Per interpretazione del contratto si intende un accertamento sulla concreta volontà delle parti che trova una propria disciplina in una serie di regole giuridiche vincolanti (Libro quarto, artt. 1362-1371 C.c.). Dall’interpretazione del contratto discendono gli effetti giuridici dell’accordo delle parti e la funzione che quel contratto è destinato a svolgere.
La regola fondamentale nell’interpretazione dei contratti è la ricerca della “comune intenzione delle parti“, senza “limitarsi al senso letterale delle parole” (così l’art. 1362 comma 1, C.c.). Ciò vuoi dire che il testo del contratto è importante ma non è decisivo per la ricostruzione della volontà delle parti. Il senso di un testo scritto non è un a priori rispetto alla ricerca della volontà delle parti, ma un posterius, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, il quale non può arrestarsi alla ricognizione del tenore letterale delle parole, ma deve estendersi alla considerazione di tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé chiare e non bisognose di approfondimenti interpretativi. (Cass., n. 9380/2016).
Ed infatti un’espressione apparentemente chiara potrebbe cessare di essere tale, se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti (in tal senso, Cass. n. 25840 del 2014).
L’art. 1362 C.c., in definitiva, impone all’interprete del contratto di ricostruire in primo luogo la volontà delle parti: per far ciò egli deve muovere dal testo contrattuale, ma deve anche verificare se questo sia coerente con la causa del contratto, le dichiarate intenzioni delle parti, e le altre parti del testo, né può il giudice sottrarsi a tale duplice indagine allegando una pretesa chiarezza del significato letterale del contratto (Cass. n.10484 del 2004), né tanto meno può limitarsi a prendere in considerazione una sola clausola (rectius, solo una parte di essa), senza inserirla nel corpo del testo contrattuale.
Come segnalato da Cass. n. 25840 del 2014, l’interpretazione del contratto dal punto di vista logico non è dunque un percorso lineare (partire del testo e risalire all’intenzione); ma un percorso circolare, il quale impone all’interprete di:
– compiere l’esegesi del testo;
– ricostruire in base ad essa l’intenzione delle parti;
– verificare se l’ipotesi di “comune intenzione” ricostruita in base al testo sia coerente con le parti restanti del contratto e con la condotta delle parti. (ripreso da Cass., n. 9380/2016).
Inoltre l’elemento letterale deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, coordinando tra loro le singole clausole come previsto dall’art. 1363 C.c., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (Cass. n. 14882/2018).
Il criterio ermeneutico fissato dall’art. 1363 C.c. dispone che le clausole si interpretano le une per mezzo delle altre, valutando il senso complessivo dell’atto.
In ogni raso, persino il dato testuale del contratto, pur importante, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione della volontà delle parti, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé chiare atteso che un’espressione prima facie chiara può non risultare più tale se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti; ne consegue che l’interpretazione del contratto, da un punto di vista logico, è un percorso circolare che impone all’interprete, dopo aver compiuto l’esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l’intenzione delle parti e quindi di verificare se quest’ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la condotta delle parti medesime (Cass., n. 9380/2016).
Infine, occorre citare il criterio ex art.1369 C.c., in base al quale le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto (Cass., n.17020/2015) e la norma residuale contenuta nell’art. 1370 C.c. che impone nel caso di clausole ambigue di privilegiare, tra le varie interpretazioni possibili, quella che sia contro lo stipulatore. (Cass., n. 9380/2016).