Overruling
L’Overruling è il mutamento dell’indirizzo giurisprudenziale, nell’interpretazione di una norma legislativa, da parte del giudice della nomofilachia, in relazione atti compiuti in precedenza.
L’ art. 7 della CEDU – così come conformemente interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU (sentenza 22 novembre 1995, s. W. c. Regno Unito, ric. n. 20166/92, Corte EDU, Grande Camera, sent. 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c. Spagna, ric. n. 42750/09) – non consente l’applicazione retroattiva dell’interpretazione giurisprudenziale di una norma penale nel caso in cui il risultato interpretativo non fosse ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione è stata commessa (Cass., Sez. 2, n. 21596 del 18/02/2016; Sez. F, n. 35729 del 01/08/2013). In altri termini, la Corte EDU non impedisce alla giurisprudenza nazionale di mutare il proprio orientamento nell’interpretazione di una norma legislativa, né in materia extrapenale né in materia penale. Si richiede, tuttavia, che tale mutamento sia ragionevolmente prevedibile dal destinatario della norma affinché lo Stato non incorra in una violazione dell’art. 6 (quanto alla materia extrapenale) e dell’art. 7 (in relazione alla materia penale).
La questione è stata affrontata dalle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione (Sez. U., Sentenza n. 15144 del 11/07/2011; Sez. U, Sentenza n. 24413 del 21/11/2011; Sez. U. civ. n. 4135 del 12/02/2019; Sez. U. civ., n. 28575 del 08/11/2018; Sez. U. civ., n. 15144 del 11/07/2011), che hanno affermato che il mutamento della propria precedente interpretazione della norma processuale da parte del giudice della nomofilachia (c.d. overruling), che porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse, opera – laddove il suo significato non trovi origine nelle dinamiche evolutive interne al sistema ordinamentale – come interpretazione correttiva che si salda alla relativa disposizione di legge processuale «ora per allora», nel senso di rendere irrituale l’atto compiuto o il comportamento tenuto dalla parte in base all’orientamento precedente. Infatti, il precetto fondamentale della soggezione del giudice soltanto alla legge (art. 101 Cost.) impedisce di attribuire all’interpretazione della giurisprudenza il valore di fonte del diritto, sicché essa, nella sua dimensione dichiarativa, non può rappresentare la lex temporis acti, ossia il parametro normativo immanente per la verifica di validità dell’atto compiuto in correlazione temporale con l’affermarsi dell’esegesi del giudice.
Ove, però, l’overruling sia connotato dal carattere dell’imprevedibilità (per aver agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso), si giustifica una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante
ex post non conforme alla corretta regola del processo) e l’effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare. Ne consegue che – in considerazione del bilanciamento dei valori in gioco, tra i quali assume preminenza quello del giusto processo (art. 111 Cost.), volto a tutelare l’effettività dei mezzi di azione e difesa anche attraverso la celebrazione di un giudizio che tenda, essenzialmente, alla decisione di merito – deve escludersi l’operatività della preclusione o della decadenza derivante dall’ overruling nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente (e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell’arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto) nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa, la quale, sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l’apparenza di una regola conforme alla legge del tempo.
Si è, quindi, sottolineato la decisività della prevedibilità della decisione giudiziale, precisando che «affinché un orientamento del giudice della nomofilachia non sia retroattivo come, invece, dovrebbe essere in forza della natura formalmente dichiarativa degli enunciati giurisprudenziali, ovvero affinché si possa parlare di prospective overruling, devono ricorrere cumulativamente i seguenti presupposti: che si veda in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso.
E si è affermato che l’imprevedibilità non è ravvisabile in presenza di preesistenti contrasti interpretativi (Sez.1, n.27086 del 15/12/2011) o di incertezza interpretativa delle norme processuali ad opera della Corte di cassazione in assenza di un orientamento consolidato della stessa Corte (Sez.6-2, n.3782 del 15/02/2018) o nel caso in cui la parte abbia confidato nell’orientamento che non è prevalso (Sez.L, n.14214 del 05/06/2013).
