La consulenza legale gratuita on line è una consulenza che si svolge on line, ovvero senza il necessario incontro dal vivo tra il professionista e l’assistito, e si sostanzia nella preventiva formulazione di un quesito e nella successiva redazione di un parere a carattere giuridico senza nessun tipo di onere o compenso economico a carico della parte che formula la questione.
Per tali ragioni, occorre sin da subito evidenziare quanto segue:
- la consulenza legale gratuita on line è possibile solo in tutti quei casi in cui la questione giuridica/legale rimanga ad un livello teorico e di mero dubbio e possa consentire la libera formulazione di un parere legale che si sostanzia, nella specie, in un consiglio professionale.
- la consulenza legale gratuita on line non può in alcun modo sostituire l’assistenza legale di un professionista avvocato, (attività esclusivamente a titolo oneroso) che previa valutazione e studio del caso può fornire tutte le più ampie possibilità di risoluzione della controversia, sia giudiziali che stragiudiziali.
Per accedere al servizio di consulenza legale gratuita on line è necessario compilare il modulo sottostante “Lascia un Commento” in ogni sua parte, specificando, nel form “Commento” nel dettaglio, il vostro quesito (nel limite massimo di 300 parole).
E’ necessario porre la questione in modo chiaro e semplice, con indicazione di tutti gli elementi utili che possano consentire la formulazione di un parere aperto, con indicazione di eventuali procedure da seguire.
Nella redazione del quesito si chiede di non indicare nomi e cognomi della persona interessata (al massimo solo il nome) in modo da poter garantire la tutela della riservatezza di tutti gli utenti della piattaforma digitale.
La risposta al quesito on line potrà avvenire entro le 48 ore successive alla richiesta formulata e sarà visualizzabile nella sezione “Risposte” (sezione aperta e visibile anche agli altri utenti della rete).
Bonasera , ho letto sopra che per accedere al servizio di consulenza legale gratuita on line è necessario compilare il modulo sottostante “Lascia una Risposta”,
poiché ho trovato solo questo modulo per un commento spero vada bene ugualmente.
Vorrei sapere se , attraverso procedimento legale per sfratto e recupero morosità si può ottenere tale recupero da una persona che è consulente e non dipendente da una ditta che si conosce.
grazie
Gentile Sig. Claudio,
le possibilità di recuperare le somme inevase del canone di locazione dipendono da molti fattori.
Ovviamente lo sfratto per morosità è finalizzato alla liberazione dell’immobile e l’azione di recupero ad ottenere la condanna al pagamento di quanto dovuto.
Il fatto che il conduttore moroso sia consulente di un ditta può significare che lavora con partita iva, o con altre tipologie contrattuali diverse dal lavoro dipendente. Questo comporta che, ottenuta il provvedimento costituente titolo esecutivo per il recupero delle somme, dovrà poi attivarsi con l’azione esecutiva. A questo punto sorgono i problemi. Perchè a meno che il consulente non abbia un contratto continuativo seppure non da lavoro dipendente con la ditta e quindi incarichi con scadenze prestabilite per i pagamenti dei suoi compensi, difficilmente riuscirà ad ottenere qualcosa con il pignoramente presso terzi, ovverosia presso il datore di lavoro. E’ chiaro che in questo caso è preclusa la possibilità di pignorare il quinto dello stipendio, in quanto il consulente non è stipendiato dalla ditta.
Quindi, potrebbe provare ad agire con un pignoramento presso terzi, provando, se del caso, a pignorare gli eventuali crediti del consulente verso la ditta (trovo difficile credere che questa azione possa sortire gli effetti sperati).
Altro percorso consiste nel provare a rintracciare i conti correnti d’appoggio del consulente ed agire con pignoramento sul conto.
Il punto è che se un debitore è aggredibile, ovvero a beni alla luce del sole, le azioni di recupero daranno i frutti sperati, altrimenti i problemi sono seri.
Le auguro di riuscire nella sua impresa.
La saluto cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera
Io invece sono affituaria da 20 anni, rispettato sempre I pagamenti.
La proprietaria è deceduta da oltre un anno non si fa vedere nessuno fino ad ogni. Ho ricevuto una racc dal gestore comunale che dice che sono morosa e devo pagare entro 10gg. La proprieta è stata donata al comune, io sono sepatata non ricevo soldi da nessuno ho uno stipendio basso e un figlio a carico.
Gentile Signora
se la proprietà dell’immobile è stata donata al Comune lo stesso subentra nel rapporto di locazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve sto impazzendo ho un contratto di locazione di 4+4 con rinunzia di disdetta del contratto alla prima scadenza fatto eccezione ad adibire l’immobile ad usi o opere ….a luglio scadono i primi 4 anni e la proprietaria mi ha mandato disdetta xchè vuole vendere l’immobile… Se è proprietaria di altri immobili lo può fare?
Gentile Signora
ai sensi dell’articolo 3 Legge sulle locazioni abitative -Legge n. 431/1998) il locatore nei contratti di locazione c.d 4+4 (ovvero di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di altri quattro anni) alla prima scadenza il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi:
quando il locatore intenda destinare l’immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l’immobile all’esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;
c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;
d) quando l’immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;
e) quando l’immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l’integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all’ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell’immobile stesso;
f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l’immobile senza giustificato motivo;
g) quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
Ne consegue che la risoluzione anticipata ovvero alla prima scadenza del contratto di locazione con lo scopo di vendere a terzi l’immobile è consentita solo se il locatore non abbia altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve sono una ragazza di 18 anni un anno emmezzo fá ho denunciato il mio ragazzo perche una sera mi ha alzato le mani e essendo minorenne i miei genitori quando mi hanno visto mi hanno portato in ospedale a fare le foto dei lividi e dal ospedale poi sono andata in caserma e denunciare, dopo 2 settimane dalla denuncia ci sono tornata assieme ora conviviamo e quelle cose non succedono più però ho semore il pensiero che quella denuncia possa arrivare da un giorno all’altro altro, ora non ho capito bene nemmeno se mi hanno fatto fare una denuncia o una querela i carabinieti perché non spiegano niente, sta di fatto che non riesco a capire se l’hanno archiviata o se la denuncia sta procedendo e in tal caso come devo muovermi per farla archiviare? Posso archiviare anche se e passato tanto tempo, ora che le cose si sono sistemate e sto bene non vorrei che arrivi da un giorno all altro
Gentile Signora
la querela sporta l’anno scorso farà il suo corso presso gli organi giudiziari competenti (Tribunale o Giudice di Pace – a seconda del reato indicato nella querela) mentre per la remissione della querela occorre capire che tipo di reato è stato contestato al suo compagno ovvero se un reato perseguibile a querela della persona offesa o perseguibile d’ufficio. Tenga presente che solo “Nei delitti punibili a querela della persona offesa, la remissione estingue il reato” (art. 152 Codice penale). L’archiviazione è altro istituto giuridico e viene disposta dal Pubblico Ministero per infondatezza della notizia di reato (art. 408 Codice di procedura penale); qualora manchi una condizione di procedibilità dell’azione penale o che la persona sottoposta alle indagini non è punibile ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale per particolare tenuità del fatto (art. 411 Codice di procedura penale) o quando è ignoto l’autore del reato (art. 415 Codice di procedura penale). Pertanto le consiglio di informarsi anche tramite un avvocato di sua fiducia sullo stato delle indagini, sulla tipologia del reato contestato al suo compagno, e sulla eventuale remissione della querela (giudiziale o extragiudiziale).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve.
Vi sto scrivendo perché mio zio, ha trovato una signora fuori regione volenterosa di comprare una vecchia casetta, da ristrutturare ovviamente a spese della signora, stimata 40.000€ per la vendita.
Io, mia madre e mio fratello abbiamo dovuto fare la successione in quanto mio padre è morto anni fa quindi siamo gli eredi. Questo Zio, non ci ha mai cercati né spiegato la situazione, tanto che siamo stati informati dalla figlia della sorella di mio padre.
La signora in questione che voleva comprare casa, si è tirata indietro all’improvviso, dicendo di aver impiegato troppo tempo con le pratiche( causa Covid e causa Giudice per mio fratello autistico). Però, siamo venuti a conoscenza che questa signora abbia dato una CAPARRA di 10.000 € a mio zio, divisibile per 4. Questa caparra, però, l’hanno fatta risultare come una vendita di un Rolex (inesistente).
Ora, mio zio non vuole darci i soldi perché dice che dobbiamo aspettare almeno 2-3 mesi nella speranza che la signora non si rivolga ad un avvocato per ricevere indietro questa caparra. Ma il mio dubbio è: come può chiamare un avvocato se tutto ciò che hanno fatto sarebbe ILLEGALE? Considerando il fatto che la signora avrebbe dato dei soldi per un Rolex inesistente, invece che per una casa. E considerando anche che inizialmente, volevano fare tutto ciò anche con il notaio, ovvero dare 20 Mila € “in nero”, e 20mila € segnalati.
Cosa dovremmo fare in questo caso? Ho la sensazione che questi soldi non li vedremo mai più, in quanto non è la prima volta che questo zio si comporta in questo modo riguardo l’argomento “vendita casa”.
Spero davvero che qualcuno possa aiutarci
In attesa di una risposta, vi ringrazio anticipatamente e vi auguro un buon proseguimento di giornata.
Gentile Signora
sinceramente la situazione non mi appare molto chiara. In primo luogo se c’è il versamento di una caparra deve esserci un preliminare di vendita (la caparra non è altro che un anticipo sul prezzo della compravendita). Se il futuro acquirente si ritira dall’affare e non intende più acquistare l’immobile, (risultando inadempiente) la caparra può essere trattenuta dal venditore. Viceversa se è il venditore a rivelarsi inadempiente, il compratore avrà diritto al doppio della caparra. Ora tali operazioni avvengono solitamente davanti ad un notaio che stipula il contratto preliminare e la somma di denaro versata deve avere una sua tracciabilità. Inoltre davanti allo stesso notaio o comunque in sede di stipula del contratto preliminare con versamento della caparra devono comparire oltre al futuro acquirente anche la parte venditrice (proprietaria dell’immobile), ovvero nel caso di specie: lei, sua madre e suo fratello. A tal guisa non riesco a capire il ruolo di suo zio, rispetto al quale non riesco ad anticipare alcun suggerimento in merito ad eventuali comportamenti o azioni di tutela.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
La mia situazione è la seguente: ho un pignoramento in corso dove mi pignoreranno 1/5 dello stipendio per una causa di lavoro persa durante la pandemia.. Oltre a questo ho un prestito sempre periodo pandemia con la società. Se non riusciamo a pagarlo come fanno a pignorarmi 1/5 dello stipendio se già è pignorato ?
Grazie.
Cordiali Saluti.
Egregio Signore
in via generale, salvo casi specifici, il pignoramento dello stipendio non può superare il limite di un quinto, (il quinto deve essere calcolato sull’importo netto dello stipendio). Nell’ipotesi in cui sopravvenga un secondo creditore quest’ultimo potrà agire sullo stipendio solo dopo il primo creditore, ovvero quando il primo pignoramento sarà estinto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, sono il signor belsanti Antonio, percepisco un assegno di invalidità minima del 75 x cento. Tramite conoscenze , ho la possibilità di noleggiare un auto, per una spesa di circa 200 / 250 mensili. Questo pregiudica o può sospendere la mensilità? Grazie
Egregio Signore
non si riscontrano delle limitazione in merito al percepimento dell’assegno di invalidità e la possibilità di noleggiare un auto. Oltremodo le consiglio, per maggiore cautela, di effettuare la domanda specifica all’ente noleggiatore, che magari potrà rassicurala nel miglior modo.
Cordialmente
Associazione Aletes Onlus
Per favore vorrei sapere come posso fare per recuperare dei soldi dati ad un privato come prestito personale con un bonifico. La somma doveva essermi restituita entro un mese e sono passati 2 anni.
Devo denunciarlo??
Grazie
Gentile Signora
credo che l’unico modo, dal momento che sono passati due anni dal prestito, sia quello di agire per via giudiziale, mediante atto di messa in mora a firma di un avvocato di sua fiducia con raccomandata con avviso di ricevimento e in caso di esito negativo mediante azione giudiziaria. Tenga conto che il ternmine di prescrizione è quello di dieci anni che decorre dal giorno in cui è avvenuto il prestito ovvero il bonifico.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Chiedo scusa avvocato può spiegarmi cos’è l’atto di messa in mora? Io purtroppo non conosco avvocati.
Grazie Maria D’Amicis
Gentile Signora
L’atto di costituzuione in mora, atto stragiudiziale, è una intimazione scritta, redatta secondo il disposto di cui all’art. 1219 Codice civile “Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto”. L’intimazione fatta per iscritto è diretta ad ottenere l’adempimento di una determinata prestazione a carico del debitore. Pertanto con l’atto di messa in mora si invita il debitore ad adempiere entro un determinato termine fissato nella lettera.
L’atto di messa in mora deve eesere inviata al destinatario con raccomandata con ricevuta di ritorno e lo stesso consegue il fine dell’interruzione della prescrizione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie .
Cordialmente Maria d’Amicis
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Salve,
mi chiamo Isabella e sono un’autrice esordiente.
L’11 ottobre 2018 mi é stato mandato un contratto da parte di una casa editrice mo profit che ha scelto il mio manoscritto( che ho firmato e restituito a loro insieme a copia di un mio documento di riconoscimento).
Da Divembre in poi sono a Giugno 2019 sembravano persone serie…. mi avevano affidata ad un editor e mi mandano la seconda verifica dell’impaginato e do il mio ok.
Arriva il 31 luglio, li scrivo con largo anticipo x dire loro k il 19 agosto avrei fatto la mia presentazione ufficiale, in paese, e k m servivano 30 copie cartacee…..la data prevista nn é stata rispettata ed è saltato tutto(ho perso pure soldi per le locandine e gli inviti k avevo stampato).
Ad Agosto vendo qualche copia e un mio amico mi fa notare che c’erano refusi ed errori nel testo.
Mi arrabbio e mando loro delle mail( visto che era l’unica forma di comunicazione) e loro mi hanno colpevolizzata del fatto che io avessi dato loro il ‘visto stampi’…del quale non avevo ben chiara l’idea di cosa fosse realmente!
Dopo diverse parole esce fuori che erano disposti a correggere di nuovo il tutto, che loro non riscontravano errori e che glieli avrei dovuti far notare correggendo l’intero testo. A novembre 2019 hanno voluto i soldi dei libri venduti e mi hanno chiesto se avessi provveduto a correggere (io dovevo farlo) il testo è a Dicembre mi rispondono che l’editor stava controllando la revisione.
A gennaio 2020 mi mandano il nuovo impaginato e mi chiedono il visto stampi…. ma io riscontro ulteriori errori e a febbraio chiedo di avere il file in formato word per poterlo correggere da sola. Mi rispondono che non é possibile perché va conservata l’impaginazione del libro e quindi avrei dovuto fornire loro l’ennesima lista su word con le correzioni da apportare…….dal 24 febbraio al 6 marzo riesco a correggere l’intero testo e gli mando tutto….. nel frattempo scoppia Il covid e per mesi non ricevo notizia.
Li contatto il 13 maggio 2020 ma non ricevo risposta alcuna tramite email, allora provo su Messenger( hanno una pagina Facebook che seguo e mi accorgo ke non si sono fermati durante la pandemia)e chiedo loro di essere contattata dal direttore della casa editrice.
Il 22 luglio scrivo nuovamente e solo il 28 luglio ricevo risposta(dopo 4 mesi di silenzio) e il direttore mi dice k di stava cercando di tornare in carreggiata e che avrebbe contattato l’editor per farmi sapere notizia del mio libro….e chiedo il numero di Cel del direttore.
Passano agosto settembre ottobre e novembre( io a settembre vado e mi rompo una vertebra inoltre)….. arrivata a giorno 13
A marzo 2020 gli mando la revisione completa…… e poi il silenzio totale(sono scomparsi per mesi) e chiamo il direttore oltre ad una ennesima mail( essendo domenica non vuole darmi corda e mi liquida dicendomi che sarei stata contattata nei giorni seguenti).
Giorno 14 dicembre 2020 mi dice che la distruzione non richiede più il mio libro, k nn suscita interesse e che l’editore non è intenzionato ad avallare investimenti sulla Ri-lavorazione del testo, né sulla ristampa…….
Mi rivolgo a voi ora per cercare di capire come posso difendermi.
Io sono vincolata x 3 anni( ho perso tempo ed altre occasioni perchè diverse case editrici mi avevano contattata) e ora che le copie sono andate al macero e nncircolava più il libro ha perso interesse.
Mi hanno mandato un modulo di risoluzione contrattuale da restituire loro firmato.
Gentile Signora
per rispondere al suo quesito sarebbe opportuno, oltre che necessario, leggere il contratto stipulato tra lei e la casa editrice, in relazione alla durata e agli obblighi delle parti. Certamente da quello che lei scrive vi sono stati diverse negligenze da parte della società editrice e infine la stessa richiede la risoluzione consensuale del contratto. Le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale previo esame della documentazione e, in primis del contratto, può esaminare la questione nel merito ed indirizzarla verso la soluzione più congeniale. Se lei ritiene che la “negligenza” della casa editrice le abbia comportato un danno è necessario agire in via giudiziale, azione che deve essere valutata anche sotto il profilo di opportunità e di convenienza, in quanto ha dei costi, in caso contrario può accettare la risoluzione consensuale del contratto e rivolgersi ad altra casa editrice. Si tratta di azioni che devono essere valutate nel merito con l’assistenza di un professionista di fiducia.
Colgo l’occasione per augurarle Buon Natale
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
cosa posso fare se sono nato in italia da genitori extracommunitari,residente nella regione dalla nascita,ma ho il permesso di soggiorno scaduto da oltre 60 gg,per motivi personali non ho potuto rinnovarlo.Ho 22 anni.Cosa potrei fare?
Cordiali saluti.
Le consiglio di provvedere al rinnovamento del permesso di soggiorno, il prima possibile.
Buongiorno, vorrei informarmi di più riguardo le denuncie per mancato mantenimento. Premetto che ho 18 anni, non conosco mio padre e fino a due anni fa ho sempre vissuto con mia madre; da due anni vivo invece con i miei nonni, dal momento che mia madre soffre di un disturbo che la porta ad accumulare di tutto in casa, a tal punto che io ho scelto di mia volontà di non volerci più vivere, date le condizioni davvero penose. Da quando vivo con i miei nonni sono loro a mantenermi, e io non lo trovo giusto, ma mia madre non vuole saperne, incolpandomi perchè “sono andata via di casa ingiustamente” come afferma lei.
È possibile sporgere denuncia per mancato mantenimento? Ci tengo a precisare che ho scelto di non vivere più in quella abitazione perchè è davvero invivibile oltre che malsana.
Grazie mille per l’attenzione
Gentile Signora,
l’obbligo genitoriale (di entrambi i genitori) di mantenimento del figlio a norma degli artt. 147 e 148 del Codice Civile, non cessa con il raggiungimento della maggiore età di quest’ultimo, ma solo con il raggiungimento dell’indipendenza economica (con la quale si intende una attività lavorativa definita stabile e che possa consentire al figlio un tenore di vita adeguato e dignitoso). Si precisa che entrambi i genitori deve concorrere al mantenimento del figlio, anche maggiorenne e non economicamente indipendente. Ne consegue che l’onere della prova per la cessazione dell’obbligo del mantenimento del figlio maggiorenne spetta al genitore il quale dovrà a provare che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività produttiva di reddito (o il
mancato compimento del corso di studi) dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, ho un quesito relativo alla successione ereditaria.
Mio zio è il più giovane di quattro fratelli, essendo gli altri tre tutti deceduti da tempo (uno dei tre era mio padre).
Mio zio non ha più i genitori né i nonni e inoltre non si è mai sposato né ha avuto figli.
Dei quattro fratelli solo mio padre ha avuto figli (io e le mie due sorelle).
Mio zio ha anche una cugina, figlia della sorella di sua mamma.
Stando a quando leggo su vari siti internet, in assenza di testamento, io e le mie due sorelle dovremmo essere i soli eredi legittimi di mio zio per l’intera l’eredita, spettando quindi un terzo ciascuno.
Gradirei vostra cortese conferma della mia corretta comprensione. Grazie.
Cordiali saluti
Egregio Signore
esattamente come lei scrive l’eredità si devolve ai discendenti (nel caso specifico lei e le sue sorelle in qualità di nipoti e quindi di parenti in linea collaterale di 3° grado) per il combinato disposto degli artt. 565 del Codice Civile e 572 Codice civile (quest’ultimo soltanto in mancanza di discendenti, genitori, ascendenti, fratelli o sorelle e i loro discendenti).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Vi espongo il mio problema
Il mio compagno (nessun rapporto di parentela tra noi, ma viveva sotto il mio tetto tenendo la residenza a casa sua in altro comune) a giugno 2018 ha acquistato una Toyota Yaris con finanziamento Toyota al 100%.
Il 19 dicembre è deceduto senza lasciare alcuna disposizione sui beni. Unica erede la sorella che vive in condizioni indigenti non ha alcun reddito, e ha problemi di salute ( mentali e fisici e non vuole essere aiutata da nessuno, quindi è abbandonata a se stessa).
L’auto in questo momento è parcheggiata in un parcheggio pubblico soggetto a furti e vandalismo nel mio comune, ma, pensavo, nel week end di trasferirla presso la residenza del defunto, che ha un cortile recintato essendo vecchia casa di ringhiera, per preservarne il più possibile l’integrità e la sicurezza. Le chiavi le consegnerò alla sorella ? Non vorrei essere denunciata per furto o appropriazione indebita. (Anche se i documenti dell acquisto e della finanziaria li ho io, io ero presente all’acquisto e ho versato la caparra di 500 euro dal mio conto personale, ma è tutto intestato a lui)
Ho scritto alla finanziaria dicendogli che la macchina è a loro disposizione di venirla a prendere. i rid bancari delle rate sono stati bloccati ( i soldi non sono sufficienti per saldare l’auto ora il conto è di circa 5000 euro e lui era un dipendente pubblico, la successione non sarà svolta velocemente, e la sorella non è assolutamente in grado di prendersi in carico un auto e soprattutto di pagarla), e la macchina non può essere rilevata da nessuno nemmeno da me che ho giá un auto e non ho disponibilità economiche.
La finanziaria mi ha risposto presentandomi il conto a saldo della vettura intestato al deceduto, cosa ne devo fare ?
Gli ho ribadito che non può essere saldata e che è a loro disposizione. Mi hanno risposto che loro non la possono prendere in carico e che io devo cercare un concessionario disponibile al ritiro. Ma la macchina è di proprietà del deceduto non è mia. Per coscienza
ho contattato il concessionario dove è stata acquistata e attendo risposta, ma so già che mi diranno che loro non possono fare nulla, almeno credo.
Comunque io non ho nessun diritto in merito, almeno credo. E doveri? se si, quali? Oltre quello di cercare di tutelare la sorella il più possibile anche se non sono una parente ?
Cosa devo fare? Perfavore aiutatemi
Grazie
Katia
Gentile Signora,
permetta, in primis, di esprimerle il cordoglio per la perdita del suo convivente.
Quanto alla macchina, se si limita a spostarla in un posto più sicuro, direi che non ci sono problemi. L’unica erede, in assenza di disposizioni testamentarie diverse, è la sorella a cui ben fa a riconsegnare le chiavi. Per sicurezza, se la sorella è in grado, dovrebbe farsi firmare un verbale di consegna delle chiavi dell’autovettura, onde evitare problemi un domani. Certo è che, con il finanziamento che grava sull’autovettura, e considerate le condizioni economiche della sorella, sarebbe cosa utile per la stessa rinunciare formalmente all’eredità. Vero è d’altro lato che se la sorella accetta l’eredità, non vedo come la finanziaria possa aggredirla economicamente, salvo abbia beni particolari intestati. Alla finanziaria non resterebbe altro che rifarsi sull’autovettura.
Ovviamente, se la sorella avesse un tutore, un amministratore di sostegno, allora lei ben farebbe a comunicargli il decesso del fratello affinchè lo stesso si muova di conseguenza. Ma da quanto ho capito, la sorella non ha nessun ausilio.
I suoi doveri? Lei sta adempiendo pienamente ai suoi doveri, informando la sorella e restituendole l’autovettura. Se vuole, per ulteriore correttezza può informare l’istituto di credito dove è acceso il conto del defunto. La banca provvederà, se del caso, alle verifiche e congelerà le somme ivi giacenti in attesa di una formale presentazione della dichiarazione di eredità.
Per il resto, direi che può stare tranquilla.
Cordialmente
Avv. Francesco Meatta
Buongiorno. Siamo un condominio di 3 piani, 7 abitazioni e tre rimesse interrate. La maggioranza è d’accordo che le spese luce e scale vengano ripartite in base al C.C. 50% in base alla tab. A e 50% in base all’altezza ( art 1123). Due condomini, ovviamente dei piani più alti, dicono che vanno divise solo in base alla tab A perché così dice il regolamento condominiale contrattuale. Dividendo le spese in tab A il proprietario del PT andrebbe a pagare pulizia scale e luce di più rispetto ai piani più alti. Premetto che con una delibera, assunta all’unanimità, nel 2010 é stato deciso di redigere un nuovo regolamento condominiale e di abbandonare le vecchie tabelle millesimali allegate ad esso perché entrambe considerati obsoleti ed errati, ( all’epoca gli faceva comodo) oltretutto quel regolamento non fu mai trascritto all’ufficio delle entrate e manca di numero, firma, timbro e date. Gli ultimi due acquirenti non ce l’hanno neanche citato nell’atto.Le tabelle furono redatte da un tecnico e regolarmente approvate ma il regolamento non più. Questo per risparmiare e perché non superando i dieci proprietari
( teste) non ci sentivamo obbligati. Oggi peró rivendicano il vecchio regolamento contrattuale per i motivi di cui sopra e perché adducono che quella delibera sia nulla. Ma non l’avevamo disconosciuto all’unanimità? La vecchia delibera, mai impugnata, non dovrebbe valere ancora? Possiamo approvare a maggioranza che la ripartizione venga fatta in base alle norme del C.C. o che non ci riteniamo vincolati a quel regolamento, tanto più che siamo 8 proprietari ? Grazie
Ovviamente potete deliberare a maggioranza e seguire la precedente delibera al fine di ripartire equamente Tab A e altezza piani le relative spese che le ha indicate. I condomini contrari potranno, semmai, impugare la delibera che voi approverete. Insomma, se la delibera è nulla, o illegittima non può essere stabilito a voce da alcuni condomini. La delibera che si ritiene illegittima dovrà dagli stessi semmai essere impugnata nelle sedi opportune.
Cordialmente
Avv. Francesco Meatta
Salve ho un dubbio, e vorrei se possibile un chiarimento.
Ho una cessione e delega di pagamento in corso.
Più un prestito, che sto cercando di Pagare ma non in modo regolare purtroppo.
La finanziaria mi ha prospettato, mi ha prospettato un probabile, pignoramento presso terzi.
Quello che mi chiedo se è in che misura la fibanziaria può pignirare lo stipendio, tenendo conto delle cessioni e deleghe in busta paga e dei nuovi limiti del DL 83/2015
In modo se sarà il caso fare una eventuale opposizione
Vi sarò grato se potete fornirmi una risposta grazie infinite
Il pignoramento è possibile nella misura di 1/5 dello stipendio tolti contributi ritenute previdenziali e la cessione del quinto. Consideri quindi il suo stipendio base netto, decurti la cessione del quinto, e avrà la base su cui calcolare il quinto pignorabile. Se la cessione assume, come vede, rilievo ai fini del calcolo del quinto, non assume invece rilievo la delega.
Cordialmente
Avv. Francesco Meatta
Grazie mille
Buonasera,
vorrei chiedere un’informazione riguardante la prescrizione di una richiesta di pagamento da parte di un legale.
Praticamente questo legale ha fatto nell’anno 2015 (aprile – giugno 2015) due decreti ingiuntivi per me (per fatture non pagate da parte di clienti). Prima di iniziare ho chiesto più volte quanto mi costerebbe tutto il procedimento in caso il cliente non dovrebbe pagare. La riposta dell’avvocato era sempre che io non dovrai pagare niente, perché il debitore deve pagare anche le spese insieme con le mie fatture non saldate. A un certo punto con il decreto ingiuntivo un cliente ha pagato la mia fattura (giugno 2015) ma non le spese del procedimento, l’altro cliente non ha pagato niente.
A questo punto l’avvocato mia ha comunicato tramite semplice email (nel aprile 2016), senza fattura, senza messa in mora che voleva il suo onorario e le spese da me (500 Euro + 570 Euro= 1070 Euro). Non ho sentito più niente fino dicembre 2018. Mi arriva una raccomandata con richiesta di pagamento della somma e messa in mora.
Le mie domande: Le richieste di pagamento non sono prescritte dopo tre anni o vale la semplice email di aprile 2016 come interruzione della prescrizione? Non serve una fattura per la messa in mora? Come mi devo comportare? L’avvocato prima non aveva mai detto che io dovrei sostenere questi costi, come descritto sopra.
Vi ringrazio già in anticipo per il Vs. prezioso consiglio!
Egregio Signore
il professionista avvocato ha il termine di tre anni (definito termine di prescrizione) per poter richiedere il pagamento dei suoi onorari (sul punto la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che il termine di prescrizione del diritto al compenso decorre dal giorno in cui è stato espletato l’incarico commesso, e non già dal compimento di ogni singola prestazione professionale in cui si articola l’obbligazione). Se il titolare, nella specie il professionista, non esercita il diritto in tale periodo stabilito dalla legge, il diritto stesso si prescrive ovvero si estingue (art. 2934 C.c.). Per converso, se nel periodo stabilito dalla legge, nella specie tre anni, intervengono atti interruttivi inizia un nuovo periodo di prescrizione (art. 2945 C.c.). Più precisamente l’interruzione fà si che il tempo anteriormente trascorso non ha più alcun valore e pertanto inizia a decorrere, per intero, un nuovo periodo di prescrizione. In tale senso l’interruzione si verifica con determinati atti come la notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo (decreto ingiuntivo) e ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore (art. 2943 C.c.). Come sopra affermato tali atti interruttivi hanno l’effetto di produrre la decorrenza di un nuovo termine di prescrizione. Per quanto concerne la quantificazione dell’onorario del professionista ovvero dei vari accordi intrapresi con lo stesso non mi è consentito entrare nel merito per questioni prettamente deontologiche.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avv. Carnevale,
ringrazio molto per la Sua risposta.
Avrei una domanda per capire meglio: Per interrompere la prescrizione di 3 anni basta una semplice email con richiesta di pagamento (senza indicazione chiara della somma dovuta, scritto in questa maniera: “Quanto al dovuto per l’attività già svolta potrà anche procedere mediante bonifico su c/c attraverso il seguente codice IBAN…”) o con una semplice email senza messa in mora non si interrompe il tempo di prescrizione di 3 anni?
Grazie e cordiali saluti,
Mattia
Egregio Signore
La costituzione in mora del debitore avviene mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto (art. 1219 Codice civile). La missiva dovrà essere inviata a mezzo PEC o lettera raccomandata con ricevuta di ritorno in modo da dare esistenza e certezza del momento in cui è stata ricevuta. Le semplici email ordinarie non hanno di per sè valore di prova legale anche se il mittente ha predisposto un sistema di avviso di lettura inviato al destinatario per avere la conferma di ricevimento della mail medesima (sebbene in alcuni casi, spetta al giudice la valutazione circa il valore legale della mail tradizionale, anche in relazione agli altri elementi probatori).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera Avv. Carnevale,
ringrazio per il Suo messaggio.
Ho capito, che una semplice email non dovrebbe essere il mezzo adatto per la costituzione in mora di un debitore.
Avrei un altra domanda: La richiesta di pagamento contenuto nell’email, scritto in questa maniera (cit.): “Quanto al dovuto per l’attività già svolta potrà anche procedere mediante bonifico su c/c attraverso il seguente codice IBAN…” comunque non è valida come costituzione in mora perché formalmente inadatta o/e incompleta. Giusto?
Cordiali saluti,
Mattia
Egregio Signore
ai sensi dell’art. 1219 C.c. “Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto”. Al di fuori della forma scritta non sono previsti ulteriori requisiti. In relazione al contenuto della richiesta di adempimento dell’obbligazione, non mi è consentito valutarla nel merito per questioni deontologiche.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
A Gennaio ho chiesto alla mia banca la possibilità di sospensione della rata capitale del mutuo chiedendo di pagare i soli interessi a causa di perdita di lavoro. Il direttore mi ha confermato la fattibilità. A febbraio per questioni lavorative di mio marito ci siamo dovuti trasferire in Australia. Ora la banca mi comunica che per sospendere la quota è necessaria la firma in mia presenza davanti a un funzionario. Io sono impossibilitata a rientrare nell’immediato e ho proposto di dare delega a mia sorella. Questo è stato rifiutato. Vorrei chiedere se la banca ha il diritto di rifiutare la delega per firmare il contratto bilaterale di modifica e se sono quindi obbligata a tornare in Italia per poter sospendere la quota.
Può inoltre esserci qualche alternativa?
Grazie
Cordiali saluti
Fiammetta
Gentile Signora
la sospensione della rata del mutuo è prevista dal Fondo di Solidarietà e può essere concessa qualora si versi in una serie di difficoltà economiche e lavorative (cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e determinato oppure in caso di gravi problemi di salute o condizione di non autosufficienza) ed è valida soltanto per la quota capitale e non per la quota relativa agli interessi che dovrà essere pagata.
La richiesta per la sospensione del pagamento delle rate del mutuo deve essere presentata in un apposito modulo indirizzato alla banca erogatrice del mutuo con l’indicazione dei motivi di sospensione e allegazione della documentazione necessaria. La domanda deve essere inoltrata alla Consap e dopo attenta verifica dei requisiti necessari per l’accesso emana parere positivo o negativo, ovvero accetta o meno l’istanza di sospensione (la suindicata premessa è relativa alla mancata conoscenza dello stato della sua istanza di sospensione della rata del mutuo).
Il modello per richiedere la sospensione del pagamento delle rate del mutuo deve essere effettuato personalmente dal richiedente o dai richiedenti in caso di mutuo cointestato. Per quanto a mia diretta conoscenza non sono previste deleghe.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve.i miei genitori acquistarono una campagna e costruirono per necessità abitativa una casa abusiva.
Alla morte di mia madre io ho ereditato una quota di questa proprietà sia del terreno che della casa insieme ai miei tre fratelli.ora è morto mio padre e dobbiamo fare la successione.se si scopre l abusivismo,io rischio di dover perdere la casa dove vivo?
Grazie
Gentile Signora
le consiglio preventivamente una verifica al catasto in merito alla esatta situazione urbanistica e amministrativa in cui versa l’immobile. Sotto il profilo giuridico i beni immobili appartenenti al de cuius al momento della apertura della successione e privi della necessaria concessione edificatoria vengono accettati dagli eredi che dovranno provvedere alla regolarizzazione urbanistica. La morte del de cuius funge da prescrizione penale mentre nell’ipotesi in cui sia stato emanato un ordine di demolizione del manufatto abusivo, anche nell’ipotesi di acquisto dell’immobile per successione a causa di morte, questo conserva la sua efficacia nei confronti dell’erede.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
vorrei chiedere cortesemente un’informazione riguardante il diritto d’autore. So che per non ledere il copyright occorre citare le fonti quando si pubblica in rete o su carta. Ma se si studiano dei libri di testo (o altri materiali) per preparare esami, concorsi ed altre prove e nella prova in questione si risponde ad una domanda su un dato argomento, scrivendo proprio le stesse parole del testo (la stessa espressione/frase/periodo), perché si è studiato in parte o del tutto a memoria, questo rappresenta una violazione del diritto d’autore o no?
Grazie infinite.
Cordiali saluti.
Gentile Signora
la fattispecie che lei delineata rientra nel cd. diritto di citazione, ovvero il diritto di menzionare alcune parti tratte da una opera dell’ingegno tutelata dal diritto d’autore. In tal caso la riproduzione parziale dell’opera è libera e può avvenire secondo le regole stabilite dal diritto d’autore, e principalmente non devono sussistere finalità commerciali. Il diritto di citazione trova una specifica tutela nell’art. 70 della Legge 22 aprile 1941 n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) che, al primmo comma, dispone “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali”. Il comma terzo del citato articolo afferma altresì che “Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, dell’editore e, se si tratti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull’opera riprodotta”.
In conclusione nell’ambito dell’esercizio del diritto di citazione di un’opera, in tal caso letteraria, devono essere rispettati alcuni criteri indicati dalla norma come la presenza di finalità didattiche, di critica, di ricerca o di insegnamento, la mancanza di finalità commerciali, e la ampiezza della parte riprodotta in proporzione all’ intera opera (riproduzione sempre parziale). Si consiglia anche nell’ipotesi da lei delineata, ovvero di citazioni molto brevii, di citare sempre il titolo dell’opera oltre al nome dell’autore e dell’editore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie della gentile risposta. Sapevo che per citare ad esempio, nella tesi, avrei dovuto riportare le fonti. Ma, per quanto concerne il caso a cui mi riferisco io spero che le cose non siano come dice Lei. Se uno va a scuola, all’università o si prepara per un concorso o altra prova studiando dei testi e ad una domanda (ad. esempio, se fosse un quesito di diritto: “Che cos’è l’interesse legittimo?”) risponde con la stessa definizione che c’è sul libro che ha studiato, possibile che trasgredisca qualche norma?! In un normale studio, uno non è che si segna tutti gli autori e i testi di ogni cosa che ha studiato/schematizzato, senza contare che nessuno credo abbia mai fatto causa per una cosa del genere, anche se al di là di queste ultime due considerazioni, io ci tengo sempre ad essere nel lecito. Quindi se così è… (Ma è davvero così?).
In merito alla Sua frase “e la ampiezza della parte riprodotta in proporzione all’ intera opera (riproduzione sempre parziale)”, Le chiederei ancora gentilmente un’informazione. Dovendo preparare anche la tesi, non ci sono dei limiti di citazione per ogni singolo testo, vero? Ad esempio, sto leggendo un libro (poi ne seguiranno altri) e mi sto segnando tutti i vari punti su cui tornare (citazioni che poi riporterò fedelmente oppure in modo indiretto, parafrasando, o ancora faranno parte del discorso generale/riassunto che farò), fermo restando che riporterò i dati della fonte (titolo, autore, editore, traduttore, anno), non ho limitazioni sulla quantità delle citazioni su ogni testo (che ovviamente non riporterò nella sua interezza!), vero?
Grazie ancora per la disponibilità.
Cordialità.
Gentile Signora
certamente la riproduzione verbale o anche per iscritto ad una prova di esame di piccole frasi di un libro di testo o ancora menzionare le medesime parole con riguardo argomenti che prevedono dati tecnici e specifici non rientra nell’area di una possibile violazione del diritto d’autore (a titolo esemplificativo, e ricollegandomi all’esempio da lei citato, sovente alla domanda di esame che “cosa è il contratto” si risponde riportando le esatte parole indicate nella’art. 1321 Cc.). Altra situazione è riprodurre per iscritto una parte di un testo letterario anche a scopo di critica. La normativa sul diritto d’autore indica delle ipotesi tassative e vincolanti, e, a fronte di una molteplicità di situazioni (che, come lei ben sottolinea, spesso rimangono solo ipotetiche), il mio consiglio, è quello di riportare, ove possibile, almeno il titolo dell’opera.
Per quanto concerne i limiti quantitativi del diritto di citazione, questi si caratterizzano per il requisito della brevità (la citazione di un testo può essere sempre e solo parziale).Il regolamento di esecuzione della legge sul diritto d’autore dispone all’ art. 22 che la misura della riproduzione non può superare dodici mila lettere in caso di prosa, centottanta versi in caso di poesia. Le consiglio anche nella parafrasi di fornire, ove possibile, la fonte di riferimento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, grazie per la precisione delle Sue risposte. Mi perdoni, vorrei vedere se ho ben compreso. In merito al primo punto, quindi, se io studio testi su svariati temi, tipo biblioteconomia, diritto amministrativo ecc. vale questo Suo discorso:
“certamente la riproduzione verbale o anche per iscritto ad una prova di esame di piccole frasi di un libro di testo o ancora menzionare le medesime parole con riguardo argomenti che prevedono dati tecnici e specifici non rientra nell’area di una possibile violazione del diritto d’autore”
poiché si tratta di libri di testo che spiegano un dato argomento (manuali), cioè non romanzi o saggi (questi forse rientrano nelle opere letterarie, poiché c’è in essi un’interpretazione personale?).
In quest’altro caso:
“Altra situazione è riprodurre per iscritto una parte di un testo letterario anche a scopo di critica. La normativa sul diritto d’autore indica delle ipotesi tassative e vincolanti, e, a fronte di una molteplicità di situazioni (che, come lei ben sottolinea, spesso rimangono solo ipotetiche), il mio consiglio, è quello di riportare, ove possibile, almeno il titolo dell’opera.”
invece Lei faceva riferimento solo alle opere letterarie (romanzi, biografie) e ai saggi?
Sul secondo punto,
“la misura della riproduzione non può superare dodici mila lettere in caso di prosa, centottanta versi in caso di poesia.”
questi termini valgono indipendentemente dalla lunghezza dei testi in questione, vero?
Grazie ancora.
Le auguro una buona giornata.
Rossana
Gentile Signora
in via generale la Legge 22 aprile 1941 n. 633 (legge sul diritto d’autore) tutela le opere dell’ingegno o opere creative; art.1 della legge dispone che “Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”. Il successivo art. 2 contiene un elenco di opere protette dal diritto d’autore, e in particolare le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose, le composizioni musicali, le opere coreografiche e pantomimiche, le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, ecc….
Pertanto sia l’opera letteraria in senso stretto e sia le opere didattiche rientrano entrambe nell’ambito delle opere dell’ingegno e trovano tutela, nella stessa misura, dalla legge sul diritto d’autore.
Per quanto concerne la misura della riproduzione dell’opera, i limiti precedentemente indicati riguardano la misura massima. La norma rimane sul punto abbastanza generica, ma in virtù di una interpretazione della stessa e in relazione al fatto che la riproduzione può essere soltanto parziale (con caratteristiche di brevità), ritengo che i suindicati limiti devono essere comunque proporzionati alla lunghezza del testo che si vuole citare.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno.
Mi scusi ma se la norma si estende a qualsivoglia opera dell’ingegno perché Lei ha fatto questa distinzione?
“certamente la riproduzione verbale o anche per iscritto ad una prova di esame di piccole frasi di un libro di testo o ancora menzionare le medesime parole con riguardo argomenti che prevedono dati tecnici e specifici non rientra nell’area di una possibile violazione del diritto d’autore (a titolo esemplificativo, e ricollegandomi all’esempio da lei citato, sovente alla domanda di esame che “cosa è il contratto” si risponde riportando le esatte parole indicate nella’art. 1321 Cc.).
Altra situazione è riprodurre per iscritto una parte di un testo letterario anche a scopo di critica. La normativa sul diritto d’autore indica delle ipotesi tassative e vincolanti, e, a fronte di una molteplicità di situazioni (che, come lei ben sottolinea, spesso rimangono solo ipotetiche), il mio consiglio, è quello di riportare, ove possibile, almeno il titolo dell’opera.”
Grazie ancora per la cortesia.
Cordialità.
Gentile Signora
in entrambe le ipotesi mi riferivo alle opere dell’ ingegno che sulla base dell’art.1 e dell’art. 2 della legge Legge, 22/04/1941 n° 633 (legge sul diritto d’autore) include sia le opere letterarie che le opere didattiche. Resto a sua disposizione per ulteriori specificazioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
mi riferivo al fatto che qui:
“certamente la riproduzione verbale o anche per iscritto ad una prova di esame di piccole frasi di un libro di testo o ancora menzionare le medesime parole con riguardo argomenti che prevedono dati tecnici e specifici non rientra nell’area di una possibile violazione del diritto d’autore (a titolo esemplificativo, e ricollegandomi all’esempio da lei citato, sovente alla domanda di esame che “cosa è il contratto” si risponde riportando le esatte parole indicate nella’art. 1321 Cc.).”
mi dice che non c’è violazione.
Qui invece mi dice che ci può essere ed è meglio tutelarsi fornendo i riferimenti alle fonti:
“Altra situazione è riprodurre per iscritto una parte di un testo letterario anche a scopo di critica. La normativa sul diritto d’autore indica delle ipotesi tassative e vincolanti, e, a fronte di una molteplicità di situazioni (che, come lei ben sottolinea, spesso rimangono solo ipotetiche), il mio consiglio, è quello di riportare, ove possibile, almeno il titolo dell’opera.”
E’ questo che credo di non capire. Metto le fonti solo in un tema scritto ove faccio una critica di un dato autore, ad esempio? Mentre in concorsi, esami e simili mi posso rilassare e rispondere semplicemente alle domande come un essere umano normale?!
Aggiungo solo che detesto le nostre normative che non semplificano la vita alle persone, specie a quelle ansiose come me!
Grazie ancora, anche di questo utile servizio.
Buona giornata.
Gentile Signora
il vero problema è che le norme giuridiche sono generali ed astratte mentre nella realtà si verificano una moltitudine di casi concreti con specifiche ed uniche peculiarità, ed ognuno di essi meriterebbe un esame adeguato, e nel merito, che sovente mal si concilia con la generalità della norma giuridica. Fatta tale premessa, occore affermare che la normativa sul diritto d’autore prevede, a fronte di una molteplicità di opere dell’ingegno, l’obbligo di menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, ecc.. (art. 70 comme 3 Legge 22 aprile 1941 n. 633), e, pertanto, in qualità di mero operatore del diritto la mia indicazione deve essere data in tal senso. Ciò, almeno per quanto riguarda la citazione o la riproduzione per iscritto di brani o di parti dell’ opera. Un discorso diverso avviene per la riproduzione orale, ad esempio in sede di esame; in tali casi capita spesso di riportare parole o piccole frasi del libro di testo sul quale si è studiato, soprattutto quando si tratta di tematiche che impongono la riproduzione di dati tecnici ( in tal senso è l’esempio del “contratto” nell’ambito di un esame orale di diritto, ma potrebbe essere le “diatomee” nell’ipotesi di un esame di medicina legale). D’altronde “Verba volant, scripta manent”. Resto a sua completa disposizione per ulteriori delucidazioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Aggiungo al mio ultimissimo commento questo: o forse è sufficiente per essere in regola citare sempre le fonti? (Anche se sarebbe, credo, un caso unico in Italia).
Grazie di nuovo.
Buon pomeriggio,un mese fa sono venuta a conoscenza di bugie di mia madre, vedova e con problemi depressivi, che ha sempre fatto pesare a me e alla mia famiglia anche con minacce poi realizzate,il fatto di essere rimasta sola.Noi l’abbiamo sempre aiutata e supportata al contrario di mio fratello e della sua famiglia che però lei ha sempre cercato di non disturbare…ora però abbiamo scoperto che mio fratello le ha portato via tutti i soldi e che lei ha fatto un finanziamento ,ora con una pensione ridotta e senza soldi ha ospitato mio fratello in casa perché lui ha rubato tutto alla sua famiglia anche l’oro dei figli e ha lo stipendio pignorato, A causa del gioco …noi non riusciamo a vivere più tranquilli e dover gestire mia mamma e le spese è veramente impossibile viviamo con la paura.di doverci rimettere dei soldi nostri che servono per curare mia figlia con una malattia rara e altri problemi e un figlio piccolo ..mia mamma ha 72 anni e un ricovero in psichiatria con 4tentati suicidi io non potrei mai ospitare lei a casa tantomeno mio fratello con gli strozzini che lo inseguono…come possiamo tutelarci,?
Gentile Signora
la situazione che lei prospetta è abbastanza complessa in quanto comprende un fitto intreccio di una serie di problematiche sia sotto il profilo medico- psichiatrico, sotto il profilo economico/finanziario e, infine sotto il profilo giuridico. Queste problematiche meriterebbero un accurato esame nel merito, che, per ragioni pratiche non mi è consentito affettuare. In via generale, dal punto vista legale, lei non rischia, almeno al momento nulla, in quanto nè i creditori di suo fratello nè quelli di sua madre, possono rifarsi su di lei.
Inoltre, non è obbligata ad ospitare sua madre e suo fratello. Per sua madre, ove la situazione dovesse peggiorare, potrebbe rivolgersi al giudice tutelare.
