Alla direttiva 98/71 Ce è stata data attuazione nel nostro ordinamento con il D.lgs n. 95/2001, che ha modificato l’art. 2 della Legge sul diritto d’autore, aggiungendo, nell’elenco, non tassativo, delle opere tutelate dal diritto d’autore, il n. 10), facendo riferimento a ” le opere del disegno industriale” che presentino di per sé “carattere creativo e valore artistico”.
Contestualmente è stato soppresso al n. 4) del medesimo articolo il riferimento alle opere delle arti figurative applicate all’industria, tutelate dal diritto d’autore solo se il loro valore artistico era scindibile dal carattere industriale del prodotto al quale sono associate.
L’articolo 2 n. 10 della Legge 22/04/1941 n. 633 condiziona pertanto la protezione mediante le norme sul diritto d’autore delle ” opere del disegno industriale ” alla sussistenza di un quid pluris, costituito dal valore artistico rispetto alle altre opere dell’ingegno, per le quali è semplicemente richiesto che esse siano “di carattere creativo”.
In tal modo è stata evitata la totale sovrapposizione tra la protezione del diritto d’autore con quella dei disegni e modelli. Riguardo al requisito del carattere creativo, la giurisprudenza di legittimità ha già chiarito che il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento la norma ex art. 1 della Legge n. 633 del 1941, non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, riferendosi, per converso, alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell’art. 1 della Legge citata, di modo che un’opera dell’ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore, con la conseguenza che la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia.
Tale creatività non è costituita dall’idea di per sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere d’autore.
Mentre il concetto di valore artistico non appare suscettibile di essere perimetrato in una definizione che ne racchiuda tutti gli aspetti e che rivesta carattere esaustivo. Ciò risulta di tutta evidenza dal diverso modo di intendere il concetto in esame da parte della dottrina e della giurisprudenza sia a livello nazionale che europeo. Sembra quindi più appropriato individuare, in luogo di una definizione omnicomprensiva di valore artistico, una serie di parametri di accertamento cui possa di volta in volta far riferimento il giudice di merito in relazione alla fattispecie concreta sottoposta alla sua decisione.
Non è dubbio che i suddetti parametri presentino aspetti sia di carattere soggettivo che oggettivo. Sotto il primo aspetto una parte della dottrina e della giurisprudenza ha ritenuto che il valore artistico in esame sussistesse quando l’opera di design industriale è idonea a suscitare emozioni estetiche. Parimenti di spiccato carattere soggettivo è l’altro tipo di valutazione imperniato sull’accertamento della maggiore creatività o originalità delle forme rispetto a quelle normalmente riscontrabili nei prodotti similari presenti sul mercato e che trascenda dalla funzionalità pratica del bene per assumere una propria autonoma e distinta rilevanza.
Appare peraltro inevitabile rilevare che nelle valutazioni del valore artistico fin qui descritte rientrino delle componenti soggettive che discendono dal senso estetico di chi effettua la valutazione, dalla sua cultura, dalla sua sensibilità artistica, dal suo gusto, dal suo sistema percettivo e da quant’altro. La possibile rilevante diversità di valutazioni che possono essere effettuate dai diversi soggetti sul valore artistico della stessa opera del disegno industriale rendono necessaria l’individuazione di una serie di parametri maggiormente oggettivi che, corroborando e dando consistenza alle impressioni soggettive, possano tendere ad uniformare le possibili decisioni assunte dai giudici sulla medesima fattispecie. In tal senso il criterio forse più rilevante appare essere quello del riconoscimento che l’oggetto di design ha ricevuto da parte degli ambienti culturali ed istituzionali circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche che consentano di attribuire a detto oggetto un valore ed un significato che trascende quello della sua stretta funzionalità e della mera eleganza e gradevolezza delle forme.
Le circostanze che evidenziano siffatto riconoscimento possono essere, tra l’altro, l’esposizione dell’opera in mostre o in musei, la pubblicazione su riviste specializzate non a carattere commerciale, la partecipazione a manifestazioni artistiche, l’attribuzione di premi, gli articoli di critici esperti del settore e quant’altro. In tale contesto ulteriore elemento che può evidenziare il carattere artistico può essere costituito dalla circostanza che un opera di design industriale divenga oggetto di vendita nel mercato artistico e non già in quello puramente commerciale oppure che in quest’ultimo mercato l’opera acquisti un valore particolarmente elevato da lasciare intende che la valore puramente commerciale si sia aggiunto nella valutazione del pubblico anche quello artistico.
Tali ultimi elementi pongono in certo qual modo in evidenza la circostanza che il valore artistico è un elemento in grado di dare un valore diverso ed aggiunto al prodotto rispetto a quello della sua funzionalità.
E’ stato, peraltro, correttamente osservato dalla dottrina che il parametro oggettivo in esame è in qualche modo condizionato dal dato temporale che è costituito dal tempo comunque necessario richiesto affinché un’opera di disegno industriale ottenga le valutazioni ed i riconoscimenti dianzi detti. Lo stesso pertanto non può avere un valore assoluto ma dovrà essere valutato di caso in caso. Ad analoghe considerazioni deve pervenirsi in ordine al fatto che un opera di design sia stata creata da un noto artista; circostanza che induce a ritenere di per sé il valore artistico dell’opera .
Occorre peraltro considerare che non necessariamente un noto artista produce sempre ed in ogni caso opere dì valore artistico, così come, al contrario, è ben possibile che artisti ancora non riconosciuti per tali producano opere aventi il predetto valore.
Deve in conclusione ritenersi che spetta all’interprete, facendo corretta applicazione dei canoni interpretativi dianzi indicati, accertare di volta in volta, in relazione alla peculiarità di ciascuna fattispecie l’esistenza o meno del valore artistico delle opere del disegno industriale.
Corte di Cassazione Civile Sent. Sez. 1 Num. 23292 Anno 2015