La Natività della Vergine è un dipinto (olio su tela, cm 139×173) realizzato nel 1643 dal dal pittore toscano Pietro da Cortona ed attualmente conservato presso la Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia.
L’opera, in origine, era la pala d’altare della cappella dedicata alla Natività della Vergine nella Chiesa di San Filippo Neri di Perugia. Realizzata a Roma, a seguito di una pausa del pittore toscano durante il lungo soggiorno fiorentino per gli affreschi di Palazzo Pitti, su committenza della nobildonna perugina Sofonisba Petrini, il dipinto viene poi traportato a Perugia.
Pietro da Cortona, all’anagrafe Pietro Berrettini (Cortona, 1º Novembre 1596 – Roma, 16 Maggio 1669) è stato un celebre pittore ed architetto di origine toscana, grande esponente del primo periodo del Barocco romano unitamente a Gian Lorenzo Bernini e a Francesco Borromini.
Nato a Cortona, in provincia di Arezzo, Pietro Berrettini o Pietro da Cortona studia a Firenze sotto la guida del pittore fiorentino Andrea Commodi e si trasferisce a Roma in giovane età, nel 1612, dove, sin da subito, riceve commissioni dalle nobili famiglie romane, in particolare la famiglia Barberini, affermando in breve tempo la sua arte e il suo talento. Il suo più grande capolavoro romano viene indicato nella decorazione del soffitto del salone di Palazzo Barberini, un affresco che raffigura il Trionfo della Divina Provvidenza.
Il dipinto la Natività della Vergine raffigura una giovane donna, Sant’Anna, con in braccio la sua bambina appena nata, circondata da due ancelle, una delle quali tiene le fasce nelle quali avvolgere la bambina. A terra un bacile con dentro dell’acqua presuppone che Maria sia stata appena lavata.
La composizione si allontana dalla tradizionale iconografia religiosa, rappresentando una scena più domestica, potendo essere interpretata come una qualsiasi madre che tiene in braccio il proprio figlio. Allo stesso tempo risente dell’influenza del barocco seicentesco con una pacata teatralità nelle forme e nei colori, con le figure umane, definite troppo belle e carnali per una tela a carattere devozionale, che si muovono e dialogano all’interno dell’opera.