Prova e indizi

Prova e indizi Responsabilità Applicazione della pena su richiesta delle parti Misure alternative alla detenzione carceraria Defendendi Il principio di offensività Reato continuato Atti sessuali con minorenne Particolare tenuità del fatto Il reato di furto Regime di procedibilità per taluni reati Ricettazione Omicidio preterintenzionale beni culturaliPresupposto fondamentale del sistema processuale penale è il regime della prova (idonea a dimostrare il c.d. fatto penale), e la conseguente valutazione della stessa da parte del Giudicante.

Sono oggetto di prova i fatti che si riferiscono all’imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena o della misura di sicurezza. (art. 187, comma 1, C.p.P.)

Il c.d. Diritto alla prova spetta alle parti e al giudice: Le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti. La legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse di ufficio. (art. 190, comma 1 e 2, C.p.P.)

La valutazione della prova compete al Giudice, secondo quanto stabilito dall’art. 192 comma 1, C.p.P.: Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati. Tale disposizione concerne il libero convincimento del Giudice che, lo stesso deve esplicare nella motivazione del provvedimento, ovvero il percorso logico-conoscitivo con riguardo alle prove legittimamente acquisite.

Per converso le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate. L’inutilizzabilità è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento. (art. 191 C.p.P.)

L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti. (art. 192, comma 2 C.p.P.)

Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità: In tema di prova, gli “indizi”, suscettibili di valutazione ai sensi dell’art. 192 C.p.P., comma 2, sono elementi di fatto noti dai quali desumere, in via inferenziale, il fatto ignoto da provare sulla base di regole scientifiche ovvero di massime di esperienza,… (Cass., Sez. 5, n. 17231 del 17/01/2020).

Gli indizi, ai sensi dell’articolo 192 C.p.P., comma 2, devono corrispondere a dati di fatto certi, e, pertanto, non possono consistere in mere ipotesi, congetture o giudizi di verosimiglianza, e devono essere gravi, cioè in grado di esprimere elevata probabilità di derivazione dal fatto noto di quello ignoto, precisi cioè non equivoci e concordanti, cioè convergenti verso l’identico risultato. Requisiti, tutti quelli indicati, che devono rivestire il carattere della concorrenza, nel senso che, in mancanza anche di uno solo di essi, gli indizi non possono assurgere al rango di prova idonea a fondare la responsabilità penale. Ne viene che il procedimento della loro valutazione si articola in due distinti momenti: il primo diretto ad accertare il maggiore o minore livello di gravità e di precisione di ciascuno di essi, isolatamente considerato; il secondo costituito dall’esame globale e unitario tendente a dissolverne la relativa ambiguità (Cass., Sez. 5, n. 4663 del 10/12/2013). Va, altresì, ribadito che gli indizi a fini di prova si differenziano dalle mere congetture perché sono costituiti da fatti ontologicamente certi che, collegati tra loro, sono suscettibili di una ben determinata interpretazione (Cass., Sez. 2, n. 43923 del 28/10/2009). E, inoltre gli indizi si differenziano dai sospetti, in quanto il “sospetto” si identifica con la congettura, un fenomeno soggettivo di ipotesi con prove da ricercare, ovvero con l’indizio debole o equivoco, tale da assecondare distinte, alternative ed anche contrapposte ipotesi nella spiegazione dei fatti oggetto di prova. (Cass., Sez. 5, n. 17231 del 17/01/2020).

In questo contesto interpretativo, dunque, si è unanimemente affermato che il movente, attribuendo agli indizi il connotato della univocità, costituisce un fattore di coesione degli stessi e, di conseguenza, diventa un elemento utile allo svolgimento del percorso logico diretto a riconoscere valenza probatoria agli altri indizi acquisiti (Cass., Sez. 1, n. 813 del 19/10/2016); senza che ciò significhi, peraltro, per un verso, che il movente possa costituire elemento che consenta di superare le discrasie di un quadro probatorio ritenuto di per sé non convincente, o, per altro verso, che in un processo indiziario la mancanza di un movente porti necessariamente alla esclusione della responsabilità dell’imputato (Cass., Sez. 1, n. 685 del 14/12/1995).

Inoltre i presupposti valutazione riguardano anche le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell’articolo 12 – che – sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità, (art. 192, comma 3, C.p.P.) e le dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall’articolo 371 comma 2 lettera b, (ovvero, se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza). (art. 192, comma 4, C.p.P.).

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