Il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne e non autosufficiente non può avere, per sua natura, durata indeterminata ma deve essere valutato di volta in volta, dal giudice del marito, con l’accertamento di fatti concreti idonei a denotare un comportamento responsabile ed idoneo ad acquisire l’indipendenza economica.
Secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in caso di figlio maggiorenne e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l’esclusione del diritto al mantenimento, che debbono costituire oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone alla domanda, sono integrati:
(a) dall’età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all’età progressivamente più elevata dell’avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento;
(b) dall’effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro.
Tuttavia, il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l’esigenza a una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione mera dell’obbligo di mantenimento del genitore, quasi che questo sia destinato ad andare avanti per sempre; egli deve far fronte al suo stato attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito; resta ferma solo l’obbligazione alimentare, da azionarsi nell’ambito familiare per supplire a ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso (vedi Cass. Sez. I, n. 38366 del 2021, nonchè, in analoga direzione Cass., Sez. I, n. 10455/2022).
Corte di Cassazione, Sez. I, Ord. 7 ottobre 2022 n. 29264