L’unica accortezza reale riguarda il futuro, quando sua madre verrà a mancare. In quel caso, se sua madre ha contratto finanziamenti anche per aiutare suo fratello, le suggerisco di valutare l’opportunità di accettare l’eventuale eredità con beneficio di inventario, in modo da non rispondere degli eventuali debiti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile avvocato
La situazione che mi accingo a descriverle è estremamente complicata e si trascina ormai da più di 20 anni.
Provo a riassumere
Nel 1998 manca mio padre, io e mia sorella decidiamo, visti i pessimi rapporti esistenti tra mia madre e mio fratello, che tra l’altro utilizzava dei locali industriali di proprietà dei miei genitori per la propria attività senza corrispondere alcun compenso, di rinunciare alla nostra quota di legittima per dare a mia madre un maggior “potere contrattuale” nei confronti del figlio. Ma ciò non accade, mia madre vive nell’ indigenza non avendo alcun mezzo di sostentamento anche se proprietaria al 50% + le quote mia e di mia sorella di due capannoni industriali e di una casa. Mi adopero per farle avere la reversibilità della pensione di mio padre e così sopravvive. I due eredi non arrivano ad alcun compromesso in quanto mio fratello ostacola in ogni maniera ogni iniziativa. Nel 2004 muore anche mia madre lasciando un testamento olografo dove indica come eredi mia sorella, i suoi tre figli e mia figlia, tutti minorenni, oltre a destinare due legati a dei conoscenti. Io non vengo citata, mentre mio fratello viene escluso in maniera esplicita.
Su consiglio del mio avvocato procediamo con l’ accettazione con beneficio di inventario da parte di mia figlia, minore, che, a detta dell’ avvocato, si porta dietro tutti gli altri eredi.
Viene fatto inventario dei beni , peraltro gravati da molti debiti, ma non si arriva mai alla denuncia di successione.
In tutto questo tempo mio fratello continua in maniera ostinata e incomprensibile a ostacolare ogni iniziativa.
Nel 2010 manca il fratello di mia madre che non è sposato né ha figli ed è comproprietario con la sorella di una piccola porzione di rustico in montagna. Per sbloccare la situazione io e mia sorella ci costituiamo come attrici contro mio fratello: riusciamo ad ottenere la divisione di un po’ di denaro depositato in un conto ma non riusciamo a vendere la porzione di immobile che ha già tra l’altro un acquirente sicuro. L’offerta assolutamente congrua viene rigettata da mio fratello e dunque il giudice ordina una perizia (parliamo di un valore di circa 10.000 euro). In precedenza, a causa di un debito non pagato da parte dello stesso fratello, relativo ad una pratica di accatastamento di cui sia io sia mia sorella avevamo già pagato la nostra parte, per il principio della solidarietà io mi sono ritrovata all’improvviso con il conto corrente Pignorato ! (tra l’altro stavo accendendo un mutuo per l’acquisto della mia prima casa!!).
Ora, tornando all’ultima perizia, il geometra ha mandato nuovamente a me una parcella ( che dovrebbe essere divisa in tre) di circa 2000 euro! Faccio presente che io sono un dipendente pubblico e percepisco circa 1200 euro al mese, mentre mio fratello ha un reddito (dichiarato …) che sarà almeno 10 volte tanto. Inoltre la mia situazione di salute è piuttosto grave. Ma io sono un dipendente pubblico, vivo a Torino ( mia sorella vive in Francia…) quindi sono la più solvibile ,quindi “cornuta e mazziata”!
Le domande sono due: voglio liberare me stessa e mia figlia da questo incubo, come fare ? Esiste una qualche ipotesi di reato tale per cui io possa denunciare mio fratello per il comportamento prevaricatore perpetrato almeno dal 1998, che mi ha causato e mi causa una situazione pesante di stress oltre a danni economici ingenti (parcelle avvocati, more per debiti non pagati da lui e via dicendo)? .
La ringrazio infinitamente
Tiziana
Gentile Signora
la situazione che lei prospetta delinea una serie di problematiche a carattere successorio e familiare che si perpetrano da lungo tempo, oltre venti anni, almeno dalla morte di suo padre nel 1998.
Premetto che è molto difficile fornire un supporto legale, sebbene in via telemetica, in una situazione così complessa che meriterebbe un accurato approfondimento nel merito. Mi limito a focalizzare l’attenzione su alcuni punti fondamentali del suo narrato ovvero l’ accettazione con beneficio di inventario dell’eredità testamentaria di sua madre da parte di sua figlia, minore, (non so per la legittima) e la divisione dell’eredità di suo zio. Orbene su tali punti, non potendo tornare indietro, occorre trovare una soluzione anche transattiva con suo fratello, magari attraverso la consulenza e l’assistenza di un avvocato di sua fiducia, facendo anche valere tutte le somme che lei nel corso del tempo ha pagato al suo posto. Credo che sia l’unico modo per porre fine ad una situazione familiare incresciosa che si protrae ormai da molti anni. In merito ad una possibile azione penale contro la condotta di suo fratello non intravedo ipotesi delittuose, sufficientemente idonee a porre le basi per una eventuale responsabilità penale, ma soltanto un comportamento ostile e sbagliato.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Cerco assistenza in merito ad un ex ed ex convivenza. Ho firmato con garante per un prestito per un mio ex, il quale dopo esserci lasciati, dopo minacce ed harrasment non vuole più pagare causandomi problemi grossi con la banca. Il direttore di banca e’ testimone, ho tutti i pagamenti fino poco fa e tanti messaggi. Vorrei sapere cosa posso fare per obbligarlo a finire di pagare. Credo anche che una lettera legale possa bastare.
Gentile Signora
la figura del garante costituisce una maggiore tutela dell’istituto di credito (banca o finanziaria) che eroga il prestito, in quanto garantisce personalmente l’adempimento di un’obbligazione altrui. In primis sul garante grava l’obbligo di rimborso delle rate del finanziamento nell’ipotesi in cui il debitore principale risulti insolvente. Tale garanzia personale prende il nome di “fideiussione” disciplinata dal codice civile in particolare all’art. 1936: “È fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui” e all’art. 1944: “Il fideiussore è obbligato in solido col debitore principale al pagamento del debito”.
Lo stesso art. 1944 C.c. al secondo comma stabilisce che “Le parti però possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’escussione del debitore principale”. Invero, in alcune ipotesi il creditore, in tal caso l’istituto di credito o la finanziaria che ha erogato il prestito, prima di agire e quindi pretendere il pagamento dal fideiussore può procedere alla escussione del debitore principale, aaggredendo i suoi beni attraverso procedure esecutive e di pignoramento. Tale clausola deve essere inserita nel contratto di fideiussione.
In caso contrario il fideiussore è obbligato a pagare le rate del finanziamento, ma può agire in regresso contro il debitore principale;: art. 1950 c.c.: “Il regresso comprende il capitale, gli interessi e le spese che il fideiussore ha fatto dopo che ha denunziato al debitore principale le istanze proposte contro di lui”. Attraverso l’ attività di regresso il fideiussore può ottenere il pagamento di quanto versato oltre agli interessi legali sulle somme pagate.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, mi sono sposata in regime di separazione dei beni 30 anni fa. Abbiamo comprato casa 10anni fa con proprietà al 50%. Da 4anni separata legalmente in consensuale per la quale lui doveva corrispondere un mantenimento che non ho mai ricevuto. Sono andata ad abitare a casa di mia madre sia per essere più vicina al lavoro che per assisterla, venuta a mancare la casa ereditata è stata venduta , adesso che ho acquisito la mia parte vorrei comprare il 50% del mio ex marito e tornare ad abitare nella mia casa.
Premesso che la residenza è stata mantenuta da entrambi e che ho timore che lui abbia contratto dei debiti per circa la metà del valore della casa, la compravendita potrebbe essere invalidata con una revocatoria da parte dei suoi debitori se lui non dovesse estinguere i debiti contratti? Quale sarebbe il mio rischio? Non vorrei perdere i soldi della vendita della casa di mia madre ( perché nel frattempo lui se li potrebbe anche giocare al lotto.. faccio un esempio x) ed anche la casa coniugale dì cui cmq avrei acquisito la piena proprietà?
Gentile Signora
l’azione revocatoria rientra tra i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale e consente al creditore di dichiarare inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni (Articolo 2901 Codice civile). In tal modo il creditore può ottenere una sentenza con la quale può aggredire ovvero intraprendere azioni sia esecutive che conservative contro i beni alienati a terzi dal debitore.
Per l’esercizio dell’azione revocatoria occoore la sussistenza di determinate condizioni: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione. E’ pertanto necessario la conoscenza e la consapevolezza da parte del terzo acquirente del bene del pregiudizio arrecato al creditore. Nell’ipotesi che sussistono tali condizioni il creditore può ottenere una sentenza che gli consente di aggredire il bene alienato, nella misura corrispondente al proprio credito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera sono stato convocato dalla direzione aziendale, che dopo 14 mesi di lavoro, mi segnala che il mio lavoro non è in linea con le loro aspettative, non mi licenzieranno e quindi vorrebbero che terminassi mia sponte di lavorare nel giro di un mese e mezzo. Sono stato assunto con la qualifica di quadro con benefit dell’auto aziendale, ed ho un contratto a tempo indeterminato, il contratto è quello dei consorzi agrari. L’azienda può licenziarmi? Il settore dove lavoro è in perdita, però l’azienda nel suo complesso è in positivo vanta un fatturato di 180 milioni di euro. Dicono che non possono ricollocarmi. Mia mamma ha una pensione di invalidità, non ho mai richiesto la legge 104 per non gravare sull’azienda…. ed ora mi ripagano cosi…. potrei chiedere anche il congedo biennale di 2 anni, in questo caso potrebbero cmq licenziarmi? Quali sono i miei diritti e come conviene muovermi? Grazie
Egregio Signore
nell’ambito del contratto a tempo indeterminato il licenziamento può avvenire solo in determinati casi: quando il lavoratore tenga un comportamento non diligente e non conforme alle regole dell’azienda (licenziamento disciplinare); quando il lavoratore ponga in essere un comportamento molto grave che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro (licenziamento per giusta causa); quando il lavoratore ponga in essere un comportamento meno grave rispetto a quello previsto nel licenzimento per giusta causa ma abbastanza grave da non consentire comunque la prosecuzione del rapporto di lavoro (licenziamento per giustificato motivo soggettivo); e infine in caso di problematiche legate esclusivamente all’attività aziendale ad esempio mutamento dell’attività produttiva aziendale o riduzione della stessa a seguito della crisi economica (licenziamento per giustificato motivo oggettivo). Nell’ipotesi in cui lei volesse usufruire di un congedo straordinario biennale non può essere licenziato (sebbene si tratti di una tutela meno forte rispetto al congedo di maternità) e comunque il licenziamento deve rientrare in una delle ipotesi prima elencate.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, il 2 settembre 2018 mi sono introdotto di notte in un parco giochi. Non era la prima volta che lo facevo, e in quel giorno il proprietario mi ha filmato e detto che mi avrebbe querelato. Se ad oggi non ho ricevuto alcuna comunicazione, c’è ancora il rischio concreto che io sia stato querelato o il proprietario ha fatto ciò solo per spaventarmi, anche perché non ho mai provocato alcun danno?
Grazie mille dell’attenzione e buon lavoro!
Luigi
Egregio Signore
ai sensi dell’articolo 124 del Codice penale “il diritto di querela non può essere esercitato, decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato”. Da tale norma si ricava l’assunto che la querela può essere proposta entro tre mesi dal fatto o dalla notizia del fatto. Pertanto, nell’ipotesi in cui la querela sia stata presentata dal proprietario del parco giochi, potrebbe essere ancora presto per una eventuale notifica nei suoi riguardi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
Volevo un parere legale in merito alla mia separarazione, mi sono sposata sei mesi fa, matrimonio in cui lui non partecipa minimamente alle spese, tornati dal viaggio di nozze dopo una litigata arriva a mettermi le mani addosso facendomi finire al pronto soccorso, prognosi di 7 gg e querela, dopo 10 giorni chiede scusa e io stupidamente lo perdono con la promessa di andar a far terapia di coppia, rimetto anche la querela. Alle sedute di terapia si presenta due volte e poi rifiuta di venire dicendo che lui problemi non ne ha, nel frattempo L situazione in casa si fa tesa, lui non mi parla e se parla sono per lo più insulti o battute.
All ennesima litigata perdo la pazienza e gli dico che forse è il caso di finirla qua…. lui inizia ad urlare insultare e minacciare è il giorno dopo lascia l abitazione…. è passato un mese e mezzo da che se ne è andato di casa, ha smesso di versare la sua parte di mutuo e prestiti!
La casa è intestata al 60% a me e al 40% a lui nonostante abbia pagato solo io caparra agenzia notaio e anticipo alla banca!
Volevo capire cosa mi aspetta ora
Grazie
Gentile Signora
mi pare di capire che non ci sono figli minori e l’unico bene in comune è la casa di proprietà nella misura del 60% a lei e del restante 40% al suo ex marito e il relativo nutuo bancario. Orbene, se il contratto di mutuo è cointestato ad entrambi i coniugi, questi sono obbligati al pagamento, indipendentemente dalla loro crisi coniugale e conseguente decisione di separarsi. La stessa cosa si verifica anche nel caso di divorzio. Le consiglio, pertanto, di trovare un accordo con il suo ex marito, magari attraverso l’ausilio di avvocato di sua fiducia, da portare all’attenzione del giudice all’udienza presidenziale, nel corso della quale il giudice emana con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti. Un eventuale accordo preventivo con il suo ex marito potrebbe consistere o nella vendita della casa coniugale con conseguente estinzione del mutuo (e divisione della somma derivante dalla vendita in base alle rispettive quote) ovvero nella rinegoziazione del contratto di mutuo con l’istituto bancario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, sono conduttore di un appartamento da citca 15 anni con regokare contratto ad uso abitarivo registrato. Da pochi giorni ho scoperto che il mio immobile non ha l’agibilità. Posso chiedere una riduzione o una restituzione anche parziale del canone? Grazie
Egregio Signore
il rilascio del certificato di agibilità di un immobile è un obbligo posto a carico della parte locatrice, e potrebbe configuare un inadempimento contrattuale del locatore che può dar vita alla risoluzione del contratto in particolare nelle ipotesi di contratto di locazione di immobile ad uso diverso da quello abitativo in quanto incide sulla possibilità di adibire legittimamente l’immobile all’uso contrattualmente previsto. Il tutto è subordinato alla condizione che il conduttore, al momento della stipulazione del contratto, fosse all’oscuro della mancanza del suddetto certificato. Nelle locazioni ad uso abitativo non sempre il certificato di agibilità è considerato un elemento essenziale ( il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia dispone che il certificato di agibilità in merito alla sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, deve essere richiesto per a) nuove costruzioni; b) ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali; c) interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1. Inoltre ai fini dell’agibilità, la segnalazione certificata può riguardare anche:
a) singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all’intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni;
b) singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all’edificio oggetto di agibilità parziale).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio, da quanto emerso in una recente riunione condominiale sembrerebbe che non sia stato mai effettuato il collaudo statico della palazzina in cui alloggio. Pertanto ritengo che non sussistano le condizioni per poter abitare l’immobile in oggetto. Neanche i proprietari erano a conoscenza di tale condizione.
Egregio Signore
certamente da quanto emerso nella riunione condominiale l’inagibilità o l’inabitabilità dell’immobile attiene a carenze intrinseche del bene locato, tale da fondare la risouzione del contratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio. Molto gentile.
Gentile avvocato, sono una ragazza di 18 anni (a breve 19) e mi trovo in una situazione molto seria. Ero una studentessa di un Liceo delle scienze umane (attualmente ritirata dagli studi per i motivi che spiegherò in seguito), con ottimi voti, carattere pacato, timida, sempre molto corretta con tutti e in tutti i rapporti sociali, con valori morali e con pieno discernimento delle mie scelte. Ho sempre studiato (la mia vita è sempre e solo stata improntata agli studi come obbligo perenne e violento da parte dei miei genitori) ,vengo vessata e maltrattata quotidianamente da entrambi poiché troppo autoritari e violenti da più di 5 anni, soggetta a maltrattamenti psicologici (offese verbali continue e pesanti, stalking di ogni genere, minacce di tutti i tipi, atti indecorosi, dispetti, aggressioni verbali a voce altissima, violazione della mia privacy totale, infamie, e quant’altro) e a volte anche violenze fisiche (frequenti tentativi di sottrarre il mio cellulare con destrezza e con violenza, tentativi di violare il mio pc, violazione della mia corrispondenza cartacea, spintoni, trattenermi per i polsi violentemente, tirate di capelli, persecuzioni quando mi allontano da casa, e in passato quando ero minorenne ho subito anche percosse), tutto questo con la motivazione di non essere d’accordo con le loro idee, non fare alla lettera tutto ciò che mi impongono con violenza e minacce. Mi ritengono colpevole di non dire (più) loro tutto ciò che faccio, chi sento, chi frequento come se avessi 12 anni. In passato ero costretta a non avere alcun tipo di privacy e di vita privata (ero costretta con violenza e minacce a fargli conoscere forzatamente tutti i miei fidanzati anche se appena conosciuti e di rivelare loro tutti i dati nonché portarli anche in casa, dove a loro volta erano sottoposti a interrogatori e dopo poco tempo mi lasciavano). Oggi compiuti i 18 anni (stanca di subire questa situazione allucinante) ho scelto di iniziare a rifiutarmi di permettergli di violare i miei diritti. Questa sorta di ribellione alla loro “schiavitù psicologica” mi sta portando all’esaurimento nervoso. Ho così deciso che a breve andrò via dalla casa familiare (probabilmente andrò a casa di una mia amica in altra regione), ma le mie amicizie mi dicono che se vado via non mi lasceranno mai in pace, dicono che faranno denuncia di scomparsa o di “rapimento” e quant’altro anche con motivazioni fraudolente (ne sono capacissimi, solo per sapere dove mi trovo, venirmi a riprendere per i capelli e ricominciare a vessarmi in modo ancor peggiore una volta riportata nel “lager familiare”). Mi consigliano di scrivere alcune missive prima di andarmene in via cautelativa alle Forze dell’Ordine dove spiego i motivi del mio allontanamento volontario e chiedo di ignorare ogni tentativo di denuncia di scomparsa da parte dei miei familiari tutelando la mia privacy, correlando il tutto con copia di documento di riconoscimento.
Preciso che (per tutelarmi) sono stata costretta a produrre prove oggettive di quello che subisco, registrando alcuni culmini dei maltrattamenti onde evitare di non essere creduta. Avevo contattato i centri anti violenza e parlato con un’assistente sociale ma non ho avuto risultati utili. Il centro anti violenza non fa altro che rinchiudere i soggetti oppressi in una casa famiglia o in una casa protetta in regime di “detenzione” (cosa che assolutamente non mi gioverebbe e che scarto a prescindere). L’assistente sociale invece ha ignorato la mia richiesta di aiuto, forse perché vivo in un piccolo paesino omertoso e poco propenso al rispetto dei diritti (?) Vi chiedo gentilmente un parere in merito alle seguenti due possibilità:
1) Le missive alle Forze dell’Ordine possono essere utili? Oppure (senza presentarmi di persona) ci sono altri mezzi utili per permettermi di andare via liberamente senza ripercussioni o da parte di Forze dell’Ordine troppo zelanti e incuranti dei diritti individuali della persona? (preciso che le forze dell’ordine non sono state ufficialmente informate sulla situazione).
2) Una volta andata via da quell’inferno, vorrei riprendere gli studi in un’altra regione, e (come credo e spero sia previsto dalla legge anche nella mia personale situazione) vorrei che i miei “genitori” provvedessero al mio mantenimento a distanza, agli studi e alle spese che dovrò sostenere per mantenermi, però senza permettergli di sapere dove mi trovo (per ovvi motivi). Ne ho diritto? Posso ancora riprendere a vivere serenamente?
Ringrazio anticipatamente e mi scuso per essermi dilungata.
Gentile Signora
la situazione che lei narra impone di analizzare due apetti giuridici: la responsabilità genitoriale (che ha preso il posto della patria potestà) sancita dall’art. 316 C.c. come modificato dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. n. 154, (“Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore”…). In particolare entrambi i genitori hanno la rappresentanza del figlio minorenne, privo della necessaria capacità di agire, (ovvero il potere di compiere di tutti i negozi giuridici in suo nome e conto).
Orbene con il raggiungimento della maggiore età, il figlio acquista la piena capacità di agire che limita i poteri genitoriali. Ciò consente al figlio ormai maggiorenne di lasciare la casa familiare per trasferirsi altrove (l’importante sarebbe comunicare apertamente, o con precise motivazioni, la volontà di andare via di casa a tutti i componenti della famiglia e alle persone che stanno accanto, in modo da non creare falsi allarmismi). Sulle modalità di tale comunicazione non entro nel merito non potendo valutare la situazione in esame, ma come affermato precedentemente occorre che la decisione di lasciare la casa familiare sia conosciuta alle persone interessate, in modo che non si possa ipotizzare una fuga o cose più gravi.
La seconda questione concerne il mantenimento del figlio maggiorenne. In tal senso occorre affermare che la riduzione della responsabilità genitoriale con il raggiungimento della maggiore età del figlio minorenne, limita i poteri genitoriali ad esclusione degli obblighi di mantenimento. Tale obbligo grava su entrambi i genitori fino al momento in cui il figlio maggiorenne non abbia raggiunto l’indipendenza economica. La giursiprudenza sul punto non indica una età precisa ma solo il limte del raggiungimento dell’indipendenza economica.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Nel ringraziarLa per questa utilissima risposta, Le chiedo gentilmente un’ultima conferma (per sicurezza). Considerando il fatto che non sia possibile (come Lei giustamente dice) informare “apertamente” i componenti della famiglia dato che, se non si fosse compreso, se lo facessi mi riempirebbero di botte e mi sequestrerebbero in casa impedendomi di comunicare con l’esterno, Le chiedo: sarebbe sufficiente un biglietto dove dico che me ne vado altrove poiché esasperata dalle loro violenze? Venga considerato che trattasi di persone violente e prive di capacità empatiche e di ragionevolezza.
Infine Le missive che intendo inviare alle Forze dell’Ordine non sono contemplate anch’esse come dimostranza del diritto a un allontanamento volontario?
Ringrazio.
Distinti saluti.
Gentile Signora
come già precedentemente affermato non entro troppo nel merito delle questioni in quanto ciò imporrebbe un esame che non mi è consentito effettuare in via telematica con la conseguenza che potrei darle dei consigli sbagliati. L’importante è che la volontà di lasciare la casa familiare sia stata maturata attentamente da lei (vagliando le conseguenze positive e negative) e che sia portata a conoscenza dei suoi familiari e delle persone che le stanno accanto (parenti, amici, conoscenti) in modo chiaro e preciso. Ciò è necessario affinchè non maturino falsi allarmismi di eventuali ed ipotetici pericoli verso la sua persona. Detto ciò la comunicazione della sua decisione può avvenire nel modo che ritiene più opportuno, nel rispetto dei principi sopra enunciati.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentilissimo avvocato, sono un giovane studente universitario. Da qualche mese vengo fermato spesso dalla Polizia di Stato durante i classici controlli effettuati in zona rossa/arancione. Faccio una classica passeggiata con la mascherina e mantenendo la distanza interpersonale, allontanandomi massimo 1/2 km dalla mia abitazione. Nel corso dell’ultimo controllo ho scritto sul modulo di autocertificazione che il mio spostamento era finalizzato allo svolgimento di attività fisica, come previsto dalla normativa vigente. Tuttavia, l’operatore di polizia mi ha risposto sinteticamente che non è consentito l’abbandono della propria abitazione se non per necessità. Questa situazione incomincia ad essere un po’ pesante, anche perché la confusione è tanta. Cosa mi consiglia di fare? La passeggiata è consentita? Quanto mi posso spostare?
La ringrazio per la sua disponibilità.
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza e secondo le disposizioni vigenti sia in zona rossa che in zona arancione l’attività fisica all’aperto, o anche una semplice passeggiata intesa come attività motoria, è consentita purchè sia effettuata all’interno del proprio comune di residenza, e nei pressi della propria abitazione, mantenendo in tutti i casi la necessaria distanza tra le persone oltre alle altre prescrizioni. Pertanto credo che gli operatori di polizia non abbiano potuto procedere alla sanzione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Mi chiamo jenny vivo con i miei suoceri a casa del mio ragazzo ,siamo conviventi e abbiamo un problema,mia suocera e invadente e ci siamo dovuti trasferire nella tavernetta per avere un po di privacy pero di sopra abbiamo la nostra camera da letto e volevo chiuderla a chiave per poter mettere i nostri oggetti personali e vestiti ma finche ce la porta aperta non mi arrischio perche lei va a frugare dappertutto e frega anche la biancheria della casa,possiamo chiudere a chiave la nostra stanza? E se chiama i carabinieri perche ho chiuso la porta chi e nella parte del giusto?
Gentile Signora
mi pare di capire che l’appartamento dove sono conservate le sue cose personali è di proprietà dei suoi suoceri, pertanto, pur sussitendo un obbligo di custodia a carico di suoi suoceri, mi sembra quantomeno inopportuno ed azzardato chiudere a chiave la stanza impedendo in tal modo l’accesso ai legittimi proprietari dell’immobile. Le consiglio di trasportare i suoi effetti personali nel luogo (nella specie la tavernetta) dove lei e il suo compagno dimorate abitualmente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
mi chiamo Paolo. Nel 2004 ho stipulato un contratto di “comproprietà alberghiera” con una nota società. Il contratto definitivo è stato stipulato nel 2010. Il sito internet della suddetta società prometteva che con il rogito l’acquirente diverrebbe proprietario a pieno titolo di una suite e che non ci sarebbero spese fisse da pagare.Inoltre, l’offerta veniva presentata come un investimento sicuro. Al contrario, il contratto prevedeva innanzitutto una serie di spese ambiguamente quantificate, inoltre, all’acquirente veniva venduta una quota millesimale dell’intero complesso con “diritto di prenotazione di una suite” ( e non proprietà della suite come ingannevolmente indicato nel messaggio). Il predetto diritto di prenotazione prevede il pagamento di una tariffa alberghiera agevolata che si è poi rivelata non corrispondente al vero. Alla luce di quanto detto,un anno e mezzo fa ho presentato una segnalazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. L’Autorità ha avviato un procedimento istruttorio che si è concluso il 30 gennaio 2019 con un provvedimento sanzionatorio nei confronti del professionista e di altre società coinvolte, per violazione degli artt. 21, 22,24 e 25 del Codice del Consumo ( pratiche commerciali scorrette ingannevoli ed aggressive). Il suddetto provvedimento è stato pubblicato nel bollettino settimanale del sito istituzionale dell’AGCM ( bollettino n° 7 del 18 febbraio 2019). Se dovessi intraprendere un’azione legale, potrei chiedere la risoluzione dei contratti con eventuale risarcimento dei danni? Il mio diritto è prescritto anche se il contratto definitivo è del 2010?
Grazi per l’attenzione e le invio i miei iù cordiali saluti
Paolo Lazzari
Egregio Signore
preliminarmente preciso che, ai fini di un esaustivo parere legale, occorrerebbe una valutazione del contratto definitivo stipulato, in quanto è quest’ultimo che fa fede tra le parti, indipendentemente da quello che viene indicato nel sito internet della società. Inoltre, nel caso che lei narra vi è stato un notevole lasso di tempo tra la stipula del preliminare e il contrattto definitivo è ciò presuppone un attento esame nel merito di entrambi i contratti. Orbene, la risoluzione del contratto è un istituto giuridico che consente di eliminare (per l’appunto risolvere) il vincolo contrattuale tra le parti con effetto retroattivo oltre al risarcimento del danno. La risoluzione è prevista in determinati casi: inadempimento (grave o di non scarsa importanaza), impossibilità sopravvenuta della prestazione ed eccessiva onerosità sopravvenuta. Con riguardo il termine prescrizionale (la prescrizione ordinaria è di dieci anni) ai sensi dell’art. 2935 del Codice civile “La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”. Da ciò si ricava il principio che il diritto alla risoluzione del contratto sorge quando, avuto riguardo al concreto interesse delle parti, si configura la causa della risoluzione, ad esempio il grave inadempimento o l’impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Avv.to Buongiorno. Mi chiamo Alessandro e la contatto per chiederle gentilmente (se può) un consiglio riguardante la mia posizione lavorativa. Sono impiegato da 15 anni in una agenzia di assicurazioni. Due anni fa io e la mia collega abbiamo dovuto contattare i sindacati perchè abbiamo scoperto che nell’arco degli anni mi sono stati trattenuti in busta paga circa 6000 euro di errori vari fatti dal loro consulente amministrativo. Questo fatto mi ha un po’ lasciato l’amaro in bocca e così ho deciso di rassegnare le mie dimissioni e quindi (compreso il preavviso di lavoro) dovrò lavorare sino al 13/04/2019. Nel frattempo sono stato contattato da un’altra compagnia di assicurazioni che mi ha proposto di lavorare con loro come subagente. Quindi una mia partita iva, un mio ufficio. Mi scusi se mi sono dilungato, ma volevo spiegare bene quello che mi sta accedendo in questo periodo. Eccoci alla domanda…. Essendo che molti dei clienti dove lavoro attualmente sono miei parenti, amici o clienti portati da me, è inevitabile che quando sarò subagente vengano via con me nella nuova agenzia/compagnia assicurativa. Rischio qualche tipo di ripercussione dal mio attuale datore di lavoro sul fatto che gli “porto via” dei clienti? Esiste la possibilità di infrangere un patto di non concorrenza? (specifico che non ho mai firmato nessun foglio dove fosse riportato il patto di non concorrenza). La ringrazio del tempo che potrà dedicarmi. Distinti saluti. Alessandro
Egregio Signore
il patto di non concorrenza è una forma di tutela del rapporto lavorativo a favore del datore di lavoro ed è disciplinato dall’art. 2125 C.c. “Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo”.
Dal primo comma della norma citata si ricava il principio che il patto di non concorrenza prevede la forma scritta, ai fini della validità. In merito alle attività successive alla risoluzione del rapporto di lavoro il patto di non concorrenza deve essere contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo, (ovvero con rigurdo al settore economico e produttivo in cui l’azienda esplica la sua attività e in relazione alla quale si potrebbe verificare la concorrenza) e deve essere previsto un corrispettivo a titolo di retribuzione a favore del prestatore di lavoro (in quanto il patto di non concorrenza limita l’attività lavorativa e pertanto il guadagno del prestatore di lavoro). Potrebbe essere altresì pattuito il pagamento di una penale in caso di violazione del patto di non concorrenza da parte del prestatore di lavoro.
Il secondo comma dell’art. 2125 C.c. afferma poi che “La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura suindicata”.
In caso di violazione del patto di non concorrenza validamente stipulato al prestatore di lavoro potrebbe essere intimato il pagamento della penale ove opportunamente prevista ovvero il datore di lavoro può agire davanti al giudice civile per ottenere un provvedimento di urgenza per la cessazione dell’attività concorrente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, mio nonno era comproprietario di un immobile con suo fratello nel quale vivevano con le rispettive famiglie. Un paio d’anni fa il fratello è deceduto e la sua parte è passata in eredità alla moglie e figli. Attualmente nell’immobile vivono solamente i miei nonni. Uno dei figli del fratello deceduto, ora, non avendo altro, vuole andare a vivere nell’immobile. Trattandosi di una persona poco affidabile in che modo possono tutelarsi i miei nonni?
Gentile Signora
mi pare di capire che la persona che vuole andare a vivere nell’immobile ( ovvero il figlio del fratello di suo nonno, deceduto e comproprietario dell’edificio) sia l’erede legittimo (in comunione con la moglie del defunto) di una quota dell’immobile medesimo, oggetto della successione. Se ciò corrisponde al vero non si può impedire a tale persona la possibilità di ususfruire dell’immobile del quale risulta, pro quota, proprietario. Inoltre la scelta di andare a vivere nell’immobile in questione non limita i diritti di proprietà dei suoi nonni. Oltremodo se la convivenza potrebbe comportare una serie di problematiche e se l’immobile è un bene indiviso o non frazionato in distinti locali si potrebbe optare per la procedura di divisione del bene ( e in casi residuali i suoi nonni potrebbero chiedere l’assegnazione dell’intero bene, liquidando le quote degli eredi del fratello defunto).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.ma Avv. Carnevale,
la ringrazio per la risposta. Volevo però precisare che, riguardo al contratto definitivo, esso testualmente prevede che:” L’acquirente acquista una quota di comproprietà alberghiera dell’intero complesso ecc.. con diritto di prenotazione per la fruizione ed il soggiorno a TARIFFA AGEVOLATA sulla suite n. 8 periodo 43″. Orbene,ho constatato che la suddetta tariffa agevolata non corrisponde al vero. Mi spiego: attraverso una simulazione di prenotazione alberghiera sul sito ufficiale dell’hotel in questione, ho appurato che ,a parità di condizioni, ovvero stesso hotel,tipologia di camera e periodo di soggiorno, tale tariffa era uguale o addirittura superiore a quelle normalmente applicate dal gestore ai clienti occasionali.L’ AGCM, su mia segnalazione,ha confermato quanto da me asserito;in pratica, l’Autorità Garante durante l’ispezione nella sede del professionista venditore e proprietario, ha raccolto le dichiarazioni del predetto professionista, il quale ha confermato, innanzi ad un pubblico ufficiale, che le suddette tariffe non sono realmente agevolate, potendo essere addirittura superiori alle ordinarie tariffe. Tale circostanza, è stata riportata dall’AGCM nel provvedimento sanzionatorio, definendo, tali tariffe,” ingannevoli e decettive”. Le chiedo, gentilmente, si può parlare, dunque, di inadempimento contrattuale? Il provvedimento dell’Antitrust, può essere utile in un eventuale contenzioso giudiziario contro questa società?
La ringrazio infinitamente.
Cordiali saluti
Paolo Lazzari
Egregio Signore
ad un primo esame sussistono i presupposti per agire ai fini della risoluzione del contratto per inadempimento (previa verifica nel merito del contratto stipulato, come precedentemente affermato) e il provvedimento dell’Antitrust può certamente essere utile ai fini della proposizione della domanda giudiziale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, se possibile vorrei avere maggiori informazioni riguardo il contratto d opera con esperti ( senza partita IVA) per quanto riguarda la paga oraria minima, il totale di ore previste per la prestazione, e se possibile sapere ogni quanto é possibile ristipulare questo tipo di contratto con la stessa persona.
Lavoro presso un I.C. con la mansione di assistente alla persona, con retribuzione oraria 5€ lordi (paga inferiore a quella prevista dai contratti d opera), inoltre credo il mio contratto non rispetti certi vincoli che riguardano la prestazione d opera con esperti (la non continuità, 280 ore lavorative in un anno solare..) cosa mi consiglia di fare? In attesa di un riscontro, porgo i migliori saluti
Gentile Signora
il contratto d’opera è disciplinato dall’art. 2222 Codice Civile “Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV”.
Si tratta di una sorta di lavoro autonomo, che può essere esercitato senza partita iva,(c.d. lavoro autonomo occasionale), ovvero una attività lavorativa espletata in modo saltuario e non continuativo, senza vincoli di durata e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, il cui compenso deve essere inferiore a cinque mila euro l’anno (non credo che sia previsto una paga oraria minima). Il compenso avviene dietro presentazione della ricevuta nella quale deve essere indicato il pagamento della ritenuta d’acconto pari al 20% . Le consiglio, per maggiori informazioni, di rivolgere le sue domande ad un consulente del lavoro o ad un dottore commercialista, che sarà certamente più preciso di me.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, ho alcuni quesiti relativi ad un’aggressione con prognosi superiore a 40 gg subita da parte di un vicino di casa:
1) puó testimoniare a favore del vicino di casa (x alleggerire la sua posizione di aggressore) un’altra vicina di casa con cui la persona offesa dall’aggressione ha avuto un procedimento penale in passato (mai andato in giudizio x accordo tra le parti) ? Lo chiedo perchè potrebbe produrre una testimonianza (falsa) a favore dell’aggressore ma a discapito della persona offesa come “ripicca”… chiedo se puó essere considerato legalmente un testimone attendibile.
2) in tale occasione ma alcune ore dopo l’aggressione i cc hanno ritrovaro un’arma da taglio, sembra di capire che l’aggressore usi questo ritrovamento a suo favore come prova di aver aggredito x legittima difesa; mi chiedo:
a) il verbale di sequesto puó essere impugnato se riporta date errate rispetto alla data dell’aggressione ? (aggressione in cui è intervenuto il 112 e il 118)
b) considerato che l’area dove è avvenuta l’aggresione è un’area condominiale, puó essere considerata oltre ogni ragionevole dubbio ‘non contaminata” ? (nel senso che puó essere stato messo da chiunque nel frattempo)
3) l’aggresione essendo stata la conseguenza di ‘liti’ condominiali dovute a delle mancanze da parte dell’amministratore (che non è intervenuto per far rispettare le norme di condominio) in che modo l’amministratore ne è responsabile ?
4) essendo l’aggressore un inquilino, in che modo il proprietario puó essere responsabile non avendo agito per far rispettare le regole al suo inquilino?
5) in caso di sentenza a carico dell’aggressore con relativo risarcimento danni a favore dell’offeso, e nel caso di mancata disponibilità a pagare, deve pagare il proprietario ?
6) il coniuge dell’offesso, anch’esso aggredito puó essere considerato un testimone ?
Grazie molte x i miei vari quesiti.
Gentile Signora
procediamo con ordine:
1) in merito alla attendibilità del testimone si precisa che sul punto la giurisprudenza di legittimità e di merito è concorde nel ritenere che il testimone deve essere innanzitutto imparziale. Per imparzialità si intende che la persona indicata come teste non deve avere un interesse nel processo, nè sotto il profilo giuridico e nè sotto il profilo personale. E’ rimessa sempre e comunque al giudice la valutazione dell’efficacia probatoria della prova testimoniale. Tale valutazione viene solitamente effettuata dopo la deposizione del testimone (e ciò avviene anche nel caso di falsa testimonianza).
2) Qualora il verbale di sequestro riporti una data errata del fatto (nella specie l’aggressione) ciò non costituisce un valido motivo ai fini dell’impugnazione, trattandosi di mero errore materiale e di trascrizione. L’impugnazione o riesame si fonda sulla sussistenza o meno di tutti gli elementi sui quali si basa il vincolo probatorio. Come lei afferma l’area dove è stata trovata l’arma da taglio è una area condominiale quindi aperta al transito di un pubblico, sebbene con le opportune limitazioni, e pertanto potrebbe essere considerata una area “contaminata”, ma tale circostanza dovrebbe essere fatta valere nell’ambito del processo, in relazione al complesso delle prove acquisite.
3) In merito alla possibile responsabilità dell’amministratore per mancanze dovute al suo operato trattandosi di presunte “liti’ condominiali” non si intravede un fondamento, in quanto nel diritto penale la responsabilità è personale.
Lo stesso discorso vale per i punti 4 e 5 (la responsabilità penale è personale).
6) Il coniuge della persona offesa, se ha assistito al fatto, può essere considerato un testimone.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
salve Avvocato, sono una ragazza di 19 anni, e premetto che non sono affatto immatura o sprovveduta come si potrebbe ipotizzare data la mia età, sono fidanzata da alcuni mesi con un uomo di 45 anni
con cui mi trovo benissimo, e
sono quì a chiedere un serio consiglio su come comportarmi (nessun problema col mio compagno ma con l’assurda concezione che la società ha di questo tipo di rapporto con un uomo più grande).
Il mio compagno è una persona per bene, so che la differenza di età è tanta, ma finora mi ha sempre e solo dato soddisfazioni e certezze, nessun dubbio su di lui e sulle sue serissime intenzioni nei miei confronti, ne ho piena certezza. Per questa relazione sto subendo
gravi ripercussioni da parte della mia famiglia, loro sono persone all’antica, non sanno esattamente quanti anni ha e non lo conoscono poichè io stessa mi rifiuto di parlare di lui con loro poichè purtroppo non sono ragionevoli ma sono bestie. Ora dato che non resisto più
ho deciso di andare a vivere con lui contro il parere dei miei genitori, ma loro (per una mia personale scelta ben più che matura) minacciano denunce al mio compagno se si azzarda ad accogliermi. Io chiedo, se per la legge sono maggiorenne e libera delle mie scelte, perchè
la legge non mi consente un allontanamento volontario?
Perchè questo assurdo potere dei genitori anche in maggior età?
Ho contattato un Ispettore di polizia di Stato chiedendo consiglio sulla mia situazione e
addirittura mi ha detto che è quasi “illegale” andarsene di casa volontariamente anche se ho 18 anni?? Io non capisco come interpretare questa legge tanto confusa…
L’ispettore mi ha detto che se me ne vado (anche con pieno diritto e con tutte le consapevolezze di un allontanamento annunciato e volontario) loro mi cercherebbero comunque e
addirittura comunicherebbero ai miei genitori dove mi trovo e con chi.
Ma allora non si è maggiorenni a 18 anni? Si diventa maggiorenni a 30?
Una ragazza di 19 anni non ha diritto di farsi una propria vita serena e felice come
meglio crede? Preciso (e ci tengo ad essere presa seriamente) che ho pieno discernimento della mia scelta e so bene che il mio compagno ha intenzioni assolutamente serie, non ha scheletri nell’armadio e non sono nè infatuata nè tantomeno soggiogata (ho sentito dirmi questi termini assurdi parlando della mia relazione).
Chiedo cortesemente un reale parere di diritto:
Si è maggiorenni a 18 anni?
Posso andarmene serenamente senza temere addirittura false denunce di scomparsa se sono più
che maggiorenne?
Perchè l’ispettore mi ha detto che non sono libera di andarmene? In che senso non sono libera di andarmene?
Perchè devo essere costretta a dare (mi dicono “addirittura” che sono obbligata dalla legge)
le generalità del mio compagno a loro? Questa cosa è legale?
In pratica se me ne vado volontariamente e avvisando la famiglia (anche se ho 19 anni)
la polizia accetta una falsa denuncia di scomparsa? A 18 anni non ho diritto alla privacy? (l’ispettore mi dice che in famiglia non si ha diritto di privacy).
Chiedo cortesemente i motivi di questa diffidenza e di questo alienamento dei diritti di una persona maggiorenne, consenziente e matura (seppur con poca esperienza).
Ringrazio anticipatamente.
Gentile Signora
il compimento del diciottesimo anno segna il raggiungimento della maggiore età, e la persona acquista la “capacità di agire” ovvero la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita un’età diversa (art. 2 C.c.), nella specie compiere coscientemente e consapevolmente atti giuridici, ed esercitare diritti o doveri, sia in ambito civile che in ambito penale. In tal senso, a seguito del raggiungimento della maggiore età la persona può assumere le decisioni che ritiene più opportune, purchè, nel caso di specie, data la sua giovanissima età, siano determinate secondo coscienza e consapevolezza, e non dettate da semplice istinto giovanile. Nell’ipotesi in cui la persona maggiorenne decida di lasciare la casa familiare o di allontanarsi dall’ambiente domestico (per motivi personali o anche per motivi di studio) sarebbe opportuno manifestare tale volontà ai suoi parenti in primis, e amici e conoscenti in modo che non si creano falsi allarmismi di ipotetici pericoli o danni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Ho un dubbio che non riesco a colmare e che proverò a spiegare nel miglior modo possibile. Mio padre è un debitore di Equitalia, e vorrebbe effettuare una donazione di 3 garage a favore mio e di mia sorella, in più nel corso di questi anni mi ha fatto da garante per l’acquisto di un auto a mio nome e da garante per una casa in affitto nella quale ora vivo. Vorrei sapere se la donazione che lui ha intenzione di farci e il fatto che mi abbia fatto da garante in queste due situazioni possa influire un giorno dovesse mancare mio padre per ciò che riguarderà la successione. Ovviamente sapendo di questi debiti che mio padre ha con Equitalia sicuramente intendiamo rinunciare all’eredità. Quindi mi chiedo puro scopo preventivo e informativo se la rinuncia all’eredità, la donazione e il suo avermi fatto da garante possano in qualche modo crearmi in futuro dei problemi. Vi ringrazio in anticipo per la disponibilità.
Gentile Signora
la situazione che lei prospetta (come in generale tutte le situazioni debitorie) merita un accurato esame nel merito, che non è possibile effettuare in via telematica. La donazione è, nel caso di specie, un negozio giuridico che comporta una serie di rischi, in primo luogo perché la stessa è soggetta ad azione revocatoria (articolo 2901 del codice civile), e in tal caso il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni. Lo stesso discorso vale per gli atti a titolo oneroso come la vendita, la quale è soggetta ad azione revocatoria, a condizione che il terzo (acquirente) sia consapevole del pregiudizio arrecato al creditore. Inoltre la suindicata norma considera le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, come atti a titolo oneroso, purchè siano contestuali al credito garantito.
Detto ciò non è pertanto possibile formulare un esaustivo consiglio legale, ma sarebbe necessario affrontare la questione attraverso l’ausilio di un professionista di sua fiducia, prima di concludere contratti di donazione o di vendita.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, chiedo consiglio su un incidente stradale che ho avuto, in quanto pur essendo stato coinvolto a mio avviso senza nessuna colpa, si presume che non mi risarciranno i danni o quantomeno solo la metà. Per capire meglio spiego la dinamica dei fatti: percorrevo una tangenziale cittadina in prima corsia ad una velocità di circa 85 km/h siccome vi era un intenso traffico si viaggiava per file parallele, ad un certo punto il veicolo della corsia centrale si sposta in modo brusco alla sua destra e mi colpisce sulla fiancata sx facendomi sbattere nel guard rail , entrambi i veicoli risultano danneggiati in modo da non poter più camminare, a spiegazioni fatte dal Sig. che mi ha investito lui dichiara che un terzo veicolo in terza corsia lo ha a sua volta tamponato e che per cause che non sò lui non solo non l’ho ha visto ma dichiara che è pure fuggito. All’arrivo della polizia stradale per redigere la dinamica dell’incidente io riferisco quello che mi ha raccontato il guidatore della vettura della corsia centrale confermando la sua versione. Purtroppo qualcuno mi ha detto che ho fatto male in quanto dovevo dichiarare che non ho visto nulla della terza corsi ma solo il tipo che mi tamponava ossia quello della corsi centrale. Lei conferma i miei sospetti? Chi deve pagarmi ? Verro risarcito? Oppure essendo che ho confermato la dinamica della terza vettura non vengo risarcito? Grazie anticipate
Egregio Signore
la fattispecie che lei delinea necessita di un attento esame nel merito, inerente sia le circostanze e i rilievi effettuati che ricostruiscono la dinamica esatta del sinistro stradale e sia le dichiarazioni rilasciate nei verbali della polizia municipale. Tale esame non è consentito in via telematica. Fatta tale opportuna e doverosa premessa nel risarcimento del danno da sinistro stradale occore provare la responsabilità del danneggiante (si parla di colpa derivante da negligenza, imprudenza o imperizia) oltre alla prova del danno (materiale e/o fisico) riportato.
Il quantum del risarcimento viene determinato sommando le singole voci dei danni riportati sia al veicolo, e sia alle persone coinvolte. Comunque nel caso così come descritto non intravedo, ictu oculi, una corresponsabilità da parte sua nella causazione del sinistro stradale tale da imporre soltanto una liquidazione pari la 50%. Le consiglio di agire anche in via straguidiziale presso la compagnia di assicurazione magari mediante l’assistenza di un legale di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la sua professionalità e disponibilità. Saluti
Buongiorno,
vorrei aprire un centro per aiutare i clienti ad addormentarsi utilizzando tecniche di rilassamento.
Mi chiedo:
– è consentito vendere un corso per aiutare la gente ad addormentarsi anche senza una laurea in medicina o altre qualifiche?
– posso pubblicizzare il mio corso come un aiuto contro l’insonnia? Ci sarebbero differenze se lo pubblicizzassi solo come un corso per aiutare ad addormentarsi prima?
Grazie
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza credo che il problema del sonno e delle patologie collegate allo stesso tra cui la difficoltà ad addormentarsi sia un problema prettamente medico che può avere diverse cause sia fisiche che psicologiche (tra le cause più comuni vi è l’ansia che spesso è un problema di carattere medico).
Anche le tecniche di rilassamento per aiutare la persona ad addormentarsi sono molto varie e diversificate e devono essere applicate da personale qualificato (a titolo esemplificativo il training autogeno che viene qualificata quale tecnica di rilassamento ha una base clinica).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
il mio vicino di casa ha installato, da circa n.10 anni, una grondaia al primo piano del suo appartamento, lungo la mia area di confine.
