La Lingua quale elemento fondamentale di identità culturale

la linguaLa giurisprudenza della Corte Costituzionale ha avuto modo di precisare in diverse pronunce, in relazione al “principio fondamentale” della tutela delle minoranze linguistiche di cui all’art. 6 Cost., come la lingua sia “elemento fondamentale di identità culturale e mezzo primario di trasmissione dei relativi valori”, “elemento di identità individuale e collettiva di importanza basilare” .

Ciò che del pari vale per l’ “unica lingua ufficiale” del sistema costituzionale, la lingua italiana, la cui qualificazione, ricavabile per implicito dall’art. 6 Cost. ed espressamente ribadita nell’art. 1, comma 1, della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche e storiche), oltre che nell’art. 99 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, “non ha evidentemente solo una funzione formale, ma funge da criterio interpretativo generale”, teso a evitare che altre lingue “possano essere intese come alternative alla lingua italiana” o comunque tali da porre quest’ultima “in posizione marginale”.

La lingua italiana è dunque, nella sua ufficialità, e quindi primazia, vettore della cultura e della tradizione immanenti nella comunità nazionale, tutelate anche dall’art. 9 Cost.

La progressiva integrazione sovranazionale degli ordinamenti e l’erosione dei confini nazionali determinati dalla globalizzazione possono insidiare senz’altro, sotto molteplici profili, tale funzione della lingua italiana: il plurilinguismo della società contemporanea, l’uso d’una specifica lingua in determinati ambiti del sapere umano, la diffusione a livello globale d’una o più lingue sono tutti fenomeni che, ormai penetrati nella vita dell’ordinamento costituzionale, affiancano la lingua nazionale nei più diversi campi.

Tali fenomeni, tuttavia, non debbono costringere quest’ultima in una posizione di marginalità: al contrario, e anzi proprio in virtù della loro emersione, il primato della lingua italiana non solo è costituzionalmente indefettibile, bensì, lungi dall’essere una formale difesa di un retaggio del passato, inidonea a cogliere i mutamenti della modernità, diventa ancor più decisivo per la perdurante trasmissione del patrimonio storico e dell’identità della Repubblica, oltre che garanzia di salvaguardia e di valorizzazione dell’italiano come bene culturale in sé.

La centralità costituzionalmente necessaria della lingua italiana si coglie particolarmente nella scuola e nelle università, le quali, nell’ambito dell’ordinamento “unitario” della pubblica istruzione, sono i luoghi istituzionalmente deputati alla trasmissione della conoscenza “nei vari rami del sapere”  e alla formazione della persona e del cittadino.

In tale contesto, il primato della lingua italiana si incontra con altri principî costituzionali, con essi combinandosi e, ove necessario, bilanciandosi: il principio d’eguaglianza, anche sotto il profilo della parità nell’accesso all’istruzione, diritto questo che la Repubblica, ai sensi dell’art. 34, terzo comma, Cost., ha il dovere di garantire, sino ai gradi più alti degli studi, ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi; la libertà d’insegnamento, garantita ai docenti dall’art. 33, primo comma, Cost., la quale, se è suscettibile di atteggiarsi secondo le più varie modalità, “rappresenta pur sempre una prosecuzione ed una espansione” della libertà della scienza e dell’arte; l’autonomia universitaria, riconosciuta e tutelata dall’art. 33, sesto comma, Cost., che non deve peraltro essere considerata solo sotto il profilo dell’organizzazione interna, ma anche nel “rapporto di necessaria reciproca implicazione” con i diritti costituzionali di accesso alle prestazioni.

È ragionevole invece che, in considerazione delle peculiarità e delle specificità dei singoli insegnamenti, le università possano, nell’ambito della propria autonomia, scegliere di attivare singoli insegnamenti anche esclusivamente in lingua straniera. Va da sé che, perché questa facoltà offerta dal legislatore non diventi elusiva dei principî costituzionali, gli atenei debbono farvi ricorso secondo ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza, così da garantire pur sempre una complessiva offerta formativa che sia rispettosa del primato della lingua italiana, così come del principio d’eguaglianza, del diritto all’istruzione e della libertà d’insegnamento.

CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA N. 42 ANNO 2017

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