Il matrimonio di Lorna (titolo originario Le Silence de Lorna) è un film drammatico del 2008 che con la regia, la sceneggiatura e la produzione dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne ottiene diversi riconoscimenti e viene premiato per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes nel 2008.
Il matrimonio di Lorna racconta la storia di una giovane donna, Lorna, immigrata di origine albanese, che per avere la cittadinanza e vivere in Belgio, a Liegi, dove vuole aprire una attività commerciale con il suo fidanzato, sposa Claudy, un tossicodipendente, dietro il pagamento di una somma di denaro. Ma le necessità economiche la spingono a prendere in considerazione un nuovo matrimonio, questa volta con un mafioso russo che ha, a sua volta, bisogno della cittadinanza belga. Occorre il divorzio dal primo marito Claudy ma, a seguito delle lunghe tempistiche della procedura, Lorna è costretta a vagliare l’ipotesi, avanzata dall’amico e complice Fabio che organizza matrimoni combinati, di una morte del marito Claudy per overdose. Lorna non riuscirà a portare a termine il piano, a cui provvede però Fabio, e alla fine fugge via, abbandonando tutto in primis i suoi sogni, credendo di aspettare un bambino da Claudy.
La pellicola cinematografica realizza un affresco serio e drammatico su una delle questioni più complesse legate al fenomeno dell’immigrazione, che coinvolge tutti i paesi e che impone una costante riflessione sociale e culturale, oltre all’attuazione di controlli per il contrasto dei cosiddetti “matrimoni di comodo”.
Occorre premettere che il matrimonio costituisce espressione della libertà e dell’autonomia della persona, sicché il diritto a contrarlo liberamente è oggetto della tutela primaria assicurata dagli artt. 2, 3 e 29 Cost., in quanto rientra nel novero dei diritti inviolabili dell’uomo.
Tale diritto, infatti, tende a tutelare la piena espressione della persona umana, e come tale deve essere garantito a tutti in posizione di eguaglianza, come aspetto essenziale della dignità umana, senza irragionevoli discriminazioni. Inoltre, l’art. 31 Cost., nel prevedere che la Repubblica agevola “la formazione della famiglia”, esclude la legittimità di limitazioni di qualsiasi tipo alla libertà matrimoniale. (Corte Costituzionale sent. n. 245/2011).
Sotto altro aspetto la libertà di contrarre matrimonio costituisce un diritto fondamentale della persona riconosciuto anche dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (art. 16), dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (art. 12) e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 9). (Corte Costituzionale sent. n. 245/2011).
La disciplina del matrimonio dello straniero in Italia è prevista dall’art. 116 C.c. (succ. modif.) che stabilisce che “lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all’ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell’autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio“.
Ciò si coordina con l’art. 5 della Legge n. 91 del 1992, prevedendo che “Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale“.
Inoltre l’art. 30, comma 1-bis, del D.lgs. n. 286 del 1998 (e successive modifiche) prevede:
- con riguardo agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, che il permesso di soggiorno “è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l’effettiva convivenza salvo che dal matrimonio sia nata prole“;
- con riguardo allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, ovvero con visto di ingresso al seguito del proprio familiare nei casi previsti dall’articolo 29, del medesimo D.lgs., ovvero con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore, che la richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno “è rigettata e il permesso di soggiorno è revocato se è accertato che il matrimonio o l’adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all’interessato di soggiornare nel territorio dello Stato“.