L’istanza di messa alla prova deve, ai sensi dell’art. 464-bis, comma 3 C.p.P., contenere un programma di trattamento, elaborato d’intesa con l’ufficio di esecuzione penale esterna, ovvero, nel caso in cui non sia stata possibile l’elaborazione, la richiesta di elaborazione del predetto programma. Il programma in ogni caso prevede:
a) le modalità di coinvolgimento dell’imputato, nonché del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario e possibile;
b) le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che l’imputato assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni, nonché le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità ovvero all’attività di volontariato di rilievo sociale;
c) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa.
Secondo un orientamento della Corte di legittimità, è legittimo il rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova contenente solo una generica dichiarazione dell’imputato di voler risarcire il danno, essendo egli tenuto a comprovare, con idonee allegazioni, il suo intento di porre in essere condotte riparative (Cass., Sez. 3, n. 13235 del 02/03/2016: fattispecie relativa ad omesso versamento di contributi previdenziali, in cui l’imputato si era limitato a rappresentare all’INPS la sua intenzione, senza che a ciò fosse seguito il versamento né altra condotta indicativa di un’effettiva intenzione di espletare condotte riparatorie). Si è ulteriormente precisato che, in tema di sospensione del processo con messa alla prova, il giudizio in merito all’adeguatezza del programma presentato dall’imputato va operato sulla base degli elementi evocati dall’art. 133 C.p., in relazione non soltanto all’idoneità a favorirne il reinserimento sociale, ma anche all’effettiva corrispondenza alle condizioni di vita dello stesso, avuto riguardo alla previsione di un risarcimento del danno corrispondente, ove possibile, al pregiudizio arrecato alla vittima o che, comunque, sia espressione dello sforzo massimo sostenibile dall’imputato alla luce delle sue condizioni economiche, che possono essere verificate dal giudice ex art. 464-bis, comma 5, C.p.P. (Cass., Sez. 2, n. 34878 del 13/06/2019).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 2 n. 47098 Anno 2021