Pertanto, la proiezione in verticale della grondaia, ricade nel sottostante tetto di copertura del mio stabile sito al piano terra. Ho fatto notare, più volte,al confinante l’anomala situazione, ma senza ottenere alcun esito.
Ai sensi dell’art. 908 c.c. la grondaia non deve sporgere sul fondo del vicino.
Per quanto sopra esposto si configura una servitù di sporto, soggetta ad usucapione ?
Grazie e distinti saluti.
Egregio Signore
il citato dispositivo dell’art. 908 del Codice civile afferma al primo comma che “Il proprietario deve costruire i tetti in maniera che le acque piovane scolino sul suo terreno e non può farle cadere nel fondo del vicino”. Sulla base della norma la grondaia per lo scolo delle acque piovane non deve ricadere sul fondo del vicino. Tale circostanza sarebbe possibile solo se si trattasse di evento naturale, ovvero in mancanza di opere derivanti dall’intervento dell’uomo.
Il principio espresso dalla suindicata norma può però essere soggetto a deroga per accordo delle parti con la costituzione di una servitù di stillicidio. Ai fini dell’acquisto della servitù per usucapione, secondo la giurisprudenza di legittimità, occorre che la stessa non sia configurabile quale servitù non apparente, la quale ai sensi dell’art. 1061 del Codice civile non può essere aqcuistata per usucapione o per destinazione del padre di famiglia. E’ necessario l’esistenza di opere di natura permanente, derivanti dall’intervento dell’uomo, che rivelino, per la loro struttura e funzione, in maniera inequivoca, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avv.,
sono mesi che non riesco ad uscire da una situazione perniciosa..
il mio impianto elettrico (istallato un anno e mezzo fa, con regolare certificazione di conformità) è evidentemente malfunzionante visto che in famiglia prendiamo la scossa a contatto con rubinetteria e altri parti metalliche (staccando corrente dal quadro la corrente nelle parti metalliche se ne va magicamente); l’elettricista che ha installato l’impianto non risponde al telefono, mail e nemmeno a una mia raccomandata di diffida.
Mi hanno consigliato l’associazione consumatori o l’avvocato ma quello che a me interessa è rendere da subito l’impianto sicuro e non rimanere folgorato mentre i miei familiari o io facciamo la doccia.
Nessun elettricista consultato interviene (sarebbe come manomettere l’impianto, come è indicato anche espressamente nella dichiarazione di conformità).
Vorrei a questo punto rivolgermi direttamente alle Forze dell’ordine in quanto esiste un concreto rischio per l’incolumità personale dei miei familiari e dello scrivente, (oltre che una palese dichiarazione di conformità menzognera, o, al limite, rilasciata con negligenza..), ma questa alternativa mi è stata sconsigliata da amici e parenti in quanto assolutamente esulante dalle competenze delle Forze dell’ordine visto il carattere prettamente ‘privatistico’ della contesa.
La ringrazio per ogni tipo di suggerimento.
Cordilamente.
stefano
Egregio Signore
la dichiarazione di conformità di un impianto è il documento (obbligatorio) che attesta la conformità dell’impianto alla normativa vigente. La finalità è quella di garantire la sicurezza dell’impianto (in tal caso domestico) e pertanto viene rilasciato dal tecnico installatore o dalla ditta installatrice che ha provevduto ad installare l’impianto stesso. Nell’ipotesi in cui l’installazione dell’impianto risulti difettosa ovvero non conforme alle regole tecniche e giuridiche stabilite il tecnico installatore rischia conseguenze sia sotto il profilo penale che disciplinare con possibile sospensione della abilitazione. Se ne deduce che la responsabilità sulla sicurezza dell’impianto ricade sempre sul tecnico o ditta che lo ha installato. Pertanto può fare un esposto alla camera di commercio presso la quale la ditta è registata e chiedere una nuova certificazione di conformità dell’impianto. In questo secondo caso, potrà, ovviamente, agire nei confronti del precedente tecnico per le spese che ha dovuto sostenere per mettere in sicurezza l’impitanto e per inadempimento contrattuale. Quanto alla denuncia alle forze dell’ordine, in effetti, non è la sede competente, ma potrebbe, in via cautelare, presentare alle stesse un esposto cautelativo volto ad esporre i fatti. Le tornerà utile anche in caso di richiesta risarcitoria.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille Avvocato per i preziosi consigli.
Cordialmente.
stefano.
Grazie a lei.
Rimaniamo a sua disposizione per altri ed eventuali pareri.
Gent.mo Avv.,
il giorno stesso del Suo cortese riscontro ho inviato mediante
pec un esposto alla CCIA di zona la quale, in tempi brevi, mi ha
sostanzialmente risposto di non essere competente nella questione,
se non dal punto di vista sanzionatorio; praticamente, secondo il
D.M 37/08 la CCIA non accerta la mancata conformità dell’impianto e non
irroga sanzioni se non dopo l’accertamento da parte degli uffici
competenti di ASL, Comune o Vigili del Fuoco (anche avvalendosi
dell’opera di professionisti del settore).
Se i Vigili del Fuoco mi hanno risposto di non avere nè personale
competente per l’accertamento dell’infrazione nè di avvalersi di
professionisti, Comune e ASL si sono dichiarati competenti limitatamente
ad impianti industriali o per impianti pubblici.
E l’accertamento dell’infrazione, a quanto ho capito, è propedeutico
sia all’intervento di un professionista che posso chiamare di mia iniziativa,
sia alla nuova dichiarazione di conformità che, in questa fase, non può
essere richiesta (per lo stesso motivo che nessuno degli organi precedentemente
elencati certifica che la dichiarazione di conformità in mio possesso non sia corretta).
La sensazione che ne scaturisce è che mi trovi davanti ad una classica
situazione kafkiana stile ‘italico’, nel quale chi sbaglia
(e potenzialmente mette in pericolo la vita altrui) non rischia praticamente
niente perchè, in questo caso, non eiste un vero e proprio meccanismo controllo-sanzione.
Sono stato anche edotto più volte da un amico Geometra sugli eventuali
rischi di interventi di professionisti perché la dichiarazione di conformità,
più che essere una pezza d’appoggio a valore della mia sicurezza, è un importante
documento che mette al riparo il professionista da eventuali interventi o
mancate o errate manutenzioni che possono essere sempre, come dire,
ipotizzate dal professionista perchè ‘per lui’ quell’impianto certificato
è pienamente funzionante.
La saluto cordialmente.
Egregio Signore
a questo punto credo che per poter trovare una soluzione ad una situazione ai limiti dell’assurdo lei debba rivolgersi ad un legale di sua fiducia, il quale possa agire presso tutti gli organi sopra citati mediante atti prettamente giuridici.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno, vorrei conoscere quali normative, nazionali o europee possano salvaguardare un immobile da danni che potrebbero verificarsi a seguito del ritiro, da parte della ditta esecutrice dei lavori, di quanto installato a protezione dell’immobile medesimo da eventi atmosferici.
E’ il caso della palazzina in cui abito, oggetto di lavori di ristrutturazioni al solaio di copertura, dove è stato emesso un ordine di sequestro dalla Procura e successivamente un parziale dissequestro dei soli materiali di proprietà della ditta esecutrice, a seguito del quale quest’ultima si accinge a togliere la copertura installata a protezione del solaio di copertura non ancora impermeabilizzato, che pertanto rimarrebbe esposto alle intemperie con grave nocumento per l’intero stabile.
Da sottolineare che già durante i lavori, a seguito di un burrascoso temporale gli appartamenti degli ultimi piani hanno subito imponenti allagamenti.
Ringrazio e rimango in attesa.
Gentile Signora
la giurisprudenza di legittimità ha affermato in una serie di sentenze che la responsabiltà dei danni provocati a singole unità immobiliari (con conseguente risarcimento del danno) ricade, in via generale, sulla ditta appaltatrice, a seguito del principio di autonomia insito nell’esecuzione dell’appalto. Alla responsabilità della ditta appaltatrice si potrebbe associare, in alcuni casi, anche la responsabilità del condominio quale ente committente, e ancora la responsabilità dell’amministratore del condominio che non abbia vigilato attentamente nell’esecuzione dei lavori. Nel caso da lei narrato mi sembra di capire che la ditta appaltatrice abbia interrotto i lavori di ristrutturazione dei solai, lasciandoli pertanto scoperti, a seguito di un provvedimento di sequestro dell’autorità giudiziaria con conseguente ordine di demolizione, quindi occorrerebbe capire su quali elementi si è fondato il sequestro prima di poter affermare una responsabilità singola o condivisa dei tre soggetti sopra indicati (ditta appaltatrice, condominio e amministratore del condominio) che comporterebbe un risarcimento del danno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egr. Avv., lo scorso ottobre ho acquistato una casa sulla quale esisteva gia’ una scrittura privata autenticata di un diritto di servitu’ di passo pedonale fatta tra il precedente proprietario e il signore che ha il diritto di passaggio sulla mia scala (con tanto di chiavi del cancello in suo possesso!). Il 28 giugno 2018, avanti al giudice, le due parti si sono accordate per l’impegno e l’obbligo, da parte del signore con il diritto di passo pedonale, a concorrere nella misura annuale di € 130 e di € 20 ai costi, rispettivamente, di pulizia e illuminazione della scala. Purtroppo, ad oggi, anche a fronte di una mia raccomandata, con ricevuta di ritorno, nella quale informavo che la somma doveva essere pagata a me medesima, non ho ancora ricevuto nulla! Che devo fare? Ricontattare la persona che beneficia del passaggio pedonale? Il suo avvocato? O che altro? RingraziandoLa anticipatamente per il Suo prezioso e gentile aiuto, rimango in attesa e Le porgo i miei piu’ cordiali saluti.
Gentile Signora
le consiglio di fare un atto di messa in mora, mediante l’ausilio di un avvocato di fiducia. Mi sembra l’unico modo per intimare il pagamento di quanto dovuto. L’atto di messa in mora potrebbe costituire, nell’ipotesi in cui il debitore non provveda al pagamento di quanto dovuto nel termine prescritto, il punto di partenza per una eventuale procedura esecutiva da attuare in seguito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Situazione familiare attuale: io, mia moglie e ns figlio che convive con una ragazza da anni. I genitori miei e di mia moglie deceduti. Mia moglie figlia unica, io ho una sorella che ha figli e nipoti.
Domanda: in caso di decesso mio, di mia moglie e di ns figlio, a chi spetterebbe l’eredità ?
Ringrazio in anticipo.
Cordialità.
Egregio Signore
nella situazione che lei prospetta il diritto di successione passerà ai fratelli e sorelle del defunto, compresi i loro discendenti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
mi chiamo Francesca e sono divorziata. Ho un figlio minorenne (16 anni) e l’affidamento è congiunto.
Vorrei sapere una cosa: il fine settimana per tenere il figlio è alternato. Nello specifico però: il giorno 13 e 14 Aprile il figlio era con me. la settimana successiva doveva essere con il padre, ma essendo Pasqua è toccato a me. La settimana successiva, e cioè il 27 e 28 Aprile, il figlio deve stare con me oppure toccherebbe al babbo? Perché stando a come dice il mio ex toccherebbe di nuovo a me, quindi per 3 fine settimana consecutivi…Possibile?
Grazie per la cortese risposta
Francesca
P.S. spero di essere stata abbastanza chiara nello spiegare.
Gentile Signora
la frequentazione alterna (solitamente dal venerdì pomeriggio o dal sabato mattina, fino alla domenica sera o lunedì mattina con pernottamento presso il genitore non collocatario) rientra nell’ambito del regime paritetico di frequentazione del minore con entrambi i genitori volto a garantire un coinvolgimento equivalente dei genitori alla vita del figlio. Solitamente è a carico dei genitori trovare un accordo sulle modalità di frequentazione del figlio minorenne, da un lato osservando quanto prescritto nel provvedimento giudiziario di affidamento congiunto, e dall’ altro tenendo conto anche delle esigenze pratiche, lavorative, personali, ludiche sia di entrambi i genitori quanto del figlio. Sovente nell’ambito dei fine settimana alterni si concorda di alternare i periodi estivi, che sono periodi più lunghi e anche i giorni festivi, come il Natale e il Capodanno, in modo che il minore possa trascorrere le ricorrenze festive con entrambi i genitori e le rispettive famiglie, come nonni, zii, cugini.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille per la sollecita risposta. Forse però non mi sono spiegata bene. Vorrei sapere se, avendo preso mio figlio il 13 e 14 Aprile (come mi spettava) e il fine settimana successivo, cioè il 20 e 21 Aprile (Pasqua, perché l’anno prima era con il padre) credevo che questo fine settimana (e cioè 27 e 28 Aprile) dovesse stare con il babbo. Ma a quanto dice lui non è così. Quindi in parole povere, per tre fine settimane consecutive il figlio resta con me. E’ corretto? Non riesco davvero a capire….
Cordialità
Francesca
Gentile Signora
in linea teorica e se volessimo rispettare pienamente il principio della frequentazione alterna del minore con entrambi i genitori, si potrebbe ben affermare che il fine settimana (27 – 28 Aprile) suo figlio dovrebbe stare con il padre, in quanto fine settimana successivo a quello del 13- 14 Aprile, dove è rimasto con lei (congelando il fine settimana della Pasqua). Ma come precedentemente affermato spesso l’alternarsi delle date dipende anche dall’accordo tra i genitori, in relazione alle loro esigenze personali oltre che alle esigenze del minore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Scusate ma forse ho messo la mia richiesta di consiglio gratuito al posto di un commento! Gentilmente potreste rispondere al commento LU SAYS: APRILE 27, 2019 AT 7:43 AM? Grazie mille e scusate di nuovo!
Gent. Avvocato,
Le scrivo per chiederLe aiuto per una situazione che sta diventando a dir poco insostenibile. Fra un mese ci sarà il primo accesso dell’ufficiale giudiziario per uno sfratto per finita locazione. Al momento, nonostante l’impegno di tutta la famiglia, non è stato trovato un immobile alternativo e non credo che lo si troverà nemmeno nel giro di un breve termine. Ho letto sul web che in particolari condizioni (comune al alta densità abitativa, monoreddito, sfratto per finita locazione) è possibile ottenere un “congelamento” del provvedimento o una proroga. Confido in un Suo prezioso riscontro.
Cordiali saluti
Egregio Signore
potrebbe presentare istanza per la sospensione dello sfratto. Tale istanza deve essere depositata presso la cancelleria della sezione del giudice competente. Nell’istanza deve essere indicato il reddito annuo lordo complessivo dell’intera famiglia, l’eventuale presenza nel nucleo familiare di persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidita superiore al 66%, e qualsiasi altra documentazione idonea a comprovare le difficoltà economiche, personali e familiari che impediscono il rilascio dell’immobile. L’istanza consente una proroga dello sfratto per un termine che va da sei mesi fino anche a diciotto mesi ( quest’ultimo nei casi in cui il conduttore abbia compiuto i 65 anni di eta’, abbia cinque o piu’ figli a carico, sia iscritto nelle liste di mobilita’, percepisca un trattamento di disoccupazione o di integrazione salariale, sia formalmente assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica ovvero di ente previdenziale o assicurativo, sia prenotatario di alloggio cooperativo in corso di costruzione, sia acquirente di un alloggio in costruzione, sia proprietario di alloggio per il quale abbia iniziato azione di rilascio). Il tutto è previsto e e disciplinato dalla Legge 431/1998.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato, anzitutto La ringrazio per il Suo prezioso riscontro. Spero vivamente che l’istanza che presenteremo in Cancelleria possa avere ascolto concreto. Il mio avvocato di fiducia (che si è presentato all’udienza di convalida a gennaio) non mi ha mai parlato di questa eventualità di sospensione del provvedimento, nonostante sapesse che il reddito familiare sia basso (monoreddito) con moglie e figli universitari a carico (oltre al fatto che l’abitazione in questione si trova in un comune ad alta densità abitativa –quasi 500 abitanti a km/q — ed è pertanto molto improbabile trovare una abitazione in locazione per lunghi periodi ). Secondo Lei questi “requisiti” basterebbero da soli a bloccare lo sfratto per finita locazione, nonostante sia stato fissato già il primo accesso?
La ringrazio in anticipo per la disponibilità.
Cordiali saluti
Egregio Signore
non entro nel merito del procedimento, cosa che mi è vietata per ragioni deontologiche, ma credo che si possa tentare la strada dell’istanza di sospensione del provvedimento di sfratto al fine di ottenere una proroga almeno di sei mesi.
Le invio i miei migliori auguri per tutto.
La saluto cordialmente
Gentilissimo Avvocato, ho contatto l’ufficiale giudiziario ed ha manifestato tutta la sua disponibilità a concedere altro tempo per cercare un’altra casa. L’unico intoppo al momento è rappresentato dal legale dei proprietari che vorrebbe concludere quanto prima
Egregio Signore
sono contenta che l’ufficiale giudiziario le abbia concesso un altro pò di tempo. Le auguro di sfruttarlo al meglio per trovare una nuova sistemazione locativa per sè e per la sua famiglia. Certamente il legale dei proprietari dell’immobile fa il suo lavoro e non potrà essere d’accordo con tale decisione dell’ufficiale giudiziario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Ho problemi con l’impresa edile che ha terminato dei lavori in cortile. Oltre a imputare delle voci di trasporto terra che non trovano riscontro nella realtà (e su questo si rifiutano di presentare i formulari) continuano a presentare un computo excel con errori di calcolo nell’ordine del 10% sul totale. Ho già evidenziato gli errori e contestato la voce del trasporto terra ma hanno risposto tramite avvocato confermando il loro totale. In che modo posso evitare di essere coinvolto in una disputa legale onerosa basata su loro evidenti errori e su un singolo aspetto che sarebbe dimostrabile dai formulari che tuttavianon vengono presentati? Grazie
Egregio Signore
credo che per dirimere la questione lei debba intimare alla ditta la presentazione dei formulari e pertanto procedere ai relativi calcoli. L’intimazione deve avvenire mediante atto scritto. Nell’ipotesi in cui la ditta non provveda alla presentazione dei formulari, le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che riformulerà la sua richiesta nelle forme dovute. Sovente tali casi si risolvono in tal modo senza procedure lunghe e troppo onerose.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la celere risposta. In realtà i formulari sono stati richiesti anche via Pec sia da me in quanto committente sia dal Direttore dei Lavori. In entrambi i casi l’impresa si è rifiutata in quanto sostengono che solo un giudice può ottenerne la visione. In merito agli errori di calcolo, distinti dalla differenza sulla terra movimentata, in che modo posso far valere le mie ragioni? Grazie
Egregio Signore
credo che lei debba far valere le sue ragioni, in relazione agli errori di calcolo, mediante l’assistenza di un legale di sua fiducia. In tal modo, come precedentemente affermato, tali controversie trovano rapida soluzione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile avvocato, le sue risposte sono molto preziose.
Colgo l’occasione per porle altre domande. Dove si può reperire l’istanza da compilare? (i moduli che ho trovato su internet sono relativi ad una legge valida fino al 2013).
I figli che hanno più di 18 anni sono da controllarsi a carico?
L’iter deve essere avviato da un legale o si può compilare e consegnare il documento in autonomia?
La ringrazio ancora.
Egregio Signore
il modello dell’istanza è abbastanza reperibile sia in internet e solitamente si trova anche presso la cancelleria del giudice competente. Consiglio comunque di avvalersi dell’assistenza di un legale di sua fiducia, per non incorrere in errori. I fgli maggiorenni ma non economicamente autosufficienti sono a carico dei genitori.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avv., torno a scriverLe per correttezza, dal momento che un legale di mia fiducia mi ha riferito che il modulo che si può trovare in internet o presso la cancelleria, è relativo ad una sospensione del provvedimento di sfratto prevista dal decreto Milleproroghe, che dal 2015 non è più rinnovato. È possibile richiedere la sospensione, invece (a suo parere) mediante un vero e proprio processo. Mi perdonerà, ma sono abbastanza confuso.
Cordiali saluti
Buonasera, mio padre ha dato un acconto di 250 euro per l’acquisto di un divano il 15 dicembre 2018 presso un punto vendita GDO. Dopo innumerevoli solleciti, oggi dicono che la holding ha chiesto concordato preventivo presso il tribunale di Milano e che se vuole può andare in negozio e ritirare beni per quella somma, ma non possono restituirgli i soldi. É possibile un sopruso del genere? Grazie per la risposta.
Egregio Signore
il concordato preventivo è un istituto giuridico che consente all’imprenditore o alla società (debitore/debitrice) di poter avviare la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi procedura come la cessione dei beni o l’accollo a un terzo. Il tutto deve avvenire attraverso un accordo con i creditori e il controllo del Tribunale competente. Non mi prolungo nella esposizione in quanto sarebbe troppo articolata, ma nell’ottica dello strumento giudiziario diretto alla risoluzione della crisi di un’impresa, potrebbe essere stata adottata tale linea.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avv., torno a scriverLe per correttezza, dal momento che un legale di mia fiducia mi ha riferito che il modulo che si può trovare in internet o presso la cancelleria, è relativo ad una sospensione del provvedimento di sfratto prevista dal decreto Milleproroghe, che dal 2015 non è più rinnovato. È possibile richiedere la sospensione, invece (a suo parere) mediante un vero e proprio processo. Mi perdonerà, ma sono abbastanza confuso.
Cordiali saluti
Confido in un Suo riscontro.
Le chiedo scusa per il disturbo e colgo l’occasione per augurarLe un buon 1° maggio.
Cordialmente
Egregio Signore
mi adeguo a quanto riferito dal suo avvocato di fiducia. Dopo una breve ricerca in rete ho avuto effettivamente l’impressione che il decreto Milleproroghe non sia stato più rinnovato. Ulteriori consigli utili nel merito della controversia può fornirli solo il professionista che la ha gestita e/o che la gestice.
Le invio i più cordiali saluti
Buongiorno, io ho un dubbio riguardo una compravendita internazionale. Ho la doppia cittadinanza italo-americana, mentre residenza e domicilio sono italiani.
Ora vorrei acquistare un piccolo lotto di terreno negli Stati Uniti per tentare di avviare una nuova vita ed eventualmente anche un’attività agricola. Sono soggetta a doppia tassazione per il contratto di acquisto del terreno? Inoltre, se poi volessi trasferire anche la residenza negli Usa, in quali modi rimarrei ancora fiscalmente vincolata all’Italia? Grazie infinite
Gentile Signora
la situazione che lei afferma rientra nella materia fiscale e richiede l’ausilio di un consulente commerciale, al quale le consiglio di rivolgersi per ottenere informazioni più corrette.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vorrei qualche informazione riguardo ad una denuncia per violazione della privacy. Sono fidanzata e da qualche mese ho una relazione con un uomo sposato. Un mese fa sua moglie ha assunto un investigatore privato, autorizzato dal giudice, per provare l’infedeltà coniugale di lui (già provata in precedenza con un’altra relazione extra-matrimoniale) e utilizzare le prove in tribunale. La moglie però ha utilizzato i dati raccolti dall’investigatore (il mio nome, quello del mio ragazzo, il mio indirizzo di casa) per presentarsi sotto casa mia, parlare con i miei genitori e per contattare il mio ragazzo sui social. A entrambi ha rivelato la relazione e più volte ha esordito dicendo di poter mostrare delle prove della mia relazione. Immediatamente il suo avvocato le ha consigliato di non farlo in quanto atto illegale (vivo con i miei genitori ma sono maggiorenne). Volevo sapere se potevo denunciarla per violazione della privacy dato l’uso improprio che ha fatto delle prove dell’investigatore le quali erano finalizzate esclusivamente a provare l’infedeltà coniugale.
Cordiali saluti
Gentile Signora
le investigazioni raccolte da un detective privato in una causa di separazione per provare la violazione del dovere di fedeltà possono essere utilizzate nell’ambito del processo e al fine dell’ addebito della separazione. Si tratta di prove atipiche, tra le quali rientra anche la relazione investigativa, qualificata come scritture provenienti da terzi, che devono essere liberamente apprezzate dal giudice e in rapporto ai quali, in assenza di valide contestazioni, il giudice può fondare il suo convincimento. Tale relazione non può essere utilizzata al di fuori del processo e/o impropriamente soprattutto quando contiene dati personali di terze persone, ovvero quei dati che rendono identificabile quella persona, come i dati anagrafici, configurando una palese violazione della privacy. Se ne deduce che scaturisce il diritto di querela (almeno in linea teorica) con conseguente risarcimento del danno cagionato.
Su tale ultimo punto le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che, dopo aver approfondito la situazione nel merito, può assisterla sia sotto il profilo tecnico che giuridico e nella redazione della querela.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
il mio quesito è questo:
Il figlio maggiorenne con residenza dalla madre, lavora in un altra citta, fa il pendolare.
Successivamente come previsto dalla legge nella città dove lavora acquista la sua unica e prima casa
senza spostare la residenza, ma come prevede la legge può usufruire di tutti i bonus prima casa.
Successivamente in quella sua unica casa dove lavora convive more uxorio con una donna che li la donna mette la sua residenza.
Quindi il figlio non convive ed è autonomo economicamente.
La domanda è:
il figlio maggiorenne che ha formato una nuova famiglia anagrafica fa parte del nucleo famigliare della madre’ dove ancora ha la residenza?
Grazie
Egregio Signore
in via generale il nucleo familiare è composto da tutti i componenti della famiglia anagrafica (in pratica i soggetti che fanno parte dello stato di famiglia anagrafico) e nel caso di figli maggiorenni questi devono essere fiscalmente a carico dei genitori o del genitore anche se non conviventi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.le Avvocato,
in merito ad una segnalazione effettuata all’Antitrust per pratica commerciale scorretta posta in essere da una società, è stato avviato un procedimento istruttorio che si è concluso con un provvedimento sanzionatorio a conferma della suddetta pratica. A seguito di ciò, il professionista mi ha notificato,in qualità di controinteressato,il ricorso al Tar del Lazio impugnando il provvedimento per ottenere l’annullamento con riserva di richiesta di risarcimento danni, qualora il predetto provvedimento risultasse illegittimo ai sensi dell’art. 30 c.p.a.. Sulla base di questo articolo, tale riserva riguarda solo l’AGCM o può essere estesa anche nei miei confronti? Le chiedo questo perché la società mi ha inviato una comunicazione via pec minacciando di estendere la suddetta riserva di richiesta di risarcimento anche nei miei riguardi, in quanto segnalante e partecipante al provvedimento. Io non ho alcuna intenzione di costituirmi come controinteressato ed in ogni caso ho già risposto alla società, comunicando che la loro intimazione è destituita di fondamento oltreché inammissibile.
Cosa mi consiglia di fare.
Grazie
Paolo Lazzari
Egregio Signore
al procedura di contestazione da lei attuata appare logica e corretta. Alla luce di quanto esposto non credo che via siano adeguati presupposti per estendere nei suoi confronti la richiesta di risarcimento danni qualora il Tar dichiarasse l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio adottato dall’AGCM. Comunque l’elaborazione di un preciso consiglio a carattere giuridico concernerebbe una attenta analisi nel merito e potrebbe essere effettuata a seguito del contenuto della pronuncia del Tar.
Cordialmente
Gentile Avvocato,
in data 1 marzo 2019 ho preso in affitto con regolare contratto 4+4 un appartamento a Milano.
Dal primo giorno di locazione si sono manifestati problemi col suddetto immobile.
In particolare non funzionavano diverse cose tra cui: piastre di cottura, frigorifero, prese di corrente che facevano scintille, lavatrice, doccia, caldaia (con annessi problemi di riscaldamento e acqua calda).
Sia il proprietario dell’appartamento che l’agente immobiliare erano già a conoscenza della situazione dell’immobile, pur avendomi detto in fase di firma del contratto che fosse tutto in buone condizioni. In particolare l’agente immobiliare, ha detto in seguito al manifestarsi dei primi problemi che se non avrebbe mai preso un appartamento in quelle condizioni se non fosse che il proprietario era suo amico. Ha lui stesso riconosciuto che l’immobile non era da affittare in quelle condizioni.
Il proprietario nel corso di due mesi in cui sono ho avuto parecchi disagi, ha cercato di risolvere i problemi e sostituire gli elettrodomestici non funzionanti (data ultimo intervento, venerdì 10 maggio 2019). Tuttavia già dalla sera stessa si è manifestato nuovamente un problema già avvenuto diverse volte in precedenza: la caldaia ha smesso di funzionare non consentendomi per l’ennesima volta di fare una doccia calda. In più ho trovato diverse larve in ciascuna delle 3 stanze dell’appartamento, di cui una persino nel letto e altre in vicinanza del battiscopa. Queste ultime motivazioni, unitamente a tutti i problemi e i disagi riscontrati negli ultimi mesi, mi hanno portata a lasciare l’appartamento.
Inoltre, una inquilina del palazzo mi ha detto che non posso utilizzare l’ascensore poichè il proprietario dell’immobile che occupo, non paga l’utilizzo di questo da 10 anni (dimostrabile da verbali a detta della signora). Nel mio contratto c’è scritto invece che nelle spese condominiali che sostengo, c’è l’utilizzo di tutti i servizi comuni). Avendo una vite nel ginocchio per me l’utilizzo dell’ascensore è fondamentale.
Alla luce di tutto questo voglio chiedere se:
1) ci sono le premesse per dare disdetta immediata del contratto senza preavviso e richiedere la caparra versata (2.100€)
2) posso esigere che mi venga restituita la metà dell’affitto del mese di maggio non fruito (e pagato in anticipo)
3) posso chiedere all’agenzia il rimborso delle spese a loro intestate (1.200€) dal momento che erano a conoscenza del cattivo stato dell’immobile e degli elettrodomestici in dotazione
Un cordiale saluto
Gentile Signora
può chiedere la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del locatore a norma degli artt. 1575 e 1576 C.c. (Obbligazioni principali gravanti sul del locatore in modo che il conduttore possa godere in modo pieno ed effettivo dell’immobile locato), previa verifica delle clausole contenute nel contratto in merito allo stato dell’immobile. La domanda volta ad ottenere l’accertamento e la dichiarazione della risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del locatore, può essere accompagnata dalla domanda di risarcimento dei danni per il mancato godimento dell’immobile oltre alla restituzione dei canoni di locazione versati e del deposito cauzionale. Per quanto concerne la responsabilità dell’agenzia, ovvero del mediatore immobiliare, questa è limitata ai vizi della cosa locata di sua effettiva conoscenza e che non ha comunicato alla parte, art. 1759 C.c.: “Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso”. La dichirazione di responsabilità comporta il risarcimento del danno e delle spese sostenute.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
divorziata, con un figlio minorenne(16 anni) e continui dispetti dal mio ex. Tutti gli anni quando arriviamo al periodo estivo per tenere il figlio 15 giorni per uno, il giudice non ha specificato il periodo. Le ferie io ce l’ho tutto il mese di agosto, quindi a logica sarebbe gradito tenere il figlio 15 giorni per uno in questo mese, ma lui lo prende quando io lavoro (di solito a luglio…da premettere che lui è libero sempre perché ufficialmente è disoccupato…). Così mi ritrovo che mio figlio non vuole venire in vacanza con me e il mio compagno e ovviamente non lo posso lasciare a casa da solo, e quindi non posso trascorrere neanche una settimana di vacanza, perché quando ho le ferie ho sempre mio figlio…Posso chiedere al giudice (tramite l’avvocato) di imporre il mese di agosto per tenere il figlio 15 giorni ciascuno? Grazie per la risposta.
Francesca
Gentile Signora
in questi casi è possibile tramite il suo legale ricorrere al Tribunale per chiedere una modifica delle condizioni della separazione volta a specificare l’esatto di periodo di permanenza del minore presso entrambi i genitori sia per il periodo invernale e sia, come nel caso indicato, per il periodo estivo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
non riusciamo a capire se il testo qui sotto garantisce il recupero di una somma di denaro o no.
scrittura privata autenticata da notaio
I signori P, e i suoi due figli 1 e 2, con il presente atto ricognitivo intendono accertare i diritti ereditari su una somma di denaro insorti dopo la morte di M (madre di 1 e 2, e sposata in regime di comunione dei beni con P. I suddetti P, 1, e 2, coeredi legittimari di M, riconoscono all’unanimita’, ovvero ciascuno di loro tre dichiara e conferma agli altri due, che <>. Letto, approvato, e sottoscritto.
P potrebbe non restituire i soldi? Grazie per l’aiuto
Gentile Signora
è evidente che il sig. P è giuridicamente obbligato a metttere a disposizione dell’asse ereditario la somma indicata (la quale deve essere suddivisa pro quota tra tutti gli eredi). Poichè nessuno può materialmente costringere P ad adempiere a tale obbligo ovvero P non metta a disposizione la somma a i fini della divisione pro quota tra gli eredi, quest’ultimi possono agire giudizialmente per ottenere il recupero delle quota ereditaria dovuta per legge.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
non riusciamo a capire se il testo qui sotto garantisce il recupero di una somma di denaro o no.
scrittura privata autenticata da notaio
I signori P, e i suoi due figli 1 e 2, con il presente atto ricognitivo intendono accertare i diritti ereditari su una somma di denaro insorti dopo la morte di M (madre di 1 e 2, e sposata in regime di comunione dei beni con P. I suddetti P, 1, e 2, coeredi legittimari di M, riconoscono all’unanimita’, ovvero ciascuno di loro tre dichiara e conferma agli altri due, che “M era cointestataria con P presso banca bb, di un conto corrente bancario e di una polizza custodia titoli per investimenti finanziari collegata al conto corrente. Con l’evolversi delle banche online, P ha trasferito il denaro coniugale dal suddetto conto verso suoi conti personali accesi presso banche con servizi di investimento migliori. Sulla base e nei limiti dei documenti bb disponibili relativi agli ultimi 10 anni, tale trasferimento e’ avvenuto tramite i seguenti bonifici [elenco bonifici con importi e date]. Pertanto l’importo totale trasferito dal conto di M+P a conti di P e’ 60mila euro. Quest’ultimo importo totale di denaro coniugale e’ sempre stato in comunione dei beni di M+P e nella pari disponibilita’ di entrambi i coniugi, deriva da rapporti bancari coniugali cointestati e dalla comproprieta’ di investimenti coniugali effettuati durante il matrimonio, e la meta’ appartenente a M, pari a 30mila euro, anch’essa trasferita verso conti personali di P, e’ in successione ereditaria e va restituita dai conti di P all’asse ereditario come parte di eredita’ in denaro, deve essere dichiarata in successione, e alla dichiarazione di successione va allegata copia della presente scrittura privata autenticata”. Letto, approvato, e sottoscritto.
P potrebbe non restituire i soldi? Grazie per l’aiuto
Gentile Avvocato,
torno a riscriverLe per aggiornarla sul problema dello sfratto per finita locazione. Pochi giorni fa c’è stato il primo accesso dell’ufficiale giudiziario, il quale ha concesso ancora più di un mese di tempo, dal momento che ha ben capito la difficoltà nella ricerca di un altro immobile in una città particolare. Mi auguro ovviamente di trovare quanto prima una sistemazione per porre fine a questo incubo, ma la mia paura è quella di non riuscire a individuare un immobile da abitare per lunghi periodi (al momento solo per i mesi estivi e a cifre assurde). Al prossimo accesso si presenterà l’u.g. con la forza pubblica per l’esecuzione forzata? Oppure avremo modo di essere avvisati preventivamente?
Grazie infinite,
cordiali saluti
Egregio Signore
solitamente dopo il primo accesso, che ha avuto esito negativo dal momento che non potuto lasciare l’immobile in quanto non ha trovato un nuovo alloggio, l’ufficiale giudiziario fissa un nuovo accesso e in tale occasione può avvalersi dell’ausilio della forza pubblica. Tale secondo accesso viene quindi fissato con l’indicazione di una data.
Cordialmente
Buongiorno
Mia mamma ha ricevuto in questi giorni una raccomandata dall’INPS con cui le viene richiesto il rimborso di € 26.000 per prestazioni di indennità di accompagnamento (concessa a seguito di una operazione per asportazione di tumore al seno) erroneamente erogate dal 2014 al 2019. L’INPS sostiene di aver trasmesso apposita comunicazione al termine del periodo dovuto per indennità di accompgnamento (circa 1 anno) segnalando che da quel momento a mia mamma non spettava più tale indennità. Tuttavia ha continuato ad erogare l’assegno per altri 4 anni circa. La mia domanda è, ammesso e non concesso che la suddetta raccomandata sia stata inviata (al momento stiamo verificando tutta la documentazione in nostro possesso per vedere di rintracciarla), l’INPS può richiedere la restituzione delle somme che ha comunque continuato ad erogare erroneamente sino ad oggi ?
Cordiali saluti
L’INPS ovviamente può formulare la richiesta di restituzione delle somme erogate in assenza dei requisiti richiesti dalla legge.
Vi sono alcuni punti che dovrete indagare.
1) Il primo riguarda il motivo in base al quale l’indennità non sarebbe stata più dovuta. Bisogna distinguere a seconda si tratti di assenza di requisiti di legge, ovvero di assenza di requisiti di natura sanitaria richiesti dalla legge. Capisco che può sembrare una questione di lana caprina, ma è importante.
Se si tratta di assenza di requisiti di legge (ad esempio ipotizziamo un indennità dovuta per 1 solo anno a prescindere da successivi controlli medici), in tal caso trova applicazione in via analogica la disciplina sulle pensioni di invalidità in forza della quale se l’ente continua ad erogare la pensione, le somme non dovute non sono più ripetibili. Il che significa che non potranno essere legittimamente richieste al percettore.
2) Se sono venuti meno i presupposti di carattere sanitario, in tal caso il discorso è più complesso. Si tratta di interpretazioni giurisprudenziali. Secondo alcuni giudici di merito, in questi casi il percettore che in buona fede ha continuato ha percepire l’indennità, pur non dovuta, non è tenuto alla restituzione. Si applica il principio dell’affidamento incolpevole. Secondo altri giudici questo principio non trova applicazione, per cui è dovuta la restituzione.
Se il vostro caso ricade nella ipotesi sub 2, ovviamente sarà, per evidenti ragioni, importante capire se e quando l’ente ha inviato la comunicazione. Se la detta comunicazione esiste, in tal caso non resterà che opporsi, con un legale, in via giudiziale alla richiesta dell’INPS facendo leva sul principio dell’affidamento incolpevole, ed augurandosi che l’indirizzo giurisprudenziale seguito dal tribunale competente sia quello sopra indicato.
Cordiali saluti
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile avvocato,
nel corso del giudizio di primo grado, il giudice, a seguito di un documento sopravvenuto di elevato valore probatorio a mio favore, ha disposto la remissione in termini acquisendo tale documento, nonostante l’opposizione di controparte.
La causa, ha subìto una rapida accelerazione poiché il giudice, dopo la precisazione delle conclusioni, ha ordinato la discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c.
Quali sono i criteri,in genere, sulla base dei quali, il giudice ordina la discussione orale della causa rispetto alle ordinarie modalità di trattazione? Grazie.
Cordiali saluti
Paolo Lazzari
Egregio Signore
l’art. 281 sexies cpc Decisione a seguito di trattazione orale, afferma: Se non dispone a norma dell’articolo 281 quinquies, il giudice, fatte precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un’udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria”. Tale norma ha l’effetto di produrre una rapida accelerazione della causa che conduce in breve tempo alla decisione da parte del giudicante e ciò sovente avviene quando la questione oggetto della causa è di facile soluzione ad esempio si tratta di una questione di mero diritto, o come nell’ipotesi da lei narrata la decisione può fondarsi esclusivamente su materiale probatorio documentale acquisito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno,ho saputo che hanno effettuato delle indagini preliminari riguardanti molte persone,e ho saputo che era presente anche il mio nome.Ora le indagini si sono chiuse e gli avvisi della conclusione sono arrivati il 30 aprile 2019 solamente ad alcune persone oggetto di indagine nel fascicolo e non a tutte,e anche io non ho ricevuto nulla.Come mai? Cosa vuol dire? Possono inviarli a scaglione?Grazie
Gentile Signora
le indagini preliminari sono attività dirette dal Pubblico Ministero volte all’esercizio o meno dell’azione penale, che si evolve nel processo penale. Soltanto con la notifica dell’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p. lo stesso viene messo a conoscenza dello suo status di indagato e dei correlativi diritti, in primis il diritto di difesa. L’avviso della conclusione delle indagini preliminari deve essere notificato a pena di nullità nell’ipotesi in cui il pubblico ministero intenda esercitare l’azione penale ovvero, più specificatamente prima della richiesta di rinvio a giudizio o prima della citazione diretta a giudizio (nel procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica che non prevede l’udienza preliminare).
In alcuni casi il Pubblico Ministero, incaricato delle indagini, può richiede l’emissione del decreto penale di condanna di cui agli artt. 459 e seguenti del Codice di Procedura penale, nel caso in cui può essere applicata una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva. La richiesta motivata deve essere presentata dal Pubblico Ministero al Giudice per le Indagini Preliminari nel termine di sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato. In tali casi la persona indagata prenderà contezza della suo status al momento della notifica del decreto penale di condanna.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie in primis per la sua cortese attenzione.
Le spiego il mio dubbio…ho saputo solo da persone coinvolte in queste indagini, che hanno già ricevuto l’avviso, che era presente il mio nome nel fascicolo. Io vorrei sapere se il fatto che a me non abbiano inviato la notifica è un buon segno oppure, relativamente alla medesima indagine, essa può essere inviata in momenti diversi e quindi devo restare in attesa. Il dubbio nasce dal fatto che in relazione a tale indagine hanno già ricevuto l’avviso circa 200 persone. a fine aprile.
Scusi la mia ignoranza, ma sono un pò preoccupata, perchè non capisco come mi sia ritrovata in questa situazione.
Grazie
Gentile Signora
il suo nome era presente nel fascicolo come indagata? Sicuramente essendo coinvolte diverse persone indagate ci possono essere delle notifiche successive anche dovute ad un eventuale stralcio. Sicuramente se fin ora non le è stato notificato nulla è certamente un buon segno.
Buonasera gentilissimo Avvocato
in effetti delle persone coinvolte come indagato nell’indagine e che come ho anticipato in precedenza, hanno già ricevuto la notifica di conclusioni delle indagini preliminari, mi hanno riferito di aver letto anche il mio nome nel fascicolo come indagata. Ecco il perchè dei miei dubbi e delle mie preoccupazioni, visto che ufficiamente a me non è stato recapitato tale avviso. Per lo stesso fascicolo entro quanto tempo posso aspettarmi anche io tale notifica?
Grazie ancora ma sto chiedendo questa consulenza per sapere cosa devo fare, e se è necessario che mi rivolga già a un legale che sia pronto nel caso fosse necessario.
Gentile Signora
in tal caso l’avviso della conclusione delle indagini preliminari dovrebbe (il condizionale è d’obbligo non potendo esaminare il carteggio) essere notificato anche a lei, ed è solo una questione di tempi forse dal momento che, a quanto mi pare di capire, siete circa 200 persone destinatarie dell’avviso. Le consiglio di attivarsi attraverso la nomina di un difensore di fiducia (o in mancanza può avvalersi del difensore d’ufficio, nominato dal Tribunale), dal momento che a seguito della notifica decorrono i termini (venti giorni) per la presentazione di memorie scritte ovvero chiedere al Pubblico Ministero di disporre interrogatorio nei suoi confronti o di essere sentita a spontanee dichiarazioni, e comunque predisporre tutti gli atti necessari alla sua difesa.
Cordialmente
Cordialissimo Avvocato,
da quanto ho capito, riceverò comunque la notifica della conclusione delle indagini preliminari. Ma dalla data di chiusura c’è un tempo massimo in cui potrei riceverla? Oppure potrebbero trascorrere giorni, mesi o anni?
La ringrazio per la sua consulenza
Gentile Signora
spesso dipende dall’ufficiale giudiziario che effettua le notifiche, ma dal momento che siete circa 200 indagati (oltre i rispettivi avvocati di fiducia o d’ufficio), potrebbero esserci rallentamenti in relazione anche ai dati indicati nell’avviso, ad esempio la residenza o il domicilio. Il termine finale per la notifica alla persona sottoposta ad indagine e al difensore dell’avviso di conclusione delle indagini (ai sensi dell’art. 415 bis cpp e dell’art. 405 comma 2 cpp) è “entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato”.
Cordialmente
Per ulteriori approfondimenti restiamo a sua disposizione.
Gent.mo Avvocato,
ho realizzato un sito educativo a scopo di lucro (entrate provenienti da banner pubblicitari) e vorrei aggiungere gli svolgimenti (calcoli corredati da spiegazioni a parole), da me realizzati, di alcuni esercizi presenti su un libro di scuola.
Tali svolgimenti non includerebbero i testi degli esercizi, al loro posto sarebbero invece presenti i riferimenti al titolo ed all’autore del libro. In tal modo nessuna parte del libro verrebbe copiata sul sito.
L’art. 12 L. 633/41 concede all’autore il diritto esclusivo di utilizzo economico delle sue opere in ogni forma e modo, originale o derivato.
È per voi possibile aiutarmi capire come vada interpretata in questo caso la Legge citata, e se lo svolgimento, sprovvisto del testo dell’esercizio, sia considerato un’opera derivata?
La ringrazio
Saluti
Gianni
Egregio Signore
premetto che la questione che lei sottopone è abbastanza borderline e comporterebbe una analisi approfondita, anche nel merito. Secondo il mio parere (personale)lo svolgimento di esercizi legati ad un testo scolastico potrebbe essere classificata (il condizionale è d’obbligo) come opera derivata, in quanto elaborazione di un’opera preesistente (il tipico esempio è quello della traduzione di un testo). Ciò compoterebbe il previo consenso dell’autore dell’opera originaria.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buonasera.
Mi sono sposata in Egitto con cittadino egiziano.
Seguendo l’iter indicato dall’ambasciata io e mio marito abbiamo scelto la separazione dei beni al momento del matrimonio di fronte alle autorità locali. Il contratto di matrimonio è stato tradotto e legalizzato dall’Ambasciata e successivamente trascritto in Italia, paese in cui viviamo. Vorrei sapere se la scelta del regime patrimoniale è per legge valida anche in Italia.
La trascrizione in Italia riporta la separazione ed è stato anche annotato a margine ed è quindi anche presente sull’estratto. Ma il mio Comune mi ha comunque specificato di non essere certo della validità in Italia.
l’art 30 della legge del 31 maggio 1995 n218 dichiara che “i coniugi posso convenire per iscritto…..”
noi abbiamo messo per iscritto la scelta del regime, ma senza specificare “secondo la legge italiana “. Può essere questo oggetto di contestazione?
il regime patrimoniale di separazione dei beni è valido in Italia o no?
Gentile Signora
Le convenzioni matrimoniali come la scelta del regime di separazione dei beni nel matrimonio contratto all’estero tra cittadino italiano e/o cittadino straniero vengono annotate nell’atto di matrimonio trascritto in Italia e sono pienamente valide. L’art. 30 della legge 281 del 1995 disciplina le situazioni di conflitto dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, ovvero più precisamente indica la legge applicabile nei casi di conflitto dei coniugi sui rapporti di natura patrimoniale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buona sera;
la mia situazione e la seguente …più o meno 4 anni fa la figlia della mia compagna dichiaro che aveva avuti rapporti sessuali con me …dopo di che ho ricevuto un foglio non ricordo quale e poi e passato tutto questo tempo circa 4 anni ….la ragazza ora ha 20 anni e ammette che ha detto tutto questo solo perché la hanno costretta…. ma il fatto e che io non so niente di questo processo ne come eh andatone niente solo so che arrivo un foglio a una persona…..lo so che eh tutto confuso ma pure per me che sono straniero e non capisco niente la mia domanda e come so chi e il mio avvocato, come so se eh finito e mi hanno condannato a fare galera, che posso fare per informarmi se ne gli ultimi tre anni non ho saputo più niente di questa cosa sono veramente disperato. grazie
Egregio Signore
la situazione che lei narra è abbastanza confusa, ed andrebbe analizzata attentamente e nel merito, cosa che non è possibile fare a livello telematico. Innanzitutto le consiglio di richiedere un casellario giudiziale e il certificato dei carichi pendenti presso la Procura della Repubblica del Tribunale del luogo del fatto o di sua residenza; nel casellario giudiziale sono indicati tutti i procedimenti penali della persona che ne fa richiesta incluse le condanne passate in giudicato, mentre il certificato dei carichi pendenti contiene l’elencazione di tutti procedimenti penali pendenti, ovvero ancora in corso, della persona che ne fa richiesta. In subordine le consiglio di attivarsi mediante la nomina di un difensore di fiducia, il quale potrà assisterla nell’iter giudiziario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
(perdonate la forma artigianale,non sono un addetto ai lavori).
Vi sembrerà incredibile ciò che vi esporrò,ma è la verità.
