Erronea qualificazione giuridica del fatto in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti
Nell’udienza prevista dall’articolo 447, nell’udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice, se ricorrono le condizioni per accogliere la richiesta prevista dall’articolo 444, comma 1, pronuncia immediatamente sentenza. Nel caso di dissenso da parte del pubblico ministero o di rigetto della richiesta da parte del giudice per le indagini preliminari, l’imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può rinnovare la richiesta e il giudice, se la ritiene fondata, pronuncia immediatamente sentenza. La richiesta non è ulteriormente rinnovabile dinanzi ad altro giudice. Nello stesso modo il giudice provvede dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione quando ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero o il rigetto della richiesta.
2. In caso di dissenso, il pubblico ministero può proporre appello; negli altri casi la sentenza è inappellabile.
2-bis. Il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
E’ principio pacifico in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, che la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (ex multis, Cass., Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022).
E’ parimenti principio consolidato che sia inammissibile l’impugnazione che denunci l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto nella sentenza di patteggiamento non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza (tra tante, Cass., Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020; Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018).
Si deve trattare, cioè, di un errore che emerge dalla stessa sentenza impugnata perché espressivo di una palese svista del giudice, espressamente escludendosi l’ipotesi in cui il preteso errore sia individuabile per mezzo di una specifica attività di verifica degli atti del procedimento (in proposito Cass., Sez. 2, n. 38089 del 23/09/2022; Cass., Sez. 7, n. 39600 del 10/9/2015).
Corte di Cassazione, Sez. 6, n. 47478 del 15/12/2022