La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento risolve la questione se i dati personali provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque possono essere trattati da un ente pubblico anche indipendentemente dal nesso di proporzionalità rispetto alle sue finalità istituzionali.
Invero, la questione concerne se l’utilizzo di dati personali desumibili da pubblici registri deve o meno essere necessariamente proporzionato alle finalità istituzionali dell’ente adibito al trattamento.
E ancora, il requisito della proporzionalità è necessario in presenza di un trattamento sottratto al consenso dell’interessato, come quello di specie, riguardante dati personali provenienti da pubblici registri.
L questione ruota intorno alla corretta interpretazione degli artt. 18,19 e 24, lett. c), del D.Lgs. n. 196 del 2003 (Codice della Privacy).
La disciplina giuridica applicabile al trattamento dei dati personali non sensibili, né giudiziari, deriva dalla natura giuridica del suo titolare che, se pubblico, deve utilizzare i dati in modo tale che il loro trattamento sia finalizzato allo svolgimento delle funzioni istituzionali, anche in mancanza di una norma di legge o di regolamento che lo preveda espressamente (art. 19, comma l, Codice della privacy).
Infatti, ai sensi dell’art. 24, comma l, lett. c), del Codice, non è richiesto alcun consenso da parte dell’interessato per il trattamento di dati personali provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque.
I principi relativi alle modalità di trattamento ed ai requisiti dei dati personali, recati dall’art. 11 del D.Lgs. n. 196 del 2003, che si compendiano in quelli di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti, hanno carattere generale, nel senso che trovano applicazione in riferimento a tutti i trattamenti, pubblici e privati, segnando i confini di liceità degli stessi, ove la stessa regolamentazione specifica di settore non ne limiti o conformi diversamente la portata.
Il fatto, dunque, che per gli enti pubblici non sia necessario il consenso dell’interessato per il trattamento dei dati personali nell’ambito delle finalità istituzionali (art. 18, comma 2, d.lgs. n. 196 del 2003), che può essere effettuato, ove non riguardi dati sensibili, anche in mancanza di una norma di legge o di regolamento che lo preveda espressamente (art. 19, comma 1, stesso d.lgs.) e, quindi, a maggior ragione se trattasi di dati provenienti da pubblici registri, per i quali anche i soggetti privati e gli enti pubblici economici sono esentati dall’acquisire il consenso (art. 24, comma l, lett. c), non esclude che il trattamento debba comunque essere effettuato in modo lecito e corretto ai sensi del citato art. 11 e, dunque, nel rispetto degli anzidetti principi generali e, tra questi, di quello di proporzionalità o non eccedenza del trattamento rispetto alle finalità proprie.
Cassazione Civile Sent. Sez. 3 Num. 16133 Anno 2014