Il principio di specialità per quanto riguarda le fattispecie penali si inserisce nel problema più generale del concorso di reati, che può essere materiale (pluralità di condotte) o formale (unicità della condotta), ipotizzabile quando una persona è chiamata a rispondere di più reati.
In entrambe le ipotesi il concorso può essere omogeneo o eterogeneo a seconda che vengano violate una sola o più norme incriminatici.
Se questi reati sono disciplinati da una o più leggi che regolano la stessa materia si pone il problema se ci si trovi in presenza di concorso di reati ovvero se il concorso sia soltanto apparente nel senso che solo una delle ipotesi di reato può essere ritenuta esistente evitandosi il rischio di incorrere nel c.d. ne bis in idem sostanziale.
Il principio di specialità, con riguardo il concorso tra norme penali, è disciplinato dall’art. 15 C.p. secondo cui la legge o la disposizione di legge speciale deroga a quella generale salvo che sia altrimenti stabilito.
Trattasi di una definizione assai generica che dottrina e giurisprudenza hanno cercato di rendere più determinata.
La specialità può anzitutto riguardare una soltanto delle fattispecie penalmente sanzionate; si parla di specialità unilaterale che può assumere carattere di specificazione o di aggiunta, che si realizza:
– con la specificazione dei requisiti dell’altra fattispecie (specialità per specificazione); per es. violenza sessuale e violenza privata;
– con l’aggiunta di elementi rispetto all’altra fattispecie (specialità per aggiunta); per es. sequestro di persona e sequestro di persona a scopo di estorsione.
La specialità unilaterale si caratterizza perché, se si elimina la specificazione o l’aggiunta, si ricade nell’ipotesi generale.
In questi casi l’applicazione del principio di specialità non trova ostacoli: nella specialità per specificazione l’ipotesi speciale è addirittura già ricompresa in quella generale per cui sarebbe comunque punibile in base all’ipotesi generale; ma anche nell’ipotesi per aggiunta (nella quale l’ipotesi speciale non era già prevista dall’ipotesi generale) la condotta posta in essere ricade comunque in quella generale perché sono presenti tutti gli elementi della fattispecie tipica generale.
La specialità può essere invece bilaterale o reciproca quando l’aggiunta o la specificazione si verificano con riferimento sia all’ipotesi generale che a quella specifica (per es. rapporto tra 610 e 611 C.p.: la prima norma prevede anche il tollerare o l’omettere che non sono previsti dalla seconda che, a sua volta, ha in più che la violenza o la minaccia devono essere dirette a far commettere un fatto costituente reato).
E’ evidente, nel caso di specialità bilaterale o reciproca, la maggior difficoltà di applicare il principio di specialità perché non esistono criteri idonei a spiegare in modo inequivoco che cosa si intenda per norma speciale.
L’art. 15 C.p. fa riferimento alla “stessa materia” ma non chiarisce che cosa si intenda con l’uso di questa locuzione.
E’ dunque da ritenere che per “stessa materia” debba intendersi la stessa fattispecie astratta, lo stesso fatto tipico di reato nel quale si realizza l’ipotesi di reato.
L’identità di materia si ha sempre nel caso di specialità unilaterale per specificazione o per aggiunta .
L’identità di materia è invece da escludere nella specialità reciproca o bilaterale per aggiunta nei casi in cui ciascuna delle fattispecie presenti, rispetto all’altra, ha un elemento aggiuntivo eterogeneo (per es. violenza sessuale e incesto: violenza e minaccia nel primo caso; rapporto di parentela o affinità nel secondo).
Precisato che cosa si intende per “stessa materia” occorre stabilire che cosa sia speciale. Come si è già accennato la soluzione è agevole nel caso di specialità unilaterale, caratterizzato dalla circostanza che tutti gli elementi della fattispecie c.d. generale siano ricompresi in quella c.d. speciale che ne prevede di ulteriori.
In questo caso ci troviamo certamente nell’ipotesi del “concorso apparente” per cui deve ritenersi applicabile soltanto la fattispecie speciale.
Mentre, nel caso di specialità bilaterale o reciproca, il problema è di meno agevole soluzione proprio perché entrambe le fattispecie (ma potrebbero essere anche più di due) presentano, rispetto all’altra, elementi di specialità.
Giurisprudenza e dottrina si rifanno a indici diversi che possono così indicativamente riassumersi:
– i diversi corpi normativi in cui le norme sono ricomprese (per es. cod. civ. e legge fall.);
– specialità tra soggetti (per es. 616 e 619 C.p.);
– la fattispecie dotata del maggior numero di elementi specializzanti.
Nei casi di specialità reciproca spesso è la stessa legge a indicare quale sia la norma prevalente con una clausola di riserva che può essere:
– determinata (al di fuori delle ipotesi previste dall’art. );
– relativamente determinata (si individua una categoria: per es.: se il fatto non costituisce un più grave reato);
– indeterminata (quando il rinvio è del tipo se il fatto non è previsto come reato da altra disposizione di legge).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. U. Num. 1963 Anno 2011