La tecnica del chiaroscuro in pittura è legata essenzialmente all’uso del colore.
La tecnica venne utilizzata molto nella pittura antica, mentre perse di importanza nell’arte bizantina e medievale dove il simbolismo delle figure non aveva bisogno del movimento plastico-spaziale.
In senso stretto il chiaroscuro serve per dare un idea dei volumi, dei materiali e dello spazio, e costituisce il passo successivo al disegno lineare.
Esistono sia le tecniche che lasciano vedere il segno, per esempio il tratteggio o le linee continue, sia quelle che lo rendono invisibile come la sfumatura e i passaggi graduali.
Il chiaroscuro si può rendere o dipingendo le ombre con uno e più colori, come la sanguigna e il carboncino, o schiarendo le luci rispetto al colore del supporto, “lumeggia tura”, che si ottiene ad esempio usando un pastello bianco su un foglio color ocra.
Se in epoca medioevale questa tecnica viene messa da parte, soltanto nel XIII secolo il Cimabue riportò in auge l’uso delle sfumature delicate, sottolineando di nuovo il problema di come la luce illumina in modo diverso le differenti parti di un corpo ma anche le differenti materie o superfici.
Con Giotto la sfumatura si fece più ampia e il chiaroscuro divenne una tecnica imprescindibile, fino ad arrivare all’impressionismo e ancora al cubismo, che portò al superamento del chiaroscuro. In tal senso Matisse ne fece completamente a meno.
Tutto questo in pittura. L’immagine di cui sopra è stata utilizzata nel progetto artistico culturale sul “Chiaroscuro” per mostrare, a livello naturale e partendo da una fotografia quale immagine reale, il gioco tra la luce del sole e le diverse ombre che si vengono a creare.
Per converso sul fronte dell’ architettura il chiaroscuro è il gioco di luci e ombre che si produce sulle superfici, con un gioco di volumi pieni e vuoti che crea effetti di variazioni su una superficie piana.
Nella scultura si parla, invece, di chiaroscuro quando il rilievo genera un contrasto tra luce e ombra naturale.