Disciplina del marchio “CE”
In merito all’ipotesi delittuosa della contraffazione del marchio “CE” devono ricordarsi i seguenti principi di diritto:
A) la vendita di prodotti con dicitura “CE” contraffatta integra il delitto di frode nell’esercizio del commercio e non il delitto di detenzione per la vendita di prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi contraffatti o alterati, atteso che siffatta dicitura non identifica un marchio propriamente detto, inteso come elemento, o segno, o logo, idoneo a distinguere un manufatto da un altro, ma assolve alla diversa funzione di garantire al consumatore la conformità del prodotto su cui è apposta ai livelli di qualità e di sicurezza previsti dalla normativa dell’Unione europea (Cass., Sez. 2, n. 30026 del 25/05/2021);
B) in tema di delitti contro l’industria ed il commercio, la mancata consegna da parte di colui che pone in vendita prodotti che recano il marchio CE, nel corso di un controllo, della documentazione che attesta la regolarità dell’apposizione di tale marchio, integrando l’omissione di una condotta richiesta agli operatori economici, costituisce un comportamento significativo, in assenza di elementi contrari, della irregolarità dell’apposizione, non comportando un’inammissibile inversione dell’onere della prova della sussistenza del reato di tentativo di frode nell’esercizio del commercio di cui all’art. 5:15 cod. pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che la disciplina del marchio CE – che attesta che il prodotto rispetta i requisiti previsti dall’UE in materia di sicurezza, salute e tutela dell’ambiente – è prevista dal Regolamento n. 765 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9
luglio 2008 e dalla decisione n. 768 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008 da cui emerge, tra l’altro, che i distributori devono poter dimostrare che hanno agito con la dovuta diligenza, verificando la regolarità del suddetto marchio, e devono essere in grado di assistere le autorità nazionali nel reperire la necessaria documentazione dimostrativa), (Cass., Sez. 3, n. 50783 del 26/09/2019);
C) integra il reato di tentativo di frode nell’esercizio del commercio l’apposizione, su beni destinati alla vendita, del marchio contraffatto CE, poiché questo garantisce non solo la provenienza del bene dall’Europa, ma anche la sussistenza dei requisiti aprioristicamente standardizzati dalla normativa comunitaria, che possono essere scelti dall’acquirente in ragione della loro origine e provenienza controllata alla fonte. (In motivazione, la Corte ha evidenziato l’irrilevanza dell’accertamento in concreto delle caratteristiche del prodotto destinato alla vendita, che potrebbero anche essere superiori a quelle dichiarate, rilevando esclusivamente la lesione dell’ordine economico e della regolarità del commercio operata dalla diffusione di beni differenti da quelli dichiarati) (Sez. 3, n. 17686 del 14/12/2018, dep.2019).
Corte di Cassazione sentenza n. 42329 del 2023