Lutto d’un vivo
Di fuori imperversava l’uragano,
Stridea come ferita aquila il vento:
Di dentro era una calma
Solenne e lugubre,
Da mettere ne l’alma alto sgomento.
Convulsamente ei le stringea la mano,
Ella piangeva susurrando: Addio!
D’ora in poi su la terra
Torniamo estranei;
Dopo sì fiera guerra ecco l’oblio.
E non l’oblio de la invocata morte,
Che con un manto di rugiada molle,
Di timo e di giacinti,
Lieve suol scendere
De i più diletti estinti in su le zolle;
Ma il crudo oblio tra i vivi, onde il più forte
Cor trema, impreca, e fatto vil si sente;
Qui non preghiere sacre,
Ma una continua
Sete di baci, un’acre smania ardente
Or di perdono, or di vendette strane,
D’altero sdegno o di beffardo riso. —
Inginocchiata intanto
Erasi, ed umile
Baciava in mezzo a ’l pianto il caro viso.
— Sorgi, fanciulla. Non hai tu lontane
Memorie? Piaghe da sanar non hai?
Che vale alzar la voce
A bugiardo idolo?
Riprendi la tua croce, e scorderai.
II
Se in un modesto monumento bianco
Io sapessi la tua povera spoglia,
De ’l cimitero varcherei la soglia
Con piè mal fermo e stanco.
De ’l mio rosario scorrerei le grana
Quando s’ode squillar l’Ave Maria,
E co ’l vespro una placida armonia
Tutto d’intorno emana.
Quando una coppia di felici amanti
Che torna a braccio a la fida casetta
Passar vedessi, io, cui nessuno aspetta
Entro mura festanti,
Avrei tosto su ’l labbro una parola
Cara qual voto d’una vecchia amica,
Poscia soccorrerei qualche mendica
Sola com’io son sola,
Tutto per te, perchè l’innamorata
Anima requie avesse, oboli e prece
E voti offrir vorrei…. Ridiamo invece:
Tu vivi e m’hai scordata.
III
S’asconderà fra poco la natura
Sotto un candido strato adamantino;
Lievi come fantasimi
Vagheran su ’l mattino
Lembi di nebbia in fondo a la pianura.
Nè piangere io potrò l’irrigidita
Tua salma, là ne’l gelido terreno,
Ma penserò che a ’l tiepido
Contatto d’un bel seno
Balda ti senti refluir la vita.
Che de’ tuoi baci e del grand’occhio nero
Altra donna s’inebria: e al dubbio orrendo
Lacerata quest’anima,
Maledirà, fremendo,
Il cielo, il mondo, i sensi ed il pensiero.
Evelina Cattermole, all’anagrafe Eva Giovanna Antonietta Cattermole (Firenze, 26 Ottobre 1849 – Roma, 30 Novembre 1896), è stata una famosa scrittrice e poetessa italiana della seconda metà dell’Ottocento. Le sue opere vengono pubblicate utilizzando lo pseudonimo di Contessa Lara.
Nata in una benestante famiglia a Firenze, Evelina Cattermole studia a Parigi, e si forma culturalmente sotto tutti gli aspetti, dall’apprendimento della musica grazie alla madre, nota pianista, alle lingue straniere, con il supporto del padre, professore d’inglese. L’animo letterario si sviluppa con il sostegno e gli insegnamenti della famosa poetessa Marianna Giarré-Billi.
La sua prima raccolta poetica Canti e Ghirlande viene pubblicata a Firenze nel 1867. A partire dal 1875 la sua attività letteraria si arricchisce con la pubblicazione di diverse opere: nel 1883 la raccolta poetica, Versi; nel 1886 viene pubblicata la raccolta di poesie, E ancora versi e la raccolta di novelle, Così è, mentre il primo romanzo L’innamorata esce nel 1901.
Molto più famose sono le sue vicende sentimentali, in parte definite scandalose, alimentate da pettegolezzi per la sua bellezza, raffinatezza ed ingenuità, che accompagnano la sua vita fino alla tragica morte.
Sempre alla ricerca dell’amore duraturo e stabile Evelina Cattermole alterna diverse relazioni sentimentali fino a quando conosce il pittore napoletano Giuseppe Pierantoni, con il quale convive a Roma. Ma la relazione si rivela ben presto burrascosa fatta di persecuzioni, gelosia, litigi violenti, e alimentata da interessi soprattutto economici da parte del pittore di scarso talento, poco propenso al lavoro, verso la scrittrice fiorentina. Quest’ultima cerca invano di lasciarlo, ma il Pierantoni si oppone con forza.
Il 30 novembre 1896 è il giorno fatale: Evelina Cattermole viene uccisa con un colpo di pistola sparato da Giuseppe Pierantoni, il quale dopo averla colpita all’addome, con assoluta crudeltà, la lascia agonizzante per diverse ore prima di chiamare i soccorsi.
Il processo contro Giuseppe Pierantoni, tenuto presso la Corte d’Assise di Roma, si conclude con la condanna dello tesso a 11 anni e 8 mesi di prigione per omicidio volontario, dato per scontato il movente passionale senza riuscire a provare il vero movente di natura economica.