La nozione di ordine pubblico, inteso originariamente come espressione di un limite riferibile all’ordinamento giuridico nazionale, ai fini della salvaguardia di determinate concezioni di ordine morale e politico, è stata oggetto di una progressiva evoluzione giurisprudenziale.
Intorno agli anni 30′, la nozione di ordine pubblico era funzionale ad escludere l’applicabilità delle norme straniere costituenti espressione di principi etici contrastanti con quelli dell’ordinamento interno, o più precisamente con quei principi a cui lo Stato “non può o non crede di dover rinunziare”.
La nozione di ordine pubblico in senso internazionale veniva ritenuta non pertinente, in quanto troppo astratta, oppure legata ai principi dell’ordinamento interno, cioè alle regole di contenuto rigido, aderenti alle esigenze peculiari del singolo Stato, e perciò destinate ad operare nel suo ambito. La conseguenza era di impedire l’applicazione, nel territorio dello Stato, di qualsiasi disposizione del diritto straniero non conforme a quelle norme di diritto interno che dal giudice fossero ritenute rappresentative di uno stabile assetto normativo nazionale.
A questa concezione di ispirazione statualista se ne è opposta un’altra, di maggiore apertura verso gli ordinamenti esterni e più aderente agli artt. 10, 11 e 117 Cost. che si fonda su una maggiore partecipazione dei singoli Stati alla vita della comunità internazionale, così da sottrarre la nozione di ordine pubblico internazionale sia ad una eccessiva indeterminatezza sia ad un legame troppo rigido con i mutevoli contenuti delle legislazioni vigenti nei singoli ordinamenti nazionali.
Se l’ ordine pubblico si identificasse con quello esclusivamente interno, le norme di conflitto sarebbero operanti solo ove conducessero all’applicazione di norme materiali aventi contenuto analogo a quelle italiane, cancellando la diversità tra i sistemi giuridici e rendendo inutili le regole del diritto internazionale privato.
Nella giurisprudenza di legittimità più recente prevale il riferimento all’ ordine pubblico internazionale, quale complesso di principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico, ma ispirati ad esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo comuni ai diversi ordinamenti e collocati a un livello sovraordinato rispetto alla legislazione ordinaria. Il legame con l’ordinamento nazionale è da intendersi limitato ai principi fondamentali desumibili dalla Costituzione ma anche dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonchè dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Pertanto, il contrasto con l’ ordine pubblico non è ravvisabile per il solo fatto che la norma straniera sia difforme contenutisticamente da una o più disposizioni del diritto nazionale, perchè il parametro di riferimento non è costituito dalle norme con le quali il legislatore ordinario esercita la propria discrezionalità in una determinata materia, ma esclusivamente dai principi fondamentali vincolanti per lo stesso legislatore ordinario.
Ne consegue che il giudice italiano, chiamato a valutare la compatibilità con l’ ordine pubblico di un atto straniero, deve verificare non già se l’atto straniero applichi una disciplina della materia conforme o difforme ad una o più norme interne (seppure imperative o inderogabili), ma se esso contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, desumibili dalla Carta Costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonchè dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Corte di Cassazione N.19599 Anno 2016