Marchio contraffatto
Di cosa risponde l’acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto?
In merito al suindicato quesito, deve richiamarsi il principio di diritto secondo cui l’acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata risponde dell’illecito amministrativo previsto dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in I. 14 maggio 2005, n. 80, nella versione modificata dalla L. 23 luglio 2009, n. 99, e non di ricettazione (art. 648 cod. pen.) o di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 cod. pen.).
Ciò attesa la prevalenza del primo rispetto ai predetti reati alla luce del rapporto di specialità desumibile, oltre che dall’avvenuta eliminazione della clausola di riserva “salvo che il fatto non costituisca reato“, dalla precisa individuazione del soggetto agente e dell’oggetto della condotta nonchè dalla rinuncia legislativa alla formula “senza averne accertata la legittima provenienza“, il cui venir meno consente di ammettere indifferentemente dolo o colpa (Sez. U., n. 22225 del 19/01/2012, Micheli, Rv. 252453).
Più di recente, si è affermato, in senso conforme, che risponde non di ricettazione, ma dell’illecito amministrativo di cui all’art. 1, comma settimo, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in L. 14 maggio 2005, n. 80, nella versione modificata dalla L. 23 luglio 2009, n. 99, l’acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata, cioè colui che non partecipa in alcun modo alla catena di produzione o di distribuzione e diffusione dei prodotti contraffatti, ma si limita ad acquistarli per uso strettamente personale.
(Fattispecie relativa al rinvenimento, a bordo dell’auto guidata dall’imputato, di numerosi capi di abbigliamento di note marche, riportanti chiari segni di contraffazione, nella quale la corte territoriale aveva assolto l’imputato per il delitto di cui all’art. 474 cod. pen., in assenza di prova in ordine alla successiva destinazione alla vendita dei beni contraffatti, condannandolo invece per il delitto di ricettazione. In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha annullato tale condanna, difettando uno specifico accertamento sul titolo della detenzione). (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 12870 del 09/03/2016).
Corte di Cassazione Penale sentenza Sez. 2 n. 11760 del 2024