Il medico del lavoro, ovvero il medico competente nell’ambito dell’organizzazione aziendale è una figura professionale disciplinata nel nostro ordinamento dall’art. 33 del D.P.R. n. 303 del 1956 e dagli artt. 95 – 98 del D.P.R. n. 320 del 1956 concernente l’assistenza relativa a lavoratori esposti a sostanze tossiche o infettanti o che risultassero comunque nocive.
In seguito con l’art. 2 D.P.R. n. 962 del 1962 e con l’art. 15 D.lgs. n. 277 del 1991 il predetto obbligo di sorveglianza sanitaria veniva esteso a tutte le aziende che esponevano i lavoratori ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro. Con il D.lgs. n. 626 del 1994 (artt. 3 e 7) il legislatore ha stabilito la generalizzazione di tali attività in tutte le aziende c.d. a rischio.
Il D.lgs. n. 81/2008 ha stabilito una ancora più organica disciplina normativa dei garanti della sicurezza sul lavoro, ivi compreso il medico competente, quale collaboratore che coadiuva l’imprenditore nell’esercizio dei suoi obblighi prevenzionali, in quanto portatore di qualificate cognizioni tecniche e, dunque, nell’ambito di un rapporto di natura privata e, al contempo, con un ruolo contraddistinto da connotati di natura pubblicistica in quanto è tenuto ad operare con imparzialità nell’ottica esclusiva della tutela dell’integrità fisica dei lavoratori.
Anche a seguito della riforma avvenuta con il D.lgs. n. 106/2009 i compiti del medico competente si suddividono essenzialmente in tre categorie:
a) i compiti c.d. professionali costituiti essenzialmente dal dovere di effettuare la sorveglianza sanitaria, ovvero l’insieme degli atti medici finalizzati alla tutela dello stato di salute dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionale e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.
b) i compiti c.d. collaborativi rappresentati dal dovere di cooperare con il datore di lavoro alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori ai rischi. La partecipazione del medico competente alla fase di valutazione dei rischi aziendali garantisce allo stesso un’approfondita conoscenza dell’organizzazione dei processi lavorativi e gli consente, conseguentemente, di fissare adeguate misure di prevenzione ed efficaci protocolli sanitari; nell’ambito di tale attività occorre un suo coinvolgimento, da parte del datore di lavoro, anche nella redazione del documento di valutazione dei rischi e nella agevole individuazione delle possibili cause di eventuali disturbi riferiti dal lavoratore;
c) i compiti c.d. informativi consistenti:
– nel dovere primario di informare i lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività;
– nel dovere di fornire, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori;
– nel dovere di esprimere per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all’art. 35 (riunioni periodiche, obbligatorie nelle aziende con più di 15 dipendenti aventi ad oggetto il tema della sicurezza), al datore di lavoro, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornire indicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico – fisica dei lavoratori.
Tra gli obblighi ex lege incombenti sul medico competente risulta di fondamentale rilievo la programmazione e lo svolgimento della sorveglianza sanitaria attraverso protocolli sanitari, calibrati sui rischi specifici, tenendo conto degli indirizzi scientifici più avanzati e dello stato generale di salute del lavoratore (artt. 38 e segg. del D.lgs. n. 81/2008).
In particolare la ratio sottesa all’art. 41 del predetto decreto legislativo è quella di prevenire qualunque forma morbosa provocata dal lavoro ed è mirata alla formulazione di un giudizio di idoneità alle mansioni specifiche che tenga conto di tutte le caratteristiche psico-fisiche del lavoratore confrontate con il peculiare contesto ambientale.
In tale ottica la predetta disposizione impone, tra l’altro:
– la visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato in relazione alla mansione specifica;
– la visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica, stabilita di norma, in una volta l’anno, ma che può assumere cadenza diversa stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio; l’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente;
– la visita medica, su richiesta del lavoratore, al di fuori dai controlli periodici, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
– la visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica;
– la visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente.
Tali visite devono essere svolte secondo i canoni classici della semeiotica, della raccolta approfondita dell’anamnesi, di un attento e mirato esame obiettivo e con lo svolgimento degli esami clinici e biologici ritenuti necessari. Inoltre, per alcuni rischi lavorativi, regolamentati da apposite leggi, esistono protocolli diagnostici minimi obbligatori, comunque implementabili a giudizio del medico competente.
Per la maggioranza dei rischi, invece, la scelta di accertamenti complementari è lasciata alla valutazione del medico cui spetta di non trascurare l’esecuzione delle indagini utili per una diagnosi precoce, anche in periodo preclinico, di eventuali malattie professionali, e, nel contempo, constatare il permanere delle condizioni di sopportabilità del rischio.
All’esito il medico competente esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente.
Avverso tali giudizi è ammesso ricorso, entro trenta giorni, all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
L’art. 58 del D.lgs. n. 81/2008 delinea il quadro generale delle sanzioni, penali ed amministrative, che si pongono a presidio e a completamento della complessa disciplina delle attribuzioni e funzioni proprie del medico competente.
Fatta eccezione per l’illecito commissivo introdotto dal D.lgs. n. 106/2009 (ovvero l’effettuazione di sorveglianza sanitaria per accertare stati di gravidanza o negli altri casi stabiliti dalla legge) gli illeciti contravvenzionali previsti da tale disposizione sono di pura
omissione in quanto puniscono il mancato assolvimento dei singoli obblighi gravanti sul medico e previsti dal correlato art. 25.
Oltre che di tali reati propri, il medico competente risponde, nella qualità di titolare di un’autonoma posizione di garanzia, delle fattispecie di evento che risultano di volta in volta integrate dall’omissione colposa delle regole cautelari poste a presidio della salvaguardia del bene giuridico – salute dei lavoratori – sui luoghi di lavoro, direttamente riconducibili alla sua specifica funzione di controllo delle fonti di pericolo istituzionalmente attribuitagli dall’ordinamento giuridico.
Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 19856 Anno 2020