La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente il rapporto che sussiste tra il corretto esercizio del diritto di cronaca, di critica e, in particolare, di satira.
E’ noto che la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore è scriminata per legittimo esercizio del diritto di cronaca se ricorrono:
a) la verità oggettiva (o anche solo putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca), la quale non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano dolosamente o colposamente taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato, ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive, sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore false rappresentazioni della realtà;
b) l’interesse pubblico all’informazione, cioè la cosiddetta pertinenza;
c) la forma “civile” dell’esposizione e della valutazione dei fatti, cioè la cosiddetta continenza.
A differenza del diritto di cronaca, il diritto di satira, quale modalità corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica, è sottratto al parametro della verità, in quanto esprime, mediante il paradosso e la metafora surreale, un giudizio ironico su un fatto, ma, appunto per questo, ne ricorre l’esercizio solo se il fatto è espresso in modo apertamente difforme dalla realtà, sicché possa apprezzarsene subito l’inverosimiglianza e il carattere iperbolico (v. Cass., sez. III civ., n. 14822/2012 e n. 23314/2007).
Altrimenti, la satira non sfugge al limite della correttezza e continenza delle espressioni e delle immagini utilizzate, rappresentando comunque una forma di critica caratterizzata da particolari mezzi espressivi, e neppure può fondarsi su dati storicamente falsi (v. Cass., sez. III civ., n. 28411/2008; Cass., sez. V pen., n. 3676/2010).
Corte di Cassazione Civile Sent. Sez. 1 Num. 16899 Anno 2015