La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento nel presente articolo si pronuncia in merito alla sussistenza dei presupposti idonei a giustificare la custodia cautelare in carcere nei confronti dell’ imputato minore di età.
Ai sensi dell’ art. 19, comma 2, del DPR n. 448 del 1988 il giudice, nel disporre le misure cautelari nei confronti dell’ imputato minorenne, deve tener conto, oltre che dei criteri indicati nell’ art. 275 del C.p.P., dell’ esigenza di non interrompere i processi educativi in atto.
Ai sensi dell’ art. 23, comma 2 lett. c), del DPR n. 448 del 1988 per l’ applicazione della custodia cautelare vi deve essere il concreto pericolo, desunto dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla personalità dell’ imputato, che questi commetta gravi delitti con uso di armi o altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quelli per cui si procede.
Inoltre ai sensi dell’ art. 275, comma 3, C.p.P. la custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata.
Il giudice deve, pertanto, prendere in considerazione anche altre misure meno afflittive, quale l’ inserimento in comunità, dovendo in ogni caso essere privilegiata l’ esigenza di non interrompere i processi educativi in atto dell’indagato.
Ne consegue che il giudice deve adeguatamente motivare in ordine alle ragioni per le quali si debba ritenere che qualsiasi altra misura alternativa alla custodia cautelare in carcere, anche essa limitativa della libertà personale ed eventualmente tale da non interrompere i processi educativi in atto, non sia ritenuta idonea, nei confronti dell’ imputato minorenne, ad elidere il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 7137 Anno 2011