Anche la giurisprudenza penale di legittimità si è pronunciata nello stesso senso, precisando che l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale esclude l’imprevedibilità della decisione giudiziale che adotti una delle soluzioni in contrasto, ancorché minoritaria, e correlativamente esclude l’operatività del divieto di retroattività della relativa regola giurisprudenziale (Sez. 5, n. 37857 del 24/04/2018; Sez.5, n.41846 del 17/05/2018; Sez. 5, n. 31648 del 17/06/2016; Sez. 5, n. 47510 del 09/07/2018; Sez.5, n.13178 del 12/12/2018, dep.26/03/2019;Sez.5, n.12747 del 03/03/2020).
Tali decisioni hanno affermato, in maniera condivisibile, che l’overruling non consentito, perché non prevedibile per l’imputato, sia ravvisabile nei soli casi di radicale innovazione della soluzione giurisprudenziale, inconciliabile con le precedenti decisioni, mentre debba essere esclusa qualora la soluzione offerta si collochi nel solco di interventi già noti e risalenti, di cui costituisca uno sviluppo prefigurabile pur nel contrasto di opinioni, che di per sé rende l’esito conseguito comunque presente e possibile, anche se non accolto dall’indirizzo maggioritario.
I suesposti principi trovano applicazione nella specie, in quanto l’interpretazione prospettata dalle Sezioni Unite con la sentenza n.698 del 24/10/2019, non costituisce un novum assoluto nel panorama delle pronunzie della giurisprudenza di legittimità in tema di obbligo notifica, dopo l’introduzione del processo in absentia di cui alla legge n. 67 del 2014, dell’estratto della sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato all’imputato non comparso ma si pone nel solco di un corposo e prevalente orientamento giurisprudenziale da tempo affermatosi nell’ambito delle Sezioni semplici di questa Corte ed è intervenuta in presenza di contrasto interpretativo, per cui essa non costituisce un orientamento “non ragionevolmente prevedibile“.
Tale valutazione è stata già espressa da Sez. 5 n. 4455/2020 del 14 novembre 2019, dep. 03/02/2020, che ha affrontato – nei medesimi termini argomentativi – il tema dell’impatto retroattivo dei principi affermati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 698 del 24 ottobre 2019 – dep. 2020, evidenziando come dovesse escludersi la sussistenza di un approdo consolidato, poiché, al contrario, era emerso un contrasto interpretativo e l’orientamento maggioritario era schierato nel senso poi abbracciato dalle Sezioni Unite, opportunamente segnalandosi come “proprio l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità esclude l’imprevedibilità della decisione giudiziale che adotti una delle soluzioni propugnate“, così rimarcando la prevedibilità in concreto dell’epilogo decisorio nomofilattico, ritenuto coerente con il sistema processuale; e da ultimo da Sez.6, n.10659 del 20/02/2020, che ha ribadito che l’irretroattività del mutamento giurisprudenziale sfavorevole presuppone un imprevedibile ribaltamento dell’orientamento consolidato, che, invece, è da escludere nel caso in cui sussista un contrasto giurisprudenziale risolto dalle Sezioni unite con il recepimento di uno dei contrapposti orientamenti, anche qualora sia riconosciuto come legittimo quello più restrittivo per le facoltà e poteri processuali della parte; ha, quindi, precisato che, in relazione alla fattispecie relativa al termine di impugnazione per l’imputato assente nel giudizio abbreviato, proprio in considerazione dell’incertezza del termine utile per proporre l’impugnazione, era onere della parte seguire l’orientamento più restrittivo, per non incorrere nella sanzione della decadenza, atteso che l’orientamento più estensivo delle facoltà processuali non presentava affatto i caratteri di orientamento dominante, ma costituiva solo uno dei due indirizzi di legittimità seguiti prima dell’intervento delle Sezioni Unite.
Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 15 gennaio 2021, n. 1731