Dissipa tu se lo vuoi
Dissipa tu se lo vuoi
questa debole vita che si lagna,
come la spugna il frego
effimero di una lavagna.
M’attendo di ritornare nel tuo circolo,
s’adempia lo sbandato mio passare.
La mia venuta era testimonianza
di un ordine che in viaggio mi scordai,
giurano fede queste mie parole
a un evento impossibile, e lo ignorano.
Ma sempre che tradii
la tua dolce risacca su le prode
sbigottimento mi prese
quale d’uno scemato di memoria
quando si risovviene del suo paese.
Presa la mia lezione
più che dalla tua gloria
aperta, dall’ansare
che quasi non dà suono
di qualche tuo meriggio desolato,
a te mi rendo in umiltà. Non sono
che favilla d’un tirso. Bene lo so: bruciare,
questo, non altro, è il mio significato.
(poesia tratta da “Mediterraneo” sezione inserita nella omonima raccolta “Ossi di seppia”, pubblicata il 15 giugno 1925 a Torino)
Eugenio Montale (Genova, 12 Ottobre 1896 – Milano, 12 Settembre 1981) è stato un celebre e rinomato scrittore, filosofo, critico letterario e musicale, annoverato tra le personalità letteraria italiane più importanti del XX secolo.
Tra le sue opere più importanti occorre citare le raccolte poetiche “Ossi di seppia” pubblicata nel 1925, “Le occasioni” pubblicata nel 1939, “Xenia” pubblicata nel 1966, “Satura” pubblicata nel 1971, “Il Diario del ’71 e del ’72” pubblicato nel 1973.
Ossi di seppia comprende ventitré liriche, divise in otto sezioni: Movimenti, Poesie per Camillo Sbarbaro, Sarcofaghi, Altri versi, Ossi di seppia, Mediterraneo, Meriggi e ombre; a questi si deve aggiungere un’introduzione (In limine) e una conclusione (Riviere). In particolare fanno parte le seguenti liriche:
In limine
Godi se il vento ch’entra nel pomario
Movimenti
I limoni
Corno inglese
Quasi una fantasia
Falsetto
Minstrels
Poesie per Camillo Sbarbaro
Sarcofaghi
Dove se ne vanno le ricciute donzelle
Ora sia il tuo passo
Il fuoco che scoppietta
Ma dove cercare la tomba
Altri versi
Vento e bandiere
Fuscello teso dal muro
Ossi di seppia
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
Meriggiare pallido e assorto
Non rifugiarti nell’ombra
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida (dedicata a Boris Kniaseff)
A Lucia Dubini
Mia vita, a te non chiedo lineamenti
Portami il girasole ch’io lo trapianti
Spesso il male di vivere ho incontrato
Ciò che di me sapeste
Là fuoriesce il Tritone
So l’ora in cui la faccia più impassibile
Gloria del disteso mezzogiorno
Felicità raggiunta, si cammina
Il canneto rispunta i suoi cimelli
Forse un mattino andando in un’aria di vetro
Valmorbia, discorrevano il tuo fondo
Tentava la vostra mano la tastiera
La farandola dei fanciulli sul greto
Debole sistro al vento
Cigola la carrucola del pozzo
Arremba su la strinata proda
Upupa, ilare uccello calunniato
Sul muro grafito
Mediterraneo
A vortice s’abbatte
Antico, sono ubriacato dalla voce
Scendendo qualche volta
Ho sostato talvolta nelle grotte
Giunge a volte repente
Noi non sappiamo quale sortiremo
Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale
Potessi almeno costringere
Dissipa tu se lo vuoi
Meriggi e ombre
Fine dell’infanzia
L’agave su lo scoglio
Vasca
Egloga
Flussi
Clivo
Arsenio
Crisalide
Marezzo
Casa sul mare
I morti
Delta
Incontro
Riviere
Riviere