La peste a Napoli è un dipinto (olio su tela, cm 87,5 x 137,5) realizzato verso la metà del Seicento dal pittore di origine calabrese Mattia Preti ed attualmente conservato presso il Museo di Palazzo Chigi di Ariccia (Roma).
Mattia Preti (Taverna, Catanzaro, 1613 – La Valletta, 1699), noto anche come il Cavalier Calabrese perché nato in terra di Calabria, è stato un rinomato pittore italiano, incluso tra gli ultimi seguaci del caravaggismo romano e annoverato tra i maggiori esponenti del Barocco nella seconda metà del XVII secolo. Nel 1630 Mattia Preti si trasferisce a Roma dove conosce lo stile e la tecnica del Caravaggio e dove sono conservate diverse opere, in particolare il dipinto raffigurante la Flagellazione (datato 1640) nel convento adiacente alla Chiesa di San Giovanni Calibita, l’affresco raffigurante l’Elemosina di San Carlo Borromeo nella Chiesa di San Carlo ai Catinari; gli affreschi raffiguranti Sant’Andrea legato alla croce, la Crocifissione di Sant’Andrea e Sant’Andrea deposto dalla croce (databili 1650-1651) nella Basilica di Sant’Andrea della Valle, e i dipinti raffiguranti la Fuga da Troia (datato 1630), la Resurrezione di Lazzaro, (datato 1650 circa), La cena del ricco epulone (datato 1655-1660), tutti conservati presso Palazzo Barberini, Galleria Nazionale d’Arte Antica.
Nei primi mesi del 1653 Mattia Preti, dopo un lungo periodo, lascia Roma per trasferirsi a Napoli, dove si afferma in poco tempo colmando il grande vuoto lasciato dalla scomparsa di Jusepe de Ribera conosciuto anche col soprannome dello Spagnoletto, morto nella città partenopea nel 1652. A Napoli affresca le porte della città dopo l’epidemia di peste del 1656; tutti affreschi sono andati perduti tranne l’affresco raffigurante “San Gennaro, Santa Rosalia e San Francesco Saverio” su Porta San Gennaro.
Il dipinto La peste a Napoli si inquadra perfettamente nell’ambito del barocco romano con l’impostazione della scena fatta da numerose figure umane ravvicinate, in posa statica con chiaroscuri netti. La composizione risente di una palese teatralità con un forte pathos tra cadaveri ammassati a terra o trasportati in lenzuoli bianchi, in attesa di sepoltura, mentre un bambino cerca il seno della madre ormai morta.
L’opera proviene dalla collezione Laschena, formata da Renato Laschena, Presidente Emerito del Consiglio di Stato, scomparso nel 2007, donata da Rossana Laschena al Palazzo Chigi di Ariccia nel 2008.