Giusta causa di licenziamento
Occorre, preliminarmente, ribadire che la giusta causa di licenziamento è nozione legale, rispetto alla quale non sono vincolanti (al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo) le previsioni dei contratti collettivi, che hanno valenza esemplificativa e non precludono l’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine all’idoneità delle specifiche condotte a compromettere il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore, con il solo limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione (Cass. 24 ottobre 2018, n. 27004; Cass. 16 luglio 2019, n. 19023). Ed infatti, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva ai fini dell’apprezzamento della giusta causa di recesso, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice, purché vengano valorizzati elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, coerenti con la scala valoriale del contratto collettivo, oltre che con i principi radicati nella coscienza sociale, idonei a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario (Cass. 7 novembre 2018, n. 28492; Cass. 23 maggio 2019, n. 14063).
Nel caso di specie il lavoratore veniva licenziato per giusta causa per la sua reiterata condotta di minaccia e molestia nei confronti della collega a seguito della non accettata interruzione della relazione sentimentale, procurandole preoccupazione per l’incolumità propria e malessere psico-fisico tali da indurla a modificare le proprie abitudini di vita e da interferire sull’organizzazione dell’attività lavorativa, con riflesso sull’intollerabilità della prosecuzione del rapporto di lavoro; posto che la sanzione disciplinare deve essere proporzionale alla gravità dei fatti contestati, sia in sede di irrogazione della sanzione da parte del datore nell’esercizio del suo potere disciplinare, avuto riguardo alle ragioni che lo hanno indotto a ritenere grave il comportamento del dipendente, sia nel giudizio del giudice del merito, il cui apprezzamento di legittimità e congruità della sanzione applicata, se sorretto da adeguata e logica motivazione, si sottrae a censure in sede di legittimità (Cass. 8 gennaio 2008, n. 144; Cass. 26 gennaio 2011, n. 1788; Cass. 25 maggio 2012, n. 8293; 26 settembre 2018, n. 23046).
Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, sentenza 28 gennaio 2020, n. 1890