Danno non patrimoniale: illecito trattamento dei dati personali

danno non patrimonialeLa Suprema Corte di Cassazione affronta la questione inerente il risarcimento del danno non patrimoniale derivante dall’illecito trattamento dei dati personali nell’ ambito della rete di Internet di cui all’art. 15 del D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

Nella sua attuale ontologia giuridica, segnata dalla norma vivente dell’art. 2043 C.c., cui è da ricondurre la struttura stessa dell’illecito aquiliano, il danno risarcibile non si identifica con la lesione dell’interesse tutelato dall’ordinamento, ma con le conseguenze di tale lesione.

Nell’alveo dell’art. 2043 C.c. va ricondotto anche il danno indicato dall’art. 2059 C.c., nel senso che tale ultima norma non disciplina un’autonoma fattispecie di illecito, produttiva di danno non patrimoniale, distinta da quella di cui all’art. 2043 C.c., bensì

“regola i limiti e le condizioni di risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali sul presupposto dell’esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito richiesti dall’art. 2043 C.c.

Sicché l’art. 2059 C.c. nell’affermare la risarcibilità del danno non patrimoniale, è norma di rinvio “ai casi previsti dalla legge (e quindi ai fatti costituenti reato) ovvero ai diritti costituzionali inviolabili presidiati dalla tutela minima risarcitoria.

Può, dunque, affermarsi che la “gravità della lesione” attiene al momento determinativo dell’evento dannoso, quale incidenza pregiudizievole sul diritto/interesse selezionato come meritevole di tutela aquiliana, e la sua portata è destinata a riflettersi sull’ingiustizia del danno, che non potrà più predicarsi tale in presenza di una minima offensività della lesione stessa.

La “serietà del danno” riguarda, invece, il piano delle conseguenze della lesione e cioè l’area dell’obbligazione risarcitoria, che si appunta sulla effettività della perdita subita (il cd. danno-conseguenza).

Il pregiudizio “non serio” esclude che vi sia una perdita di utilità derivante da una lesione che pur abbia superato la soglia di offensività.

La gravità della lesione e della serietà del danno è accertamento di fatto ancorato alla concretezza della vicenda materiale portata alla cognizione giudiziale ed al suo essere maturata in un dato contesto temporale e sociale.

La giustificazione della “soglia di risarcibilità” del danno non patrimoniale, dettata dall’esigenza di arginare la “proliferazione delle c.d. liti bagatellari”, si rinviene nel

bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile.

Il principio di solidarietà costituisce allora il punto di mediazione che consente al sistema ordinamentale di salvaguardare il diritto del singolo nell’ambito della collettività.

Tuttavia, occorre verificare, caso per caso, quale sia la concreta disciplina che la legge ha dettato per quel determinato diritto/interesse che ha ritenuto di selezionare come suscettibile di essere ristorato, in caso di lesione, anche sotto il profilo del danno non patrimoniale.

L’art. 15 del D.lgs. n. 196 del 2003 prevede che chiunque è tenuto a risarcire, ai sensi dell’art. 2050 C.c., il danno ad altri cagionato “per effetto del trattamento di dati personali”.

Occorre valutare in che termini l’accesso al risarcimento si atteggi sulla verifica di gravità della lesione e serietà del danno.

Tale rilievo è da coniugare con l’ulteriore considerazione secondo cui la tutela apprestata dal Codice della Privacy al diritto alla protezione dei dati personali non è espressione di una concezione “statica” della riservatezza, bensì “dinamica” di essa, “tesa al controllo dell’utilizzo e del destino dei dati”.

Sicché, nel sistema del D.lgs. n. 196 del 2003, il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali non vive isolatamente, ma simbioticamente con gli altri diritti fondamentali ed inviolabili della persona umana, operando strumentalmente per la sua integrale tutela.

In tale quadro una lesione ingiustificata del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali (e cioè oltre la soglia di tollerabilità) la sua portata effettiva, necessita di essere ristorata.

Conclusivamente può, quindi, essere enunciato il seguente principio di diritto:

“il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 15 del D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (c.d. Codice della Privacy) non si sottrae alla verifica di “gravità della lesione”  e di “serietà del danno” che, in linea generale, si richiede in applicazione dell’art. 2059 C.c. nelle ipotesi di pregiudizio inferto ai diritti inviolabili previsti in Costituzione. Ciò in quanto, anche nella fattispecie di danno non patrimoniale di cui al citato art. 15, opera il bilanciamento del diritto tutelato da detta disposizione con il principio di solidarietà – di cui il principio di tolleranza è intrinseco precipitato -, il quale, nella sua immanente configurazione, costituisce il punto di mediazione che permette all’ordinamento di salvaguardare il diritto del singolo nell’ambito di una concreta comunità di persone che deve affrontare i costi di una esistenza collettiva”.

Cassazione Civile Sent. Num. 16133 Anno 2014

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