Mia moglie era andata in causa per anatocismo (circa cinque-sei anni fa) contro un istituto bancario,
in quanto vantavano un credito residuo nei suoi confronti,a seguito di una vendita all’asta
di un immobile di sua proprietà, che non aveva soddisfatto il credito.
Il procedimento si è concluso con una sentenza con data inizi 2015 che l’avvocato di mia moglie non è riuscito a spiegare,intendo dire(io ero presente) che siamo venuti fuori dal suo studio senza sapere cosa aveva espresso il giudice.
non ci crederete ,ma è la realtà dei fatti.
Mia moglie ha revocato il mandato all’avvocato,vorrei vedere….e non ha più proseguito la causa.
In conclusione,sono passati oltre quattro anni e dall’istituto bancario nessuna comunicazione,atto
o qualsivoglia pretesa (altra stranezza).
Vi domando: in questi casi cosa bisognerebbe fare?
Mia moglie ovviamente è preoccupata,ma non sa come muoversi,per la paura di andare a svegliare il can che dorme.
Cortesemente chiedo un consiglio ad un esperto in materia.
Grazie anticipate per le risposte.
Cordialmente.
L’unico suggerimento che posso darle e di recuparare la sentenza. I vostri dubbi derivano proprio dalla mancata comprensione di quanto deciso dal Giudice. Quindi il primo step è quello di recuperare la sentenza. Il secondo step è rivolgersi ad un altro legale per avere una spiegazione dettagliata ma chiara delle possibili conseguenze di quella sentenza.
Solo dopo sarete in grado di stabilire se vale la pena svegliare il can che dorme.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avv. Carnevale,
grazie innanzitutto per l’interessamento.
Lei suggerisce di chiedere il parere di un altro legale,
già fatto,lo stesso legale ha suggerito di lasciare le cose come stanno,
dopo aver letto la sentenza.
In virtù del fatto che l’istituto bancario ,come Le dicevo nella prima missiva,
è da 4 anni e mezzo ca. che non si manifesta in merito alla vicenda.
Da non sottovalutare,a mio modesto parere,l’oggetto del contendere e cioè:
l’anatocismo,inoltre a mia moglie non risultano segnalazioni negative nei vari sistemi
d’informazione creditizia,relativamente alla questione
Rimane l’ansia da parte di mia moglie ed io come marito vorrei che si sciogliessero
tutti i dubbi,pur di tranquillizzarla.
Grazie in anticipo per eventuali risposte.
Cordialità
Egregio Signore
allora credo sia meglio non agire. Cercate di tranquillizzarvi, a volte va bene così.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.Le Avv. Mariafrancesca Carnevale,
siamo ritornati al punto di partenza.
E’ meglio non svegliare il can che dorme!
Grazie e cordialità.
Per qualsiasi ulteriore dubbio rimango a sua disposizione.
Distinti Saluti
Buona sera,
sono il presidente del consiglio di amministrazione di una srl, filiale italiana di una società estera che è proprietaria al 100% delle filiale italiana.
Non ho mai firmato un contratto di lavoro, l’accordo è fissato con un gentlemen agreement e la retribuzione è di 3000 euro lordi mensili.
Sono in carica da 2 anni e 9 mesi, improvvisamente la Casa Madre mi ha informato che mi sottoporrà un contratto di lavoro che comprende anche un patto di non concorrenza che prevede il divieto di lavorare per 12 mesi con società concorrenti a partire dalla data di cessazione del rapporto di lavoro di una delle 2 parti.
Un indennizzo di 36000 euro a fronte di tale patto di concorrenza può essere considerato congruo (o dovrei chiedere di più/di meno)?
Non mi hanno ancora fatto una proposta in tal senso, è una cifra che ho immaginato io.
Grazie in anticipo.
Buona serata
La congruità dell’indennizzo è questione di opportunità e rientra nell’accordo tra le parti. Credo che lei abbia calcolato l’indenizzo tenendo conto della retribuzione mensile che percepisce. Se le opportunità lavorative che in quei dodici mesi non sono, secondo la sua stima, superiori, allora direi che l’indennizzo sarebbe equo. Altrimenti, in presenza di prospettive lavorative meglio retribuite, l’indennizzo potrebbe rilevarsi iniquo, in quanto inferiore a quanto potrebbe lavorando percepire e in quanto potrebbe determinare la perdita di quelle opportunità lavorative.
Le considerazioni da fare sono molto personali e legate al suo settore lavorativo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, desidererei un parere in relazione ai fatti di seguito esposti.
Durante l’ultima assemblea condominiale si decise di levigare il pavimento dell’atrio di ingresso dell’edificio. L’amministratore, col consenso dei condomini, si fece carico di ottenere un preventivo da una ditta specializzata e nel Verbale di assemblea venne riportato testualmente:
“”i Condomini decidono di levigare il pavimento dell’ingresso ed i gradini. Si raccoglierà preventivo di spesa da approvare mediante raccolta firme.””
Successivamente, anch’io richiesi un preventivo ad una ditta specializzata, che sottoposi all’attenzione dell’unico consigliere ed altri condomini, in attesa del preventivo a cura dell’amministratore per eseguire un confronto.
In seguito il consigliere mi informò che il titolare della ditta interpellata dall’amministratore aveva svolto un sopralluogo eseguendo una stima dei costi, senza però fornire alcun preventivo scritto. Feci notare che la valutazione da me ottenuta era di IMPORTO INFERIORE, seppur di alcune decine di euro, e comunque era opportuno ottenere un preventivo scritto per sottoporlo all’attenzione degli altri condomini, come deliberato in assemblea, e per tutelarci da eventuali inadempienze da parte della ditta.
Nonostante le mie osservazioni e senza che nel frattempo alcun preventivo scritto fosse stato fornito e sottoposto all’attenzione di chicchessia, alcuni giorni fa la ditta interpellata dall’amministratore ha intrapreso i lavori di levigatura senza preavviso alcuno.
In considerazione del fatto che:
1) la ditta sia stata arbitrariamente selezionata da consigliere e amministratore senza rispettare quanto deliberato in assemblea;
2) sia stata preferita la ditta che aveva eseguito la valutazione di spesa più elevata, senza alcuna plausibile giustificazione e senza il parere concorde di alcun condomino;
3) nessun preventivo sia stato fornito dalla ditta incaricata e men che meno visionato e firmato da noi condomini,
desidererei sapere se posso rifiutare di pagare la quota parte dell’importo dei lavori di mia competenza e/o intraprendere altre azioni a mia tutela.
Cordialmente
Vi è stata senz’altro una violazione della delibera assembleare. L’amministratore avrebbe dovuto agire secondo quanto deciso dall’assemblea dei condomini.
Non pagare la sua quota? Non credo, in quanto, in tal modo, chi viene danneggiato è l’intero condominio. Bensì, ha la possibilità di agire giudizialmente per inadempimento dell’amministratore. Valuti però se ne vale effettivamente la pena. In fondo, il lavoro è stato eseguito e il costo, come lei ha scritto, era di poco superiore al suo preventivo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera.
Dovrei oppormi ad un decreto di archiviazione da parte del G.I.P. di denuncia per diffamazione a mezzo stampa. Vi è già stata opposizione alla richiesta di archiviazione da parte del P.M..
Grazie.
Egregio Signore
a quanto mi pare di capire lei, in qualità di persona offesa ha presentato opposizione alla richiesta di archiviazione, avanzata dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 410 C.p.P. e il Giudice, nell’apposita udienza, ha pronunciato l’archiviazione del procedimento penale. In tali casi il Giudice pronuncia una ordinanza di archiviazione. La suddetta ordinanza ai sensi dell’art. 409 comma 6 C.p.P. può essere impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127 comma 5 C.p.P.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno volevo un parere in merito alla mia situazione lavorativa. Ogni anno si fa la visita di idoneità al lavoro, siccome ho delle patologie sia l anno scorso che quest’ anno sono idoneo con prescrizioni.L anno scorso ho avuto questo giudizio dal mc evitare servizio in piedi . Possibilità di alternare servizio di autovettura a postazione fissa con seduta, ma l azienda si è attaccata al cavillo possibilità e non mi ha fatto alternare, ho solo evitato servizi in piedi, dicendomi che la seconda parte della prescrizione e a discrezione dell” azienda . Quest’anno il mc ha cambiato scrivendo sempre idoneo con prescrizioni , evitare posture erette fisse durante l’attività lavorativa. Alternare postura eretta e postura seduta , come deve comportarsi l azienda? Faccio la gpg. La dottoressa mi ha detto che devono farmi fare es. Qualche giorno di pattuglie (auto) alternando a postazioni con seduta così ho la possibilità di alzarmi quando ho necessità’, visto che il servizio di pattuglia sono otto ore fisse seduto in auto e non posso .Niente servizi in piedi , a me basterebbe alternare pattuglia a postazione con seduta si può?mi date un consiglio grazie. Antonio
Egregio Signore
è previsto dalla legge la possibilità di alternare mansioni differenti ovvero di impiegare il lavoratore nelle diverse posizioni che egli abbia indicato come idonee.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, recentemente mi hanno diagnosticato sindrome Depressiva da riferito moobing, con gravi problemi fisici muscolo-scheletrici certifificati (attualmente in terapia del dolore) ed evidentemente asociati alla depressione, volevo sapere se è vero che è illimitata e che si può essere esente dalla visita fiscale, rischio il licenziamento?
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza l’esonero dalla visita fiscale dipende dalla tipologia della patologia di cui è affetto e se la stessa comporti una invalidità pari o superiore al 67%. Le consiglio di chiedere al suo medico curante che è più idoneo a valutare l’eventuale esonero.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera!
siamo separati con il mio ex convivente. il nostro figlio di 5 anni e’ venuto con me in svezia pero’ ora abbiamo deciso che va a vivere con il padre a napoli.noi non abbiamo fatto nessun accordo legale, dovremmo farlo? siamo accortati tra di noi che incontrero il nostro figlio circa 4 volte all’anno portantolo con me in svezia o in portogallo (dove stanno spesso i miei genitori) ma quando gli ho detto che lo dovrei poter portare anche a vienna dove vado a vivere con il mio nuovo compagno, lui ha detto di no. vorrei capire se lui puo negarmi il consenso di portarlo a casa mia anche se sarebbe anche la casa del mio compagno? Ed in piu’ dovrei avere un consenso legale dal padre per poter viaggare con il figlio? come mi dovrei muovere?
poi un altra cosa, dovrei pagare gli alimenti anche se non ho un lavoro?
grazie mille!
Gentile Signora
come lei ha constatato e come risulta dal suo quesito, gli accordi verbali, in queste situazioni, possono generare grossi problemi. In ogni momento, ciascuno dei due può rimangiarsi la parola data.
Dunque, non vi è dubbio che per portare con sè suo figlio necessita del consenso del suo compagno. E’ molto importante che del consenso vi sia traccia scritta per evitare, all’insorgere delle prime discussioni, di vedersi denunciati per sottrazione di minore.
Il fatto che lei possa vivere in alcuni periodi anche con il suo nuovo compagno non è di ostacolo al rapporto del minore e il padre non può addurre alcuna valida ragione in contrario.
Ovviamente, è fondamentale che l’accordo verbale, tra l’altro con alcuni punti critici (come il disaccordo immotivato del padre del minore a che lui sia portato nella casa in cui lei vive con il suo nuovo compagno) richiede una formalizzazione scritta. Le suggerisco di parlare con il padre di suo figlio per valutare se fare un ricorso congiunto al tribunale per regolamentare l’affidamento e i rapporti con il minore: nella sua situazione è molto importante considerata la distanza geografica ed il fatto che il minore dovrà quando starà con lei vivere all’estero.
Il mantenimento per il minore sarebbe dovuto, semmai il problema è la quantificazione visto che lei non lavora.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la sua risposta tempestiva!
Vorrei ancora chiedere se troviamo un accordo basterebbe firmare un foglio davanti ad un avvocato o bisogna andare a camera di mediazione o altrove davanti ad un giudice? Noi non siamo stati sposati.
grazie
Gentile Signora
questo dipende dalle esigenze sue e del sue ex compagno. Si rivolga ad un avvocato di sua fiducia e segua i suoi suggerimenti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato,
sono madre single e nel CUD 2018 del mio lavoro da dipendente ho usufruito delle detrazioni per figlio a carico poiché mia figlia è studentessa universitaria.
In fase di compilazione del 730 è però emerso che i redditi 2018 di mia figlia superano per pochissimo la quota limite di 2.800 Euro per poter usufruire delle detrazioni e pertanto mi è stato detto che le devo restituire.
Il problema è il seguente: i redditi di mia figlia constano in un lavoretto estivo e una borsa di studio per un progetto Erasmus OverWorld.
Tale borsa di studio, quando è stata assegnata a marzo 2018, è stata conteggiata ERRATA da parte della università, hanno emesso un bonifico per una quota superiore.
Quando nel mese di ottobre io e mia figlia abbiamo fatto presente il problema, dalla università ci hanno comunicato che avrebbero inviato i dettagli per emettere un bonifico di rimborso.
Nonostante nostre reiterate richieste sia telefoniche che via mail (tutto documentato), l’università invia prima una lettera con l’iban errato, poi ci dice di aspettare la lettera inviata per posta. Non per causa nostra, quindi, ma per errori ripetuti della università, il rimborso lo abbiamo effettuato solo a gennaio 2019.
L’università quindi ha emesso il CUD relativo alla borsa di studio con l’importo errato (più alto) e a causa di questo devo restituire le detrazioni per il figlio a carico (non sarebbe successo se il calcolo della borsa di studio fosse stato quello corretto).
Sia l’agenzia delle entrate che il commercialista dicono che non c’è niente da fare, dobbiamo restituire le detrazioni assegnate: ma essendo il problema causato e reiterato dalla università e non per causa nostra, non mi sembra affatto giusto. L’università ammette l’errore, ma non si prende nessuna responsabilità.
C’è un modo per risolvere in qualche modo la questione? Possiamo in qualche modo rivalerci sulla università?
Vi ringrazio per l’attenzione e spero tanto sia possibile trovare una soluzione.
Gentile Signora
capisco che l’errore commesso dall’Università le abbia causato un danno ed un conseguente disagio anche a carattere economico. Sotto il profilo fiscale mi associo al parere del commercialista, mentre sotto il profilo legale sussisterebbe (il condizionale è d’obbligo) la responsabilità dell’ Univerisità. In tali casi occorre capire se conviene adire le vie legali o meno. Più precisamente qualora si volesse agire contro l’Università occorre che lei valuti attentamente (anche attraverso l’assitenza di un avvocato di sua fiducia) la responsabilità della stessa (un errore di calcolo) e la quantificazione del danno prodotto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Il motivo del contendere è questo:
può un’ associazione aps assumere dipendenti attingendo ai propri soci?
La materia era regolata dall’ art. 18 della L. 383/2000 abrogata dal nuovo Codice del 3° Settore (CTS) con il D.Lgs 11/1017 integrato da D.Lgs.105/2018; leggendo, appunto, l’ articolo 18, ormai abrogato, si poteva ipotizzare la possibilità, per le APS, di assumere dipendenti anche attingendo dai propri soci. Ma la nuova normativa ha riscritto l’art. che disciplina la materia con l’art. 36 del CTS la cui lettura sembra limitare la possibilità di attingere dai propri soci esclusivamente per incarichi lavorativi riconducibili a prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura. Inoltre l’articolo 36 fa riferimento al comma 5 dell’art 17 dello stesso Decreto, articolo che sembra addirittura più rigoroso nell’escludere la possibilità di attingere dai propri soci per assumere dipendenti. Nell’art. 36 rimane ambigua l’affermazione “Le associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti” in quanto molto generica ed annullata dal dettato dell’art.17 che lo precede.
Quindi l’interrogativo: ” Possono le APS assumere lavoratori dipendenti attingendo anche dai propri soci?” rimane da sciogliere. Grazie.
Egregio Signore
la questione che lei sottopone manifesta ictu oculi una palese incompatibilità tra l’art. 36 CTS e l’art. 17, comma 5 del CTS. Orbene, le Associazioni di promozione sociale (Aps), riconosciute o non riconosciute, hanno ricevuto una nuova disciplina a seguito del Decreto legislativo 3.7.2017 n. 117, aggiornato con le modifiche apportate dal D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105. Ai sensi dell’art. 36 CTS, le Aps possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, fatto comunque salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 5, solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità. Per converso l’art. 17, comma 5 afferma che la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria. Secondo il mio personale parere dall’analisi delle due norme sopra citate si evince che l’obiettivo principale è quello di tutelare il lavoro autonomo e il lavoro dipendente, ponendo la necessaria distinzione con l’attività di volontariato, che per sua natura è gratuita e libera. Ne consegue che le Aps possono assumere lavoratori dipendenti avvalendosi anche dai propri soci (solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità). In tali casi il socio non può assumere la qualifica di volontario, ma solo quella di lavoratore dipendente o autonomo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la sollecita risposta. Tuttavia mi viene da obiettare: L’art. 36 inizia con l’ affermazione ” La associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti”, ma ciò non può che riferirsi a persone senza la qualifica di volontario e quindi di socio perchè in genere essi coincidono.
Successivamente viene introdotto il concetto di alternativa “o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati”, Perchè in questa seconda perifrasi il legislatore sente forte l’esigenza di specificare “anche dei propri associati”? Forse perchè la considera una deroga al principio generale della impossibilità di assumere attingendo ai volontari/soci? Ciò sembrerebbe avvalorato dal fatto che la frase “avvalersi anche dei propri associati” sembra riferita, sintatticamente, non alla prima affermazione ma alla seconda, quella dell’artenativa ” “o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati” tant’è che recita “dei propri associati” e non fra i propri associati.
Comunque, in sintesi, per essere assunto come lavoratore dipendente è sufficiente che un socio/volontario dia le dimissioni da socio/volontario per assumere quelle di regolare dipendente. Anche perchè questa situazione non sarebbe contrastabile in nessun modo.
Egregio Signore
analizzando l’art. 36 CTS si può affermare che “le associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati”, pertanto possono attingere ai propri soci (a condizione che) “ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità”. Ciò si ricollega al secondo comma dell’art. 36 nel quale si afferma che “In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari o al cinque per cento del numero degli associati, e “fatto comunque salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 5” (La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria). Dal combinato disposto delle due norme (art. 36 e art. 17, comma 5) si evince un palese refuso dal momento che al posto di “fatto comunque salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 5” si dovrebbe intendere “in deroga a quanto disposto dall’articolo 17, comma 5”. Secondo il mio parere personale le Aps possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura anche dei propri associati per determinate attività sociali o per raggiungere determinate finalità sociali; in questi casi ovvero nell’ambito di queste attività il socio dovrà assumere la qualifica di lavoratore dipendente o autonomo (con le conseguenti garanzie retributive e previdenziali) e non potrà assumere la qualifica di volontario in quanto “la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente”. Sempre secondo il mio personale parere la norma non parla delle dimissioni del socio ai fini dell’assunzione della qualifica di lavoratore dipendente o autonomo ma credo si preoccupi di disciplinare le due differenti qualifiche (socio/lavoratore dipendente o autonomo) sotto il profilo legale, economico e fiscale, ed evitare, al contempo, una confusione di ruoli, ovvero che nell’ambito di una determinata attività associativa il socio possa partecipare come volontario (con conseguente onere retributivo e fiscale) e come lavotarore dipendente o autonomo (con conseguente onere retributivo e fiscale).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Io vi ringrazio di cuore per il tempo che mi state dedicando ma non riesco a capire bene; purtroppo mio succede da una vita quando si tratta di leggere e, soprattutto, interpretare leggi. Non mi pare che l’ultima interpretazione vada nel senso di garantire i soci che eventuali assunzioni non derivino da rapporti personali e da situazioni di nepotismo/raccamandazioni andando a creare situazioni di forti disagi nel corpo associativo.
Non capisco, inoltre, perchè si sia dovuta cambiare la legge 383 del 2000 dove, all’art. 18 si dicevano sostanzialmente le stesse cose pur non parlando di incompatibilità fra il volontario ed il dipendente. La confusione è grande sotto il cielo………..Comunque grazie lo stesso.
Egregio Signore
il problema che lei sottolinea accade spesso quando si verifica una modificazione o una abrograzione di una legge precedente. Credo che lo scopo della legge (Decreto Legislativo 3 Luglio 2017 n. 117) sia quello di garantire una chiarezza retributiva e quindi fiscale delle attività associative, ovvero evitare che un socio possa partecipare alla stessa attività associativa in parte come volontario, quindi a titolo gratuito e in parte come lavoratore dipendente o autonomo e conseguente tassazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, vorrei chiedere cortesemente un’altra informazione. So che le email private non possono essere divulgate o pubblicate online (neanche il loro contenuto) senza l’autorizzazione del mittente. Se scrivo ad un’azienda per avere un’info e questa mi risponde dicendo che non può rispondere alla mia richiesta, anche in questo caso io non posso scrivere online della mancata risposta alla mia domanda da parte dell’azienda, giusto? Ma se io volessi far sapere la mia su un forum online, come potrei farlo senza incorrere in reati, non avendo l’autorizzazione dell’azienda? Potrei dire ad esempio: “Non mi è piaciuto come mi ha risposto l’azienda X”?
Infine, una curiosità: il divieto di divulgare mail private vale anche se si reinoltrano o si riporta il contenuto a soggetti terzi e quindi non su una piattaforma pubblica online?
Grazie molte!
Cordialità.
Salve,
vorrei chiedere gentilmente perché la mia domanda è stata ignorata.
Grazie.
Scusi mi può dire la data in cui è stato inserito il parere, in modo da verificare velocemente.
Gentile Signora
effettivamente la sua richiesta era stata evasa in quanto a seguito di approvazione automatica del sistema, è sfuggita all’osservatore.
Ciò detto per dare una risposta esaustiva al quesito occorrerebbe analizzare la fattispecie sotto il profilo del contenuto e non solo del naturale limite alla divulgazione on line e quindi erga omnes di mail o qualsiasi altro scritto di natura privatistica. Considerando che tutte le attività che avvengano on line hanno natura molto più ampia rispetto a quelle reali, le consiglio nell’ambito di piattaforme on line di affermare il suo parere in via esclusivamente generica e non citare nomi, o qualsiasi altro dato di aziende o imprese. La divulgazione di mail private avviene anche in caso di inoltro a soggetti terzi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie molte. Teoricamente, anche se si riporta il contenuto soltanto a voce ad una persona si commette comunque reato perché si divulga la mail, vero?
Grazie ancora.
Gentile Signora
la divulgazione della mail deve avvenire a più persone.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent. mo Avvocato
La raggiungo perché sono in grave difficoltà.
Mi sono separata da mio marito dopo 25 anni di matrimonio, gli ultimi dei quali sono stati tremendi per la violenza, soprattutto psicologica, subita. Ho esposto segnalazione ai Carabinieri che avendolo richiamato ed avvertito mi hanno consentito di raggiungere una separazione firmata al Comune e quindi consensuale.
A fronte di ciò,il mio ex marito mi ha obbligato a vendere la nostra casa.
Cosa che ho accolto di buon grado in quanto la convivenza forzata era insostenibile e alquanto pericolosa.
La casa è di entrambi, pertanto trovato l’acquirente e concordata la somma, quest’ultimo ha versato una caparra in due parti uguali su due assegni intestati rispettivamente alla sottoscritta e uno al mio ex marito, stabilendo la data per la stipula del contratto ed ovviamente una penale nel caso ci fossero ripensamenti da parte dei venditori.
Dopo alcuni giorni mi ha raggiunto l’avvocato del mio ex marito il quale mi ha informato che il suo cliente vuole che io gli dia la metà di debiti contratti da lui con Equitalia (la cui somma al momento non so a quanto ammonti, ma non poco) o che comunque firmi un impegno a farlo senza il quale lo stesso non si recherebbe a firmare la stipula del contratto con la conseguenza che la casa non sarebbe venduta e che entrambi saremmo costretti a restituire la caparra e a pagarne la penale.
Un ricatto solo per vessarmi psicologicamente Lui sa che io sono in grave difficoltà economica in quanto per 25 anni mi sono occupata dei figli e della casa e nulla mi ha riconosciuto dopo la separazione sostenendo di non avere reddito.
Sono senza lavoro e sopravvivo con piccoli lavori ma ho accettato le sue condizioni pur di liberarmi almeno formalmente. Quindi sarei solo in grado di restituire la caparra ma non di pagare la penale.
Come devo procedere? C’è un modo per non subire questo ricatto? Mi consigli se Le è possibile. GRAZIE INFINITE
Gentile Signora
la situazione che lei delinea è abbastanza grave e le consiglio di rivolgersi in primis ad un legale di sua fiducia, che possa assisterla e consigliarla in modo diretto e continuo. Qualora lei intenda procedere alla vendita dell’immobile può presentarsi ugualmente alla stipulazione del contratto definitivo e, nell’ipotesi in cui il suo ex marito non si presenti, può chiedere al notaio di dare atto mediante verbale dell’assenza del suo ex marito, comproprietario dell’immobile. L’acquirente, in caso di mancata stipulazione del contratto definitivo può agire nei confronti di entrambi al fine di ottenere il pagamento della penale, ma lei può rivalersi contro il suo ex marito per l’inadempimento dell’obbligazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno gentilissimo Avv.
Vorrei sapere se una famiglia extracomunitaria che risiede in Italia stabilmente in gravissimo stato di bisogno, avrebbe diritto ad ‘alcuna prestazione di natura economica a sostegno del reddito e che per i loro permessi di soggiorno, fino ad oggi, non sono riusciti ad avere.
Il nucleo familiare è composto da:
– Una anziana di 81 anni, dichiarata invalida civile al 100% nel 2017 e ratificata a febbraio 2019 senza altre visite di revisione. La sig.ra è titolare di Carta di Soggiorno per familiare di cittadino dell’Unione rilasciata nel 2015 con validità per 5 anni. Percepisce indennità di accompagnamento pari a euro 517,84 mensili.
– Il figlio, trapiantato di Midollo Osseo nel 2013 per Linfoma di Hodking e dichiarato invalido civile al 64% nel 2015. Disoccupato e titolare di Permesso di Soggiorno per Motivi Umanitari dal 2013, rinnovabile ogni due anni.
– La sposa del figlio, disoccupata e titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari dal 2013.
– Una minorenne figlia del matrimonio, studente e titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari rinnovabile ogni due anni.
Faccio presente che loro per adesso devono rimanere in Italia nonostante la grave situazione di disagio economico perche l’anziana soffre di Alzheimer avanzato (aggravato da un evento di malasanità nel 2017) e non si può muovere dal letto per tornare a Cuba e considerando il fatto che nessuna compagnia aerea si prenderebbe in carico un paziente del genere in un volo di lungo raggio.
Pure suo figlio riceve ancora cure mediche post trapianto per le sequele neurologiche e uditive derivate del percorso terapeutico a cui è stato sottoposto.
La mia domanda è: non esiste normativa o giurisprudenza che tutele questi casi eccezionali dove la mancanza di requisiti (in questo caso la tipologia dei permessi di soggiorno/tempo di permanenza in Italia) vietano l’accesso a una prestazione di natura economica nonostante il grave e involontario disagio di una famiglia come questa?
Grazie in anticipo della sua cortese attenzione.
Gentile Signora
al di fuori delle prestazioni connesse a uno stato di invalidità, lei potrebbe richiedere un sostegno economico, nella specie un assegno sociale, all’INPS, previa verifica delle condizioni richieste dalla legge, (verifica che non è possibile effettuare in via telematica). Le consiglio di rivolgersi ad un Caf nella sua zona di residenza in modo da ricevere una accurata assistenza fiscale e legale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Un anno fa abbiamo visto un posto in vendita, messo in vendita da un’agenzia immobiliare. Ora che il proprietario l’ha in vendita e parlando con lui abbiamo concordato l’acquisto ad un prezzo molto più basso. E’ necessario pagare all’agenzia immobiliare per il fatto che ci ha mostrato la proprietà un anno prima….. Il proprietario dice che nulla deve essere pagato all’agenzia immobiliare, ma non vogliamo avere problemi possiamo aggiungere nell’atto che il venditore si farà carico di qualsiasi richiesta relativa alla rivendicazione dell’agenzia immobiliare.
Egregio Signore
a quanto mi pare di capire l’immobile, oggetto della vendita, è gestito direttamente ed attualmente dal proprietario e non dal mediatore immobiliare (agenzia immobiliare), il quale invece aveva ricevuto incarico l’anno prima, senza concludere l’affare. Dal momento che il contratto di mediazione si avvale della forma scritta (dove si evince anche il compenso del mediatore o provvigione) occorre verificare se vi è stata la conclusione di un contratto scritto, e se le parti (proprietario dell’immobile e mediatore) abbiano fissato un termine, scaduto il quale il contratto di mediazione si risolve automaticamente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno,il mio compagno è stato condannato nel 2008 per rapina; premetto che aveva avuto problemi con la separazione dalla moglie e varie denuce che poi si sono sommate alla pena definitiva. Pena detentiva scontata e ammenda non pagata. Attualmente ha la carta di identità non valida per espatrio. Stiamo mettendo via i soldi per pagare ammenda. Oggi è arrivata cartella esattoriale del valore di 2111,83 dal ministero della giustizia-corte di appello. Dobbiamo pagare anche quella per rilascio documento?o per il documento rimane la somma presente nel casellario giudiziale?grazie
Gentile Signora
la carta di identità con l’apposizione della dicitura “documento non valido per l’espatrio” soggiace alla disciplina di cui alla Legge 21 novembre 1967, n. 1185, (Norme sui passaporti), art. 3 lettera d) coloro che debbano espiare una pena restrittiva della libertà personale o soddisfare una multa o ammenda, salvo per questi ultimi il nulla osta dell’autorità che deve curare l’esecuzione della sentenza, sempreché la multa o l’ammenda non siano già state convertite in pena restrittiva della libertà personale, o la loro conversione non importi una pena superiore a mesi 1 di reclusione o 2 di arresto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, Le volevo porre una questione circa l’acquisto di una casa con bonus prima casa.
Sono sposato in regime di comunione legale dei beni e ho 2 figli minorenni.
Mia moglie è proprietaria della casa dove attualmente abbiamo tutti la residenza.
La casa di proprietà di mia moglie la ha ricevuta con atto di donazione da sua madre.
Io non possiedo alcun immobile.
Volendo acquistare una casa in un comune di verso dove risediamo attualmente, e volendo trasferire la residenza soltanto io nel nuovo comune, Le chiedo se entrambi i coniugi hanno diritto ad ottenere il bonus prima casa, poichè anche mia moglie non ha mai usufruito del bonus acquisto prima casa.
Se possibile Le chiedo anche se può dirmi, l’imposta Imu sulla casa che andremo ad acquistare sarà al 50% come prima casa per me e al 50% come seconda casa per mia moglie, visto che mia moglie lascerà la residenza nell’attuale comune dove attualmente risiede.
Grazie mille
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza tra i requisiti previsti dalla legge per usufruire del bonus prima casa e le conseguenti agevolazioni fiscali occorre essere residenti nel Comune in cui si acquista l’immobile. Per quanto concerne l’imposta Imu le consiglio di rivolgere il quesito ad un commercialista di sua fiducia, il quale sul punto sarà più preciso della sottoscritta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, devo acquistare casa con il mio compagno…lui mi propone:mutuo intestato a me e casa a tutti e due con clausola in caso di separazione che chi se ne va, liquidi all all’altro fino a 30000 euro. Valore della casa 90000. Coe mi devo comportare?
Gentile Signora
qualora il mutuo bancario per la compravendita dell’immobile sia intestato solo a lei la espone personalmente ad una obbligazione verso l’istituto di credito che concerne il rimborso della somma mutuata con l’applicazione del tasso di interesse. In merito alla clausola che in caso di separazione prevede la liquidazione fino a 30000 euro non mi pronuncio in quanto andrebbe analizzata nel contesto contrattuale. La valutazione sull’affare è rimessa al suo personale giudizio, in base anche alle sue esigenze abitative, affettive e in relazione al reddito percepito; l’unico consiglio che posso darle è quello di prendere le necessarie informazioni con l’istituto di credito o altro ente erogatore del mutuo ed esaminare gli aspetti positivi e negativi del vincolo contrattuale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buonasera,
espongo subito il mio problema:
da circa 4 anni subisco un pignoramento del quinto dello stipendio per un finanziamento non pagato. Fin qui tutto ok; tempo fa sono andato a fare la visura al CRIF e altre banche dati ed è risultato tutto regolare. Sono andato in banca per accendere un mutuo acquisto prima casa ma, me lo sono visto negare perché in Banca d’Italia risulta una sofferenza a perdita iscritta nei miei confronti dalla società finanziaria.
Avevo letto sul regolamento della Banca d’Italia che tale iscrizione è possibile se e solo se, dopo indagini finanziare risultasse l’impossibilità per me di pagare.
Non essendo il mio caso dato che se li prendono tutti i mesi sono andato dall’avvocato che ha fatto un arbitrato in B.I. che ha però rigettato l ricorso.
Quello che vorrei sapere è: se intraprendessi una causa contro la finanziaria per avere la cancellazione in Banca d’Italia che probabilità avrei di successo?
RingraziandoVi anticipatamente per l’interesse cordialmente saluto.
Egregio Signore
in via preliminare non è possibile indicare in astratto eventuali probabilità di vincere o meno un processo giudiziario. Ogni causa è a sè, ed ogni causa, anche quelle in origini più sicure, hanno una percentuale di fallimento. Ragionando a priori si possono indicare le conseguenze positive e negative di un processo, a prescindere dal risultato finale, ma ciò è possibile solo attraverso un concreto esame del merito, ovvero degli atti di causa che conduce al conseguente esame sotto il profilo giurisprudenziale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera. vorrei un vostro parere su una questione che ormai si sta trascinando da tempo. Dopo qualche anno di continui litigi e ripicche varie con i miei genitori e mia sorella per varie questioni, cinque anni fa ho deciso a malincuore di allontanarmi totalmente dai miei e troncare ogni tipo di contatto. I miei sono titolari di pensione, quella di mia madre è la minima da quello che ricordo, possiedono la casa in cui vivono e sono in condizioni economiche normali. hanno 94 anni lui e 90 lei. mia sorella è in pensione da alcuni anni e si occupa di loro nel bisogno. Qualche giorno fa ho ricevuto una raccomandata in cui mia sorella mi chiede come ho intenzione di comportarmi nei loro confronti in quanto stanno invecchiando e alcune malattie stanno diventando pesanti da gestire, mia madre ha l’ invalidità al 100% con accompagnamento, e lei si è rivolta anche ad un “aiuto part time a pagamento (cooperativa)” per gestirla. Visti i precedenti io non ho nessuna intenzione di riallacciare i rapporti con loro, poichè negli anni ho sopportato di tutto, e visto che attende una mia risposta scritta presumo che si andrà a finire in tribunale. Secondo voi come dovrei potrei risolvere al meglio la questione? basterebbe partecipare alle spese per un’ eventuale badante o personale addetto? io lavoro da dipendente ed ho un appartamento di mia proprietà dove vivo, e il mio stipendio è sicuramente inferiore alla somma delle loro pensioni. Grazie.
Egregio Signore
l’assistenza, la gestione e la cura dei genitori anziani è un dovere etico, morale e giuridico che compete ai figli. Detto ciò gli stessi dovrebbero trovare un accordo pacifico sulle modalità di assistenza dei genitori, ormai in età avanzata, sia con riguardo alla cura e gestione quotidiana dei loro bisogni primari (compreso lo stato di salute) e sia con riguardo al profilo economico. Sotto tale profilo i figli hanno il dovere di contribuire al mantenimento dei genitori anziani qualora risiedano nella steassa casa, e in via in generale i figli hanno il dovere di provvedere alla cura e all’assitenza e alla gestione dei genitori anziani, soprattutto quando vi è una invalidità, in proporzione alle proprie condizioni economiche. Nell’ipotesi in cui il figlio versi in condizioni economiche precarie, quest’ultimo può provvedere secondo i propri mezzi, come ad esempio ospitando il genitore o i genitori anziani. Qualora sul punto i figli non riescano a raggiungere un accordo in piena armonia, la questione può essere rimessa all’attenzione del Giudice, il quale provvederà a stabilire le modalità di assistenza materiale ed economica.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
Le riscrivo per informarLa che durante il 3 accesso l’avvocato ha concesso un altro mese per trovare una nuova casa (sfratto per finita locazione). Spero vivamente che venga trovata una soluzione prima di questa scadenza.
Un’ultima domanda: come fanno gli affittuari a sapere se sarà concessa la forza pubblica? Arriverà una comunicazione scritta? E, inoltre, l’esecuzione avverrà nella data in cui l’avvocato ha fissato il quarto accesso?
Mi scuso nuovamente per il disturbo.
Buona giornata
Egregio Signore
sono contenta che le è stato concesso un altro pò di tempo per trovare una soluzione abitativa per sè e per la sua famiglia.
L’esecuzione dello sfratto con la forza pubblica prevede la preventiva comunicazione all’esecutato della data in cui avverrà l’accesso con la forza pubblica.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, volevo un’informazione per quanto riguarda un evento accadutomi stamattina. Sotto un post su facebook all’interno di un gruppo chiuso è nata una lite tra me e un’altra persona, in cui si sono alzati i toni. A un certo punto io ho probabilmente esagerato e lui ha dichiarato di volermi denunciare per diffamazione. La mia domanda è: trattandosi di una discussione tra me e lui, in un dialogo fatto di botta e risposta e quindi non in sua assenza, non stiamo parlando di ingiuria invece che di diffamazione, nonostante fossimo su un social network? Chiedo perché so che l’istituto dell’ingiuria è stato recentemente depenalizzato a illecito amministrativo e in tal caso non sarebbe necessario un processo penale.
Egregio Signore
come lei ben sottolinea l’ingiuria e diffamazione sono due reati di cui il primo tutela l’onore e il decoro di una persona, mentre il secondo tutela la reputazione della persona. La differenza fondamentale tra ingiuria e diffamazione è costituita dalla circostanza che l’offesa avvenga alla presenza o meno della persona alla quale è rivolta; la diffamazione si verifica in assenza della persona offesa, viceversa nel caso dell’ingiuria la persona offesa è presente. Il reato di ingiuria è stato abrogato dal Decreto Legislativo 15 gennaio 2016 n. 7 (sulla base del dispoto legislativo il reato di ingiuria costituisce ora illecito civile e obbliga oltre alle restituzioni e al risarcimento del danno, anche al pagamento della sanzione pecuniaria da euro cento a euro ottomila). Ciò detto occorre affermare che le fattispecie della ingiuria e della diffamazione possano essere commessi a mezzo di Internet. In tali casi per stabilire la linea di demarcazione tra le due fattispecie occorre analizzare il contesto in cui l’offesa viene effettuata ovvero se la stessa sia conoscibile e quindi leggibile da altri gli utenti (di numero almeno superiore a 2) indipendentemente se tra i fruitori del messaggio vi sia anche la persona nei cui confronti vengono formulate le espressioni offensive.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Quindi, se ho ben capito, nonostante la persona offesa sia partecipe alla discussione e quindi risponda al messaggio incriminato, parliamo comunque di diffamazione e non, invece, di ingiuria aggravata?
Infine, se non è troppo disturbo, si può considerare diffamazione anche nel caso in cui la persona offesa sia sul social network con nome e cognome fittizi? O forse il fatto di non essere presente con nome e cognome è di per sé sufficiente a ritenere il proprio onore non a rischio?
Egregio Signore
la trasmissione/comunicazione attraverso una chat o qualsiasi altro mezzo presente in Internet, certamente “consente, in astratto, anche al soggetto vilipeso di percepire direttamente l’offesa, ma il messaggio è diretto ad una cerchia talmente vasta di fruitori, che l’addebito lesivo si colloca in uno dimensione ben più ampia di quella interpersonale tra offensore ed offeso” (Cassazione n. 44980/2012); e ancora “mentre, nel caso, di diffamazione commesso, ad esempio, a mezzo posta, telegramma o e-mail, è necessario che l’agente compili e spedisca una serie di messaggi a più destinatari, nel caso in cui egli crei o utilizzi uno spazio web, la comunicazione deve intendersi effettuata potenzialmente erqa omnes”. Inoltre per integrare il reato è sufficiente che la vittima sia individuabile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera Avvocato,
pongo il mio quesito in materia di separazione: il mio ex marito tutti i mesi corrisponde un assegno di mantenimento per il figlio minorenne. Le spese straordinarie, che spettano al 50%, di solito le anticipo sempre io e lui mi rimborsa la metà aggiungendo la somma all’assegno di mantenimento del mese in cui sostengo le spese straordinarie del figlio. Adesso ha sostenuto lui la spesa straordinaria e il 50% vorrei restituirla mediante o bonifico o accreditandola sulla sua postepay. Ho chiesto i dati per fare il versamento ma non mi ha risposto. La domanda è: può trattenere quanto spettante togliendo tale somma dall’assegno di mantenimento che deve dare? Io onestamente vorrei fare le cose separate….ma credo che farà come pare a lui….
Grazie anticipatamente e porgo distinti saluti.
Francesca
Gentile Signora
se lei non è d’accordo con le spese straordinarie sostenute dal suo ex marito, contestandole, in tal caso lui è tenuto a pagare l’intero mantenimento; se invece lei riconosce o ha già riconosciuto la legittimità delle spese straordinarie non ci sono problemi a decurtarle dall’importo del mantenimento (si tratta di una forma di pagamento in compensazione).
Codialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno. In una discussione su facebook ho definito un’altra persona come “ignorante” o “pirla” e successivamente sono stata a mia volta definita come una persona che fa uso di sostanze stupefacenti. Volevo sapere se il fatto di avere iniziato io a usare termini come “ignorante” o “pirla” mi impedisca di procedere per diffamazione aggravata.
Gentile Signora
qualora le offese sono reciproche e consequenziali possono operare le circostante attenuanti, in particolare la circostanza della provocazione, purchè vi sia lo stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui. La circostanza attenuante della provocazione di cui all’art. 62 comma 2 C.p. nell’ipotesi della diffamazione acquista una natura speciale che non attenua la responsabilità ma la esclude. Ciò è previsto e disciplinato dall’art. 599 comma 2 C.p. il quale afferma che “Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dall’articolo 595 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso”
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno! Infostrada in seguito a mia richiesta di disdetta del contratto inviata via PEC ha cessato lo stesso un mese dopo il termine massimo previsto, addebitandomi costi non dovuti. In seguito a conciliazione tramite conciliaweb mi ha concesso,con verbale di conciliazione esecutivo, lo storno totale di quanto dovuto (105 euro). A distanza di quasi due mesi questa cifra mi viene richiesta da Wind tramite raccomandata che mi intima di pagare entro 5 giorni. Ho risposto via PEC che non sono tenuto a pagare nulla, allegando verbale di conciliazione, devo fare altro? Grazie!
Egregio Signore
la condotta da lei attuata è corretta, attenda l’eventuale risposta di Wind e poi eventualmente mi aggiorni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, in data 21.08.2018 ho ritirato la notifica di una multa da pagare presso l’ufficio deposito atti giudiziari, notifica che era stata lasciata nella buca delle lettere il 06.08.2018. Non avendo certezza dell’importo, mi sono recato presso la stazione dei vigili urbani chiedendo se il calcolo dei 5 giorni entro cui pagare l’importo ridotto fosse a partire dalla data di effettivo ritiro della multa, o da quella della notifica di raccomandata da ritirare lasciata in buca. Mi è stato garantito che il calcolo partiva dall’effettivo ritiro, per cui ho immediatamente eseguito il versamento. Ora mi arriva un ingiunzione con la richiesta del doppio dell’intera multa. Ho inviato una mail di chiarimenti alla quale mi è stato risposto che ho pagato oltre la scadenza consentita. Non si può far nulla?
Egregio Signore
il termine per il pagamento della sanzione amministrativa (multa) nei c.d. 5 giorni con la previsione legislativa della riduzione del 30% da detrarre sull’intero importo si calcola o dal momento della contestazione (qualora sia avvenuta nell’immediatezza del fatto- violazione) o da quello della notificazione. In questo ultimo caso il termine decorre dal giorno successivo a quello della consegna effettuata al destinatario dall’incaricato alla notifica. Qualora il destinatario sia assente viene lasciato l’avviso di deposito nella cassetta postale a cui fa seguito l’invio di una raccomandata; nell’ipotesi in cui il destinatario ritiri l’atto entro 10 giorni dall’avviso il termine di 5 giorni decorre dal giorno successivo a quello del ritiro; trascorsi i 10 giorni la notifica si perfeziona per “compiuta giacenza” ovvero l’atto si intende notificato al destinatario. Pertanto nell’ipotesi in cui il destinatario ritiri l’atto dopo i 10 giorni dall’avviso il termine di 5 giorni decorre dal giorno successivo a quello in cui la notifica si è perfezionata per compiuta giacenza (undicesimo giorno).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
Il 13/04/2019 mentre camminavo per PISA ho notato una palestra che faceva pagare per un anno una quota fissa di 260 euro, incuriosito sono entrato e ho lasciato una caparra di 20 euro e una firma per bloccare l’offerta di 13 mesi che avrei sottoscritto il mese successivo, perché dal 13 fino a fine aprile sarei stato in puglia con la mia famiglia. Al mio ritorno a Pisa ho cambiato idea decidendo di non andarci proprio più’ in quella palestra e quindi di non versare il resto dei soldi, 240 euro. Loro mi continuano a minacciare col recupero crediti che devo pagare il resto dei 240 euro. Domanda, io non ho mai usufruito di quella palestra nemmeno per un giorno, possono loro minacciarmi in questo modo se io MAI ho messo piede li dentro e nemmeno hanno il mio certificato medico?
Egregio Signore
occorrerebbe analizzare le clausole contrattuali per dare una risposta esaustiva. Pertanto provi a verificare se sul contratto firmato è prevista la facoltà del recesso. In caso affermetaivo le consiglio di inviare una raccomandata a/r alla palestra manifestando la sua a volontà di recedere dal contratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato,
io e la mia ragazza vorremmo andare a vivere insieme, suo padre si
si è offerto di aiutarci: la mia ragazza e suo papà accenderebbero un mutuo
per comprare un appartamento, mentre io pagherei una quota da stabilire poiché
conviverei con lei..
Quindi l’appartamento risulterebbe intestato alla mia ragazza e a suo papà.
Se un giorno ci lasciassimo, io avrei diritto ad essere risarcito dei soldi che
ho dato per l’alloggio o di una parte di essi?
La ringrazio per la disponibilità.
Cordialmente
Luca
Egregio Signore
nell’ambito della convivenza more uxorio le spese pagate e gli esborsi economici effettuati da entrambi i partners rientrano in via generale nelle c.d. obbligazioni naturali ai sensi dell’ art. 2034 Codice civile “Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace”. Ciò trova la sua fonte nel carattere morale o sociale della convivenza di fatto. Qualora le spese pagate e gli esborsi economici effettuati durante la convivenza di fatto travalicano i limiti di proporzionalità e di adeguatezza, e comportino un vantaggio di uno solo dei conviventi “more uxorio”, (impoverimento di un convivente e conseguenziale arricchimento dell’altro convivente) in considerazione della durata della convivenza e delle condizioni sociali e patrimoniali di entrambi i conviventi, potrebbe verificarsi la fattispecie dell’indebito arricchimento descritta dall’art. 2041 C.c. “Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale”. Tale ultima norma prevede il pagamento di un indennizzo pari o proporzionato alla somma investita durante la convivenza.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato,
La ringrazio per la Sua disponibilità e per la Sua gentile risposta ricca di dettagli.
Sembra che l’unica strada da percorrere per potermi tutelare sia una scrittura privata di locazione tra me e la mia fidanzata.
Lei sa se tra le condizioni è possibile inserirne una che mi garantirebbe una restituzione totale, o parziale, della somma che avrò versato per i mesi di permanenza nell’appartamento?
La ringrazio nuovamente per la sua disponibilità
Cordialmente
Luca
Egregio Signore
il contratto di locazione è per sua natura un contratto a titolo oneroso, pertanto mi sembra difficile inserire una clausola che possa prevedere la restituzione totale o parziale di quanto versato durante la convivenza, la quale coinciderebbe con la durata del contratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato
La ringrazio in quanto ha chiarito i miei dubbi.
Grazie per il vostro servizio di consulenza gratuita, è veramente efficace.
Cordiali saluti
Luca
Grazie a lei.
Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Io e la mia compagna viviamo assieme ed assieme siamo, all’anagrafe, nello stesso Stato di Famiglia ma non abbiamo celebrato alcun tipo di matrimonio previsto dall’Ordinamento. Siamo semplicemente conviventi. In questo caso la mia compagna, che, fra l’altro, ha un reddito molto basso potrà, nel caso, godere della reversibilità della mia pensione
Egregio Signore
la pensione di reversibilità spetta al coniuge (separato o divorziato purchè titolare dell’assegno di divorzio), ai figli, ovvero ai genitori (che non siano titolari di pensione) o ai fratelli o sorelle (inabili al lavoro), in proporzioni differenti a seconda dei casi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
uno dei miei genitori mi ha offerto e garantito un prestito incondizionato per permettermi l’acquisto della prima casa ed evitare la richiesta di mutuo. Salvo poi negare categoricamente tale disponibilità 5 giorni dopo aver firmato per il compromesso e versato €20.000 dei miei risparmi. Il genitore era presente alla firma ed ha lasciato che la pratica avesse il suo seguito. Posso rivalermi in una qualche misura sul genitore e riavere da questi la somma versata in caso di richiesta di rescissione del contratto di compravendita?
Ringrazio anticipatamente.
Cordiali saluti
Gentile Signora
a quanto mi pare di capire la disponibilità del genitore al prestito è stata fatta oralmente e pertanto non vi sono possibilità di rivalsa nell’ipotesi di rescissione o risoluzione del contratto di compravendita.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio molto e Le auguro una buona giornata.
Grazie a lei.
Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buongiorno,
per il mantenimento di mio figlio il mio ex ha preteso che “l’assegno” mi venisse versato sulla mia postepay (perché lui sostiene che le spese per un bonifico gli costano troppo). Io ho un c/c bancario e preferiferi che mi versasse la somma pattuita nel mio c/c. Se tolgo la postepay e gli indico l’IBAN su cui farmi il bonifico, può detrarmi dall’importo le spese che sostiene lui per effettuare il bonifico? (le spese di commissione per intenderci…) io credo di no, ma visto il tipo penso che sicuramente se sostiene una spesa per il bonifico di 4 o 5 euro sicuramente mi addebita tale spesa….
E se lo facesse, potrei fare qualcosa per far valere i miei diritti?
Grazie anticipatamente,
Francesca
Gentile Signora
per quanto a mia conoscenza le spese di commissione per effettuare il bonifico bancario non possono essere detratte dall’assegno di mantenimento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato,
chiedo di scusarmi per il mio italiano; Amministratrice del nostro condominio senza chiedere consenso dei condomini ha messo un lochetto che non permette di accedere al sottotetto (di proprieta condominiale). Noi abitiamo al ultimo piano e abbiammo appena cominciato i lavori di ristrutturazione edizilia, abbiamo bisogno di salire a sottotetto per vari motivi. Vorrei chiedere, se amministratore ha diritto di mettere lochetto senza consenso di condomini, se noi abbiamo diritto di avere chiavi (ci ha detto che apre solo ai technici e non da chiavi a noi perche nessuno non deve salire su sottotetto aparte dei lavoratori specialisti). Se noi abbiamo diritto di avere accesso al sottotetto quando ci serve senza lavoratori estranei. Grazie!
Gentile Signora
se il sottotetto è parte comune dell’edificio deve essere garantito l’accesso a tutti i condomini, salvo che l’amministratore abbia agito sulla base di una delibera condominiale votata a maggioranza dei condomini.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille e buona giornata
Grazie a lei.
Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buonasera, volevo chiederle se in caso di applicazione dell’art. 162 bis, cioè dell’oblazione accordata dal giudice, la fedina penale subirà delle conseguenze. Quello che mi pare di aver capito è che quando l’oblazione è obbligatoria, cioè non a discrezione del giudice, la fedina penale rimarrà immacolata, ma non ho capito se lo stesso vale per i reati che non rientrano nell’art. 162 bensì nel 162 bis.
Cordiali saluti.
Gentile Signora
l’oblazione prevista dall’art. 162 bis C.p è una causa di estinzione del reato contravvenzionale a seguito del pagamento di una somma di denaro (con conseguente cancellazione nel casellario giudiziale della persona imputata). Lo stesso dicasi per l’art. 162 C.p. La differenza tra le due norme risiede nella gravità del reato contestato, ovvero più specificatamente nell’ipotesi dell’art. 162 C.p. l’oblazione riguarda le contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la sola pena dell’ammenda, (si parla a tal proposito di oblazione ordinaria), mentre nell’ipotesi prevista dall’art. 162 bis C.p. l’oblazione riguarda le contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, (c.d. oblazione discrezionale in quanto è subordinata al potere discrezionale del giudice tenuto conto della gravità del reato contestato).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato,
Avrei gentilmente bisogno di un chiarimento.
Il mio compagno é stato assolto per prescrizione in grado di appello per il reato di molestie ed ingiurie nel 2014. Le statuizioni civili sono state tuttavia confermate dal giudice penale stesso alla parte civile che si era costituita già in primo grado, riconoscendo loro il diritto al risarcimento del danno. La domanda é: in questo caso, dopo quanti anni sarà prescritto il diritto al risarcimento che finora non è mai stato esercitato ? Lui al momento evita di intestarsi qualsiasi cosa ma vorremmo capire se il termine di prescrizione per quanto riguarda il risarcimento alla parte civile è di 5 o 10 anni. Grazie tante.
Gentile Signora
ai sensi dell’art. 2947 C.c. il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato. Se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile. In tal caso si fa riferimento alla pena edittale stabilita per il reato contestato, ma nel caso che lei afferma non trova applicazione trattandosi di pena edittale più bassa del termine prescrizionale previsto dalla legge. Pertanto si fa riferimento al termine di cui al primo comma dell’art. 2947 C.c. ovvero quello di cinque anni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentilissimo Avvocato,
in qualità di consumatore sono stato vittima di una pratica commerciale scorretta in violazione degli artt. 21,22,24 e 25 del Codice del Consumo accertata e sanzionata dall ‘Agcm. Inoltre, il professionista sanzionato ha presentato ricorso al TAR del Lazio per l’ annullamento del provvedimento con contestuale richiesta di sospensione cautelare. Recentemente il TAR ha pubblicato l’ordinanza non ravvisando i due presupposti fondamentali del fumus e del periculum, ma ha solo leggermente ridotto la sanzione a causa di un mero errore di calcolo algebrico rinviando il merito all’udienza del 25 marzo 2020. Le chiedo cortesemente, quali sono i rimedi civilistici previsti in questo caso? Annullamento o meglio risoluzione per grave inadempimento degli obblighi di buona fede e correttezza con risarcimento danni atteso che sono passati più di 5 anni e meno di 10 dalla stipula del contratto? Grazie. PAOLO
Egregio Signore
credo che lei in qualità di consumatore può adire al giudice civile ai sensi dell’ art. 2043 c.c. per ottenere il risarcimento del danno subito a seguito di azioni o omissioni ingannevoli della pratica commerciale, provando il nesso di causalità tra l’azione ingannevole e il danno, e, quanto all’elemento soggettivo, almeno la colpa del professionista.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve. Un confinante lamenta danni da infiltrazioni ricondotte allo scolo del mio terrazzo, che scarica acque meteoriche sul suo tetto. Esiste un diritto di servitù non revocabile. Non si tratta di un condominio. Questo scolo è stato rifatto qualche anno fa’ proprio da questo confinante, introducendosi nella mia proprietà. Ha ragione il confinante a rivendicare il danno?
Cordiali saluti
Maria
Gentile Signora
l’art. 913 del Codice civile disciplina lo scolo delle acque e prende in considerazione le acque piovane e da neve stabilendo al primo comma che il fondo inferiore è soggetto a ricevere le acque che dal fondo superiore scolano naturalmente, senza che sia intervenuta l’opera dell’uomo (più che di una servitù la norma prevede una sorta di limitazione legale del diritto di proprietà); al secondo comma afferma che il proprietario del fondo inferiore non può impedire questo scolo, né il proprietario del fondo superiore può renderlo più gravoso, (nella specie si tratta di un obbligo di non fare) mentre al terzo comma stabilisce che le opere di sistemazione agraria del fondo inferiore o del fondo superiore rendono necessaria una modificazione del deflusso naturale delle acque, è dovuta un’indennità al proprietario del fondo a cui la modificazione stessa ha recato pregiudizio. Ovvero qualora siano stati posti in essere opere che rendano più gravoso il naturale deflusso delle acque il proprietario del fondo inferiore è legittimato a richiedere il risarcimento del danno relativo alla modifica apportata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie Avvocato.
Mi sorge un dubbio. Il caso in questione potrebbe rientrare anche nell’art 908 del C.C., visto che si tratta dello scolo di acque da un terrazzo su un tetto confinante. Quindi si presuppone che sia intevenuta l’opera dell’uomo nel realizzare lo scolo, non si tratta di semplice deflusso naturale da un fondo agrario all’altro. Se il caso rientra anche nell’art. 908 è ugualmente contemplato anche l’aggravamento del deflusso dallo scolo per la realizzazione di opere da parte del fondo dominante e/o del fondo servente?
Il mio immobile fa parte di un complesso di edifici costruiti da un unico proprietario, che poi ha venduto gli edifici separatamente. Nel contratto di acquisto si dichiara il trasferimento di tutti i diritti inerenti all’immobile, quindi anche la servitù degli scoli da cui defluisce l’acqua meteorica sul tetto di locali confinanti.
L’attuale proprietario del locale confinante lamenta danni ricondotti ad uno scolo del mio terrazzo modificato arbitrariamente nel 2013 dall’allora conduttore del locale che fa parte della stessa famiglia dell’attuale proprietario. L’attuale proprietario sostiene che lo scolo non è efficace e se la prende con la mia proprietà. Ne consegue che la mia proprietà è stata danneggiata due volte: dall’intervento arbitrario di rifacimento dello scolo e dal danno che detto scolo ha prodotto sul locale confinante, di cui mi si chiede il risarcimento. Visto il manifestarsi in tempi recenti del danno prodotto dallo scolo, non da me rifatto, potrei rivalermi su chi ha modificato lo scolo circa 6 anni fa’ senza la mia autorizzazione? E se si con quali motivazioni?
Grazie per l’attenzione
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
per capire bene la fattispecie occorrerebbe fare una verfica dello stato dei luoghi. L’art. 908 c.c., impone al proprietario del fondo l’obbligo di costruire tetti in maniera tale che le acque pluviali scolino sul suo terreno e non può farle cadere nel fondo del vicino (tale obbligo può essere derogato dalle parti con la creazione di una servitù di stillicidio), mentre l’art. 913 c.c. disciplina il deflusso naturale delle acque piovane, senza che sia intervenuta l’opera dell’uomo (più che una servitù si tratta di un limite al diritto di proprietà). La nroma prende in considerazione soltanto le opere che comportano una sensibile modifica del decorso delle acque idoneea causare un aggravamento del fondo inferiore,e pertanto un danno allo stesso. Occorrerebbe stabilire se lo scolo delle acque dal fondo superiore al fondo inferiore sia naturale ovvero avvenga naturalmente e se vi è stata una modifica operata dall’uomo del deflusso naturale delle acque, oltre al nesso causale tra la suddetta modifica operata dall’uomo e il danno prodotto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato,
l’ipotesi del nesso causale tra lo scolo del terrazzo, così come è stato modificato alcuni anni fa’, e il danno prodotto dalle infiltrazioni sembra confermata dalla perizia tecnica. In tal caso visto che mi si chiedono i danni potrei a mia volta chiederli a chi ha modificato lo scolo senza la mia autorizzazione?
Grazie per l’attenzione
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
può agire in rivalsa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve. Aggiungo che le infiltrazioni si sono prodotte a seguito di piogge abbondanti e persistenti e che il tetto del locale che lamenta danni non è coibentato.
Grazie
Maria
Buongiorno vorrei porre il seguente quesito: mi sono fatta fare una foto (a titolo gratuito in cambio di un servizio che puntualmente ho svolto) molti anni fa (le parlo del 1993) con il mio ragazzo dell’epoca da una fotografa professionista (e amica dell’epoca)… in sintesi questa foto non me l’ha fatta mai avere e in più ho dovuto sborsare dei soldi per ottenere tramite dei negativi la foto…….che ribadisco non mi ha fatto avere. E’ vero sono passati tanti anni ma quell’episodio mi ha ferita posso chiedere qualche danno? visto che si tratta di materiale privato? grazie dell’eventuale risposta
Gentile Signora
nell’ipotesi in cui la foto viene commissionata ad un fotografo professionista i negativi della stessa sono di proprietà del fotografo, salvo diverso accordo tra le parti, e si può verificare una violazione se la foto venga divulgata in pubblico senza il consenso in violazione delle norme sulla privacy. Qualora si sia verificato un fatto illecito il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si e’ verificato (art. 2947 del Codice Civile).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve aggiungo in terza battuta. Se la questione finisce in tribunale è possibile che il CTU possa effettuare la perizia del danno lamentato se l’interessato ha già rimosso le tracce di infiltrazioni dalle pareti e dalla volta? Possono le sole fotografie costituire la base della perizia del CTU?
Grazie per l’attenzione
Maria
Gentile Signora
il CTU, nominato dal Giudice, può prendere visione di tutti i mezzi di prova e quindi di tutti i documenti presenti nei fascicoli delle parti al momento del giuramento, salvo che vi sia l’autorizzazione disposta dal Giudice per visionare altri documenti, tra cui rientrano anche le fotografie, quale necessario supporto per provare le valutazioni affermate nella perizia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato,
domani mattina il mio ex deve prendere il figlio. Lavorando vicino a lui lo accompagno sempre io dal babbo.
Domani invece rimango a casa e perciò ho mandato un messaggio dicendogli di venire a prenderlo a casa (come pattuito nella sentenza…se va a scuola lo prende all’uscita di scuola, altrimenti lo viene a prendere all’abitazione della mamma (io abito a 15 Km. da dove sta lui…). Io ho preso impegni importanti e l’orario del ritiro del figlio è fissato alle 9,00. Lui ha risposto che quando ha tempo viene a prenderlo. Non posso rimanere a casa ed aspettare il suo comodo… Come posso tutelarmi se non viene per le 9,00? alle 9,30 posso uscire con il figlio… e magari posso fare qualche denuncia ai carabinieri? O mi ridono in faccia..?
Purtroppo non ho soldi per rivolgermi di nuovo all’avvocato…e devo sempre lasciare perdere tante cose non giuste… ma mi creda..non ce la faccio davvero più…
Un grazie anticipato,
Francesca
Gentile Signora
può inviare un messaggio al suo ex marito indicando l’orario per prendere il minore presso la sua abitazione (in base agli accondi stipulati in sede di seprarazione o divorzio) indicando che oltre l’ora stabilita lei è impossibilitata ad attenderlo per impegni personali. Pertanto se entro l’orario indicato il suo ex marito non potrà prendere il figlio minore lei sarà costretta ad uscire, per far fronte ai precedenti impegni personali, portando con sè il minore. Può anche indicare un successivo orario in cui il suo ex marito potrà prendere il minore secondo le sue disponibilità personali. La denuncia ai carabinieri non è uno strumento adatto in tali casi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille avvocato
Grazie a lei.
Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Ho firmato per presa visione ed accettazione una lettera di impegno all’assunzione presso una nuova azienda. Nel caso il sottoscritto(lavoratore)dovesse cambiare idea prima del termine previsto per l’inizio lavoro e non procedere all’assunzione,l’azienda potrebbe richedere eventuale danno? Nella lettera non sono previste penali in tal senso ma solo un annullamento del contratto se il lavoratore non si presentasse nei termini stabiliti. E in questo caso anche se non specificati ci sono dei tempi da rispettare per eventuale recissione ? Saluti Antonio
Egregio Signore
la lettera di impegno all’assunzione è un documento, si tratta di una scrittura privata, che ha la funzione di tutelare entrambe le parti del futuro rapporto di lavoro; con la lettera di impegno all’assunzione il datore di lavoro si impegna ad assumere il lavoratore e il lavoratore si impegna a sottoscrivere il contratto di lavoro nel termine indicato nella lettera. Per tali ragioni la lettera di impegno all’assunzione vincola entrambe le parti a concludere il contratto di assunzione nel termine stabilito e per tali motivi viene inserita una clausola penale. Qualora una delle parti non ottempera a tale obbligo dovrà risarcire il danno cagionato all’altra parte sulla base di quanto stabilito nella clausola penale. Nell’ipotesi in cui non sia stata inserita una clausola penale si potrà adire alle vie giudiziarie con conseguente quantificazione del danno subito a carico della parte inadempiente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
in seguito a dei lavori in casa ho fatto installate un impianto di riscaldamento, che succesivamente ha richiesto diversi interventi in garanzia ma non risolutivi, adesso la ditta non risponde più alle mie chiamate e richieste di intervento
Gentile Signora
le consiglio di inviare una missiva alla ditta istallatrice, magari mediante l’assistenza di un avvocato di sua fiducia, evidenziando i difetti del bene e l’eventuale risracimento del danno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio avv.to, mi è stato notificato in data 12/06/2019 un atto di pignoramento v.so terzi in cui si intima il mio datore di lavoro a versare una somma di €406. Nell’atto (datato 10/05/2019) si fa riferiemnto ad una Ingiunzione di pag.to notificata il 16/05/2018, notifica che non ho mai ricevuto in quanto io ritiro sempre tutte le racc.te. Inoltre non ho ricevuto alcun tipo di precetto precedente il suddetto atto. Sono quasi certo che il tutto si riferisca a vecchie tasse comunali che avevo contestato. Non avendo ricevuto alcuna notifica dell’atto di ingiunzione e nessun precetto posso oppormi all’atto? Essendo coinvolto anche il mio datore di lavoro (dal quale non ho però ricevuto alcuna comunicazione) qual’è il modo migliore di procedere? Grazie molto in anticipo.
Egregio Signore
in via generale, i rimedi giuridici sono due: l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 cp.c attraverso la quale si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, contestando il credito o la pignorabilità dei beni, oppure l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. qualora si contesti la regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto, tra cui la mancata o irregolare notifica del titolo esecutivo o del precetto. Da quanto lei afferma non ha ricevuto alcuna notifica e dal momento che il pignoramento si effettua mediante la notifica di un atto personalmente al terzo e al debitore credo (sulla base di una valutazione generica) sia più conveniente agire mediante l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., sebbene la scelta definitiva tra i due rimedi dovrà essere esaminata attentamente sulla base degli atti da un legale di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno sono un.lavoratore con idoneità con prescrizione il certificato dice questo: evitare posture erette fisse durante l’attività lavorativa, alternare postura eretta e postura seduta .Come deve comportarmi con l azienda? Visto che mi fa fare solo esclusivamente un servizio in auto per 8 ore consecutive non c’è alternanza con eretta e postura seduta per favore posso avere un parere dettagliato grazie, le posture erette fisse non me le danno , ma non mi danno servizi con seduta dandomi la possibilità di potermi alzare e sedere a mia necessità fisica
Buongiorno,mi chiamo Riccardo,Avvocato mi scuso anticipatamente ma la mia richiesta di aiuto Le risulterà insolita,più importante è avere un suo parere…Le spiego il più brevemente possibile….sono un giocatore di video slot non patologico,una sera,più precisamente il 26/06/2019 mi sono recato in una sala giochi di milano in zona Viale Certosa dove mi sono divertito a giocare e a cercare un pò di fortuna con una videoslot…dopo avendo perso circa 500/600€ la videoslot è entrata finalmente in gioco “Bonuns” ma giunto l’orario di chiusura notturno (ore 01.00) il responsabile di sala prima avvisando tutti con voce forte “10 minuti i giochi finiscono” prima…. e dopo “bruscamente” mi ha ordinato di uscire e di tornare domani a giocare! mettendomi e ostruendomi con una mano la parte della videoslot dove si inseriscono le monete per giocare…io gentilmente ho chiesto che ero in gioco “Bonuns” e che la macchina sta pagando ed è in pagamento….e di concedermi gentilmente ancora qualche minuto di gioco….semplicemente facendo uscire prima tutti gli altri clienti che stavano ancora giocando all’interno della sala giochi (Circa 10/15 persone che giocavano alle videoslot) e che non erano in gioco “Bonuns”…ma non ce’ stato nulla da fare…il responsabile di sala mi ha ripetuto no! esci e torna domani! L’indomani mattina prima dell’orario di apertura (ore10.00) ho telefonato alla sala giochi comunicando di tenermi ferma la videoslot dove stavo giocando (ore 01.00 dello stesso giorno) e dove avevo perso la sera prima semplicemente con una gettoniera o portamonete in plastica in maniera da ostruire la parte dove si inseriscono le monete nella videoslot per non permettere agli altri di giocare alla videoslot prima di me..(di solito si usa fare cosi quando il cliente che sta’ impegnando la video slot deve effettuare un cambio di monete o una ulteriore giocata o necessita un cambio monete o altro contante da poter inserire ma è costretto se solo ad allontanarsi dalla videoslot) ma mi è stato detto che non era possibile mentenere bloccata la videoslot per non oltre e al massimo per una mezzora dopo l’orario di apertura… (mattino ore 10.30) ma solo per cortesia…e perche” sono cliente…ho spiegato che sarei passato in serata intorno alle 21.00 a continuare a giocare alla videoslot dove sono stato bloccato da loro la sera prima e perche’ in orario di chiusura… e che era in pagamento “bonuns”…. perche’ di giorno io lavoro da una altra parte come fa la maggiorparte delle persone…e che non sono un migliardario….e non sarei potuto passare prima….ma mi è stato negato ancora! ho spiegato che questa è un ingiustizia! è non è giusto comportarsi cosi’ con i clienti come me che portano centinaia o migliaia di euro a loro ogni mese…. e che per 24 ore io avevo tutti i miei sacrosanti diritti e ad avere la possibilità di rigiocare per primo ancora prima di tutti gli altri clienti (o al responsabile di sala) alla videoslot che avevo impegnato dove mi hanno mandato via per orario di chiusura imminente…. e che era loro obbligo e mio diritto di mantenermi bloccata la suddetta videoslot per massimo e non oltre 24 ore… ma mi è stato negato! questa per me è una ingiustizia? Le chiedo Avvocato prima di tutto un suo parere personale…(a parte come mi hanno detto molti amici “smetti di giocare”) e se esiste la possibilita’ di essere risarcito almeno per i soldi cosumati (500/600€) senza aver potuto riscuotere continuando a giocare alla videoslot che era in pagamento in gioco “Bonuns”. Cordialmente La Ringrazio. Riccardo.
Egregio Signore
purtroppo da quello che lei afferma non intravedo, almeno in via generale, validi presupposti per fondare la richiesta di un risarcimento del danno. Come lei afferma il gioco viene interroto a seguito del sopraggiungere dell’orario di chiusura della sala giochi e il giorno seguente è potuto tornare a giocare solo in tarda serata ed è a discrezione del gestore bloccare la macchina. Indipendentemente dal senso di ingiustizia assolutamente comprensibile non intravedo elementi che possano fondare la richiesta di un eventaule risarcimento del danno, limitatamente ai soldi giocati, o almeno elementi giuridici che possano costituire la base di un processo giudiziario.
Cordialmente
Avv. Francesco Meatta
Salve, vorrei chiederle un consiglio circa l affidamento di un minore. Mi spiego meglio, io e mia moglie siamo sposati in divisione dei beni e abbiamo una bambina di 1 anno. Siccome la bimba è stata concepita con l ovodonazione, quindi il 50% del DNA è mio ( papà), il 25% è di mia moglie e il 25% è della donatrice, volevo sapere in caso di divorzio la bimba a chi potrebbe essere affidata? Tengo a precisare che la casa dove viviamo è intestata a mia moglie ma io sono comunque proprietario di un altra casa in altro comune. Grazie
Egregio Signore
l’affidamento del minore, riconosciuto da entrambi i genitori, segue le regole ordinarie indipendentemente dal concepimento. Oggi l’orientamento maggioritario è quello dell’affidamento condiviso, ovvero ad entrambi i genitori, salvo casi eccezionali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, per apertura di nuovo salone,abbiamo acquistato un rivestimento in una ditta locale, chiedendo un preventivo e se conoscevano un posatore. Dopo la scelta della mattonella, hanno inviato un preventivo forfettario (errato) , per telefono abbiamo ricalcolato il preventivo e me lo hanno inviato su carta intestata. il lavoro era una posa di un rivestimento su una parete 7,2 x 3,6. Il giorno della posa abbiamo scoperto che il rivestimento era composto da mattonelle diverse, non era stato fatto un progetto di posa,in più il posatore NON ha effettuato un buon lavoro ( mattonelle sbeccate, scalini, niente spazio) la titolare della ditta,venuta a vedere dopo nostre lamentele,continua ad asserire che il lavoro è impeccabile, dicendoci che avrebbe sostituito le mattonelle rotte, cosa che non è avvenuta. in più ha inviato la fattura relativa al primo preventivo mandato via mail,sbagliato,e non di quello su carta intestata.
Come possiamo procedere?
Gentile Signora
le posso solo consigliare di inviare una missiva alla ditta, magari con l’ausilio di un avvocato di sua fiducia, contestando il lavoro compiuto e la somma richiesta nel preventivo di spesa (errato), oltre all’eventuale risarcimento dei danni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno sono un.lavoratore con idoneità con prescrizione il certificato dice questo: evitare posture erette fisse durante l’attività lavorativa, alternare postura eretta e postura seduta .Come deve comportarmi con l azienda? Visto che mi fa fare solo esclusivamente un servizio in auto per 8 ore consecutive non c’è alternanza con eretta e postura seduta per favore posso avere un parere dettagliato grazie, le posture erette fisse non me le danno , ma non mi danno servizi con seduta dandomi la possibilità di potermi alzare e sedere a mia necessità fisica
Egregio Signore
la legge prevede la possibilità di alternare mansioni differenti che prevedano posture erette alternate a posture sedute, ovvero di impiegare il lavoratore nelle diverse posizioni che egli abbia indicato come idonee. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro non adempie a tale disposizione l’unica possibilità è quella di contestare l’inadempimemnto di tale obbligo tramite missiva e mediante l’ausilio e l’assistenza di un avvocato di sua fiducia. Occorrerebbe trovare un accordo con il datore di lavoro in modo da tutelare il posto di lavoro e le condizioni lavorative.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vorrei dei chiarimenti riguardo ad un sinistro stradale.
Nel caso in cui sono coinvolte due auto, il secondo veicolo è senza assicurazione, Come citato dai carabinieri nei documenti. (Ed eventualmente non coperto neanche nei 15 giorni previsti dall’assicurazione) in questo sinistro perde la vita il passeggero sul colpo, e il conducente pochi giorni dopo in ospedale. L’unica persona rimasta “sana e salva” è il conducente della macchina NON assicurata. Che aveva anch’esso un passeggero a bordo della vettura, ferito gravemente.
Nel momento in cui l’unico sopravvissuto è senza l’assicurazione, come può chiedere danni e risarcimenti tramite la sua assicurazione a quella della persona deceduta? Se nel giorno del sinistro era scaduta. Come può difendersi il defunto ? È possibile oltre ad una controdenucia fare altro? Che citi delle leggi..in quanto questa persona, non è stata condannata a nessuna pena con due morti E un ferito. Precisando che le indagini sono in corso che non è stata rilasciata nessuna documentazione e nessuna dinamica precisa dell’incidente. È possibile intervenire anche contro le forze dell’ordine? Nel momento che hanno rilasciato “false” testimonianze diventate ufficiali per la procura. Come si deve muovere un cittadino normale? Grazie a chi mi risponderà. Avrei bisogno di fare pulizia nella testa.
Gentile Signora
se il sinistro stradale si verifica oltre i 15 giorni dalla scadenza della polizza assicurativa il risarcimento del danno alla parte lesa viene erogato dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada. A quanto mi pare di capire le indagini sono ancora in corso e nell’ipotesi in cui si concluderanno con l’imputazione a carico del conducente del veicolo senza assicurazione questi sarà soggetto alla responsabilità penale con l’obbligo di risarcire i danni (la responsabilità penale è personale e non è coperta dall’assicurazione).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, sono un pregiudicato che ha pagato il suo debito con la legge. Premesso questo, ecco la situazione; oltre un anno e mezzo fa ho prestato denaro (all incirca 4000 euro) ad una persona, senza alcun contratto se non la stretta di mano tra amici, e questa, andata all’estero, da un giorno all altro ormai un anno fa, non vuole più restituirmi la rimanenza della somma (850 euro) inizialmente prestatagli, dopo avermene ridata, tramite suoi famigliari, in concordate ”rate mensili”(di cui ho sempre siglato , e non firmato, un foglio dove si dichiara che ricevo del denaro), 3/4 del totale. Inoltre minaccia, senza alcuna prova, di denunciarmi per spaccio nei suoi confronti (in quanto pregiudicato per quel tipo di reato). I suoi famigliari, hanno avanzato anche esplicite minacce e offese, telefoniche e tramite sms (ovviamente da me conservati), dichiarando inoltre di avere tabulati telefonici del mio numero di telefono, che ricondurrebbero, a dir loro, ad una mia odierna condotta criminosa. Cosa assolutamente falsa. Come posso difendermi da tali accuse false e infondate? Vorrei presentare una denuncia o una querela per minacce e diffamazione. Devo obbligatoriamente essere assistito da un avvocato per, appunto, presentarla? E per il denaro non ancora avuto? La mia preoccupazione è il mio stato giuridico di pregiudicato. Ringrazio sentitamente per l interessamento e per l’ aiuto.
Egregio Signore
la sua pena è stata scontata e pertanto lei può far valere liberamente i suoi diritti, sia sotto il profilo civilistico che penalistico. Le consiglio però di farsi assistere da un avvocato di sua fiducia sia nella eventuale redazione e presentazione della querela e sia per il recupero della somma residua, oggetto del prestito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Spettabile Avvocato, circa cinque anni fa’ ho sottoscritto un atto di transazione con la mediazione di un avvocato della controparte. O non mi è stata data una copia dell’atto oppure l’ho smarrita. Ho solo registrati il file in pdf dell’atto ovviamente senza firme e alcune email scambiate con l’avvocato che ha svolto la mediazione. L’atto mi servirebbe in una procedura di giudizio come prova. Posso chiedere all’avvocato una copia dell’atto di cui è custode? Non credo che l’atto sia stato registrato. E se l’avvocato si rifiuta di darmi una copia cosa posso fare?
Grazie
Maria
Gentile Signora
deve chiedere la copia dell’accordo di mediazione al suo avvocato dell’epoca, il quale è obbligato a fornigliela.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie Avvocato. Già fatta la richiesta, ma l’avvocato si è rifiutato di darmi una copia dell’atto. Esiste una normativa in merito? È solo una questione deontologica oppure si configura la violazione di una norma di legge?
Grazie
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
l’avvocato che ometta di restituire all’assitito tutta la documentazione, di cui sia venuto in possesso nel corso dello svolgimento del proprio incarico professionale incorre in un illecito disciplinare. Provi a parlare con il suo avvocato e capire le eventuali motivazioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
per una richiesta documentazione che sto facendo al Banco di Desio mi sono accorto che, per un fido accordato alla società in cui lavoro, la documentazione della richiesta affidamento risulta essere solamente un foglio (richiesta affidamento) non compilata in tutte le sue parti e senza alcuna data. Mi assicurano che non esistono altri fogli in merito, ma a me sembra parecchio strano.
Come mi devo comportare
Egregio Signore
da quello che lei afferma sorgono anche a me dei dubbi, ma tali dubbi possono essere sciolti solo attraverso un esame nel merito. Le consiglio di rivolgersi ad un professionista di sua fiducia, in quanto per via telematica è difficile dare un suggerimento diverso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, a febbraio 2018 dopo quasi 10 anni di lavoro, mi sono dimesso da Atac (contratto indeterminato) ora trascorsi 28 mesi ho vinto il concorso e sono stato riassunto…
Contratto a tempo determinato di 24 mesi con periodo di prova di 6. Questa volta l’atac ha previsto di applicare solamente il CCNL nazionale autoferrotranvieri ed escludere i nuovi assunti dalla contrattazione aziendale di secondo livello (350€ in meno) le domande sono…
Devo rifare il periodo di prova?
Può applicare il contratto integrativo aziendale solo ad alcuni dipendenti?
C’è modo di recuperare la vecchia anzianità maturata? Grazie
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza una azienda che assume nuovamente il lavoratore il cui precedente rapporto di lavoro si sia concluso per dimissioni o licenziamento deve collocarlo in mansioni dello stesso livello precedentemente svolte e per le quali ha maturato una specifica esperienza e professionalità; se ne desume che il lavoratore riassunto non può essere collocato in mansioni di livello inferiore a quelle precedentemente svolte nella stessa azienda. Inoltre il lavoratore riassunto non deve effettuare il periodo di prova (si tratterebbe di una ripetizione di quanto già effettuato e già valutato dal parte del datore di lavoro). Per tutto il resto e per altre delucidazioni le consiglio di rivolgersi ad un consulente del lavoro che sarà molto più puntuale e preciso della sottoscritta e potrà indirizzarla correttamente per la tutela dei suoi diritti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, lavoro da quasi un anno presso un’azienda di Torino e ieri, alla scadenza dell’ultimo rinnovo, mi ha consegnato un foglio affinché lo firmassi per proseguire il mio lavoro presso la stessa sede, ma cambiando fattore di lavoro, ovvero come somministrato. È legalmente possibile questo passaggio? Posso impugnare qualcosa affinché venga assunta a tempo indeterminato dall’azienda? Come conviene muovermi? Firmare in ogni caso? Grazie
Gentile Signora
il contratto di lavoro a tempo determinato a seguito delle modifiche apoportate dalla legge n. 96/2018 (con conversione del D.L. n. 87/2018 c.d. Decreto Dignità) è applicabile ai contratti di lavoro stipulati dopo il 14 luglio 2018 nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018 (laddove per proroga si intende il prolungamento della scadenza del contratto e per rinnovo si intende la riassunzione del lavoratore dopo la scadenza del contratto) e stabilisce che il rapporto di lavoro può essere rinnovato solo in presenza di una delle causali di cui all’art. 19 mentre il numero massimo delle proroghe è stabilito nella misura di quattro nell’arco dei 24 mesi. Pertanto, in primo luogo occorrerebbe capire se si tratta di un rinnovo o di una proroga. Per quanto concerne il rapporto di somministrazione questo può anche essere a tempo determinato con la conseguente applicazione di tutte le norme che disciplinano il rapporto di lavoro a tempo determinato con l’unica differenza che tra il lavoratore e il datore di lavoro si colloca una agenzia per il lavoro, infatti solo quest’ultima può esercitare la somministrazione di lavoro. Come può ben vedere la questione che lei afferma dovrebbe essere valutata attentamente nel merito, con il vaglio di tutta la documentazione, in modo da poter dare delel risposte esaurienti. Le consiglio di rivolgersi ad un consulente del lavoro che sul punto sarà certamente più preciso della sottoscritta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Vi espongo il mio problema.
A gennaio ho comprato una moto aziendale (ancora in garanzia), da un concessionario, dicendomi che era perfetta come nuova.
Il problema è che dopo un po’ di tempo mi sono accorto che la moto presenta un componente al livello di motore “sostituito” in maniera molto rudimentale, infatti perde anche parecchio olio.
Volevo sapere se è possibile ridare indietro la moto e riprendere i soldi, considerato che secondo il mio parere sono stato preso in giro dal concessionario.
Grazie.
Egregio Signore
nell’arco della garanzia (legale, solitamente di due anni, o convenzionale) può rivolgersi al venditore chiedendo la riparazione o in alternativa la sostituzione della parte specifica del veicolo acquistato (codice del Consumo art. 130: Il venditore e’ responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformita’ esistente al momento della consegna del bene). Ove non sia possibile procedere alla suddetta riparazione o sostituzione, per impossibilità a rimediare al guasto, o per mancanza del pezzo difettoso ovvero perchè la riparazione o la sostituzione sarebbero troppo onerose, potrebbe chiedere la sostituzione dell’intero veicolo, con un altro che abbia le stesse caratteristiche (Codice del Consumo art. 130 comma 3: Il consumatore puo’ chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro), o inalternativa può chiedere la risoluzione del contratto di compravendita con la restituzione della somma versata (Codice del Consumo art. 130 comma 7: Il consumatore puo’ richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni: a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5; c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera ho acquistato presso il negozio poltrone sofà di Lucca un divano angolare chiedendo espresamente visto che la scala di accesso è stretta se ci potevano essere essere dei problemi per farlo passare. L’addetto ci ha detto non c’erano problemi in quanto il divano diviso in più pezzi veniva montato direttamente in fase di montaggio.,invece il divano è composto da un unico blocco e non passa dalle scale. Chiaramente leggendo il cl tratto loro si sono stratutelati ma possibile che le info dateci errate non contini nulla? Non ci sono estremi per una controversia? Al momento stiamo vedendo se possibile farlo entrare dalla finestra non siamo sicuri che ci passi e comunque dovremo noleggiare attrezzature per caricarlo e alzarlo.
Grazie
Gentile Signora
trattandosi di operazione commerciale conclusa all’interno di un locale commerciale (negozio) non è possibile esercitare il diritto di recesso, ovvero di restituzione della somma pagata e nè di sostituzione del bene (ammissibile nell’ipotesi di contratti di compravendita conclusi a distanza o al di fuori dai locali commerciali). A quanto mi pare di capire il divano non presenta un difetto o un vizio ma si tratta di una struttura indivisibile che per tali ragioni non passa dalle scale e pertanto si tratta di un problema, che per quanto difficile e anche dispendioso dal momento che la soluzione potrebbe prevedere l’utilizzo di un carrello elevatore per farlo passare dalla finestra, mi sembra difficile poterlo addebitare interamente al venditore, con conseguente piena responasbilità di quest’ultimo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie
Buon giorno. Ho ricevuto un invito ad aderire ad una convenzione di negoziazione assistita per una questione che riguarda lo scolo di acque meteoriche. La controparte attraverso il legale non ha reso accessibili i luoghi coinvolti dal danno se non in sede di convenzione, obbligando di fatto ad aderire per poter acquisire elementi utili alla perizia tecnica. Dopo opportuna valutazione, considerando il comportamento non collaborativo della controparte, ho deciso di non aderire alla convenzione e ho inviato una lettera motivando tale decisione con la mancanza di lealtà e buona fede della controparte specificando i comportamenti in questione. Ora attendo la citazione in giudizio. L’importo dovrebbe superare i 5000 euro. Esiste la possibilità che il giudice non sanzioni la mia mancata adesione alla convenzione in considerazione delle motivazioni addotte? La citazione prevede un termine temporale per poter organizzare con il legale la difesa?
Grazie
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
la negoziazione assistita (Legge 10 novembre 2014 n. 162) si conclude con una convenzione di negoziazione, che mira a risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati. L’eventuale rifiuto della parte di aderire alla convenzione può essere valutato dal giudice ai fini delle spese di giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 C.p.c. (Responsabilità aggravata con conseguente risarcimento dei danni) e 642, comma 1 c.p.c. (esecuzione provvisoria del provvedimento). Come lei può notare la norma fa riferimento al potere discrezionale del giudice di sanzionare o meno il comportamento della parte che non ha aderito alla convenzione di negoziazione. Trattandosi di una valutazione prettamente discrezionale del giudice, (che certamente vaglierà le sue motivazioni) non è possibile avanzare a priori eventuali ipotesi in senso positivo o negativo. L’atto di citazione deve esserle notificato e tra il giorno della notifica e il giorno dell’udienza (indicato in citazione) devono intercorre termini liberi non minori di novanta giorni se il luogo di notificazione si trova in Italia, e di centocinquanta giorni se si trova all’estero.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie Avvocato. Se il giudice decide che esiste un concorso di colpa da parte del danneggiato le spese processuali e legali spettano tutte al convenuto?
Grazie
Maria
Buon giorno. Chiedo cortesemente un consiglio sul comportamento da adottare nella diatriba che passo a illustrare. All’inizio del 2019 tre fratelli sottoscrivono finalmente un accordo davanti ai rispettivi avvocati. In esso si concede ad uno di loro l’acquisto dei 2/3 e la sostituzione delle chiavi in attesa del rogito di un appartamento ereditato dopo la morte del padre avvenuta due anni fa. Dopo sette mesi, con assurdi pretesti, il rogito non è ancora avvenuto a causa di impedimenti pretestuosi tipo contestare la scelta del notaio ma non scioglierne uno di suo gradimento fino a non rispondere ad ogni invito per stipularlo. Recentemente gli è stata inviata una raccomandata nella quale lo si invita a rogitare e si minaccia di andare davanti a un giudice se dopo 10 giorni dal ricevimento della raccomandata non ci fosse stata una risposta che anche in questo caso non c’è stata. Dopo la raccomandata il legale consiglia però di continuare sulla via extragiudiziale che fino ad ora non ha portato a nulla. Che fare?
Egregio Signore
se il suo legale di fiducia ha intenzione di proseguire in via extragiudiziale avrà ottimi motivi per raggiungere il risultato sperato e nel minor tempo possibile, lasciando la possibilità di adire al giudice come ipotesi estrema. Il decorso del tempo consente altresì di scegliere se agire ai sensi del dispositivo dell’art. 2932 Codice civile (Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto) ovvero ai sensi dell’art. 1453 c.c. (Risolubilità del contratto per inadempimento con conseguente pronuncia al risarcimento del danno).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
vorrei avere delle informazioni in merito alla mia situazione rispetto ad un immobile in comproprietà con il mio ex convivente ( nessun contratto di convivenza-regolazione giuridica). Sei anni fa abbiamo acquistato una casa della quale siamo proprietari al 50 %(no mutuo). Due anni fa ci siamo separati, lui è andato via di casa trovandosi una soluzione alternativa e pagandosi un affitto ed io son rimasta pagando le regolari spese di casa più piccoli lavori strutturali di emergenza. Entrambi non abbiamo un buon reddito, io ancor meno di lui che ha un contratto lavorativo. Casa è in vendita, c’è stata una svalutazione del 30 % sul prezzo di acquisto iniziale, ma attualmente non ci sono state proposte effettive. Dopo aver fatto le ultime valutazioni sul mercato gli ho proposto di rilevare l’altra parte di casa a prezzo di mercato, allo stesso modo di avviare lui la stessa procedura volendo oppure di provare ad abbassare il prezzo e venderla ora a terzi con il prezzo effettivo. Lui è in opposizione in quanto chiede un risarcimento morale ed economico dell’affitto non percepito per questi anni e per non aver goduto della sua parte. Non c’è stato tra noi nessun accordo- contratto di locazione, né un accordo preventivo in merito. Chiedo appunto se lui essendo ugualmente proprietario (ha le chiavi di casa, residenza, parte della sua roba in casa) può chiedermi questo tipo di risarcimento, oppure se questo possa essere eventualmente una mia discrezione. Ed inoltre di fronte alla sua opposizione nel vendere casa all’attuale prezzo di mercato, ritardando la vendita e ipotizzando un suo rientro in casa, che non ha due stanze per una convivenza, cosa posso fare.. Grazie
Gentile Signora
in tali casi la soluzione più rapida è quella di procedere alla divisione della comproprietà dell’immobile dove si è sviluppata la convivenza, quando questo sia di proprietà di entrambi i conviventi e in subordine la vendita dell’immobile con successiva divisione del ricavato. Ma mi sembra che tali ipotesi siano già state prese in opportuna considerazione e valutate da entrambi. Il fatto che il suo ex compagno si sia allontanato dall’immobile in comproprietà per andare a vivere in un altro alloggio dove paga un affitto mi sembra più una sua scelta volontaria che obbligata pur permanendo il diritto di proprietà nella misura del 50%. Il discorso cambia sela scelta fosse stata concordata o per necessità derivanti dalla famiglia di fatto come ad esempio il diritto di abitazione della prole. L’unico consiglio che posso darle è quello di mettere a completa disposizione l’appartamento al suo ex compagno, comproprietario nella misura del 50%.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, a Giugno 2016 ho pubblicato l’edizione italiana di un mio libro, gia’ pubblicato in lingua inglese da altro editore, con un editore Italiano.
Il contratto da me firmato stabilisce che, come autore, conservo la proprietà intellettuale (copyright ©) dell’opera ma mi obbligo a non pubblicare altra opera che possa fare concorrenza a questa.
L’editore avrebbe dovuto pagarmi 1.80 euro a copia venduta. In questi tre anni pero’ non mi e’ mai stato comunicato un resoconto delle vendite, non ho mai ricevuto un euro e l’editore non risponde alle mie email.
Vivo all’estero e non penso sia fattibile fare cause legali (verosimilmente l’editore mi deve poche centinaia di euro). La mia domanda quindi e’: posso considerare il contratto nullo e ripubblcare il libro indipendentemente?
Grazie infinite per l’attenzione e cordiali saluti.
Egregio Signore
le consiglio vivamente di non considerare il contratto nullo, ma di procedere con la risoluzione dello stesso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
sono sposato con mia moglie da quasi 1 anno e all’improvviso da qualche settimana ha cambiato idea sul nostro futuro insieme, dice di non volersi più sistemare e di voler viaggiare per lavoro. Il suo lavoro l’ha sempre portata lontana da casa per periodi più o meno lunghi, ma mi ha sempre detto di essere intenzionata a cercare ingaggi più vicini e col tempo di trovare il modo di lavorare almeno nella stessa regione dove abitiamo. Adesso sembra aver cambiato idea e sta pensando di lasciarmi, io però non sono d’accordo. Lei dei due è quella economicamente forte, perché ha ricevuto una bella eredità dal padre, quindi se le cose dovessero andare male vorrei quantomeno ricevere una sorta di indennizzo per i quasi 10 anni passati insieme in cui sostanzialmente mi ha fatto credere che la nostra relazione potesse avere un futuro, periodo durante il quale l’ho sostenuta economicamente (prima che ereditasse) e moralmente per la scomparsa di entrambe i suoi genitori nel giro di poco tempo. Inoltre se si arrivasse ad una separazione vorrei che gli addebiti cadessero su di lei, che farebbe questa scelta senza avere validi motivi visto che i sentimenti reciproci non sono cambiati (inoltre nessuna violenza domestica o abuso di qualsiasi tipo). Purtroppo ho capito adesso che è una persona egoista e individualista, perciò anche se detesto prepararmi alla battaglia mi chiedo: quali sono le mie opzioni? Come comportarmi al meglio per vincere un’eventuale causa di divorzio?
Grazie
Egr. Sig. Giulio,
parto del problema dell’addebito per precisare che, in realtà, nel caso da lei descritto, non si pone questo tipo di questione. Per separarsi non deve sussistere nessun valido motivo se non la mancanza di volontà di proseguire nel progetto di vita in comune. Mi dispiace ma anche per quanto riguarda il mantenimento temo che, se le è economicamente indipendente, difficilmente riuscirà ad ottenerlo. In ogni caso, per questo ultimo aspetto, è evidente che dovrà far visionare ed esporre tutti i dati reddituali e patrimoniali all’avvocato da cui sarà assistito per l’eventuale separazione.
Sappia, comunque, che non ci si può opporre alla separazione ed in ogni caso restare insieme a dispetto della volontà di sua moglie sarebbe deleterio per entrambi. Le suggerisco, anche se non ve n’è bisogno, di intraprendere un fitto dialogo con sua moglie per capire se realmente esistono margini per ricucire questa frattura o se invece la decisione è irreversibile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, ho presentato una denuncia alla Procura della Repubblica nei confronti di un signore che, a seguito di un mio esposto alla Camera di Commercio contro l’operato di un’agenzia immobiliare, era stato chiamato come testimone chiave dallo stesso ente pubblico al quale quale rendeva però palesi false dichiarazioni e per questo il procedimento veniva archiviato. Il PM ha chiesto l’archiviazione perchè gli atti dell’istruttoria di un procedimento alla Camera di Commercio non avrebbero la natura di atto pubblico come richiesto dall’art. 483 C.P.. La cosa mi lascia molto perplesso. Prima di fare opposizione,vorrei avere un vostro parere tecnico. Ringrazio molto.
Gentile Sig. Salvatore,
in realtà dipende dal tipo di atto e dal tipo di procedimento di cui si tratta. In alcuni casi, in caso di dichiarazioni false o mendaci è la Camera di Commercio che segnala il fatto alla Procura della Repubblica competente. Ma non tutti gli atti hanno questa natura. Se desidera fare opposizione alla richiesta di archiviazione, le suggerisco di rivolgersi di persona ad un legale portandogli tutta la documentazione in suo possesso affinchè egli possa fare le dovute valutazioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve Avvocato.
