Per proporre una impugnazione avverso una sentenza deve sussistere in primis, la legittimazione ad impugnare, oltre all’interesse ad impugnare.
La legittimazione ad impugnare spetta a coloro che hanno assunto la qualità di parte nel giudizio precedente, indipendentemente dall’effettiva titolarità del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, atteso che con l’impugnazione non si esercita un’azione, ma un potere processuale che, per sua natura, può spettare soltanto a chi abbia partecipato al pregresso grado di giudizio (Cass., ordinanza n. 21132 del 12 Settembre 2017). Le persone legittimate ad impugnare possono proporre uno dei mezzi di impugnazione tassativamente indicati dalla legge.
Secondo il disposto di cui all’art. 323 C.p.C.: “I mezzi per impugnare le sentenze … sono l’appello, il ricorso per cassazione, la revocazione e l’opposizione di terzo“.
E’ dunque vero, in linea di principio, che la legittimazione ad impugnare spetta soltanto a chi, soccombente, abbia assunto la veste di parte nel giudizio di merito, ma la qualità di parte in tale giudizio non discende solo dalla materiale partecipazione ad essa del soggetto interessato, e neanche dalla sua formale chiamata in causa, originaria o sopravvenuta; ma anche dalla qualificazione in termini di parte desumibile, indipendentemente dalla sua rispondenza alla realtà processuale, dalla stessa sentenza impugnata. (Cass. Civile, Sez. 5, sent. n. 13584/2017).
Ed il soggetto direttamente raggiunto da una sentenza che si ponga all’esito di un giudizio nel quale non sia stato convenuto, ha diritto di impugnare tale sentenza; anche al solo fine di invalidare la qualifica di parte che essa gli attribuisce, e di far venir meno gli effetti pregiudizievoli della pronuncia nei propri confronti: “la legittimazione a proporre l’impugnazione, o a resistere ad essa, spetta solo a chi abbia assunto la veste di parte nel giudizio di merito, secondo quanto risulta dalla decisione impugnata, tenendo conto sia della motivazione che del dispositivo, a prescindere dalla sua correttezza e corrispondenza alle risultanze processuali nonché alla titolarità del rapporto sostanziale, purché sia quella ritenuta dal giudice nella sentenza della cui impugnazione si tratta” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 20789/14).
L’interesse ad impugnare deve essere determinato in base al principio di soccombenza, formale e materiale.