La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la durata della messa alla prova indicata nel programma di trattamento.
Nel caso di specie, in assenza di una determinazione della durata del programma di trattamento, il Giudice ha determinato la stessa in misura annuale in via del tutto apodittica, affermando di aver «tenuto conto di tutti i parametri previsti dall’art. 133 C.p.», ma senza precisare quali specifici indici siano stati posti a fondamento della valutazione concretamente operata. Ne consegue che la durata della messa alla prova veniva disposta senza adeguata motivazione e omettendo di considerare l’attenuante del risarcimento del danno e le attenuanti generiche.
L’art. 464 quater, comma 4 C.p.P., tuttavia, prevede che “Il giudice, anche sulla base delle informazioni acquisite ai sensi del comma 5 dell’articolo 464 bis, e ai fini di cui al comma 3 del presente articolo può integrare o modificare il programma di trattamento, con il consenso dell’imputato“.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha, dunque, precisato che, in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, è necessario il consenso dell’interessato per determinare una durata del lavoro di pubblica utilità superiore a quella individuata nel programma di trattamento elaborato d’intesa con l’ufficio esecuzione penale esterna e presentato dall’imputato (Cass., Sez. 4, n. 481 del 26/10/2021; Cass., Sez. 6, n. 44646 del 01/10/2019).
Stante il tenore dell’art. 464-quater, comma 4, C.p.P., è, infatti, ben possibile al Giudice integrare o modificare il programma di trattamento elaborato dall’U.E.P.E. ma che tale iniziativa presuppone il previo consenso dell’imputato (cfr. Cass., Sez. 5, n. 4610 del 18/12/2015; Cass., Sez. 3, n. 5784 del 26/10/2017; Cass., Sez. 5, n. 4761 del 03/12/2019).
La Corte costituzionale, nell’ordinanza n. 54 del 2017, del resto, ha precisato
che la valutazione del giudice anche in ordine alla concreta durata del lavoro di pubblica utilità non potrà che far riferimento ai canoni di cui all’art. 133 C.p., alla luce delle caratteristiche della prestazione lavorativa in rapporto alle esigenze dell’imputato, e che, dunque, sussiste un preciso obbligo di motivazione sul punto da parte del giudice di merito sulla congruità del programma di trattamento proposti rispetto alla finalità delle messa alla prova.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione parimenti ha affermato che, ai fini della valutazione di idoneità del programma di trattamento per la sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice, nella valutazione dell’idoneità del programma di trattamento presentato dal richiedente, è tenuto a compiere un vaglio di congruità sulla durata complessiva e sulla intensità del lavoro di pubblica utilità cui è subordinata la concessione, applicando in via analogica gli indici di cui all’art. 133 C.p. (Cass., Sez. 3, n. 55511 del 19/09/2017).
Corte di Cassazione Sez. 6 n. 28987 Anno 2022