Convivo con una donna separata da qualche anno, assieme ai suoi figli. Lei non lavora e non percepisce assegno di mantenimento ne per lei neanche per i figli. Ha dunque della cause civili e penali in tribunale con il suo ex che, nonostante il dispositivo del Tribunale, non versa nulla.
Con la nostra convivenza ( preciso che io come residenza non risiedo a casa sua, ma in altro indirizzo dove ufficialmente abito ), è vero che, avendo io un reddito ed un lavoro a tempo indeterminato, possa farle perdere l’assistenza legale in gratuito patrocinio che ella ha per queste cause di richiesta di mantenimento ?
E che dovrei pagarle io come convivente ? E che le spetterebbe un domani anche qualcosa del mio TFR e pensione poiché convivente ?
Sapevo che sposandola avrei dovuto assumermi queste responsabilità, economiche soprattutto….. ma pure con la convivenza ? Cioè dovrebbe pagarsi in proprio l’assistenza legale e visto che non può, spetterebbe a me ?
Grazie
Dunque, per quanto riguarda il gratuito patrocinio, in realtà dipende da dove lei risiede. Ovviamente, la residenza anagrafica indica un indirzzo diverso ed in questo caso il suo reddito non inciderebbe sui requisiti per il gratuito patrocinio. Però, ove venissero svolti accertamenti e risultasse che lei di fatto convive con la signora, a seconda del suo reddito, potrebbe decadere dal beneficio e soprattutto essere denunciato per il reato di falso.
Le spese per la cause della sua compagna non possono ricadere su di lei. Lei non è tenuto a provvedere economicamente al pagamento delle spese legali.
Il problema del tfr non si pone fin quando lei è in vita. Un domani, la sua compagna avrà alcuni diritti che oggi la legge riconosce per una quasi equiparazione della coppia di fatto alla coppia coniugata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato, la mia questione e’ semplice: nel caso in cui un cittadino abbia difficolta’ a trovare un difensore, in ambito civile e all’infuori del gratuito patrocinio, in cui potrebbe rientrare anche la difficolta’ della causa, come deve comportarsi?
Ennio Battilana
Se il problema non è quello di trovare un legale con il gratuito patrocinio, ma un legale che l’assista in una causa molto complessa, credo che non avrà grosse difficoltà. Oggi gli avvocati sono in numero così elevato che trovare chi se la senta di assisterla non dovrebbe essere difficile. Ad esempio a Roma il numero di avvocati è superiore al doppio degli avvocati di tutta la Francia. Ovvio che se lei abita in un paesino di pochi abitanti, forse dovrà trovare un legale in altri paesi limitrofi o nella più vicina città.
Se il problema riguarda il gratuito patrocinio, allora potrà rivolgersi all’ordine degli avvocati del luogo in cui vive e consultare l’elenco degli avvocati abilitati al patrocinio gratuito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
la mia amica ha un problema con il suo ex marito relativamente agli assegni famigliari. Lei è casalinga, non percepisce reddito (Isee sotto i 15.000 euro) ed ha un figlio di 14 anni avuto dal marito dal quale ha divorziato 10 anni fa. Dalla nascita del figli il padre percepisce l’assegno famigliare ma, essendosi risposato ed avendo avuto altri due figli, tali soldi non vengono utilizzati per i bisogni del primo figlio ma per quelli della nuova famiglia. Infatti l’ex marito, malgrado asserisca di non guadagnare tanto dal proprio lavoro dipendente e di avere difficoltà nel sostentamento della nuova famiglia, ha recentemente acquistato una nuova auto, garantitosi il noleggio stagionale di una posto ombrellone ad un Bagno al mare nonché goduto di frequenti soggiorni in agriturismi ecc. In conseguenza di ciò vorrebbe gentilmente sapere se ci fossero gli estremi per poter agire legalmente per richiedere la restituzione a Lei (o almeno al 50%) degli assegni famigliari degli ultimi 10 anni, ovvero dal momento in cui hanno divorziato. Grazie in anticipo
Egr. Sig. Paolo,
gli assegni familiari spettano al coniuge con cui convivono i figli minori anche se percepiti dall’altro coniuge. Questo significa che l’ex marito della sua compagna avrebbe dovuto corrisponderli alla stessa dopo averli lui stesso percepiti dal datore di lavoro. Non perderei altro tempo, rivolgetevi subito ad un legale per ottenere sia il pregresso, nei limiti del termine di prescrizione, sia gli assegni che vengono percepiti ogni mese.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
ho una bambina di 7 anni avuta dal mio ex compagno con il quale non sto più insieme da 4 anni. Io ho un lavoro stagionale con Isee che attesta il regime di difficoltà economica. Il mio ex compagno ha 50 anni, non lavora, soffre di attacchi di panico ed ha diversi debiti così, conseguentemente, non è mai riuscito a pagare gli alimenti per la bambina. La madre del mio ex compagno è benestante invece ma, malgrado la situazione del figlio, non gli dona mai nessun soldo nemmeno per la nipotina. A tal proposito vorrei gentilmente sapere se, relativamente agli alimenti, sarebbe possibile agire legalmente direttamente nei confronti della madre anziché dell’ex compagno oppure se deve essere l’ex compagno ad agire nei confronti della madre ed io, successivamente, nei confronti dell’ex compagno nel caso in cui continuasse a non pagare gli alimenti. Inoltre, in caso positivo, sarebbe possibile chiedere anche gli arretrati alla madre? Vi ringrazio in anticipo
Indubbiamente in caso di comprovata impossibilità del suo ex a pagare il mantenimento per la figlia, lei può agire per chiedere che la nonna sia obbligata a corrispondere un assegno alimentare. Ovviamente, tutte le valutazioni concrete dovrà farle con un legale a cui dovrà rivolgersi il quale potrà studiare in dettaglio la situazione.
Dubito che possa chiedere gli arretrati alla nonna in quanto ad oggi non ha mai chiesto alla stessa formalmente di contribuire in luogo del figlio al mantenimento della nipotina.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
il quesito è commerciale sull’ applicazione dell’articolo cc 2575, Opere dell’ Ingegno, di cui tanti Comuni e associazioni applicano in modo distorto per la realizzazioni di mercatini, Le chiedo conferma che detto articolo si applica ad opere dell’ingegno di carattere creativo appartenenti al dominio delle scienze, della letteratura, della musica, delle arti figurative, dell’architettura, del teatro e della cinematografia, qualunque sia il modo e la forma di espressione sono protette dal diritto d’autore, come scritto da varie fonti e non alla composizione di articoli, che pur belli, come bigiotteria, lavorazioni di ceramiche, tessuti, legno, fatti con l’ausilio di semi lavorati , Essi rientrano nell’ambito dell’ Artigianato e in quanto tale per operare bisogna essere iscritti alla CCIAA,
Confermo in parte quanto da lei scritto. In particolare, non devo precisare che per gli articoli di artigianato non è richiesta l’iscrizioni alla CCIAA se l’attività svolta non è quella propria dell’artigiano, lavorazione e produzione per la vendita, ma come nel caso delle associazioni, mera attività sociale rivolta a persone bisognose che sono gli effettivi autori di quelle opere che possono essere cedute nei mercatini con offerta libera degli acquirenti. Il ricavato in questi casi è a beneficio delle persone bisognose che sono state coadiuvate nella realizzazione delle opere.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
certo le associazioni sono esulate , anche per beneficenza, ma io mi riferivo ai Comuni e associazioni che fanno mercatini per operatori del proprio ingegno e che quindi fanno partecipare singole persone e ovviamente a scopo di lucro che oltre quello che ho già scritto se superano un introito superiore ai 5000€ l’anno si devo fornire di partita Iva ed essere iscritta alla gestione separata dell’ Inps per i contributi a percentuale eccedente detto limite
Fin qui ci siamo ed è perfettamente legale ma il punto è che in base all’articolo 2575 cc non posso ritenersi opere dell’ingegno gli articoli che già le ho descritto ma essi rientrano nell’artigianato.
Le chiedo conferma di quanto ho scritto
Grazie
Marco
Egregio Signore
la categoria delle opere dell’ingegno tutelate dal diritto d’autore è una categoria aperta, non tassativa, variando dalle opere letterarie, musicali, fotografiche, cinematografiche , alle arti figurative (come la pittura e la scultura) e pertanto non limitata al solo disposto di cui all’art. 2575 Codice civile. L’opera dell’ingegno è principalmente un’ opera a carattere creativo, e in alcuni casi, ovvero sulla base di quello che realizza, l’artigiano può essere considerato un creativo. Resta fermo quanto affermato in merito agli obblighi fiscali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
certo che un artigiano può essere anche un creativo per singole opere e/o realizzazione ma non certo chi, spacciandosi per tale , produce per esempio bigiotteria con elementi comprati e poi assemblati , e già sono stato largo altrimenti solo infilati , e non in singoli esemplari ma in decine di repliche oppure chi fa cinture, borse ecc in decine di pezzi identici. Ecco , questi sono artigiani, che per non pagare tasse, iva, inps si celano dietro la parvenza di creativi e ovviamente non avendo tutti gli oneri e regole da rispettare applicano prezzi molto inferiori del dovuto e questo se permette è concorrenza sleale. Di fatto con tutti questi mercatini, chi opera nel rispetto della legge è svantaggiato e quello che mi fa più arrabbiare è chi dovrebbe controllare è il primo ad istituire tali mercatini , e che io non condanno in quanto forma di espressione ed arte e anzi ho diversi amici che sono effettivamente creativi . Non bisogna essere un esperto e non mi si dica che un vigile o gli addetti al commercio non riescono a vedere queste differenze. Se poi fosse in qualche maniera il lasciar lavorare persone per il cosi detto campare , boh passi , ma poi hanno doppi lavori, pensioni, macchine grosse e nuove e allora proprio no. La Regione Toscana ha infatti stretto le maglie ed ora c’è un massimo di mercatini che uno può fare ed obbligo di P,I. per gli operatori che proprio creativi
non sono
Saluti
Marco
Egregio Signore
capisco il suo rammarico e in parte condivido le sue opinioni. Certamente la categoria delle opere dell’ingegno è una categoria piuttosta vasta e non tassativa poggiando sul requisito della creatività e della originalità dell’opera e nella qualità di avvocato posso affrontare la questione solo sotto il profilo giuridico, mentre i necessari controlli e autorizzazioni, idonei a segnare la linea di confine tra artigianato e opere dell’ingegno, spettano agli organi competenti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
ho fatto partire il messaggio senza salutarla.
Cordiali Saluti
Marco
Buongiorno,
alcuni mesi fa ho portato una lampada Tiffany ad un negozio di articoli di vetro e specchi per ottenere un preventivo per mettere un punto di saldatura. La “signora” mi ha ricontattato, dopo un periodo di 3 mesi di attesa, per comunicare che ha eseguito il lavoro per un totale di EUR 380.00 (stessa cifra che ho pagato per l’acquisto di tutta la lampada). Questa persona ha il diritto di eseguire il lavoro senza il Preventivo richiesto e chiedere quella cifra?
Grazie e buona serata.
Non vi è dubbio che avrebbe dovuto presentarle un preventivo. Nel contempo, devo dire che lei avrebbe dovuto esigere che venisse messo per iscritto che la lampada veniva lasciata in custodia al negozio solo in funzione del prevenivo, salvo pi decidere se eseguire o meno la lavorazione.
E’ indubbio comunque che lei è stata privata della possibilità di decidere e quindi potrebbe, in teoria, far valere le sue ragioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno.
È probabile che mi debba costituire in giudizio. Vorrei sapere se è possibile chiamare in causa un terzo sia nella procedura presso il giudice di pace sia presso il tribunale ordinario. Il terzo in causa sarebbe una persona la cui iniziativa ha causato un danno a terzi che il giudice potrebbe condannarmi a risarcire. Posso contestualmente alla procedura chiamare in causa questa persona come terzo e chiedere che sia condannata a risarcirmi a sua volta per il danno che dovrei risarcire non imputabile alla mia responsabilità?
Grazie
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
la chiamata in causa del terzo avviene qualora la parte ritenga di essere garantita ovvero manlevata nelle obbligazioni nei confronti dell’altra parte. La chiamata in causa del terzo deve essere effettuata nella comparsa di risposta ai sensi del”art. 269 C.p.C. chiedendo al giudice lo spostamento della prima udienza per consentire la citazione del terzo (mediante un atto di citazione) e nel rispetto dei termini dell’articolo 163 bis c.p.c.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
I miei vicini di casa hanno chiamato i carabinieri lamentandosi di rumori notturni ( abbiamo purtroppo nidi di colombi sul tetto, si dorme male ma non è certo colpa mia). In realtà li hanno chiamati e gli hanno raccontato tutti i fatti miei incluso il fatto che quando ero piccola uno dei miei genitori si è suicidato, che esco poco e non lavoro, che non sono fidanzata e che parlo da sola con il mio gatto e per questo motivo hanno chiesto ai carabinieri che io venga messa in ospedale psichiatrico. I carabinieri invece che ridergli in faccia hanno avuto anche il coraggio di raccontarmi queste cose e consigliarmi una terapia per il mio lutto (vecchio di vent’anni e superato). Ho mandato una lettera di diffida a questi miei vicini ma sono stufa e vorrei denunciarli perché non è possibile che raccontino in giro fatti miei ( sia che siano veri sia che siano falsi). Il motivo per cui mi odiano è perché li ho mandati a quel paese in più occasioni e perché quando fanno rumore (e ne fanno molto) gli chiedo di smetterla. Cosa potrei fare secondo voi? Io non ho voglia di fare denunce anche perché non navigo nell’oro, ma ne ho piene le scatole. Non posso neanche invitare uomini in casa perché vanno a raccontarlo in giro. Le pare possibile che io non possa parlare con i miei animali e che se litigo con qualcuno al telefono loro registrino la telefonata?? Non mi risulta sia un reato piangere in casa propria ed è assurdo che sappiano dei miei spostamenti (vuol dire che mi controllano). Oltretutto in due occasioni li ho chiamati io i carabinieri e non sono mai venuti. Ringrazio in anticipo per la risposta. Se non potete rispondermi grazie mille comunque.
Gentile Signora,
il fatto che i vicini registrino le sue telefonate costituisce sicuramente in violazione della sua privacy. Il problema è però che è molto difficile dimostrarlo, quindi, eviterei di denunciarli in assensa di prove.
I carabinieri in certe situazioni non brillano di delicatezza e a volte non colgono il cuore del problema. Si spiega, quindi, il loro maldestro tentativo di suggerirle di farsi aiutare da uno specialista.
Ove dovessero di nuovo verificarsi situazioni come queste, mi sento di consigliarle di provare a parlare con gli agenti cercando di spiegare loro quanto ha raccontato a me. I litigi tra vicini sono molto frequenti, e le assicuro che quasi mai le denunce risolvono il problema.
Ultima cosa, se dovesse chiamare i carabinieri e non si presentano, trascorso un certo tempo dalla chiamata, provi a ricontattarli in quanto hanno l’obbligo di intervenire e redigere un verbale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Lei ha ragione nel dire che i litigi tra vicini sono frequenti. Quello che non è frequente è mettersi a tormentare una ragazza che ha la mamma che si è suicidata quando era piccola. Loro si comportano così per vedere se mi suicido anche io. Secondo me questo è un reato.
Per fortuna io sono forte e sopravvivo a tutto.
Gentile Signora
purtroppo i vicini di casa spesso non si scelgono e alcuni, come nel suo caso, superano i limiti del rispetto e della normale tollerabilità invadendo il campo della sua privacy. Preventivamente, prima di adire le vie legali, le consiglio di rivolgersi all’amministratore del condominio esponendo i fatti e chiedendogli di agire quale intermediario. Certamente lei è una persona forte e riuscirà a superare tali problematiche con successo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Mia madre 88 anni vedova da circa due anni vive con me , percepisce la pensione piu’ l’accompagnamento per un totale di circa 1400 euro.
Sino a quando non gli e’ stata assegnata la pensione (meno di euro 1000,l’accompagnamento e’ avvenuto dopo circa 6 mesi ) nessuno dei miei fratelli e sorelle si sono interessati su come potesse vivere, pagare tutte le spese di accudimento, spese straordinarie del condominio oltre a ordinarie,luce gas ecc ecc…
Ora vive con me, a casa mia con la mia famiglia, pago tutte le spese(del suo appartamento) e quello che resta rimane a me che la ospito.
Comincia ad essere molto anziana e’ malmessa in salute, la mia preoccupazione e’ che se dovesse decidere di andare a vivere con un mio fratello o sorella in un’attimo di debolezza…il patrimonio immobiliare (ancora non diviso) potesse prendere strade non trasparenti.
Ha la capacita’ di intendere e volere, ma ha una bella eta’ e si sa si diventa bambini, due coccole due bacini….e il gioco e’ fatto.
Come posso tutelarmi e far si che cio’ che e’ rimasto intatto per tutti questi anni non si volatizzi all’ultimo?
La ringrazio anticipatamente
Rodolfo
Egregio Signore
a quanto mi pare di capire la sua anziana madre, pur mantenendo integre le capacità mentali non è del tutto autosufficiente e pertanto, l’unico consiglio che posso suggerire è quello di ricorrere al giudice tutelare chiedendo di essere nominato quale amministratore di sostegno per il compimento delle azioni quotidiane e per la gestione del patrimonio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, circa un mese fa sono stato tamponato però il conducente dell’auto se rifiutato di prendersi la colpa e di conseguenza non ha firmato il cid
Io ho fatto denuncia di sinistro alla mia assicurazione, e venuto il perito.
Oggi ho ricevuto una lettera del liquidatore che mi dice del mancato risarcimento con la spiegazione che la controparte ha un testimone.
Quando ho fatto denuncia ho specificato che ne io e ne la controparte al momento dell’incidente avevamo passeggeri.
Vi spiego la dinamica dell’incidente “ero fermo allo stop sto per ripartire e l’auto si è spento vado per accendere il motore e mi sento tamponare” premetto che la strada dove è successo l’incidente è pianeggiante
La controparte dice che io sono andato indietro ma non è assolutamente vero. La mia domanda è posso fare denuncia per falsa testimonianza? Come devo agire?
Il problema nella pratiche di risarcimento per sinistri stradali è che i testimoni, “più o meno reali”, sono all’ordine del giorno. Ovviamente con ciò non sto sostenendo che la sua controparte si sia accordata con il “testimone”. Ma per esperienza pregressa, questo è all’ordine del giorno.
Lei ha sostenuto la verità. Ma se ci pensa bene, difficilmente il liquidatore può contestare la testimonianza di una persona a meno che non presenti evidenti contraddizioni.
L’alternativa? L’unica per lei sarebbe denunciare la controparte ed il testimone (in fondo si tratterebbe di una falsa testimonianza stragiudiziale), ma per fare questo dovrebbe avere la prova della falsità. Molto molto difficile.
A meno che il gioco non valga veramente il rischio, le sconsiglierei la denuncia. In caso di assoluzione, infatti, potrebbe essere a sua volta denunciato per calunnia.
Può provare però ad agire in sede civile per ottenere il risarcimento. In quella sede, potrebbe far emergere contraddizioni che ad oggi non sono emerse.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, io sono un operatore ecologico, la ditta per cui lavoro in accordo con il Comune, mi hanno fatto svolgere un corso di formazione e sono diventato ispettore ambientale, leggendo il CCNL del mio settore avrei diritto ad un livello superiore a quello che ho attualmente, ora per paura della richiesta da parte mia l’azienda non mi fa più svolgere quest attività, fatto solo per un mese. Avrei comunque diritto a richiedere il livello? Grazie per la risposta. Buona serata.
Egregio Signore
effettivamente lei avrebbe diritto a svolgere le mansioni per le quali ha acquisito la competenza professionale o comunque mansioni equipollienti. Le consiglio di avanzare tale richiesta al suo datore di lavoro ed eventualmente di farsi assistere da un legale di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la risposta, ho voluto chiedere un parere qui a lei, perché un avvocato , interpellato dal sindacato,ha risposto che il solo fatto di aver fatto un corso e acquisto il titolo da ispettore ambientale,non mi può dare diritto a richiedere il livello per il quale io dovrei svolgere quella mansione, perché per poter raggiungere il livello dovrei svolgere la mansione per 180 giorni continuativi, anche se tengo a precisare io non andrei a sostituire nessun collega, perché sono il primo ad aver svolto il corso e per un mese esercitato la carica. Lei mi consiglia di provare a sentire un avvocato di fiducia? Dice che ho la possibilità di poter fare qualcosa in merito? Grazie mille ancora per la risposta, buona serata.
Provi a sentire un avvocato di fiducia o anche un consulente del lavoro il quale, documenti alla mano, previa verifica degli stessi, potrà dare un consiglio più preciso. Comunque un tentativo per far valere il titolo acquisito non costa nulla.
sono reduce dalla conclusione, a mio favore, di un’ATP che si è conclusa, invece che dopo 6 mesi come previsto, dopo quasi 3 anni. Al primo incontro anticipai al CTU una somma di circa 600 euro al lorod di IVA e contributi vari. Attualmente non ho avuto ancora alcuna richiesta di saldo. Mi è stato detto che in caso di ritardo ingiustificato, (dovuto soltanto ad inefficienza/negligenza del CTU), è possibile non erogare alcun saldo al CTU. Mi servirebbe sapere se è vero e qual è la fonte giuridica. Grazie.
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza il saldo deve essere pagato a seguito della richista del CTU, ma essendo la causa conclusa da poco sussite ancora del tempo a disposizione per la richiesta. Non sono a conoscenza della possibilità di non pagare il saldo nell’ipotesi di ritardo ingiustificato ovvero per inefficienza/negligenza del CTU.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno, scusate, io sono un architetto siciliano che chiamano Sciuà e che purtroppo è stato condannato a 8 anni e sei mesi di carcere, per reati fuori dalla mia educazione e anche lontani dalla mia educazione totalmente diversi dalla professione di architetto, preciso nonostante mi sia dichiarato sempre innocente, questa pena ora è totalmente scontata, ma mi è stata agganciata l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, evidentemente oggi per poter lavorare devo iscrivermi a un albo professionale, tutti gli albi mi richiedono a oggi il certificato generale del Casellario Giudiziale o una dichiarazione in merito, che possibilità ho di riscrivermi e lavorare per mantenere la mia famiglia?
Onestamente la vedo complessa. Temo si troverà costretto a promuovere opposizione avverso il rigetto della sua domanda di reiscrizione. L’interdizione perpetua dai pubblici uffici è infatti considerata, spesso, ostativa all’iscrizione all’albo professionale.
Le suggerisco di procedere alla redazione della domanda facendosi sin dall’inizio assistere da un legale per poter poi, eventualemente, agire in opposizione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
purtroppo non trovo il modulo se mi potrebbe aiutare con un primo parere grazie
Ce una ragazza che sta con il suo momentaneamente compagno( non sono sposati) e hanno un figlio minorenne . Lei lo vuole lasciarlo e andare via . Questo però ( conosciuti dai carabinieri ) la minaccia che se lo lascia li fa del male. Lei vorrebbe andare dai carabinieri denunciarlo e poi lasciare la città. Ovviamente dire alle forze del ordine dove andrà a vivere. La mia domanda: lei può lasciare la città con il bimbo 6 anni iscrivilo a scuola dove vuole andare a vivere ?
Il compagno e ben conosciuto dalle forze del ordine .E ci sono stati gia denuncie per maltrattamento e violenza
Per l’iscrizione a scuola di solito è richiesta la firma di entrambi i genitori.
Quindi, la sua amica dovrebbe muoversi con molta cautela. Ovviamente può lasciare la casa dove vive con il compagno, portando con se il figlio. Il suggerimento è di trovare prima un abitazione e il giorno in cui lascia la casa di provenienza recarsi dei carabinieri per denunciare il compagno e per far presente che a causa del suo atteggiamento violento è stata costretta ad andarsene di casa portando con se il figlio.
Allo stesso tempo, andrei immediatamente da un legale di figucia per agire presso il tribunale al fine di regolamentare i rapporti genitoriali.
Un ultimo suggerimento: se nella città in cui vive o in altra città esiste un centro antiviolenza, potrebbe rivolgersi allo stesso per essere aiutata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Sono uno dei tre figli della madre vedova disabile. Io sono invalido civile. Mia madre ora in RSA. Mio fratello maggiore la viene a trovare mensilmente e basta. Mia sorella minore l’ha denigrata e ripudiata e pur sapendo delle sue condizioni è andata a trovarla una sola volta in 5 anni solo perchè l’avevo sollecitata. La retta fin ora la paghiamo io e mia madre avendo il conto cointestato. Adesso stiamo finendo le risorse. Per aver l’isee sociosanitaria ci vogliono i redditi di tutto il nucleo. Mia sorella nega il suo in quanto (dice lei) mantenuta non è dimostrabile. Io sono sfinito da questa storia e purtroppo non posso portarla ancora a casa perchè peggiorando non puo stare neanche su carrozzina normale e io abito in casa di proprieta condominiale al terzo piano. Ora chiedo se è possibile cambiare casa per le ragioni esposte senza aver ostacoli dai fratelli?anche con l’assistenza di un legale?
Egregio Signore
credo che sia necessario per lei e per sua madre trovare una soluzione alle vostre problematiche di salute anche mediante il cambio dell’abitazione, previa comunicazione ai restanti fratelli e sorelle. Per la complessità della situazione le suggersico l’assistenza di un legale di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
la questione che pongo riiguarda la possibilità di “abbrucioamento” delle frasche da potatura. Nella mia Regione, la Toscana, esiste una legge regionale che consente tale pratica, alternativa allo smaltimento delle frasche come rifiuti speciali secondo precise modalità di sicurezza. L’argomento è anche trattato nella normativa nazionale dei rifiuti. Il prblema specifico è questo: c’è chi ritiene che l’abbruciamento sia consentito soltanto alle imprese agricole e non ai comuni cittadini che, magari, abitando in compagna coltivano un piccolo fondo ad oliveto, vigneto e/o frutteto per uso esclusivamente personale. Io sostengo che, anche in questo caso, per assimilazione, il proprietario del fondo può smaltire le proprie potature tramite abbruciamento, nel rispetto delle normative nazionali, regionali e comunali, anche se non è tittolare di impresa agricola. Avrei bisogno di chiarimenti in merito, Grazie.
Egregio Signore
dall’analisi del D.P.G.R. n. 48/R dell’8 agosto 2003 – Regolamento Forestale della Toscana art. 66 mi pare di capire che l’abbruciamento dei residui vegetali derivanti da utilizzazioni legnose o da altre operazioni colturali è soggetto ad autorizzazione degli enti competenti. La domanda di autorizzazione può essere presentata dal proprietario e dal possessore, o in ultimo da un delegato. L’ abbruciamento può essere attuato solo a condizione del rispetto delle seguenti norme e precauzioni
a) l’ abbruciamento deve essere effettuato in spazi vuoti preventivamente ripuliti ed isolati da vegetazione e residui infiammabili e comunque lontano da cumuli di vegetazione secca e da vegetazione altamente combustibile;
b) il materiale deve essere concentrato in piccoli cumuli, evitando gli abbruciamenti diffusi, quali l’ abbruciamento delle stoppie e quelli di vegetazione radicata o sparsa sul suolo. I cumuli devono avere dimensione tale da determinare fiamme di modesta altezza e comunque sempre immediatamente estinguibili con gli attrezzi disponibili.
c) le operazioni devono essere attuate con un sufficiente numero di persone, sorvegliando costantemente il fuoco fino al suo completo spegnimento e, prima di abbandonare il luogo, verificando l’avvenuto spegnimento di tizzoni o braci;
Si tenga presente che tutti gli abbruciamenti sono vietati nei periodi a rischio di incendi di cui all’articolo 61 del D.P.G.R. n. 48/R dell’8 agosto 2003 – Regolamento Forestale della Toscana, ovvero nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 agosto di ogni anno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Carissimo Avvocato, io vorrei sapere una informazione per quanto riguarda l’assunzione a tempo indeterminato.
Le spiego in breve la mia situazione, io sono assunto a tempo indeterminato come agente di polizia locale presso un comune (superiore a 5000 abitanti) part time a 18 ore settimanali; un altro comune (dove in questo comune io sono in graduatoria di idoneo) hanno bandito (dopo il fabbisogno del personale) l’assunzione a tempo indeterminato part time a 18 ore settimanali di un altra unità.
Vorrei sapere se io posso essere assunto in tutti e due i comuni a tempo indeterminato part time a 18 ore ciascuno.
E vorrei sapere quale è la normativa di riferimento.
Grazie
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza è possibile essere ttitolari di due rapporti di lavoro a tempo parziale con due datori di lavoro diversi purchè non vengano superati i limiti dell’ orario di lavoro di 48 ore settimanali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
avrei bisogno di assistenza legale in merito ad una situazione di contrasto con un concorrente
Mio padre è titolare di una pizzeria d’asporto con possibilità di somministrazione di alimenti e bevande all’interno della stessa (avendo tutti i requisiti igienico-sanitari rilasciati dagli enti predisposti ASL e COMUNE), si trova da qualche tempo a dover subire la concorrenza dichiaratamente a ribasso di un vicino concorrente anch’esso pizzeria d’asporto legittimato però SOLAMENTE a vendere e quindi non a somministrare bevande ed alimenti, non avendo le dovute autorizzazioni (per esempio non è dotato di servizi igienici per i clienti e soprattutto per i disabili), ha occupato il suolo pubblico antistante (probabilmente con regolare autorizzazione comunale) attrezzandosi con numerosi tavoli e sedie e offrendo servizio ai tavoli, pur non essendo a nostro parere autorizzato a farlo. da qualche tempo abbiamo subito un forte calo delle presenze e delle vendite generate dal ribasso dei prezzi che il nostro concorrente sta applicando, e ci troviamo di fronte ad una critica e difficile situazione.
Tenendo conto di queste prime osservazioni, cosa si può fare? come si può intervenire? quali organi di controllo bisognerebbe avvisare?
Certi di un vostro gentile riscontro,
Vi ringrazio anticipatamente e porgo cordiali saluti
Egregio Signore
purtroppo non c’è molto da fare, in quanto mi pare di capire che il calo dei clienti presso la vostra pizzeria sia dovuta ai prezzi molto più bassi praticati dalla pizzeria accanto. Ciò rientra nel libero mercato e sicuramente è dovuto ad una sorta di pubblicità a seguito della nuova apertura della pizzeria. Con molta probabilità la situazione si stabilirà nel lungo periodo, con l’applicazione di prezzi più alti. Per quanto invece concerne l’occupazione del suolo pubblico e di servizio ai tavoli occorrono le necessarie autorizzazioni all’ASl e al Comune e quindi la eventuale verifica deve essere fatta presso di loro, anche se mi sembra molto strano che la pizzeria accanto pratichi tali servizi senza essere autorizzata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
scrivo per avere alcune delucidazioni in merito ad un incidente stradale che ovviamente mi vede coinvolto e a seguito del quale mi è stata ritirata la patente perchè positivo ai cannabinoidi.
Preciso, che sul luogo sono intervenute le forze dell’ordine per i dovuti accertamenti e rilevamenti nonchè l’ambulanza per soccorrere l’unica lesa, ossia la mia fidanzata, mia passeggera, in sella alla moto.
Preciso inoltre che secondo la dinamica dell’incidente, la responsabilità non è mia: l’autovettura mi ha letteralmente tagliato la strada, nello svoltare a sx, all’altezza di un incrocio ha invaso l’opposta corsia di marcia, investendo il sottoscritto che invece proseguiva regolarmente dalla direzione opposta.
Ora mi domando e Vi chiedo:
Cosa devo fare?
Come posso difendermi?
Mi conviene attendere la notifica del Tribunale per il discorso penale?
Quando riavrò la patente?
Cosa può succedere nel peggiore dei casi?
Al momento non ho ricevuto nessuna notifica, se non quella della questura in cui mi si invitava a presentarmi in caserma dove poi ovviamente mi hanno ritirato la patente.
Potrebbe succedere che il PM, nonostante la NON Responsabilità comprovata dal verbale della polizia, mi accusi di reato perchè alla guida in condizioni “psico-fisiche alterate” (così hanno scritto) più l’aggravante (accusandomi contestualmente di aver procurato l’accaduto)?
Preciso che sono una persona incensurata e mai mi sono trovato coinvolto in situazioni così scomode.
Attendo fiducioso una risposta che possa dissipare i miei dubbi.
Egregio Signore
innanzitutto occorre aspettare la notifica del 415 bis del Tribunale penale del luogo in cui si è verificato il fatto. Solo in quel momento è possibile prendere contezza del capo di imputazione e predisporre idonea difesa. Per quanto concerne il ritiro della patente si tratta di un ritiro provvisorio effettuato dal Prefetto a seguito degli esiti degli accertamenti dipsoti ed effettuati. In tali casi è possibile presentare un ricorso al Giudice di Pace del luogo del fatto. Qualora il reato viene accertato è prevista la sospensione della patente per un periodo che va da 1 a 2 anni. E’ necessario, pertanto, che si rivolga ad un avvocato di sua fiducia per la opportuna linea difensiva.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
Lesottopongo il presente quesito:
A seguito di un diverbio condominiale ,un inqilino si presenta alla mia porta e tenta di aggredirmi con un oggetto contundente, pur non arrivando allo scontro fisico questi (con un te la faccio pagare) si allontana , e fa giungere sul posto CC e abulanza , viene refertato per una lesione ( 3gg:), che io non gli ho procutato e
ricevo una querela per aggressione e lesioni.
Successivamente il querelante decede.
Gli eredi non rimettono la querela.
Posso, in sede di giudizio ( se dimostrata la falsità della aggessione e delle lesioni di cui mi si accusa) e assolto, chiedere i danni agli eredi?
Grazie
scusate gli errori , sono dovuti al vocale
Egregio Signore
ai sensi dell’art. 126 del Codice penale il diritto di querela si estingue con la morte della persona offesa (o querelante). Ma se la querela è stata già proposta, ovvero è stata prposta prima della morte della persona offesa/querelante, la morte della persona offesa non estingue il reato. In tali casi gli eredi possono procedere alla remissione della querela. In mancanza di remissione gli eredi proseguiranno nel processo, subentrando nella posizione sostanziale e processuale del defunto, senza effettuare una nuova costituzione e pertanto in caso di assoluzione si potrà agire contro gli stessi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
la ringrazio
in merito al quesito di cui sopra,
se gli eredi avessero rinunciato alla eredità, potranno subentrare nella posizione processuale del defunto?
per i danni morali quale sarà la posizione delle parti contrapposte?
Egregio Signore
gli eredi che rinunciano all’ereditàà del de cuius non acquistano la qualità di erede con decadenza da qualsiasi posizione processuale. Il danno morale deriva da un fatto illecito e il relativo risarcimento deve essere accertato in sede civile.
la ringrazio della sollecita e chiararisposta del quesito
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori quesiti.
Buonasera, in caso di separazione nella quale le parti coinvolte siano coniugi e tre figli minorenni, può un genitore trasferire la propria residenza dal nuovo compagno a 800 km di distanza? Ovvero, può l’altro coniuge impedire tale trasferimento che presume l’allontanamento della prole? I nonni stessi possono avanzare diritti sui nipoti per impedirlo? Quando si palesano i presupposti per cui tale situazione sia realizzabile? Accordo tra entrambi i coniugi? Consenso anche dei figli seppur minorenni? L
Grazie
Gentile Signora
quanto mi pare di capire lei, quale coniuge separato, intende trasferirsi insieme ai suoi tre figli a 800 km di distanza presso la residenza del suo compagno. In tal caso, presumo che i figli siano stati affidati ad entrambi, in regime di affidamento congiunto, occorre il consenso dell’altro coniuge. I nonni mantengono solo il loro diritto di visita e di frequentazione dei nipoti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie infinite, no ancora non sono separata, ma vorrei capire quali sono i miei diritti.
Qualora il coniuge si opponesse, quale sarebbe l’iter da seguire?
Gentile Signora
in caso di separazione o divorzio per quanto concerne l’affidamento dei figli minorenni l’orientamento giuridico predominante è quello dell’affidamento condiviso ovvero ad entrambi i genitori, con collocazione dei figli minori presso uno solo dei genitori (c.d. residenza dei minori che solitamente coincide con l’assegnazione della casa coniugale). Ne consegue che l’affidamento esclusivo ovvero ad uno solo dei genitori diviene un’eccezione, praticabile solo in determinati casi. La regola dellì’affidamento condiviso comporta che entrambi i genitori devono cooperare attivamente nella cura, gestione ed educazione dei figli minorenni, condividendo per l’appunto le necessarie decisioni. Dal momento che lei non è ancora separata valgono le regole del diritto di famiglia e pertanto ogni decisione che concerne i figli minori, così come anche la coppia deve essere presa di comune accordo tra i coniugi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie, ma l’affidamento esclusivo dunque se ho capito è per casi di situazioni di ‘criticità’ particolari o può essere ottenuto se tra coniugi vi fosse accordo in tal senso? E se un coniuge si opponesse non sarebbe quindi praticabile, corretto?
Grazie infinite!
L’affidamento esclusivo è ormai una ipotesi residuale praticabile solo quando l’affidamento condiviso non è applicabile. Vi possono essere diverse cause alla base dell’applicazione dell’affidamento esclusivo come una accesa conflittualità tra i coniugi che si riversa sul figlio o una manifesta inidoneità di uno dei due genitori; insomma tutte cause che possono causare un danno e un pregiudizio al figlio minore (il giudice deve tener conto in primo luogo dell’interesse del figlio minore). Ma anche in caso di affidamento esclusivo tutte le decisioni importanti relative al figlio minore (educazione, istruzione,…) devono essere prese di comune accordo tra i genitori, rimanendo al solo genitore affidatario l’autonomia nelle decisioni di ordinaria amministrazione.
Buonasera e grazie per qs servizio. Sono una venditrice in un negozio di abbigliamento, ft 40 h tempo indeterminato.Anni fa avevo richiesto di avere il pt 32 h per esigenze personali, che a oggi non mi necessitava più ma avendolo chiesto, mi è stato concesso.Mi hanno fatto firmare un contratto per 6 mesi pt 32h e poi mi hanno detto verbalmente che tutto sarebbe tornato come prima. In questo periodo, sono state aumentate delle ore a due colleghe,e assunta una terza. Visto che il contratto scade tra una settimana ho chiesto di potere rientrare alle 40 h ma mi hanno detto che non è possibile, e che addirittura vogliono abbassarmele a 30 (qs volta a tempo indeterminato) o nell’eventualità non accettassi, a trasferirmi in un altro negozio distante da casa a/r 96 km. Ho il sentore che qualcuno abbia fatto male i conti e alzato troppo le ore o sbagliato scadenze alle mie colleghe e che per questo penalizzino me. Vorrei sapere se posso rifiutare il trasferimento, se possono cambiarmi il contratto anche se non firmo e soprattutto in caso decidessi di licenziarmi facendo i gg di preavviso stabiliti per legge, se possono trasferirmi durante il periodo di preavviso. Grazie
Gentile Signora
preliminarmente le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia o anche un consulente del lavoro, che previa verifica del contratto e di tutti gli altri documenti, potrà essere più preciso nella risoluzione della problematica lavorativa soprattutto in merito alla trasformazione del rapporto di lavoro da full time a part-time e/o viceversa. In tal caso deve sussistere un accordo tra le parti per la trasformazione del rapporto di lavoro e tale accordo deve risultare da un atto scritto. Per quanto concerne il trasferimento della sede di lavoro questo può essere disposto in determinate situazioni; a tal riguardo l’art. 2103 del codice civile stabilisce che “Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”. Il trasferimento è una decisione unilaterale del datore di lavoro ma il lavoratore, qualora lo ritenga illegittimo e/o il trasferimento crei allo stesso una situazione di palese difficoltà, può impugnarlo dinanzi al giudice del lavoro.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera sono un agente di commercio in possesso di un contratto dal 2002. L’ azienda vuole stipulare un nuovo contratto pieno di clausole vessatorie pertanto io non voglio firmare. A quali rischi vado incontro se non firmo il nuovo che ha carattere completamente unilaterale? Oltretutto non ho ancora ricevuto le provvigioni dello scorso mese, stanno tardando probabilmente perché non ho ancora firmato. Possono trattenere le mie provvigioni? Se rispondo che non accetto cosa posso scrivere nella mail? Premetto che non posso permettermi un avvocato mio marito è disoccupato da tre anni. Devo cavarmela da sola purtroppo.
Gentile Signora
occorrerebbe capire che tipologia di nuovo contratto vuole stipulare l’azienda e soprattutto che tipologia di clausole vessatorie lo stesso debba contenere. Sotto il profilo codicistico (art. 1341 Codice civile) si definiscono vessatorie le clausole che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria. Tali clausole hanno effetto solo se specificamente approvate per iscritto. Comunque in ogni caso non possono trattenere le sue provvigioni, acquisite nell’ambito del precedente contratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, vorrei richiedere il pagamento dei ticket welfare previsti dal CCNL metalmeccanici per gli anni 2017 e 2018 (250 euro totali) che non mi sono mai stati forniti. Quale metodo mi consiglia di utilizzare per effettuare la richiesta di pagamento?
Grazie
Egregio Signore
posso solo consigliarle di richiedere il pagamento all’azienda/datore di lavoro, anche mediante atto scritto e depositato a mano. L’importante è che lei rientri nella categoria dei beneficiari in primis sia titolare di un contratto a tempo indeterminato o determinato con un’anzianità di servizio di almeno 3 mesi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, ci sono casi in cui la legge prevede che il nudo proprietario, in caso di necessità, possa trasferirsi e godere della casa dove l’usufruttuario vive?
Dopo la morte di mio padre, per ciò che concerne la sua casa, abbiamo concordato con la moglie, tramite atto notarile, di lasciare a lei l’usufrutto e a me e mio fratello,unici figli, la nuda proprietà.
La moglie vive quindi presso questa casa ed inoltre possiede un’altro immobile di sua proprietà presso lo stesso comune.
Io e mia moglie non abbiamo reddito, non possediamo nessuna casa, abbiamo un bimbo piccolo con un’handicap grave e siamo in affitto.
Grazie
Saluti
Egregio Signore
l’usufrutto concede al suo titolare il diritto di godere del bene per tutta la vita o per un determinato periodo stabilito dalle parti nel contratto. Per converso il nudo proprietario non ha il diritto di godere del bene ma mantiene il diritto di proprietà sullo stesso. Pertanto, in via generale, mi sembra abbastanza complicato trasferirsi a vivere insieme alla sua famiglia presso un immobile del quale non si ha il godimento e il diritto di uso. L’unico consiglio che posso avanzare è quello di procedere, previo accordo con suo fratello, alla vendita della nuda proprietà dell’immobile e far fronte alle sue esigenze economiche.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la cortese e veloce risposta.
Grazie a lei per averci contattato. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori quesiti.
Grazie infinite, no ancora non sono separata, ma vorrei capire quali sono i miei diritti.
Qualora il coniuge si opponesse, quale sarebbe l’iter da seguire?
Gent. mo Avvocato, purtroppo torno a riscriverLe. È stato fissato a fine agosto il terzo accesso per la liberazione dell’immobile per uno sfratto per finita locazione. Al momento non è stata trovata nessun’altra casa che venga affittata per tutto l’anno e noi siamo disperati, non sappiamo che fare.
Mi può aiutare gentilmente?
La ringrazio per la sua bontà e professionalità
Egregio Signore
sono costernata per la sua situazione ma purtroppo non ci sono molte cose da poter fare una volta che la macchina dello sfratto è partita. Posso solo consigliarle di farsi trovare in casa al momento dell’accesso dell’ufficiale giudiziario e di comunicare allo stesso le sue osservazioni che saranno oggetto di apposito verbale, chiedendo la possibilità di fissare la data di un successivo accesso. Tenga presente che tale situazione può protrarsi per altri pochi mesi e le auguro di trovare in questo breve tempo un immobile dignitoso per lei e per la sua famiglia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo avvocato, anzitutto desidero ringraziarLa per la solerzia e per la disponibilità che mette a disposizione ogni giorno gratuitamente.
Capisco, purtroppo, la situazione . Da parte nostra c’è stato sempre il massimo rispetto per i proprietari e per il loro legale, nonché per l’ufficiale giudiziario e abbiamo provveduto al pagamento delle spese legali. Spero che la situazione si possa risolvere in breve tempo, anche se trovare una casa libera con contratto a tempo indeterminato è una chimera nella città in cui vivo. Grazie ancora per l’attenzione
Egregio Signore
spero che l’ufficiale giudiziario possa ancora concedere un altro paio di mesi, nel corso dei quali le auguro di trovare un nuovo immobile per lei e per la sua famiglia. Rimango a sua disposizione per ulteriori quesiti.
Buon giorno Avvocato.
Il terrazzo di uso esclusivo del mio immobile ha un diritto di servitù di stillicidio per disposizione del padre di famiglia. Ci sono due scoli che risalgono a tale disposizione, uno scarica sul tetto di un locale confinante l’acqua che finisce in una grondaia al confine tra due locali, l’altro ha un pluviale che si immette in un’altra grondaia posta sempre sul tetto di locali confinanti. Non si tratta di un condominio, ma di edifici autonomi che facevano parte un tempo di un unico complesso di un unico proprietario, poi alienati separatamente.
I vicini lamentano infiltrazioni ricondotte all’incremento del deflusso di acque meteoriche dal terrazzo.
La perizia del geometra ha attribuito ogni responsabilità alle condizioni dei tetti e della grondaia.
Vorrei sapere se la servitù di stillicidio risalente alla disposizione del padre di famiglia può essere soggetta a limitazioni per quanto riguarda la quantità dell’acqua che defluisce.
Grazie
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
in tema di stillicidio il codice civile non prevede un limite alla quantità dell’acqua che defluisce, trattandosi di acqua piovana, collegata a fenomeni naturali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Il Testo Unico Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, prevedono che sia nel certificato richiesto dal privato (art.24 e25) che nel certificato richiesto dalla pubblica amministrazione (art.28) non siano riportate le iscrizioni relative ai provvedimenti che ai sensi dell’articolo 464-quater del codice di procedura penale, dispongono la sospensione del procedimento con messa alla prova, nonche’ alle sentenze che ai sensi dell’articolo 464-septies del codice di procedura penale dichiarano estinto il reato per esito positivo della messa alla prova.
Pertanto i suddetti certificati risultano negativi.
In tal caso si può rispondere negativamente in fase di domanda di concorso alle relative domande circa i precedenti penali? Diversamente cosa dichiarare?
Egregio Signore
Nella compilazione della domanda per la partecipazione ad un concorso pubblico il reato sottoposto a procedimento di messa alla prova non deve essere indicato in quanto l’esito positivo della messa alla prova comporta l’estinzione del reato (e non della pena come avviene con il beneficio della non menzione o nella riabilitazione).
Inoltre la Corte Costituzionale con la sentenza n. 231 del 2018 ha dichiarato l’illegittimità delle norme sul casellario giudiziale che imponevano di riportare nel certificato generale e in quello del casellario, richiesti dall’interessato, sia l’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato sia la sentenza che dichiara l’estinzione del reato per esito positivo della prova, in quanto costituiscono ” un ostacolo al reinserimento sociale del soggetto che abbia ottenuto, e poi concluso con successo, la messa alla prova poiché può creargli più che prevedibili difficoltà nell’accesso a nuove opportunità lavorative”.
Le consiglio, per mero scrupolo, di leggere attentamente il bando di concorso e nell’eventualità di renderlo noto attraverso una precisione allegata alla domanda di concorso e/o in caso di vittoria direttamente alla commissione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille per la veloce e definita risposta.
Cordiali saluti.
Grazie a lei per averci contattato. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori quesiti.
