudenza di legittimità l’attività di meretricio non è illecita e, anzi, rientra nelle attività economiche, per cui non può essere vietato l’esercizio se non attraverso una normativa statale (sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea 20.11.2001 causa C-268/99).
Pertanto, non risponde alla finalità di regolamentare la circolazione stradale degli autoveicoli, onde evitare gli intralci alla circolazione mediante l’eventuale imposizione del divieto di fermata degli stessi in una determinata strada o zona (come consentito dagli artt. 6 e 7 C.d.S.), l’ordinanza sindacale con la quale si vieta la fermata dei veicoli su tutto il territorio comunale se effettuata al fine di contrattare prestazioni sessuali a pagamento (Cass. n. 21432 del 2006, cit.). Nella specie, la Suprema Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di merito che, ritenendo la predetta ordinanza viziata da eccesso di potere, la disapplicava annullando l’ordinanza ingiunzione irrogata per violazione dell’ordinanza stessa). Il Comune non ha il potere di bloccare un’attività che non può considerarsi illecita, adducendo che si vuole tutelare la sicurezza del cittadino, in quanto si deborderebbe in una competenza esclusiva dello Stato a cui gli Enti locali non possono sostituirsi.
Corte di Cassazione civile, Sez. II, 15 febbraio 2022, n. 4927