Il principio dell’affidamento, in tema di circolazione stradale, trova un temperamento, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità (cfr. ex multis la recente Cass., Sez. 4, n. 27513 del 10/05/2017; conf. Cass., Sez. 4, n. 5691 del 2/2/2016, relativa ad un caso in cui la Corte ha confermato la sentenza impugnata ritenendo la responsabilità dell’imputato che, alla guida della propria vettura, aveva effettuato un repentino cambio dalla corsia di sorpasso a quella di destra senza segnalare per tempo la sua intenzione, andando così a collidere con un motociclo che sopraggiungendo dietro di lui aveva tentato, imprudentemente, di sorpassarlo a destra).
Nell’affermare il medesimo principio, con altra condivisibile pronuncia (Cass., Sez. 4, n. 12260 del 9/1/2015), la Corte di legittimità aveva annullato la sentenza con la quale era esclusa la responsabilità del guidatore per omicidio colposo di un pedone, il quale, sceso dalla portiera anteriore dell’autobus in sosta lungo il lato destro della carreggiata, era passato davanti all’automezzo ed era stato investito dall’imputato, che aveva rispettato il limite di velocità ma non aveva provveduto a moderarla in ragione delle condizioni spazio-temporali di guida e, segnatamente, della presenza in sosta del pullman).
Il principio di affidamento (Cass., Sez. 4, n. 5691 del 2/2/2016) costituisce applicazione del principio del rischio consentito: dover continuamente tener conto delle altrui possibili violazioni della diligenza imposta avrebbe come risultato di paralizzare ogni azione, i cui effetti dipendano anche dal comportamento altrui. Al contrario, l’affidamento è in linea con la diffusa divisione e specializzazione dei compiti ed assicura il migliore adempimento delle prestazioni a ciascuno richieste.
Nell’ambito della circolazione stradale tale principio è sotteso ad assicurare la regolarità della circolazione, evitando l’effetto paralizzante di dover agire prospettandosi tutte le altrui possibili trascuratezze.
Il principio di affidamento, d’altra parte, sarebbe da connettere pure al carattere personale e rimproverabile della responsabilità colposa, circoscrivendo entro limiti plausibili ed umanamente esigibili l’obbligo di rapportarsi alle altrui condotte.
Pertanto (come ricorda ancora la sentenza Cass., Sez. 4, n. 5691 del 2/2/2016) esso è stato efficacemente definito come una vera e propria pietra angolare della tipicità colposa.
Pacificamente, la possibilità di fare affidamento sull’altrui diligenza viene meno quando l’agente è gravato da un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi; o, quando, in relazione a particolari contingenze concrete, sia possibile prevedere che altri non si atterrà alle regole cautelari che disciplinano la sua attività.
Un’analisi della costante giurisprudenza della Corte di legittimità in materia consente di individuarvi una tendenza, in ambito stradale, a escludere o limitare al massimo la possibilità di fare affidamento sull’altrui correttezza.
In tal senso vanno lette, ad esempio, le pronunce in cui si è affermato che, poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza, proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente. Coerentemente con tale assunto, è stata perciò, ad esempio, confermata l’affermazione di responsabilità in un caso in cui la ricorrente aveva dedotto che, giunta con l’auto in prossimità dell’incrocio a velocità moderata e, comunque, nei limiti della norma e della segnaletica, aveva confidato che l’autista del mezzo che sopraggiungeva arrestasse la sua corsa in ossequio all’obbligo di concedere la precedenza (cfr. Cass., Sez. 4, n. 4257 del 28/3/1996). E, ancora, sulle medesime basi si è affermato, che anche nelle ipotesi in cui il semaforo verde consente la marcia, l’automobilista deve accertarsi della eventuale presenza, anche colpevole, di pedoni che si attardino nell’attraversamento in quanto il conducente favorito dal diritto di precedenza deve comunque non abusarne, non trattandosi di un diritto assoluto e tale da consentire una condotta di guida negligente e pericolosa per gli altri utenti della strada, anche se eventualmente in colpa (Cass., Sez. 4, n. 12879 del 18/10/2000); e che l’obbligo di calcolare le altrui condotte inappropriate deve giungere sino a prevedere che il veicolo che procede in senso contrario possa improvvisamente abbagliare, e che quindi occorre procedere alla strettissima destra in modo da essere in grado, se necessario, di fermarsi immediatamente (Cass., Sez. 4, n. 8359 del 19/6/1987).
D’altra parte, il Codice della strada presenta norme che sembrano estendere al massimo l’obbligo di attenzione e prudenza, sino a comprendere il dovere di prospettarsi le altrui condotte irregolari.
E certamente tale spazio valutativo è pressoché nullo nell’ambito di norme rigide, la cui inosservanza da luogo quasi automaticamente alla colpa; mentre nell’ambito di norme elastiche che indicano un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, vi è spazio per il cauto apprezzamento in ordine alla concreta prevedibilità ed evitabilità dell’esito antigiuridico da parte dell’agente modello.
Non può essere escluso del tutto che contingenze particolari possano rendere la condotta inosservante non soggettivamente rimproverabile a causa, ad esempio, della imprevedibilità della condotta di guida dell’altro soggetto coinvolto nel sinistro. Tuttavia, tale ponderazione non può essere meramente ipotetica, congetturale, ma deve di necessità fondarsi su emergenze concrete e risolutive, onde evitare che l’apprezzamento in ordine alla colpa sia tutto affidato all’imponderabile soggettivismo del giudice. (Cass., Sez. 4, n. 42100/2021)