Contraffazione o alterazione
Chiunque, potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale, contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali, ovvero chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.
Sulla base del consolidato canone ermeneutico della Corte di legittimità l’interesse giuridico tutelato dagli artt. 473 e 474 c.p., è la pubblica fede in senso oggettivo, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno o i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione, e non l’affidamento del singolo, sicché, ai fini dell’integrazione dei reati non è necessaria la realizzazione di una situazione tale da indurre il cliente in errore sulla genuinità del prodotto; al contrario, in presenza di una contraffazione, i reati sono configurabili anche se il compratore sia stato messo a conoscenza dallo stesso venditore della non autenticità del marchio.
In considerazione della speciale tutela al marchio registrato accordata dalla legge, essa non può essere aggirata attraverso diciture artatamente “attestative” circa l’indebito uso del marchio, quali “prodotto non originale” o simili, giacché la contraffazione è, in sè, sufficiente e decisiva per la violazione del bene tutelato.
“La confusione che la norma vuole scongiurare è tra i marchi e non tra prodotti, cioè tra quello registrato e quello illecitamente commercializzato in forma dichiaratamente decettiva, dal momento che ciò che la legge punisce è la riproduzione – senza averne titolo – del marchio registrato su di un prodotto industriale; il prodotto è quindi il veicolo attraverso il quale si manifestano i marchi e la legge impone che non vengano riprodotti (in modo pedissequo o con modifiche che non ne alterino i caratteri principali che lo connotano) illecitamente, su prodotti industriali.” (Cass. Sez. 2, sent. n. 24516, ud. del 22/05/2015, dep. 9/6/2015 ).
Dunque, risulta ininfluente il raffronto tra i prodotti e i
connotati di emulazione degli stessi, avendo riguardo la tutela penale solo ai marchi e alla confondibilità di quello registrato con quello illecitamente riprodotto sul bene sequestrato.
“In tale quadro di riferimento, la dicitura “prodotto non originale” non svuota pertanto di valenza penale la contraffazione, restando la fattispecie integrata dalla (ontologicamente ingannevole) riproduzione illecita del marchio registrato, senza che l’impiego improprio della dicitura “prodotto non originale”, eccentrica rispetto alla tutela giuridica del marchio, assuma una qualche portata legittimante, posto che – come si è detto – la mera riproduzione è da sola sufficiente ad integrare l’ipotesi delittuosa” (Sez. 5, n. 5957 del 30/11/2011 (dep. 2012 ); Sez. 2 n. 22040 del 19/02/2019).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 5 n . 8982 del 2022