Buongiorno, ho una casa cointestata con un mutuo cointestato.. vorrei capire come poterne uscire dato che la relazione con la mia ragazza sta terminando.. la mia domanda è: oltre che venderla a terzi, sarebbe possibile riaccendere un mutuo sopra questo mutuo (però da solo questa volta) liquidando cosí la sua parte (quella pagata fin ora chiaramente)? Purtroppo non posso liquidarla in contanti perchè non possiedo grandi somme.. sperando in una risposta celere, vi ringrazio
Egregio Signore
avanzo due possibilità: la prima soluzione è che la sua ex compagna esca dal contratto di mutuo previa verifica e consenso della banca mentre la sesconda soluzione potrebbe essere quella della surrogazione con il conseguente passaggio ad altro istituto di credito e con l’intestazione del mutuo ad uno solo dei due ex conviventi. Certamente il convivente che abbandona il contratto di mutuo dovrà essere rimborsato dall’altro che rimane nel contratto di mutuo della metà delle rate pagate fino a quel momento e pertanto, o si attua un piano di rimborso su base mensile e o si accende un nuovo finanziamento ai fini della liquidazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, sono un agente immobiliare e Le pongo questo quesito: un cliente mi ha contattata per visionare una serie di immobili, ebbene si soffermò su uno in particolare dove era presene anche il venditore, dopo una visita durata due ore circa avanzò una proposta di prezzo che fu subito accettata dal venditore. Dal momento che l’acquirente doveva ripartire il martedì, fissammo per il lunedì pomeriggio ore 16:00 l’incontro in agenzia per la formalità dell’accordo raggiunto con la firma della proposta. Premetto che l’indomani della visita il cliente tornò da solo dal venditore per rivisitare la casa e nell’occasione riconfermò il suo entusiasmo all’acquisto ricordandogli l’ora dell’incontro in agenzia per la firma. Nel frattempo io espletai una miriade di formalità per essere pronta alla scrittura. Morale della favola si presentò alle 16:00 dicendo che aveva visitato un’altro immobile e non era più interessato!! Io furiosa perchè il signore era un recidivo ovvero l’estate scorsa mi fece un giochetto identico con un’altra proprietà.
Ho tutto documentato sia della vecchia che dell’attuale trattativa. Posso agire per un risarcimento avendo lavorato e concluso sebbene verbalmente l’accordo su entrambe le vendite? I venditori possono testimoniare sull’atteggiamento scorretto di questo cliente italo-tedesco.
Gentile Signora
nel corso delle trattative contrattuali le parti hanno l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, in caso contrario il comportamento della parte in mala fede può dar luogo ad una responsabilità pre – contrattuale (art. 1337 codice civile: Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede). In primis occorre valutare nel merito che tipo di trattative sono state concluse e a che livello sono giunte in quanto la responsabilità riguarda le trattative giunte ad uno stadio avanzato (in prossimità della conclusione del contratto). Inoltre occorre valutare le condotte che sono alla base della responsabilità precontrattuale tra cui si contempla anche il recesso dalle trattative senza giustificato motivo. Occorre, pertanto, una attenta analisi nel merito per poter affermare se sussitono o meno tutti i presupposti per fondare la responasbilità precontrattuale, con conseguente risarcimento del danno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, sono proprietaria di un appartamento in condominio dove c’erano alcuni morosi a cui hanno venduto la casa all’asta.
Ora noi condomini ci troviamo ad avere un grosso debito da pagare. Personalmente ho pagato alcune rate extra le mie spese condominiali, ma l’amministratore continua a mandarne altre a cui non riesco a far fronte.
In tal caso cosa rischio se non riesco a pagare? Possono mettere all’asta la mia casa o pignorare lo stipendio, dato che sono dipendente pubblico?
Grazie.
Gentile Signora
nel momento in cui è stata venduta la casa del condomino moroso all’asta, il condominio dovrebbe rientrare del debito vantato. Inoltre la ripartizione del debito del condomino moroso a carico degli altri condomini è una decisione che deve essere presa a maggioranza dall’assemblea condominiale
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, mi trovo in una situazione complessa e non so come muovermi, spero che possiate aiutarmi. Sono una cittadina italiana di 21 anni, studentessa, disoccupata (proprietaria di un immobile) residente in Italia e desidero sposare il mio ragazzo e fare in modo che possa venire in Italia e vivere con me. Il mio ragazzo è un cittadino libico di 22 anni residente in Libia. Sappiamo che vi sono 3 metodi:
– sposarci in Italia, ma in questo modo lui dovrebbe richiedere e ottenere un visto, cosa purtroppo praticamente impossibile. Anche se la ottenesse potrebbe restare in un tempo compreso tra 24 e 30 giorni, il quale non so se sia sufficiente e se possa sposarsi con tale visto;
– sposarci nel suo paese, in questo modo dovrei recarmi nel suo Paese, il quale al momento, per ovvie ragioni, non rilascia visti turistici;
– sposarci in un paese terzo, i paesi in cui lui può accedere facilmente sono solo quelli africani in particolare Tunisia e Turchia (forse Egitto). In questi paesi, però le autorità italiane non effettuano matrimoni secondo i siti ufficiali del governo italiano. Per queste ragioni pensavamo di sposarci secondo le leggi locali in Tunisia o Turchia, sperando che ciò sia possibile (per poi chiedere il certificato di legalizzazione e la traduzione). Come funziona in Tunisia per quanto riguarda questa materia, sposano , se pur secondo matrimonio islamico, due stranieri? se sì, quali sono i documenti necessari? qual’è l’iter? e una volta fatto tutto come funziona la richiesta del visto per fare in modo che venga e rimanga qui in Italia?
Spero che possiate aiutarmi.
Grazie mille.
Gentile Signora
credo che la situazione più semplice sia il matrimonio in Italia. In tal caso il cittadino straniero deve chiedere il nulla-osta alle nozze alla propria ambasciata e seguire poi tutte le procedure burocratiche e ammnistrative presso la Prefettura. Per quanto concerne il matrimonio in Tunisia bisognerà sempre passare attraverso l’ambasciata per ottenere il nulla osta, ma credo che in tal caso l’iter potrebbe essere più complesso dal momento che il tuo compagno non è un cittadino tunisino ma libico.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno.
Ritengo di avere subito una truffa.
Convivo con la seconda moglie di mio padre che è deceduto.
Nel 2014 la vedova fa un atto notarile insieme ai suoi fratelli in cui si impegna a pagare le quote ai fratelli di una casa di cui risulta comproprietaria e che era di un suo fratello deceduto.
Io che non sono figlia biologica ho aiutato a pagare la casa con dei bonifici postali quindi tracciabili ma questo non risulta nell atto.
Dopo aver estinto i debiti viene fatto un secondo atto notarile per cercare di tutelarsi e passarmi la casa e il notaio sceglie la compravendita con la vedova usufrutto e io nuda proprietà con la clausola che avrei avuto la casa se l’ avessi assistita vita natural durante. I soldi che io ho dato non sono mai stati citati e io ritengo questo ingiusto. Vorrei chiedere posso chiedere l’ annullamento dell’ atto notarile e la redazione di un altro in cui ci sia il semplice trasferimento della casa senza quella clausola( che paradossalmente tutela la vedova e non me?). Inoltre la casa si è scoperto successivamente ha un abuso edilizio non fatto da me e dalla vedova ed restata acquistata pagandola in più rispetto al valore effettivo senza perizia edile. Mi chiedo posso far valere le mie ragioni, ne ho diritto?
Gentile Signora
l’atto notarile ha l’efficacia di un atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 Codice civile e per tali ragioni occorrono determinati presupposti per fondare l’azione di annullamento. Occorre una verifica nel merito dell’atto stipulato e considerato che vi è un sostanziale squilibrio tra la sua posizione e quella della vedova le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale previo esame del merito, potrà avanzare un consiglio più corretto in merito alla sussitenza o meno delle condizioni di procedibilità per l’annullamento, anche con riferimento all’abuso edilizio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato.
Premetto che la situazione è ambigua ed i miei appigli sono pochi.
Dopo aver venduto la mia vettura, l’acquirente si è preso l’incarico (messo per scritto e firmato da entrambi) di effettuare personalmente un atto di vendita presso una sua Agenzia di conoscenza. In buona fede ho proveduto allo scambio denaro-chiavi.
L’ atto inviatomi via mail dall’agenzia sopracitata, riportava una falsificazione della mia firma oltre ad una “formalità respinta”, quindi non valido.
Oggi mi sono pervenuti tre verbali a carico mio, essendo ancora registrato come proprietario della vettura. Non essendone in possesso da ormai un mese, posso ricorrere ad un giudice di pace per l’annullamento di questi verbali?
Grazie in anticipo per la sua risposta,
Adrian
Egregio Signore
può provare a ricorrere al giudice di pace chiedendo l’annullamento dei verbali (anche se sinceramente non intravedo grandi possibilità di annullamento) ma il problema non viene risolto. Le consiglio di contattare il prima possibile l’acquirente, anche avvalendosi dell’ausilio di un legale di sua fiducia, di formalizzare l’atto di vendita della vettura.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
vorrei chiederle un parere.
Per stupidità data dalla giovane età ho fatto uno scherzo di cattivo gusto ad un conoscente (incontro al buio con una ragazza non presente), mi sono poi avvicinato per scusarmi ma lui mi ha malmenato causando una prognosi di 15 giorni, con contusioni e perforazione del timpano.
Vorrei sapere cosa comporta lo sporgere la querela e se, data la mia cattiva condotta, ha senso procedere contro questa persona. Grazie per l’attenzione e buona giornata
Egregio Signore
nel suo caso si tratta di lesioni personali lievi art. 582 C.p. “Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa”. La sua condotta ovvero lo scherzo, sebbene di cattivo gusto, influisce solo relativamente ovvero, in caso di condanna, per l’applicazione delle circostanze attenuanti e per i benefici di legge.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, ho un appartamento al primo piano e l’autorizzazione dell’amministratore a far posare il contatore nel vano cantine condominiali nel seminterrato. chiedo un parere circa la necessita’ o meno di richiedere ulteriore autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea condominiale per far passare l’allaccio della mia fornitura elettrica lungo il vano scale e pianerottolo condominiale, oppure basta comunicarne l’intenzione. grazie
Buongiorno,
per il divorzio ho ottenuto il patrocinio gratuito, ma dopo la sentenza l’avvocato mi chiede una parcella di 700 euro per le spese extragiudiziarie. IO credevo, fosse gratiuto, al massimo 100 euro per le spese.
Gentile Signora
il gratuito patrocinio copre solo le spese che riguardano la fase processuale e tutti quegli atti connessi al giudizio; non copre le spese stragiudiziali che rimangono a carico dell’assistito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
A fine giugno ho sostenuto un esame il quale è stato valutato insufficiente e successivamente alla comunicazione dell’esito mi sono recata dal professore per visionarlo. Questi non è stato per niente esaustivo nel giustificare il motivo dell’insufficienza, a distanza di 6 mesi non ha ancora accettato la mia richiesta sul portale didattico per accedere alle slide del corso ed inoltre mi ha chiaramente detto “se si presenta al prossimo appello non lo passa”.
Non ho dato peso alla sua intimidazione e mi sono iscritta ugualmente all’appello successivo.
Dallo svolgimento dell’esame è passato quasi un mese, e da lunedì l’università rimarrà chiusa fino gli inizi di settembre, quindi ho deciso di contattare la segreteria della mia università per verificare fosse tutto a posto.
Il 09/08/2019 mattina la segreteria ha risposto dicendo: “il docente non ha ancora consegnato i verbali ma verificando gli esiti il suo risulta insufficiente”.
Subito dopo è stato inserito sul mio profilo l’esito dell’esame, senza nessun avviso sulla mail personale dello studente come da procedura standard, con scritta come data di chiusura il 09/08/2019.
Per legge è previsto il diritto dello studente di poter visionare/contestare l’esame entro 7 giorni dalla ricezione dell’esito.
Dopo essermi consultata con il direttore dell’università, ho inviato una mail al docente per concordare al più presto una data per visionare l’esame ma questi non risponde.
Il docente mi ha già provocato un danno non pubblicando i risultati dell’esame in tempo alla scadenza della domanda di Laurea (era già stata concordata con il mio relatore) e adesso, non rispondendo e ponendo la data del 09 come data di chiusura, mi rende impossibile capire il perché dell’esito negativo e mi preclude la possibilità di iscrizione all’appello di settembre.
L’intimidazione del docente è stata mantenuta.
Secondo lei come dovrei procedere?
Grazie per l’attenzione.
Cordiali Saluti
Gentile Signora
la situazione che lei narra meritebbe una attenta analisi nel merito per poter avanzare un consiglio esaustivo. Ciò detto, procediamo con ordine. L’insufficienza riportata all’esame è una questione di fatto che attiene al merito della situazione e andrebbe valutata con la verifica dell’elaborato (anche sulla base della tipologia dell’elaborato stesso, ad esempio se si tratta di una prova scritta a risposta aperta o a risposta multipla, e così via…) e con le conseguenti opportune delucidazioni del docente. Qualora lei non sia soddisfatta del risultato raggiunto può contestarlo nel termine previsto e pertanto le consiglio di inviare la sua richiesta all’ente universitario indipendentemente dalla data di chiusura temporanea estiva. Per quanto concerne la possibilità di partecipare all’appello di settembre non riesco a dare una risposta in quanto non riesco a capire quale sarebbe la limitazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, chiedo un parere circa la necessita’ o meno di richiedere l’autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea condominiale per far passare l’allaccio della mia fornitura elettrica lungo il vano scale e pianerottolo condominiale, oppure basta comunicarne l’intenzione.
Ho acquistato un immobile al primo piano e sto procedendo a frazionarlo in due appartamenti (con regolare CILA). Su indicazione di unareti, ho gia’ ottenuto dall’amministratore il nulla osta per la posa del secondo contatore che serve in vano tecnico sito nel seminterrato condominiale dove ci sono le cantine e che gia’ ospita diversi contatori compreso quello del condomino al secondo piano.
Per arrivare al secondo piano la canalina elettrica di questo condomino corre lungo il vano scale delle cantine, esce dalla soletta del cortile e sale esternamente lungo la facciata interna dello stabile per entrare quindi nel suo balcone di proprieta’.
La mia canalina farebbe lo stesso tragitto fino al primo piano ma, anziché entrare dal balcone che appartiene all’appartamento gia fornito di elettricita’, per evitare di creare una servitu’ di passaggio tra i due appartamenti, vorrei che entrasse nel vano scale condominiale ed attraversasse il pianerottolo fino a raggiungere il secondo appartamento (quello per il quale ho richiesto la seconda fornitura elettrica).
La canalina percorrerebbe il vanoscale e pianerottolo condominiale per circa 7 metri, la farei posizionare in alto lungo l’angolo del soffitto, e sono disposto a coprirla con una cornice in cartongesso.
Questo intervento non pregiudica sicuramente il pari uso di altri condomini, ma mi chiedo se modifica l’estetica della cosa comune (con o senza cartongesso) e se pone particolari questioni di sicurezza.
Mi chiedo quindi se basta che comunichi all’amministratore questo intervento nel pianerottolo condominiale o devo preventivamente richiederne l’autorizzazione.
grazie
Egregio Signore
ritengo che la sua problematica rientri nella disposizione di cui all’articolo 1102 del codice civile al primo comma stabilisce che “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”, pertanto non occorre l’autorizzazione dell’assemblea. Resta fermo l’obbligo di comunicarlo preventivamente all’amministratore. Le consiglio, al contempo, di confrontarsi sul punto anche con l’amministratore (soprattutto per eventuali problemi di sicurezza) e nel caso convocare l’assemblea, la quale in caso di diniego dovrà opportunamente motivare la delibera.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, chiedo un parere in merito alle spese condominiali, mi spiego meglio nel maggio 2017 ho acquistato una villetta a schiera in un contesto di 5 villette, verso ottobre parlando con gli altri proprietari vengo a conoscenza che in precedenza li fu creato un condominio con un foglio scritto tra il costruttore e 2 dei 5 proprietari perché le altre 3 villette non erano state ancora vendute. Mi arriva documentazione da parte Dell amministratore dove le spese a mio carico sono di tot euro, io le pago senza problemi anche se con qualche dubbio, l anno successivo ci riuniamo tutti per decidere lo scioglimento dello stesso in quanto non abbiamo servizi per il quale valga la pena tenere un condominio con le relative spese, a questo punto sempre parlando viene fuori che ognuno degli altri 4 proprietari nell atto di acquisto ha segnato villetta in condominio tal dei tali cosa che io non ho. Preciso che a me nessuno aveva informato della presenza di questo condominio ma ne vengo a conoscenza solo qualche mese dopo l acquisto parlando con i vicini, a questo punto vorrei capire se ho la possibilità di non pagare queste spese e tirarmi fuori fin da subito non essendo stato informato appunto di questa situazione condominiale e comunque non avendo mai firmato nulla in merito, grazie a chi mi saprà aiutare
Egregio Signore
credo che lei sia obbligato a pagare le spese in quanto, anche se non indicato nell’atto di acquisto dell’immobile, lo stesso faceva parte di un condominio. Non intravedo ictu oculi possibilità per non pagare tali spese.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie..
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buongiorno, io avrei bisogno di togliermi qualche dubbio in merito alla figura dell’amministratore di sostegno.
Spiego brevemente: è stato richiesto per i miei genitori ( da parte degli assistenti sociali) la nomina di un amministratore di sostegno che posso gestire la parte economica, nella fattispecie tutto cosa riguarda le spese di vita quotidiana e dedite al benessere della persona. Quali sono i limiti di un’amministratore quando l’assistito è capace di intendere e di volere? Cosa può decidere e cosa no? Nel caso di insufficienza economica può chiedere/imporre una compartecipazione alle spese ai figli?
Nel caso fosse un figlio a ricoprire questo ruolo quali sono i suoi doveri?
Grazie per la disponibilità
Gentile Signora
L’amministratore di sostegno è disciplinato dalla Legge 9 Gennaio 2004, n. 6 ed è diretto alle persone che hanno una limitazione della capacità di agire, prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana. Articolo 404 Codice civile stabilisce che “La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio”. La scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. Il Giudice Tutelare nomina con decreto l’amministratore di sostegno indicando la durata dell’incarico, che può essere anche a tempo indeterminato, atti che l’Amministratore di Sostegno ha il
potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, gli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’Amministratore di Sostegno, dei limiti, anche periodici, delle spese che l’Amministratore di Sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità e la periodicità con cui l’Amministratore di Sostegno deve riferire al Giudice circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.
Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’Amministratore di
Sostegno. Il beneficiario dell’Amministrazione di Sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana.
Nel caso in cui viene nominato amministratore di sostegno il figlio del beneficiario, lo stesso soggiace ai doveri e agli obblighi generali diposti dal Giudice. Nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Spett.le Avocato,
Desidero informazioni in merito al seguente argomento: cambio di residenza.
A fine mese mi trasferirò in altro comune e regione e abiterò in una casa uso foresteria dove non è possibile spostare la residenza.
Ho un amico con il quale non ho vincoli di parentela, che è disposto che io prenda la residenza a casa sua come ospite. Tale amico è proprietario dell’immobile e ivi risiede.
Nella modulistica ministeriale a disposizione dei comuni è prevista questa opzione ma il comune di pertinenza afferma che spostando la mia residenza a casa sua diventerei parte del nucleo familiare dell’amico di cui sopra e nell’isee. Inoltre il comune afferma che l’abitazione deve avere due cucine distinte.
A me risulta che non sia cosi, che cioè non si entri a far parte del nucleo familiare e che l’unica conseguenza sarebbe l’aumento della tassa sui rifiuti e eventuali pignoramenti se l’ospitato avesse dei carichi pendenti.
Avrei bisogno di capire come stanno le cose e a quali leggi o regolamenti potrei fare riferimento.
Altrimenti l’unica mia alternativa sarebbe risultare senza fissa dimora e perdere alcuni miei diritti.
Grazie
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza con lo spostamento della residenza presso l’abitazione del suo amico si entra a far parte del suo nucleo familiare, andando ad influire anche sull’Isee. Le consiglio comunque di consultare un commercialista o un Caf che potrà essere più preciso della sottoscritta, anche per quanto concerne eventuali detrazioni fiscali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera Avvocato,
Ho subito un tentativo di frode chiaro ( addebiti su carta di credito) da parte di un esercente sospetto, mai utilizzato. Ho ricevuto 9 messaggi a distanza di 5 minuti via cellulare che mi informavano della richiesta di 109.99 euro da parte della banca ING. Ho bloccato la carta prima online poi tramite servizio clienti la mattina stessa prima delle ore 8.00 gli operatori non rispondevano e i messaggi sospetti arrivavano dalle ore 6.00 del mattino) ed ho ricevuto, da parte della banca, un messaggio a stretto giro che mi informava che le transizioni erano state negate. L’estratto conto invece poi pervenuto non ha tenuto conto di niente, mi sono stati prelevati quasi 1000 Euro, di cui ovviamente chiedo il rimborso. Nel modulo di contestazione ( difficile capire quale fosse il modulo giusto informazioni discordanti da parte dei vari operatori) è richiesto ll numero di carta di credito, da me purtroppo cestinato ( ho già ricevuto una nuova carta di credito). Sembra impossibile recuperarlo, ho le prime 4 ed ultime cifre, sempre l’assistenza via chat conferma di poterlo riavere intero chiamando al telefono, ma non sono riuscita parlando con l’operatore di turno, ancora una volta informazioni discordanti. come posso essere rimborsata se non ho il diritto di recuperare gli estremi della carta di credito? chiamando il servizio clienti, inserisco il mio codice cliente, PIN, data di nascita, che altre informazioni necessitano per fornire le 8 cifre restanti della carta di credito?Poss procedere legalmente?
In attesa di un gentile riscontro,
Cordiali saluti
La banca è obbligata a fornirle tutti gle estremi dei suo conti e carte presenti e passate. Le suggerisco di inviare una missiva con raccomandata a/r alla sede legale della banca con la quale costituisce in mora la stessa per inadempimento agli obblighi di informazione e tutela nei confronti del cliente, contestualmente inviandola presso indirizzi email ufficiali del medesimo istituo di credito. E’ chiaro che se neanche in questo modo sbloccherà la situazione, dovrà rivolgersi ad un legale per adire le opportuni sedi di contestazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno ho contestato una fattura di Igiene Ambientale (raccolta differenziata dei rifiuti ) che nel mio comune è gestita dall’ A&T2000 spa. La società ritiene di avere ragione,ma io ribadisco il mio disaccordo. Quindi le chiedo esiste un organismo super partes a cui mi posso rivolge? Intendo organismi conciliatori come CORECOM o Difensore Civico. La tassa rifiuti è comunale ma in questo caso la gestione è affidata a una spa di cui i comuni sono soci.
La ringrazio anticipatamente e le porgo distinti saluti.
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza l’impugnazione della tassa rifiuti si propone dinanzi la Commissione Tributaria trattandosi di una tassa comunale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, avrei bisogno di avere una delucidazione legale su una questione di diritto di famiglia (credo).
Mio figlio è andato a convivere con fidanzata. Premetto che non ha avuto nemmeno il tempo di variare la sua residenza e quindi per legge lui viveva ancora con me.
Le cose non sono andate bene e dopo circa 8 mesi mio figlio è tornato a vivere con me. Il problema è che la ragazza è incinta e partorirà a novembre.
Facendo perno sui sentimenti di colpa provati da mio figlio gli sta facendo pagare tutte le spese dell’alloggio in affitto in cui è rimasta a vivere lei (affitto, bollette, spese condominiali e spese per gli esami riguardanti la gravidanza). Lei lavora ma ora è a casa in gravidanza. Mio figlio ha un lavoro part time e così sono costretta ad aiutarlo a pagare in sua vece tutte le spese per lei. Lo stipendio di lei invece scompare nel giro di qualche giorno per sue spese non identificate. Ora lei ci ha annunciato che vuole lasciare il lavoro. Mio figlio che si sente in colpa per essersene andato lui, per coscienza dice che deve aiutarla ma io vorrei sapere se legalmente lui è veramente costretto a pagare tutte le sue spese
Grazie mille per la vostra risposta.
Gentile Signora
procediamo con ordine: le spese mediche e altre spese necessarie durante i mesi di gestazione dovrebbero essere divise tra le parti, in teoria in egual misura a carico di ciascun futuro genitore (ciò detto dovrebbe avvenire su base teorica in quanto nella pratica poi le parti possono decidere di dividere le spese in misure diverse, in base ai rispettivi redditi). Per quanto concerne le spese dell’immobile, affitto e bollette varie, anche queste dovrebbero essere divise tra le parti locatrici, entrambe intestatarie del contratto di locazione. Nel momento in cui nascerà il bambino, suo figlio, in qualità di genitore, dovrà contribuire al mantenimento dello stesso, unitamente all’altro genitore, versando una somma calcolata sulla base del reddito percepito. Tale somma è dovuta solo per il mantenimento del figlio minorenne.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno sto acquistando con il mio compagno ( non siamo sposati) un appartamento al 50% di proprietà in un comune diverso da un’altro dove ho il 100% come prima casa, che però lascerò ad uso gratuito alla mia mamma.
Per non pagare troppe tasse: imu, tasi ecc. vorrei sapere se mi conviene rogitare questo come prima casa per non pagare l’iva al 9% (ovviamente spostando la residenza ), oppure rogitarlo come seconda casa pagando l’Iva al 9% e avere solo il domicilio? nel secondo caso pagherei l’imu , tasi ecc al 50%.
Segnalo che stiamo chiedendo il mutuo.
Inoltre se capitasse qualcosa a me o al mio compagno come facciamo a non far entrare i nostri parenti ma lasciare che chi resta di noi due possa continuare ad abitarci?
Grazie.
Gentile Signora
in merito alla questione inerente il rogito dell’immobile quale prima casa con conseguente pagamento delle tasse, le consiglio di rivolgere la questione ad un caf o ad un commercialista di sua fiducia che sul punto saranno più puntauli e precisi della sottoscritta. Altro problema è quello inerente i diritti successori dell’immobile in comproprietà in caso di morte di uno dei conviventi: in tal caso nella quota del convivente defunto subentrano gli eredi. Si viene a creare una comunione tra il convivente superstite e gli eredi del convivenete defunto e le soluzioni potrebbero essere o la vendita dell’immobile con l’acquisto da parte del convivente supertiste della quota del convivente defunto o la divisione dell’immobile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vi contatto per avere delucidazioni su una questione. Mio padre è venuto a mancare novembre del 2009 senza lasciare alcuna eredità. La zia è venuta a mancare poco dopo senza eredi per cui la sua abitazione è ereditata da mio padre e tre fratelli. Purtroppo non siamo riusciti ad accordarci per la vendita e nel frattempo è arrivata a tutti noi una cartella esattoriale per il pagamento delle tasse di successione di 6000 euro che non abbiamo provveduto a pagare per cui a giugno l’agenzia delle entrate ha avviato l’iter per il fermo amministrativo sulla mia autovettura. Adesso vorrei sapere se posso provvedere alla rinuncia dell’eredità.
Gentile Signora
il termine per la rinuncia all’eredità si ricava implicitamente dall’art. 480 codice civile: “Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni”. Ne consegue che entro tale termine è possibile rinunciare all’eredità. Il termine decorre dal giorno dell’apertura della successione ovvero al momento della morte del de cuius.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno, volevo gentilmente informazioni in merito
il 28/05/2019 e ‘venuto a mancare mio papa’ che aveva un libretto postale cointestato con uno dei miei tre fratelli. Su questo libretto, che parte con un
capitale proveniente da vendita immobile (33.000 euro) e di un importo
proveniente da un altro libretto postale chiuso (6000 euro), accreditato dalla
pensione di mio papa ‘circa 1450 euro ed addebitato l’addebito per la retta della casa di riposo 1200 euro.
Nelle date successive al decesso (29/05 e 30-31 / 05), sono stati osservati i prelievi dal contestatario (mio fratello) per sostituiti (intorno ai 17.000 euro), il saldo a pochi centesimi, non considerando la parte del defunto che andava in successione. L’operatore postale non ha nemmeno richiesto
documenti e firma della parte cointestataria in questo caso mio papa ‘deceduto
il 28/05/2019. Il libretto non usato usato per versamenti di risparmio da parte di mio fratello diventato cointestatario perche ‘mio papa’ invalido.
io ho richiesto all’ufficio postale il recupero titoli e il movimento operazioni
in effetti risulta in dati successiva decesso: 29/05 due prelievi uno di 6000 euro e uno di 600 euro allo sportello atm; 31/05 un prelievo di 10500 euro
Saldo al 31/05/2019, 50 euro.
volevo sapere come posso spostare la parte ereditaria che mi spetta.
Grazie
Egregio Signore
in caso di decesso di uno dei cointestatari del libretto postale si provvede al blocco in attesa dell’apertura della successione. Pertanto il comportamento di suo fratello non è stato corretto in quanto lo stesso poteva operare sul libretto ma nella misura del 50%. Ciò si è verificato in quanto tali operazioni sono state effettuate a pochi giorni dal decesso di suo padre e le poste non avevano ancora avuto la comunicazione del decesso del cointestatario del conto. Le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che, previa verifica della fattispecie, potrà consigliarle come agire per il recupero della somma del patrimonio ereditario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato, due mesi fa è venuta a mancare mia madre che viveva con mio padre e con il quale non ho più rapporti. Due settimane dopo la sua morte chiede i miei dati per poter avviare la pratica di successione. Ho richiesto informazioni online ma sono ancora molto confusa.
1) La successione tra gli eredi (quindi tra me e lui) basta che la faccia una persona sola? E la agenzia delle entrate dopo cosa fa?
2) mio padre prima ancora della successione (non ancora avvenuta perché i miei documenti non li ho ancora inoltrati) mi mette al corrente di un’ipotetica vendita della casa di famiglia perché, a suo dire, la casa era intestata a lui, mia madre non “aveva niente”, e lui ha potuto vendere la casa perché lo poteva fare in regime di separazione dei beni, questo a suo dire per assicurarsi la sua permanenza nella casa fino alla morte. Non credo che l’abbia fatto ma se fosse vero sarebbe legale?
3) Mia madre alla morte dei suoi genitori ha ereditato un piccolo appezzamento di terreno con i suoi fratelli, ognuno un pezzo. Mio padre non faceva parte dell’asse ereditario.
4) Non ho idea, a parte il terreno e la casa, di cosa possedessero i miei né il regime matrimoniale, lui dice separazione dei beni (si sono sposati nel ’68) ma io non credo a niente di quello che dice.
5) Cosa devo fare? Mi trovo in una situazione dove dovrei fare valere i miei diritti oppure quello che sta facendo mio padre é tutto un “pour parler” e l’unica cosa che conta veramente é la successione?
Cosa farebbe lei?
Gentile Signora
il regime patrimoniale della separazione dei beni non influisce sulle questioni successorie. Nell’ipotesi di successione legittima, in assenza di disposizioni testamentarie, il compendio erediatario viene diviso tra il coniuge supertite e il figlio o i figli, in parti eguali. Pertanto la prima cosa è capire l’ampiezza del patrimonio ereditario, beni mobili, immobili e conti correnti. Infine tenga conto che la riforma sul diritto di famiglia è avvenuta nel 1975 che ha introdotto il regime della comunione dei beni. Prima della riforma si prevedeva l’applicazione del regime patrimoniale legale della separazione dei beni in base al quale ciascun coniuge ha la titolarità esclusiva dei propri beni personali e dei beni acquistati durante il matrimonio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
mi chiamo Andrea Angelini stato truffato da persone che avrebbero dovuto solo difendermi, mio padre e mia zia.
Purtroppo sono passati 16 anni durante ai quali io avevo dato tutto per perso.
Oggi rileggendo quel maledetto contratto che mi fecero firmare quando avevo poco meno di 20 anni, fidandomi di loro che mi suggerivano i vantaggi che avrei ricavato firmando, credo di aver rilevato una falla nel contratto.
in tale contratto di vendita di un immobile si evince che io abbia incassato 217 mila euro circa soldi dei quali io non ho ricevuto neppur eun centesimo.
Mi chiedo come poteva il notaio aver stipulato un contratto senza essersi accertato che non avevo incassato la somma???
e ancora, possono dimostrare loro di avermi versato tale somma?? in quale modalita mi è stata pervenuta un ingente somma di denaro???
secondo voi è possibile richiedere la nullità del contratto??
spero che voi sappiate aiutarmi. grazie
Egregio Signore
certamente tale somma deve risultare, e nell’ipotesi si tratti di contratto di compravendita di un bene immobile e il passaggio di denaro tra le parti non è mai avvenuto, si tratterebbe di una simulazione del contratto. Le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale, previa verifica del contratto stipulato, potrà essere più preciso in merito alle eventuali azioni da intraprendere per la tutela dei suoi interessi ( a livello giudiziale accertare l’inefficacia totale o parziale del contratto simulato per assenza del pagamento).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,avrei un quesito circa dei problemi riscontrati dopo acquisto di abitazione. Al mio ingresso nell’appartamento(premetto venduto come ristrutturato)ho riscontrato problemi del sistema elettrico ed idraulico,e non essendo in possesso dei certificati di impianto ne ho chiesto una copia al venditore. Da qui in poi sorgono i problemi poiché sono riuscita ad ottenere solo quello elettrico che tra l’altro non risulta neanche a norma.
Da uno scambio di email con il venditore sono nate incomprensioni,e da entrambe le parti si sono accesi i toni, soprattutto in quanto loro rimarcano l’esecuzione di tutto a norma di legge. Posso muovermi in qualche modo per pretendere l’esecuzione dei lavori o richiedere un “risarcimento” che mi permetta di eseguirli autonomamente? Oppure non posso pretendere alcun diritto?
Gentile Signora
nel contratto di vendita il venditore deve garantire il compratore i vizi del bene; ai sensi dell’art. 1490 codice civile: “Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa. ” Si tratta della garanzia contro i vizi redibitori. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato che sussiste il vizio redibitorio qualora la cosa venduta presenti imperfezioni concernenti il processo produttivo o di fabbricazione o la conservazione. Il successivo art. 1491 Codice civile esclude la garanzia “se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa e se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi”. Alla luce di quanto enunciato nell’ipotesi della sussitenza del vizio redibitorio occulto, si può richiedere deprezzamento del bene immobile da quantificare nell’opportuna sede giudiziaria.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, lavoro in Ospedale e quotidianamente mi trovo a dover respirare fumo passivo. Ho fatto segnalazione scritta alla Direzione ma nulla è cambiato.
So che esiste una legge a proposito, ma il lavoratore cosa può fare al lato pratico, se il datore di lavoro non prende nessuna precauzione?
Grazie
Gentile Signora
la legge che vieta il fumo, (Legge 16 gennaio 2003 n. 3 o Legge Sirchia e direttive europee) indica una serie di limitazioni specifiche consentendo in sostanza la libertà di fumare sono negli spazi aperti mentre negli spazi privati è consentito solo nelle apposite sale fumatori; inoltre il divieto di fumo è stato esteso anche alle pertinenze esterne degli ospedali. Competente a far rispettare il divieto è il Direttore amministrativo dell’ospedale al quale può inviare sollecito scritto, e in mancanza di tempestivo intervento dovrà rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, L’INPS dopo 7 anni dalla morte di mia madre mi richiede la restituzione di una mensilità di pensione corrisposta ma non spettante più ulteriori interessi. Ho fatto domanda di riscossione di ratei di tredicesima, ma mi è stata respinta perché in prescrizione. L’errore è stato commesso da loro, è corretto restituire la mensilità e anche gli interessi?
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza la restituzione deve essere esclusa se l’errore è imputabile esclusivamente all’Inps, senza nessun concorso di colpa del pensionato o ancora del dolo del pensionato come nel caso in cui lo stesso non comunica all’Inps fatti che potrebbero modificare l’importo della pensione; (la questione è abbastanza controversa in quanto vi è una discordanza giurisprudenziale in merito all’applicazione o meno dell’articolo 2033 del Codice Civile sulla ripetizione dell’indebito). Per dirimere tali dubbi le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che previa verifica nel merito della restituzione richiesta a sua madre potrà consigliarle la soluzione più efficace.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
circa 3 anni fa il Sindaco del comune dove ho costruito la casa mi ha richiesto il progetto originale della strada privata, da me stessa costruita, per avere i margini di misurazione del terreno globale dove sorge la stessa, con l’idea di costruire dei parcheggi comunali.
La mia domanda è: sono obbligata a cedere parte del terreno di mia proprietà per questi parcheggi, e se si, da quando vige questa legge? Ad oggi non sono riuscita ancora a riavere i miei documenti, e mi servono anche urgentemente, vi è un modo, un articolo di legge, una forma scritta abbastanza autoritaria da far si che questo documento mi venga restituito il più velocemente possibile?
Ringrazio anticipatamente in attesa di una sua risposta .
Con i migliori saluti.
Gentile Signora
innanzitutto la documentazione consegnata al Sindaco del suo comune le deve essere riconsegnata, soprattutto se si tratta di documenti originali e non di copie. Le consiglio, pertanto di sollecitare la restituzione della documentazione mediante intimazione scritta con raccomandata con ricevuta di ritorno e nell’ipotesi in cui il Sindaco non provveda alla consegna le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che provvederà all’intimazione mediante le opportune azioni legali. Detto ciò occorre precisare che l’acquisizione di una proprietà privata da parte della pubblica amministrazione può avvenire attraverso l’istituto della espropriazione per pubblica utilitàe dietro la corresponsione al proprietario di un indennizzo: articolo 42 della Costituzione “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”. Con la locuzione “motivi d’interesse generale” si intende che la’espropriazione avviene per la realizzazione di opere destinate alla comunità e per il perseguimento di uno scopo pubblico. Ciò si coordina con quanto stabilito dall’art. 834 Codice civile “Nessuno può essere privato in tutto o in parte dei beni di sua proprietà se non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata, e contro il pagamento di una giusta indennità”. Ne consegue che la procedura di espropriazione per pubblica utilità prevde una serie di presupposti, disciplinati dal Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità D.P.R. 327/2001 con successivi provvedimenti di integrazione, che si articola in una serie di fasi; si parte con la disposzione di cui all’art. 8 che stabilisce che “Il decreto di esproprio può essere emanato qualora: a) l’opera da realizzare sia prevista nello strumento urbanistico generale, o in un atto di natura ed efficacia equivalente, e sul bene da espropriare sia stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio; b) vi sia stata la dichiarazione di pubblica utilità; c) sia stata determinata, anche se in via provvisoria, l’indennità di esproprio”. Si procede con la sottoposizione del bene al vincolo preordinato all’esproprio e al provvedimento della dichiarazione di pubblica utilità.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille per la risposta
Grazie a lei per averci contattato. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buongiorno,
è venuto a mancare a giugno 2019 mio zio di 89 anni; la zia è deceduta qualche anno fa. La coppia non ha figli. Dopo la sua morte veniamo a conoscenza del fatto che lo zio nel 2015 ha fatto un testamento e ha dato la sua eredità unicamente ai suoi fratelli e nulla alla parte della zia ( sorella di mio padre ). Noi come eredi legittimi non abbiamo diritto a nulla? Possiamo fare qualcosa per rivendicare la nostra parte di eredità ?
Graxie
Gentile Signora
nella successione testamentaria la quota di legittima (la quota di cui il testatore non può disporre mediante testamento) può essere riservata ai legittimari che sono il coniuge, i figli (eredi) e i genitori (aventi causa).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vorrei porgere una breve domanda per maggiori delucidazioni di natura legale. Mio marito è separato dalla ex compagna da anni e hanno in comune un figlio quasi dodicenne istigato da sempre dalla madre, soprattutto ultimamente, a non legare un buon rapporto col padre e andargli sempre contro e rifiutare qualsiasi approccio e non voler svolgere alcuna attività ludica o di vacanze ecc col padre. C’è una palese alienazione genitoriale, anche se ancora non comprovata o insomma messa per iscritto da nessun giudice o altro. Da un annetto mio marito e la sua ex stanno lottando per vie legali ma ancora sarà da svolgersi prossimamente ctu e terza udienza in tribunale. Fino ad allora io mio marito e l’altro nostro figlio piccolo siamo “in catene” in casa perchè non si riesce a convincere il ragazzo, ormai molto “onnipotente”, ad andar più fuori neppure al parco sotto casa o in piscina. Nel weekend abbiam pensato di portarlo in una struttura con piscina al mare, non avendo mai fatto vacanze col papà. Il punto è questo: dovremmo prenotare, ma naturalmente si paga un anticipo e la cancellazione è gratuita fino solo a pochi giorni prima. Se all’ultimo il bambino fa capricci e si impone e salta il viaggio (sempre su istigazione di sua madre fortemente vendicativa e invidiosa/gelosa), perderemmo l’importo della spesa o mio marito potrebbe scalare dal mantenimento tale somma?
La ringrazio, cordiali saluti
Gentile Signora
l’assegno di mantenimento comprende le spese ordinarie che attengono alla gestione della vita quotidiana del figlio (cura, educazione, assistenza) mentre una vacanza viene classificata come spesa straordinaria o extra (che ha carattere ludico e saltuario) e pertanto credo che nell’ipotesi in cui il bambino non voglia partecipare al viaggio, la relativa spesa non può essere detratta dall’assegno di mantenimento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve. Vorrei chiedere cortesemente quali limitazioni ha concretamente nella sua vita un dipendente pubblico (dipendente del Ministero oppure bibliotecario pubblico o anche impiegato in comune o simili). Ad esempio, un dipendente pubblico potrebbe anche pubblicare libri, esibirsi in manifestazioni artistiche (teatro, danza) anche eventualmente percependo un compenso? So che ci sono delle limitazioni. Un dipendente pubblico poi potrebbe dire ad esempio che non ama il suo paese? Ha delle limitazioni in ordine a quel che può dire sul paese o l’ente presso cui opera? Ci sono, in sintesi, altri vincoli?
Grazie infinite.
Gentile Signora
la legge stabilisce che il dipendente pubblico non può svolgere un secondo lavoro e in tal caso la seconda attività lavorativa potrebbe comportare il licenziamento (DPR 10 gennaio 1957, n. 3 – Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato): L’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere
impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente”. Sussitono delle eccezioni che non prevedono la corresponsione di un compenso ma solo di un rimborso spese. Per quanto concerne eventuali frasi pubbliche sul suo paese tenga presente che il dipendente pubblico è al servizio della Nazione e pertanto non credo che siano consentite frasi denigratorie.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la gentile e precisa risposta. Dunque, per ipotesi, anche pubblicare un libro o esibirsi a livello artistico è vietato se si percepisce un compenso che non sia solo un rimborso spese.
Avevo letto che ci sono delle eccezioni alle limitazioni previste, forse si potrebbe svolgere una seconda attività previa autorizzazione se si dimostra che quest’ultima non va ad interferire con il ruolo pubblico? Grazie ancora.
Aggiungo ancora alla mia ultima frase un riferimento ad un sito che trovai tempo fa: doppiolavoroautorizzato.it Grazie mille.
Gentile Signora
per esercitare il secondo lavoro retribuito occorre l’autorizzazione da parte della pubblica amministrazione, che può essere concessa sulla base di una serie di presupposti in particolare non deve sussitere un conflitto d’interesse con il pubblico impiego.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Quindi, diciamo che ci sono delle eccezioni da valutare di volta in volta in merito al secondo lavoro che un dipendente può svolgere. Giusto? Comunque so che anche un lavoro nel privato se a tempo pieno comporta l’impossibilità di un secondo lavoro. Riassumendo, un dipendente pubblico nella sua vita ha più limitazioni rispetto ad un dipendente privato? Grazie ancora
Gentile Signora
effettivamente un dipendente pubblico ha diverse limitazioni per l’accesso ad un secondo lavoro rispetto ad un lavoratore autonomo.
Grazie a lei per averci contattato rimaniamo a sua diposizione per ulteriori pareri.
Salve, vorrei realizzare una terrazza ad asola nel mio condominio, facendo una variazione al progetto, ho fatto lavori ristrutturazione in casa, ultimo piano e sono proprietario del sottotetto, ho anche l’autorizzazione dei condomini, il comune mi darebbe l’ok salvo diritti di terzi, le ferrovie nella fattispecie, rientro nella fascia di rispetto entro i 30m dal binario, rifacendosi al dpr 753/80, che recita: “Lungo i tracciati delle linee ferroviarie e` vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi
specie ad una distanza… “, mi domando la mia modifica del tetto a falda rientra nei casi? Io non sto né costruendo, né ricostruendo né ampliando. I vari oneri sono stati pagati per la superficie del sottotetto, devo rimuovere parte della falda del tetto, fare i lavori necessari per lasteicare e impermabilizzare, calcoli del ing. strutrurista già fatti e messi i sostegni necesserai. Chiedo perché ho richiesto i permessi alle ferrovie e per loro non ci sono problemi a darmi la deroga, ovviamente pagando il solito balzello che non ho problemi a pagare, quello che non ho intenzione di fare è firmare le varie liberatorie dove praticamente li esonero da ogni cosa, come se mi deraglia un treno in soggiorno è colpa mia.
Egregio Signore
la norma in questione parla di una distanza di trenta metri dalle rotaie della ferrovia. Inoltre la norma prosegue affermando che i comuni non possono rilasciare concessioni di costruzione entro la fascia dei trenta metri. Detto ciò dal momento che il comune ha dato parere positivo, così come anche le ferrovie, suppongo che sia stato rispettato il termine di distanza previsto dalla legge, e sebbene non si tratta di una nuova costruzione, non credo ci siano eventuali pericoli alla realizzazione della terrazza.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Si ma il parere positivo di ferrovie è subordinato alla firma di diverse liberatorie, talune vessatorie, quello che chiedevo è se il tipo d’intervento, cioè la realizzazione di una terrazza a asola ha bisogno del parere delle ferrovie anche se rientro nella fascia di rispetto, non andando io a fare nessuno degli intreventi previsti dal dpr, costruire, ricostruire o ampliare. Anche perché io non vado ad aumentare il volume dell’immobile, anzi lavoro in negativo rispetto alla sagoma esterna.
Egregio Signore
la norma in questione parla di costruire, o ancora ricostruire edifici o manufatti di qualsiasi genere e dal momento che l’edificio si trova nei pressi delle rotatie di un treno suppongo che sia necessario l’autorizzazione. Ciò vale anche, come nel suo caso, non vi è una attività di ampliamento della superificie. Ogni altra ulteriore considerazione va effettuata nel merito della fattispecie e quindi demandata agli esperti in materia. Altro problema è quello che concerne le clausole vessatorie che andrebbero analizzate con il contratto alla mano, anche per valutare se e dove possono alterare l’equilibrio del contratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio molto
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Mi è stato notificato l’art. 75 legge 309/90 per possesso di marijuana per uso personale. Mi sono quindi presentata al colloquio in Prefettura e il procedimento si è concluso con ammonizione e archiviazione, senza alcuna sanzione, trattandosi della prima volta. Tra due mesi mi dovrò recare negli Usa per un breve viaggio (una vacanza di una settimana) e nel compilare la domanda per l’ESTA, mi sono imbattuta nella domanda “Ha mai violato leggi sulla detenzione, sull’uso, sullo spaccio di sostanze stupefacenti illegali?”. Ora, che cosa dovrei rispondere, dal momento che l’art. 75 ricade nell’amministrativo e non nel penale? E nel caso indicassi NO come risposta, al momento dei controlli immigrazione USA in aeroporto, gli agenti possono richiedere l’accesso ai miei illeciti amministrativi oltre che che alla fedina penile (che è pulita)?
Gentile Signora
nell’ambito della violazione dell’articolo 75 del D.P.R. 309/90 qualora si tratti della prima segnalazione e il fatto risulti di lieve entità il procedimento amministrativo si conclude con una Ammonizione del Prefetto. Inoltre la detenzione di sostanza stupefacente per uso personale non ha rilevanza penale e pertanto nel certificato del casellario giudiziario il procedimento non viene menzionato. Nonostante ciò nella legislazione italiana la detenzione di sostanza stupefacente per uso personale resta vietata dalla legge (D.P.R. 309/90 “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza” così come modificato dalla Legge 21 febbraio 2006, n. 49) e secondo il mio parere la violazione andrebbe indicata nel modulo ESTA per viaggiare negli Stati Uniti
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
qualche mese fa ho smesso di fumare e mi sono rimasti diversi pacchetti di riserva che non vorrei buttare via. Online trovo solo indicazioni sulla compravendita di sigarette online da e per l’estero, nulla di specifico riguardo sigarette regolarmente acquistate in tabaccheria e rivendute su ebay. Tra l’altro a prezzo inferiore, quindi senza reale guadagno.
Per cui la domanda: rischio qualcosa se vendo una ventina di pacchetti di sigarette su eBay?
Grazie anticipatamente!
Egregio Signore
la vendita on line di prodotti da fumo è vietata nella legislazione italiana e anche il prezzo delle sigarette non può essere autonomamente fissato al ribasso ma deve rispettare i criteri dettati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, scrivo perchè vorrei avere chiaro un quadro della mia situazione, io sono amministratrice di una srls di cui ho cessato l’attività nell’ottobre del 2017, la società ha dei debiti nei confronti di creditori e del fisco…
anche se non di grandi proporzioni, è comunque una cifra per me insostenibile…
cosa potrei fare per stare tranquilla? la società non ha patrimonio purtroppo, quindi i debiti sono rimasti insoluti, leggo che i soci non pagano col proprio patrimonio personale, ma non se sentirmi tranquilla, arrivano lettere a casa per la società, e la mia vita è diventata un incubo pensando a cosa potrebbe succedere.. attualmente faccio un lavoretto da dipendente di neanche 500 al mese, e pago affitto… potete suggerirmi la miglior cosa da fare?
