Il reato di danneggiamento, previsto e disciplinato all’art. 635 C.p.. si distingue, sotto il profilo del deterioramento, da quello di deturpamento o imbrattamento previsto dall’art. 639 C.p.
Invero, mentre il reato di danneggiamento produce una modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l’uso, così dando luogo alla necessità di un intervento ripristinatorio dell’essenza e della funzionalità della cosa stessa, il secondo produce solo un’alterazione temporanea e superficiale della “res”, il cui aspetto originario, quale che sia la spesa da affrontare, è comunque facilmente reintegrabile.
Secondo la giurisprudenza di legittimità il reato previsto dall’art. 639 C.p. è sussidiario, rispetto a quello di cui all’art. 635 C.p., come risulta dalla clausola di salvaguardia espressa, inserita nella norma.
Ne deriva che la condotta consistente nel deturpare o imbrattare la cosa altrui integra il più lieve reato in questione soltanto ove il bene non sia stato distrutto, disperso, deteriorato, o reso in tutto o in parte inservibile.
Nell’ipotesi del reato di danneggiamento, si verifica, nella sostanza una alterazione “in peius” della cosa, non soltanto nel suo valore commerciale o intrinseco (il che caratterizza anche il reato di cui all’art. 639 C.p.) ma nella sua integrità materiale.
La nozione di deturpamento, peraltro, va interpretata alla stregua dell’altra condotta descritta nell’art. 639 C.p. , ovvero l’imbrattamento, e quindi appare doversi connettere con un’aggiunta illecita al bene, più che con un’alterazione per soppressione di una parte di esso, salvo restando che in entrambi i casi si rende necessario un intervento ripristinatorio, più o meno costoso a seconda dell’azione concretamente posta in essere.
Sulla base di tali linee interpretative si può pacificamente affermare che la condotta di danneggiamento e deturpamento o imbrattamento previste rispettivamente dagli artt. 635 e 639 del Codice Penale si distingue in relazione al grado di incisione della funzionalità della cosa.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 2 n. 8826 del 2016
in un ottica difensiva occorre, a seguito della depenalizzazione del 635 c.p., valutare, assieme al cliente, se conviene cercare di essere puniti per il 639 comma 1 (multa fino a 103 euro) o essere assolti per il 635 ma sottostare alla forte sanzione amministrativa che ne consegue.
Con la nuova legge del 2009 viene quantomeno valorizzato l’istituto della sospensione condizionale della pena subordinata alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività, tendente sia alla riparazione dell’offesa che alla rieducazione del condannato.