Gentile Signora
credo che ci sia poco da fare in quanto, come lei sa bene, nella S.r.l.s. società a responsabilità limitata semplificata così come disciplinato dall’art. 2463-bis del Codice Civile, rimane la responsabilità limitata e per le obbligazioni sociali risponde solo il patrimonio della società. Dal momento che la società non ha patrimonio sociale i debiti rimarranno insoluti anche se le relative richieste di pagamento dei creditori continueranno ad arrivare presso la sede della società.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
avrei un quesito di diritto del lavoro sulle nuove figure degli “influencers”.
La faccio breve: se non è stato concretamente pattuito diversamente, cosa puo’ legittimamente aspettarsi un influencer che abbia fatto pubblicita’ ad un prodotto tramite foto sul proprio profilo Instagram?
Se il produttore (in questo caso, io) avesse contattato piu’ di un influencer per avere pubblicita’ dei propri prodotti, avesse inviato gratuitamente una campionatura degli stessi agli influencer, ed avesse richiesto in cambio una pubblicita’, ma senza avere contratti firmati tra le parti, ed una delle influencers pretendesse di essere poi pagata in moneta sonante (n.b. che da me sono state mandate due e-mail non-pec, la prima dove si afferma che inizialmente non verranno erogati compensi economici fino ad un presunto momento successivo, la seconda, dopo che le influencers hanno pubblicato le foto dei prodotti ed una di esse ha iniziato a pretendere un pagamento in moneta, dicevo la seconda e-mail nella quale io affermo di liquidare con “compenso forfettario” chi avesse preteso dei soldi (senza pero’ indicare ne’ la natura del compenso ne’ il quantum), ed avendo oltretutto l’ influencer rimosso dal suo profilo ogni foto o pubblicita’, come procedere? Grazie
Egregio Signore
dal momento che vi è stato un accordo con l’influencer, avente ad oggetto la pubblicità di alcuni prodotti su instagram, e indipendentemente dalla tipologia del rapporto contrattuale, sorge l’obbligo al pagamento della prestazione eseguita. Altro problema concerne il quantum della retribuzione, che potrebbe variare in relazione alla tipologia dei prodotti sponsorizzati, alla piattaforma digitale, al numero dei followers raggiunti, … tutti elementi che dovranno essere valutati nel merito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
sono unico proprietario di due immobili di cui uno adibito ad abitazione principale ed un secondo, sito in diverso comune, dato in affitto con regolare contratto 4+4. Ho inoltre ereditato la quota di 1/6 dell’appartamento dei miei genitori, sito in altra regione ed attualmente adibito ad abitazione principale di mia madre.
Alla scadenza dei primi 4 anni dalla stipula del contratto di affitto vorrei interrompere la locazione del secondo immobile per metterlo in vendita. Desidererei sapere se il possesso della quota parte dell’appartamento dei miei genitori mi impedisca o meno di esercitare tale facoltà
Ringrazio e pongo distinti saluti
Egregio Signore
la quota dell’appartamento dei suoi genitori non è causa di impedimento per il recesso dal contratto di locazione 4+4. Per il recesso dal contratto di locazione 4+4 dopo i primi quattro anni il locatore deve comunicare al conduttore la volontà di recedere dal contratto con raccomandata con ricevuta di ritorno almeno sei mesi prima della scadenza specificandone dettagliatamente i motivi della disdetta ad esempio dare l’immobile ad un figlio (e comunque ad un parente entro il secondo grado) ovvero l’immobile neecessita di una serie di interventi di ristrutturazione o ancora il locatore vuole procedere alla vendita dell’immobile e non ha la proprietà di altri immobili a uso abitativo ad eccezione dell’immobile dove risiede.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Sono sposato da da alcuni anni, dopo poco più di un anno mia moglie ha deciso di andarsene per la sua strada e immagino sia tornata nel suo paese d’origine. Da circa 2 anni non ho notizie ne possibilità di contattarla. Volendo procedere alla separazione che strada devo seguire considerando che è irreperibile?
Egregio Signore
se non ci sono figli o altri beni immobili da dividere, lei può iniziare la procedura di separazione anche se sua moglie è irreperibile, e il successivo giudizio si instaurerà in contumacia dell’altro coniuge. Ciò richiede necessariamente l’assistenza di un avvocato di sua fiducia. Dal momento che sua moglie risulta irreperibile la procedura di separazione dovrà essere giudiziale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
mia moglie è nuda proprietaria di una casetta unifamiliare abitata, da sempre, dal padre usufruttuario unitamente alla seconda moglie. ora si presenta la necessità di sostituire la caldaia del riscaldamento, per una spesa di ca. 2000 euro. a chi spetta la spesa? considerato che la casa è in pessimo stato di manutenzione,in caso di problemi con altri impianti ( idrico,elettrico,finestre ecc….) come ci si regola? l’articolo 1004 parla soltanto di strutture ed opere a mantenere la stabilità dell’immobile……grazie!
Egregio Signore
ai sensi degli artt. 1004 e 1005 del Codice civile le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa sono a carico dell’usufruttuario e sono pure a suo carico le riparazioni straordinarie rese necessarie dall’inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione. Le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario. Riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta. L’usufruttuario deve corrispondere al proprietario, durante l’usufrutto, l’interesse delle somme spese per le riparazioni straordinarie. Si ricava la regola che la manutenzione ordinaria (anche della caldaia) spetta all’usufruttario, mentre le riparazioni e sotistuzioni straordinarie spettano al nudo proprietario. Ne consegue che tra le riparazioni straordinarie spettanti al nudo proprietario del bene immobile rientra la sostituzione della caldaia ( a meno che la sostituzione della caldaia è necessaria a seguito dell’inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione spettanti all’usufruttario).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Saluti,
ho acquistato un corso online dove veniva specificava la possibilità di rimborso entro 30gg…iscrizione in data 1 agosto con ricevuta di pagamento datata 2 agosto, richiesta di rimborso presentata il 31 agosto. Mi viene detto che sono fuori tempo massimo. vorrei sapere se è vero o ho ancora il diritto di essere rimborsato?
grazie
Egregio Signore
gli aquisti effettuati via internet rientrano nella tipologia dei contratti conclusi a distanza, ovvero conclusi al di fuori dei locali commerciali; in tali casi il diritto di recesso può essere esercitato, secondo quanto stabilito dal Codice del consumo, nel termine di 14 giorni, che decorre dal momento della conclusione del contratto. Il rimborso del pagamento ricevuto deve avvenire nei successivi 14 giorni dalla comunicazione del recesso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la risposta,
Nel video dove veniva presentato questo corso veniva specificato il periodo di prova di 30gg, e nel caso non si fosse soddisfatti la possibilità di recedere…la mia domanda è: hanno valenza questi 30 giorni? posso ancora recedere dal contratto?grazie
Egregio Signore
la clausola “soddisfatti o rimborsati” è diversa dal diritto di recesso; quest’ultimo è infatti obbligatorio nei contratti stipulati al di fuori locali commerciali, mentre la clausola “soddisfatti o rimborsati” è facoltativa, collegata alla volontà del venditore. Dal momento che, a quanto mi pare di capire, tale clausola è stata inserita nel contratto, allora il venditore è tenuto a rimborsare l’importo pagato nell’ipotesi in cui il consumatore intenda avvalersi della stessa nel termine dei trenta giorni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La convivenza con i genitori (che si accollano le spese di casa per loro scelta) è da considerarsi “donazione diretta/indiretta” oppure “comodato gratuito” o altro ?
In sintesi: ai fini della suddivisione dell’eredità, il fratello sposato (indipendente e in altro nucleo familiare), può chiedere una percentuale maggiore per via del vantaggio economico ricevuto dal fratello single che sta con i genitori i quali hanno deciso di accollarsi esclusivamente le spese di casa (affitto, tasse e utenze) ?
Grazie.
Egregio Signore
secondo la mia opinione la scelta del figlio (single) di abitare con i suoi genitori non incide sulla suddivisione delle quote ereditarie (ciò sotto il profilo legale). I genitori, titolari del diritto di proprietà dell’immobile possono “ospitare” il figlio accollandosi interamente le spese di casa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egr. Avv. buongiorno grazie della Vostra attenzione. Questo è il mio quesito: mia madre è proprietaria unica della casa dove viviamo a seguito di problemi di salute e dato il nostro coinvolgimento attivo anche a livello patrimoniale per le sue cure desidera donare a me e mia sorella tale proprietà quale uniche legittimarie, entrambe pacificamente concordi ad accettarla. Vengo informata però che l’atto di donazione seppure diretto e pacifico tra le parti, potrebbe creare problemi in caso in futuro dovessimo vendere a terzi tale proprietà. Poiché non ci sono possibilità di una compravendita tra noi eredi, come possiamo ovviare (anche con scritture private) e/o bypassare eventuali problemi conseguenti ad una donazione al momento considerata pacifica da tutte le parti? E’ così sconsigliata una donazione diretta? Grazie molte.
Gentile Signora
la futura vendita dell’immobile oggetto di donazione è molto complessa rispetto alla vendita di un immobile non oggetto di donazione. La donazione è infatti soggetta a revocazione da parte del donante e a collazione nella ripartizione del patrimonio ereditario nell’ipotesi in cui leda la quota di legittima degli eredi legittimari.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vi scrivo perché vorrei raccontarvi quello che mi è successo al mio scooter per sapere come posso comportarmi e far valere i miei diritti.
Una mattina tiro fuori dal garage il mio scooter per andare a lavoro ma lo scooter non parte.
L’indomani mattina(sabato) chiamo la mia assicurazione e faccio venire a prendere lo scooter col carroattrezzi e lo porto dal meccanico e glielo lascio per farlo sistemare.
Dopo 10 giorni lo ritiro dicendomi che era il collettore del filtro dell’aria che era tagliato e mi pulisce la sonda lambda.
Pago 140€.
Quando lo ritiro appena lo accendo per partire si spegne come prima al che ritorno subito dal meccanico per dirglielo e lo prova(non gli si spegne),mi dice che è normale, viaggiando si assesta.
Io, ignorante in materia, mi fido lo provo. Dopo pochi chilometri inizio a sentire che il motore non va bene e decido di tornare a casa fino a quando si spegne e non c’è verso di farlo ripartire.
Glielo riporto al pomeriggio molto infastidito e glielo lascio facendogli notare anche il paramarmitta (appena messo nuovo) che mi ha segnato e ritoccato senza dirmi niente.
Siamo al 3 agosto.
Attualmente non ho ancora lo scooter perché nel frattempo ha ordinato una nuova sonda lambda(senza avvisarmi) e sta aspettando il pezzo dal fornitore.
Ora voglio sapere cosa posso fare considerando tutti i disagi che mi ha causato da una sua non corretta visione del mezzo.
In 10 giorni aveva tutto il tempo di accertarsi dell’effettivo problema senza farmi perdere un mese di utilizzo dello scooter, un mese di assicurazione pagato per niente, un mese di bollino autostradale (lavoro in Svizzera e per percorrere l’autostrada ci vuole un bollino apposito) e per non parlare del nervoso e rabbia che mi sta facendo venire.
Posso rifiutarmi di pagare il pezzo ordinato senza avermi avvisato e tra l’altro per una colpa sua? Avevo già pagato 140€!
Il paramarmitta me lo posso far rimborsare?
Grazie
Aspetto una vostra risposta
Simone Trani
Egregio Signore
in tal caso si applicano le norme di cui all’art. 2222 del Codice civile e seguenti in merito al contratto d’opera: “Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”. Nell’ipotesi di “Difformità e vizi dell’opera” l’art. 2226 codice civile dispone che “Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare le difformità e i vizi occulti al prestatore d’opera entro otto giorni dalla scoperta. L’azione si prescrive entro un anno dalla consegna.” Ne consegue che occorre denunciare e contestare i vzi del bene nel termine di otto giorni dalla data del manifestarsi dei vizi. Ciò è fondamentale per fondare la responsabilità per inadempimento del meccanico e conseguente risarcimento del danno; per converso sarà onere di quest’ultimo provare l’adempimento della prestazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno. Ho subito la confisca della mia autovettura per mancanza di assicurazione, premesso che non mi è mai stata notificata nè mi è mai arrivato nulla in riferimento alla suddetta confisca, e in prefettura non hanno alcun documento (sospetto abbiano smarrito tutto). Essendo passati più di 5 anni, vorrei gentilmente sapere come posso fare per rottamare l’auto che mi porta spese di custodia e bollo. Grazie per la cortese attenzione.
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza la demolizione del veicolo è possibile previa autorizzazione dell’organo accertatore; invero qualora si versi nell’ipotesi di cui all’art. 193 del Codice della Strada si applica il terzo comma del suddetto articolo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera!sono un’imprenditore agricolo di un’azienda gestita da me però cointestata con mio fratello dipendente di un’impresa funebre e mi madre pensionata!nell’azienda avevo vacche in lattazione ma visto la crisi nel settore del latte ho optato per ristrutturarla e mettere cavalli in pensione!mio fratello e mia madre possono pretendere di vendere la loro parte anche se il codice aziendale è a mio nome?!
Egregio Signore
se l’azienda è anche di proprietà loro possono decidere per la vendita.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la consulenza
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Salve, scrivo per conto di una mia amica. Lei è straniera, sposata legalmente con un italiano, ha una bimba di 10 anni ma ha un problema: essendo di confessione religiosa diversa da quella del marito, sta subendo ritorsioni psicologiche e minacce da parte di lui e dei suoi parenti affinché abbandoni la casa coniugale e ritorni al suo paese senza la figlia. Obbliga tutt’ e due a non uscire di casa e frequentare liberamente le loro amicizie, le lascia entrambe per strada da sole quando viene chiamato per telefono per andarle a prendere, minaccia severamente chi cerca di offrire loro aiuto di qualsiasi genere, non permette alla madre di portarla con se quando frequenta le funzioni religiose del suo credo, ma lui lascia a casa da sola la figlia quando la mamma esce. Chiediamo cosa possiamo fare noi, cosa si può fare legalmente, cosa dicono gli articoli di legge per questo caso. Grazie!
Gentile Signora Annamaria,
quello che lei espone è una situazione di grave abuso da parte del marito. Se questa situazione si protrae da tempo, le violenze psicologiche e le minacce che la sua amica e la figlia subiscono sono molto gravi.
Il marito potrebbe, in teoria, essere denunciato per maltrattamenti in famiglia o altri reati meglio verificabili con un colloquio diretto. Per questo motivo, considerando anche che il marito della sua amica è una persona violenta, suggerirei alla sua amica di recarsi quanto prima ad un centro antiviolenza. I centri antiviolenza offronto consulenza ed assistenza gratuita e sapranno indicarle la strada migliore da intraprendere. Verrà aiutata e supportata. Ma non perdete tempo, queste situazioni non di rado degenerano.
Cordiali saluti
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
ho stipulato e firmato un contratto di noleggio per un’autovettura, arrivati al giorno della consegna ricevo la notizia che la vettura è stata erroneamente venduta, dopo qualche giorno mi arriva la notizia che hanno trovato la macchina con le stesse caratteristiche, ma con il numero telaio ovviamente diverso e le tempistiche si allungano. Chiedo uno sconto extra ma ad oggi non ho ancora ricevuto notizie e sono ancora in attesa della macchina. Ora la mia domanda è: visto che comunque loro sono tutelati da contratto per il ritardo di consegna (sono ancora nei termini) posso rescindere il contratto avvalendomi del fatto che il numero telaio non è quello che compare nel contratto da me firmato?
Grazie mille.
Egregio Signore
come lei sa bene nei contratti di noleggio autovetture a lungo termine non viene spesso rispettata la data di consegna e il noleggiatore si sgrava della responsabilità imputandola al costruttore. La disdetta del contratto di noleggio deve essere richiesta nel termine previsto dal contratto e ecomunque prima della consegna del veicolo. In tali casi possono essere previste delle penali risarcitorie. Per quanto concerne l’azione di rescissione la stessa non è supportata dallo stato di pericolo o di bisogno che hanno comportato una sproporzione tra le prestazioni contrattuali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
In un accordo integrativo del gruppo Ferrero del 2 ottobre 1998, fu eliminato il premio di produzione fisso mensile a tutti i lavoratori a tempo determinato: [… Le parti concordano che il trattamento retributivo mensile del personale a tempo determinato assunto, a qualunque titolo, a partire dalla data odierna, non prevederà la corresponsione dell’elemento premio di produzione (ex art. 28 CCNL 7.8.91)]. Quell’accordo sindacale si può impugnare in quanto al lavoratore a tempo determinato spetta lo stesso trattamento economico e normativo, anche in materia di formazione, in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato in proporzione al periodo lavorativo prestato?(art. 25, comma 1, del D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81)
Egregio Signore
il premio di produzione, quale elemento integrativo della retribuzione mensile, deve essere garantito sia ai lavoratori assunti a tempo indeterminato e ai lavoratori assunti a tempo determinato, sulla base del principio di non discriminazione.
Cordialemnte
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
mio marito paga un assegno di mantenimento per una figlia avuta da una precedente relazione -senza matrimonio- pari a 612,00 € mensili. Il suo stipendio è di circa 1.200,00 €. La mamma della bambina ha un lavoro che le consente di guadagnare più del doppio di mio marito. Le esigue risorse di cui mio marito dispone non gli consentono di contribuire al mantenimento della nostra famiglia, per il cui sostentamento provvedo in tutto e per tutto io; preciso anche che siamo in attesa di un bambino. Vorrei capire se alla luce di tali elementi è possibile chiedere una consistente riduzione del mantenimento attualmente versato
Cordiali saluti
Gentile Signora
le consiglio di adire al Tribunale per chiedere la revisione dell’assegno di mantenimento chiedendo una riduzione dello stesso a seguito delle esigenze determinate dal nuovo nucleo familiare e dalla futura nascita di un secondo figlio. In tali casi si procede ad una nuova analisi della condizione economica di suo marito allo scopo di garantire una parità di trattamento (economico) tra il vecchio nucleo familiare e il nuovo nucleo familiare.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio per la consulenza.
Cordiali saluti
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Salve,
chiedo assistenza per una strana situazione che si è creata durante una pratica di acquisto di un immobile.
In pratica attraverso un agenzia immobiliare ho fatto un offerta al venditore di un immobile ponendo la clausola “salvo accettazione mutuo”. L’offerta è stata accettata.
Per le pratiche del mutuo mi sono affidato ad un consulente legato all’agenzia immobiliare stessa, che ha preparato tutto la documentazione necessaria e poi la sottoposta all’esame di una banca.
Da questo ha ricevuto esito negativo, ottenendo un credit scoring sotto il cut off e per cui archiviando la pratica.
A questo punto mi è stato comunicato che il mutuo era stato rifiutato.
Convinto di questo fatto ho per cui dato per scontato di poter recuperare l’assegno versato come caparra contestualmente all’offerta, però l’agenzia mi ha comunicato che non poteva in quanto il venditore non accettava questo fatto.
Si è chiesto al consulente di fornire documentazione atta a provare il diniego di mutuo, e questo ha inviato una schermata dal portale della banca in cui si vede che la pratica è andata in cut off (nella schermata è visibile l’url del sito che è proprio quello della banca).
Il venditore però ha impugnato la cosa rivolgendosi ad un avvocato che ha stabilito che questa documentazione non è sufficiente.
Il consulente chiedendo altra documentazione alla banca ha ottenuto un documento su carta intestata della banca che invece dice che la pratica risulta non perfezionata per declino per rinuncia del cliente.
A questo punto l’avvocato del venditore considerando come unico documento valido questo secondo sostiene ancora di più che il suo cliente deve avere il mio assegno.
Il consulente per il mutuo però ha spiegato che questa è una prassi comune della banca, che praticamente non permette nemmeno di far perfezionare la pratica di mutuo in mancanza degli standard considerati minimi.
Mi chiedo dunque se ho modo di dimostrare che la documentazione prodotta in primo luogo è sufficiente, in cui in una schermata del sito ufficiale della banca viene riportato che io risulto sotto il cut off e per questo la pratica viene archiviata.
Informandomi sul web ho capito che è prassi comune delle banche fare una prima analisi automatizzata per stabilire se il cliente potrebbe essere solvente per il mutuo, analizzando la faccenda attraverso algoritmi che paragonano i risultati che si sono ottenuti su soggetti con caratteristiche simili.
Se il soggetto secondo questi algoritmi risulta non solvente, allora non supera il cut off e per questo non rientra nemmeno nella possibilità di richiedere il mutuo, quindi penso che questo sia considerabile al pari di un rifiuto, viene comunque a mancare il punto per il perfezionamento del contratto, per cui il mutuo non è fattibile.
Grazie in anticipo per l’aiuto in questa intricata situazione da cui spero di poterne uscire, in quanto la caparra è gran parte delle mie attuali disponibilità.
Egregio Signore
preliminarmente per poter dare una risposta precisa occorrerebbe leggere e analizzare con attenzione il contratto stipulato e le singole clausole in esso contenute. Detto ciò, in via generale occorre affermare che qualora nel contratto sia stata inserita una condizione risolutiva, “salvo accettazione mutuo” riferita ad uno specifico evento, futuro ed incerto, e tale condizione sia stata accetttata da entrambe parti, comporta la risoluzione del contratto nel caso di avveramento della condizione ovvero di rifiuto del mutuo da parte della banca erogatrice. Più specificatamente l’avveramento della condizione risolutiva dipende da un evento estraneo alla volontà delle parti. Ne consegue la restituzione della caparra versata. La parte venditrice invece subordina l’avveramento della condizione risolutiva ad una serie di fatti imputabili alla parte acquirente (ovvero a lei) in particolare per non avere fornito tutta la documentazione necessaria alla banca e per tale motivo la pratica di richiesta del mutuo non è stata perfezionata.
E’, pertanto necessario che lei si rivolga ad un avvocato di sua fiducia, il quale previa verifica e studio della documentazione, potrà agire per far valere l’avveramento della condizione risolutiva per un evento estraneo alla sua volontà ed ottenere a tal guisa la restituzione della caparra versata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
sono proprietaria di un immobile, in una strada chiusa l’anno scorso ho provveduto ad eseguire a mie spese lavori per la costruzione e la pavimentazione del marciapiede “perchè il comune mi ha detto che non c’erano fondi”.
Adesso il comune vuole rifare il marciapiede, che io ho provveduto a fare 12 mesi fa, posso oppormi ai lavori?
Grazie in anticipo.
Gentile Signora
io credo che lei non possa opporsi al rifacimento della pavimentazione da parte del Comune. Quest’ultimo ha la piena proprietà trattandosi di strada comunale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca
Grazie per la consulenza.
Cordiali saluti.
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buongiorno,
il curatore fallimentare ha omesso di comunicare all’avvocato da noi incaricato per l’inserimento come creditori nella procedura fallimentare, la chiusura del fallimento stesso. Poichè siamo venuti a conoscenza della chiusura del fallimento solo più di due anni dopo, non ci è più possibile avere il rimborso iva sulle fatture interamente non pagateci. Cosa possiamo fare?
Grazie per il Vs gentile interessamento
Egregio Signore
non so se è stata proposta una dichiarazione tardiva per mancato avviso da parte del curatore fallimentare di cui all’art. 92 legge fallimentare; la stessa deve essere valutata in base alle singole circostanze e peculiarità di ciascun caso. Purtroppo ogni altro esame deve essere effettuato nel merito della fattispecie che non può essere valutata per via telematica.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Ringrazio per la Vs gentile risposta.
Koinè snc
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buonasera, sono divorziata e ho due figlie maggiorenni che studiano all’università. Da sentenza il padre deve versare il mantenimento e le spese al 50%. (scuola, spese mediche ecc.). Recentemente il dottore di base ha ritenuto opportuno prescrivere esami del sangue per entrambe le figlie per accertamenti. Il padre si rifiuta di pagare la metà dei ticket affermando che a lui non spettano. Gradirei sapere a che cosa posso far riferimento considerando che credo sia una spesa che spetta ad entrambi (riferimento leggi o quant’altro). GRAZIE
Gentile Signora
in tal caso si fa riferimento al provvedimento nel quale si dispone in ordine al mantenimento. Se il giudice assegna al genitore non affidatario il versamento di una quota a titolo di mantenimento e di una altra quota nella misura del 50% a titolo di spese straordinarie, tra le quali rientrano le spese mediche, quest’ultime devono essere versate (nella somma pari alla metà del totale).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, temo di essere stato raggirato e non so proprio cosa fare. Verso fine luglio di quest’anno ho trovato un immobile da acquistare e sono andato dall’agenzia che si occupava dello stesso. Faccio la proposta d’acquisto e firmo anche il modulo per la parcella all’agente pari al 4% del valore dell’immobile ovvero 7000€ iva inclusa. Adesso dopo aver formato la proposta ed averla ricevuta controfirmata dai venditori, ottenuto delibera mutuo, l’agente mi viene a dire che ci sta un problema in comune sull’immobile tale da richiedere una grossa somma per risolvere il problema. Il problema è che lui mi ha fatto pagare in anticipo la parcella e non mi ha mai permesso di pagare la caparra ai venditori in quanto da un mese aspetto le coordinate bancarie del loro conto corrente per fare il bonifico per la caparra ed ogni volta ha tergiversato rimandando la cosa, fino ad oggi che mi comunica questa notizia che mi lascia a bocca aperta. Purtroppo per la sua parcella non mi ero accorto che nel foglio che ho firmato voleva il tutto dal momento in cui ottenevamo l’accordo col venditore. Adesso però, vista la situazione, io ho solo un pezzo di carta firmato e nulla in mano. Cosa posso fare? Ci sarebbe una mezza speranza per rivalermi? Temo davvero di non rivedere piu quei soldi e nemmeno la casa. Aiutatemi per favore. Grazie mille!!!
Egregio Signore
credo che per risolvere la questione debba rivolgersi il prima possibile ad un avvocato di sua fiducia, il quale, previa verifica della documentazione, potrà agire per ottenere la somma pagata all’agente immobiliare pari alla quota del 4% sulla vendita dell’immobile, che però non è ancora avvenuta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno Avvocato.
Un problema condominiale.
Da circa un anno hanno aperto un bar affittando un locale di proprietà di un condomino che rivendica la proprietà dello spazio antistante il locale in base all’atto di acquisto del 1952 in cui si attribuiscono al proprietario del locale “diritti eventualmente spettanti” su tale area. Abbiamo fatto tutti gli accertamenti del caso. Non esiste un documento che attesti il diritto di proprietà. I condomini erano convinti che fosse proprietà del condominio. Il proprietario non ha fatto valere nemmeno l’usucapione ufficializzandola a norma di legge. Nel 2017 il proprietario del locale ha accatastato tale spazio in modo arbitrario facendo passare per proprietà anche lo spazio non antistante il locale, posto a sinistra dell’ingresso condominiale. L’avvocato del condominio sostiene che l’unica via è intentare una causa, ma non si è raggiunto il quorum richiesto di 500 millesimi. Sostiene altresì che anche se il titolo di proprietà è incerto, il proprietario del locale può continuare a gestire lo spazio come proprio.
Vorrei sapere se questa valutazione è corretta e se esistono modalità alternative per risolvere il problema visto che la causa non riusciamo a farla.
Altro problema è quello delle competenze dell’amministratore, che sostiene che una volta diffidati gli affittuari del locale a rispettare il regolamento condominiale per il decoro e l’emissione di rumori, se l’affittuario si rifiuta e continua nei suoi comportamenti illeciti, lui non può fare nulla. Ha ragione a pensarla così oppure l’amministratore può a nome del condominio sporgere denuncia?
Grazie per l’attenzione
Maria
Gentile Signora
da quello che lei narra credo che l’unica soluzione possibile sia quella di agire in via giudiziale per la tutela dei diritti del condomnio negli spazi di sua proprietà. Per la querela l’amministratore deve averes uno specifico incarico (procura) conferito dall’assemblea dei condomini. Credo che l’unica soluzione prospettabile sia quella di raggiungere il quorum necessario ed agire in via giudiziale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
salve , avrei bisogno di un consiglio. Sono 7 anni che non mi parlo più con la mia famiglia a novembre 2017 mio padre è deceduto (era ancora in servizio lavorativo ) dopo 6 mesi dalla morte ricevo una chiamata da mia madre chiedendomi di andare davanti al notaio e di portare documenti e codice iban dove mio padre aveva laciato un testamento in cui chiedeva di acconsentire di lasciare tutti i suoi beni alla moglie , ma a noi figli ci spetta la legittima costretto dalla situazione creata dentro l’ufficcio del notaio ho firmato il testamento . dopo un anno da quella firma ho scoperto che il codice iban non è servito al notaio e ho scoperto che hanno liquidato tutto il TFR a mia madre . vorrei sapere ma il TFR va suddiviso anche agli eredi ? o firmando quel testamento non ho diritto ? come potrei procedere ? la ringrazio per l’attenzione
Egregio Signore
nella successione testamentaria una quota della successione (quota di legittima) deve essere riservata (per legge) ai legittimari. I legittimari sono il coniuge
i figli (o i loro discendenti) e i genitori (ascendenti). In tali casi la quota di legittima viene calcolata sulla base dell’ammontare del patrimonio ereditario tenendo conto della quota che il de cuius ha disposto mediante testamento. Il TFR o trattamento di fine rapporto, vertendosi in caso di decesso del lavoratore in attività di servizio, deve essere suddiviso secondo le regole di cui all’art. 2122 Codice civile “In caso di morte del prestatore di lavoro, le indennità indicate dagli articoli 2118 e 2120 devono corrispondersi al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado”.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Vivo una situazione complessa insieme a mia sorella in quanto nel corso di 15 anni di vita in un condominio come affittuarie abbiamo riscontrato numerose irregolarità di varia natura che ci hanno portate a sospendere, dalla fine del 2016, i pagamenti delle rate condominiali perché abbiamo scoperto che ci venivano fatte pagare anche spese straordinarie e spese riguardanti il garage che è escluso dal contratto, del quale però ci hanno dato le chiavi (obbligatoriamente15 anni fa e che abbiamo conservato da allora) in quanto facente parte del nostro appartamento con tanto di fili dell’energia elettrica collegati. Nel corso degli anni, tale garage è stato affittato in nero a nostra insaputa dal padrone di casa a vari condomini dello stabile (alcuni ora non abitano più qui) ed infine venduto ad uno di essi, sempre a nostra insaputa. Si può reputare nullo un contratto di questo genere? Se si, come possiamo procedere?
Gentile Signora
certamente vi è una limitazione per il conduttore nel contratto di locazione con riguardo alle spese straordinarie dell’immobile (mentre per quanto riguarda la locazione del garage, questo non faceva parte del contratto). Le consiglio di rivolgersi all’amministratore del condominio chiedendo la copia di tutti i bilanci (preventivi e consuntivi) e scorporare le spese straordinarie imputabili al solo proprietario. Tali spese straordinarie, una volta determinate nell’ammontare, potranno essere portate a conoscenza del propetario, con il quale, le consiglio di trovare un accordo in merito al rimborso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno, un locale commerciale di proprietà di 4 persone, ognuna con una quota di 1/4, viene utilizzato
come negozio da una delle quattro. Io, che sono quella che abita più lontano, non sono d’accordo, agli altri 2 non interessa. Come posso fare, in termini di legge, a fare in modo che non venga utilizzato questo locale, anche di mia proprietà.
Posso pretendere che il locale venga immediatamente liberato , visto che non sono d’accordo oppure non posso fare niente. Non mi interessa prendere affitti.
Grazie per l’attenzione
Francesco
Egregio Signore
nel suo caso si verte nell’ambito di un immobile in comproprietà o in comunione, ovverro di contitolarità del diritto di proprietà in capo a quattro proprietari diversi; ne consegue che tutti i proprietari possono utilizzare l’immobile nei limiti del proprio diritto e della propria quota, con il divieto di non modificarne la destinazione del bene o impedire agli altri comproprietari di utilizzare il bene. Soltanto nell’ipotesi in cui vi sia un uso eccessivo del bene da parte di uno dei comproprietari che possa provocare un danno agli altri comproprietari si può chiedere la limitazione dell’uso del bene. Se i problemi permangono l’unica soluzione è quella di chiedere lo scioglimento della comunione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato. Ho firmato una commissione di vendita per una cucina versando un acconto. Non sono scritte le condizioni di vendita e sono passati 18 giorni. Posso recidere senza conseguenze? È prevista qualche penale? L’ordine di fatto non è andato avanti anche perché la predisposizione della cucina non era definitiva. Grazie mille
Gentile Signora
ai sensi dell’articolo 1731 Codice civile “Il contratto di commissione è un mandato che ha per oggetto l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente e in nome del commissionario”. Nella specie si tratta di un mandato senza rappresentanza. In tali casi ai sensi dell’art. 1734 C.c.: “Il committente può revocare l’ordine di concludere l’affare fino a che il commissionario non l’abbia concluso. In tal caso spetta al commissionario una parte della provvigione, che si determina tenendo conto delle spese sostenute e dell’opera prestata”.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato avrei bisogno di un informazione.
In caso di separazione consensuale da mio marito a chi rimane il diritto di continuare ad abitare nell attuale domicilio?(casa in affitto)
Grazie
Gentile Signora
nell’ipotesi di separazione la casa coniugale (laddove per casa coniugale si intende l’immobile in cui il nucleo familiare ha convissuto stabilmente) viene assegnata di regola al coniuge affidatario dei figli minori o maggiorenni ma non autosufficienti. Le stesse regole valgono sia per la casa coniugale di proprietà che in affitto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato,
vorrei produrre degli orologi però poichè la produzione sarà abbastanza costosa (l’affiderei ad un terzista Svizzero), volevo mettere delle immagini 3D di come sarà l’orologio e dire chiaramente ai potenziali clienti (sul sito internet) che la produzione partirà solo se verrà raggiunto un determinato numero di preordini e che perciò, col preordine rinunciano al diritto di recesso, al rimborso (o dell’intera somma o magari del 50%), in questo modo io non mi ritroverei con un debito in caso ad esempio molti di loro me lo rimandassero indietro. Potrei farlo? E’ legale?
Grazie mille, cordiali saluti,
Alessandro
Egregio Signore
sulla produzione, esposizione mediante immagini in 3D, e successiva vendita di orologi nulla quaestio. Il problema sussiste in merito al diritto di recesso in quanto il Codice del Consumo prevede per i contratti conclusi a distanza (tra i quali rientrano anche i contratti conclusi in internet) la facoltà per il consumatore di recedere entro 14 giorni, che decorrono dal giorno della conclusione del contratto nei contratti aventi per oggetto prestazioni di servizi e dal giorno di ricevimento della merce nel caso di acquisto di un bene.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Ho versato una certa somma di denaro, tramite ricarica poste pay, a una persona come acconto per l’acquisto di un’auto. Dopo qualche giorno non ho più avuto risposta per l’incontro. Di questa persona ho solo nome e cognome, codice fiscale e dati della carta e qualche messaggio e chiamata come prova. Come posso denunciarlo? E se volessi fare denuncia anche per tempo e denaro che mi ha sottratto?
Egregio Signore
nel suo caso le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che potrà assisterla nella redazione e nella presentazione della denuncia. La denuncia comporta l’attivazione dell’autorità giudiziaria in merito ad una fattispecie criminosa (reato) e in caso di condanna del reo costituirà il titolo per ottenere il risarcimento del danno, ovvero del denaro sottratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, io sto aprendo un attività e per rendere il mio locale commerciale idoneo alle norme della asl ho dovuto modificare la vetrina di ingresso fronte strada. Mi sono rivolta ad una ditta per la realizzazione di una vetrina in alluminio con porta elettrificata. Il preventivo che mi è stato proposto per il lavoro finito era di 2170 euro più iva. Questo prezzo teneva conto anche del recupero di due vetri della vetrina già esistente. Poco dopo esserci accordati l’artigiano mi fa sapere che per errore è arrivato un profilo di alluminio diverso da quello da me scelto e che a fronte del disguido mi riconosceva uno sconto di 80 euro sul prezzo pattuito e che quindi la vetrina sarebbe costata 2090 euro più iva- Decido di accettare. Al momento del montaggio della vetrina uno dei due vetri che dovevano essere recuperati, nel cercare di adattarlo alla misura necessaria viene rotto dagli operai, il secondo vetro invece che doveva essere recuperato per un errore di misurazione dell’artigiano risulta troppo piccolo. In pratica prendendo le misure ha sbagliato l’artigiano quindi il vetro da recuperare risultava troppo piccolo. Ovviamente è stato necessario realizzare due nuovi vetri. Una volta tornati per montare i due nuovi vetri e a lavoro finito mi viene comunicato che avrei dovuto pagare 300 euro in più per i vetri nuovi.
Successivamente mi rendo anche conto che sulla vetrina è stata montata una maniglia fissa che non permette l’apertura della porta dall’interno. Essendo la mia un attività commerciale questo mi risulta abbastanza scomodo. Ho richiesto esplicitamente una porta elettrificata per non permettere il libero accesso al locale ma davo per scontato che invece internamente sarebbe stata predisposta una maniglia che permettesse l’apertura della porta. Premesso questo contatto l’artigiano e gli spiego le mie perplessità sia riguardo al fatto che reputavo di non dover pagare i vetri nuovi che non ci sarebbero dovuti essere, sia il fatto della maniglia che per le mie esigenze non andava bene. Ci incontriamo quindi in negozio per discutere del tutto e vengo letteralmente aggredita, per venire incontro all’artigiano gli dico che sono disposta a pagare il vetro che hanno rotto accidentalmente ma non quello della porta che è dovuto a un suo errore e richiedo anche la modifica della maniglia. Ci accordiamo per una maniglia già in possesso dell’artigiano e che quindi non avrebbe generato ulteriori costi. Una volta ultimato il lavoro però mi vedo recapitare un conto dove trovo, il costo del vetro che mi ero offerta di pagare, il costo del vetro che hanno sbagliato loro con uno sconto del 50% come rimborso della differenza di qualità del vetro (secondo lui), il costo della maniglia e della modifica della maniglia esistente, e il costo della manodopera per il cambio della maniglia. Per un totale di 500 euro in più sul prezzo pattuito in origine. Hai fini di un racconto più completo voglio specificare che nonostante la mia richiesta di preventivo avvenuta più volte in principio mi è stato consegnato un preventivo scritto a mano dove si evince solo il prezzo finale di 2170 euro più iva, dopodichè sono in possesso di messaggi scritti che dimostrano lo sconto accordatomi di 80 euro, ma tutte le altre discussioni riguardo al vetro e alla maniglia sono avvenute verbalmente. Quello che vorrei sapere è se è giusto questo tipo di trattamento e quindi devo pagare non avendo forse gestito la cosa adeguatamente oppure se tutte queste spese imputatemi sono ingiuste e posso procedere per vie legali. grazie
Gentile Signora
da quello che lei narra si evince un errore di valutazione da parte dell’artigiano nelle misure del vetro e nella predisposizione della maniglia. Tali errori hanno comportato un vizio nella realizzazione dell’opera e un aumento del prezzo pattuito. Ciò detto, dal momento che l’aumento si attesta nella somma di euro 500 le sconsiglio di agire in via giudiziaria, mentre per converso sarebbe utile trovare un accordo con l’artigiano limitatamente al vetro nuovo (non il vetro rotto dagli operai) e alla sostituzione della maniglia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, nel mio condominio mancavano tre posti auto rispetto agli appartamenti che ci sono . Sono stati fatti dei lavori e adesso ci sono 27 posti auto per 27 appartamenti. Tra 5 giorni verrà fatta una riunione condominiale per assegnare i posti che sono stati numerati dal 1 al 27. Già adesso ci sono discussioni perché nel piazzale condominiale ci sono degli alberi e nessuno vuole parcheggiare sotto , dicendo che sporcano le macchine .Gli attriti maggiori vengono perché alcuni condomini o per vecchiaia o per scelta non posseggono l’auto e vorrebbero far usufruire del proprio posto a un condomino che possiede due auto , magari in cambio di favori , tipo fare la spesa e accudirlo in caso di bisogno o per semplice amicizia. Alcuni invece dicono che se non hanno l’auto devono lasciare il posto libero , anche se hanno partecipato alle spese dei posti macchina. Io sono tra quelli che hanno due auto e faccio un favore ad un condomino che risiede molto lontano ( questa è la casa lasciata dai genitori ), avendo le chiavi dell’appartamento controllo e vado ogni volta che ci sono da fare le letture delle utenze , in cambio mi fanno parcheggiare nel loro posto , togliendola solo quei 20 /30 giorni all’anno quando vengono loro . Cosa posso dire alla prossima riunione condominiale ? Grazie.
Egregio Signore
l’assemblea condominiale dovrà deliberare in merito all’assegnazione dei posti auto ai rispettivi appartamenti (27 posti auto per 27 appartamenti); nonostante eventuali litigi e discussioni l’assegnazione dovrà avvenire a maggioranza dei condomini (non credo che sia necessario l’unanimità in quanto i posti auto sono sufficienti per tutti gli appartamenti presenti nello stabile, non escludendo alcuni condomini) in relazione al criterio di assegnazione precedentemente scelto. Detto ciò, una volta assegnati i singoli posti auto ogni condomino è libero di utilizzarlo o meno. L’accordo tra i singoli condomini sull’utilizzazione del posto auto rimane riservato tra le parti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera ,come posso ricuperare i miei nella concessionaria della macchina usata. Mi avevano chiesto di lasciare 500 euro per bloccare la macchina mentre aspettiamo la approvazione del finanziamento. Ma dopo una settimana ci aveva comunicato che siamo state rifiutati che a me sembra strano perché è la prima volta che facciamo il finanziamento .Dopo questo comunicazione abbiamo cercato tutti modi di contattare la concessionaria per il rimborsare i soldi ma non ci risponde. Cosa possiamo fare ? Sul foglio che avevamo firmato c’era scritta che possiamo ricuperare solo il 200 euro se la domanda del finanziamento è rispinta. Ma la vediamo arrivare sul nostro conto. Mi chiedo se posso chiedere la concessionaria di darmi una copia della e-mail che hanno ricevuto dalla finanziatore dov’è scritto che la nostra domanda è stata rifiutata. E cosa posso fare legalmente se loro continuano ignorarci? grazie mille . Grazie davvero tanto
Egregio Signore
preliminarmente occorre affermare che per poter dare una risposta eloquente al parere sopra esposto sarebbe necessario prendere visione della documentazione firmata tra le parti. Detto ciò lei ha diritto ad ottenere i soldi lasciati in deposito (almeno nella misura delle euro 200 come risulta dalla documentazione) ma se la concessionaria non risponde alla vostre chiamate credo che l’unica soluzione sia quella di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che potrà agire per il recupero della somma. Certamente lei ha altresì diritto a chiedere copia della domanda di finanziamento respinta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato.
Necessito di un Suo parere in merito all’acquisto di un box, avvenuto in data 21.12.2018.
Facendola molto breve, scopro adesso che il box acquistato (cat. C/6) in realtà risulta essere inutilizzabile a causa di dotazioni mancanti riferite alla pratica antincendio.
Questo requisito fondamentale, può essere incluso tra i vizi occulti per cui è lecito chiedere una rescissione contrattuale?
La parte venditrice era tenuta a conoscere questa informazione in quanto il verbale del VVF è antecedente alla data del rogito, così come un’assemblea andata deserta, con la quale comunque l’amministratore informava i presenti (e non) dei maggiori lavori da eseguire.
Chiaramente il fatto non mi è stato reso noto in fase di acquisto.
Inoltre, in data 28.03.2019, alla presenza di 7 condomini su 33 (presenti e delegati) per un totale di 389,33
millesimi, è stato stabilito che le spese relative ai lavori straordinari venissero divise tra i soli proprietari dei box e non a millesimi proprietà.
E’ una cosa legittima se non decisa all’unanimità?
E’ impugnabile la delibera e/o è considerabile nulla a tutti gli effetti di legge?
Ringraziando, attendo un Suo Cordiale riscontro
Egregio Signore
ai sensi dell’art. 1490 Codice Civile: “Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa”. E’, pertanto necessario che sussista l’inidoneita all’uso normale del bene acquistato, i vizi che diminuiscono in modo apprezzabile il valore e la malafede del venditore, il quale non comunicando al compratore i vizi della cosa, lo ha tratto in inganno. Ai sensi del successivo articolo 1491 Codice civile la garanzia non è dovuta se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa, ovvero se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi. In tali il compratore può agire per ottenere la risoluzione del contratto (on in alternativa la riduzione del prezzo). La valutazione dell’una o dell’altra azione deve essere effettuata nel merito, previo esame della documentazione relativa alla compravendita.
Per quanto concerne le spese relative ai lavori straordinari all’interno dei box/garage queste, secondo l’indirizzo giurisprudenziale della Corte di legittimità, devono essere divise solo tra i proprietari dei box/garage, (ugualmente avviene per posti auto e per le cantine) in proporzione alle rispettive quote di proprietà. Lo stesso discorso vale anche per le spese di ordinaria manutenzione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato,
La ringrazio innanzitutto per la risposta, ed integro quanto approfondito.
Il venditore, in fase di proposta di acquisto, dichiarava che “L’immobile in oggetto, al momento dell’atto notarile, dovrà essere libero da oneri e pesi, trascrizioni pregiudizievoli, iscrizioni ipotecarie, ed essere in regola con la normativa edilizia ed urbanistica, ad eccezione: DI NULLA “, escludendo di fatti il bene da vizi ed evizioni.
Inoltre, ho scoperto successivamente che già a maggio del 2018 (quindi circa 7 mesi prima della compravendita) era stato redatto apposito verbale dai VVF che prevedeva parecchi lavori da eseguire (deliberati appunto nel marzo 2019), ma già noti in data 13.12.2018 poiché l’amministratore, in assemblea (come da verbale redatto) li aveva resi noti.
Quindi, se non ho capito male, la suddivisione delle spese è inoppugnabile, e non ci sarebbe quindi stata legittimità di contestarla, corretto?
Un ultimo quesito, come si avvia la procedura per richiedere la risoluzione del contratto?
In quel caso, quali spese il venditore (che ha agito in mala fede) è costretto a restituire (es. onorario del notaio / tasse / imposte / spese legali) ?
Ringraziandola, attendo Suo cordiale riscontro
Egregio Signore
da quello che lei narra si presume che il venditore era già a conoscenza dei vizi del bene in data antecedente alla conclusione del contratto. Da ciò si evince la sussistenza dei presupposti per la risoluzione del contratto o per la riduzione del prezzo. La scelta è irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale. Ciò comporta anche il risarcimento del danno subito (si tratta di una somma che comprende anche le varie spese che il compratore ha dovuto affrontare).
Il verbale di assemblea per la suddivisione delle spese può essere impugnato, ma il problema è che l’orientamento giurisprudenziale prevalente afferma la suddivisione delle spese tra i proprietari dei box/garage in proporzione alle rispettive quote di proprietà.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Nel 1992, trovandomi in carcere ed avendo ereditato assieme a mio fratello di una casa, mi accordai con mia madre (con scrittura privata) di lasciarle a lei l’uso del bene,in contropartita di una somma di demaro. Prima di lasciare l’Italia, ho firmato una procura a mia madre, davanti a un notaio. Quest’anno, quando sono ritornato in Italia dopo piu di 25 anni, ho scoperto che mio fratello, usando la procura che avevo dato a mia madre, si è intestato la totalita della casa. Dichiarando che l’ho venduta a lui, per la somma ridicola che mi ero accordato con mia madre per lasciarle l’uso.
Vorrei sapere, se possibile, quali ricorsi legali ho.
Ringraziando in anticipo.
Cordiali saluti
Egregio Signore
per poter dare un consiglio legale è necessario che la situazione venga analizzata nel merito, con esame di tutta la documentazione cartacea. Vi sono dei passaggi che non riesco a capire come la procura notarile rilasciata a sua madre per l’uso dell’immobile fino alla trasformazione della stessa in un contratto di compravendita immobiliare nella quale il prezzo sarebbe simbolico e mancherebbe il passaggio di denaro tra il venditore (lei) e l’acquirente (suo fratello); sono tutti elementi a cui non riesco a dare una spiegazione che si sostanzia in un parere legale. Pertanto, le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale, previo esame e studio della documentazione, potrà assisterla ed eventualmente agire nelle sedi opportune.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato,
La ringrazio sinceramente per la risposta. Trovandomi ancora all’estero, fino al 2022 (data della tanto attesa pensione), vorrei chiederle, se possibile, se c’è una data limite per fare ricorso. Sapendo che la presunta vendita sembrerebbe avvenuta, in mia assenza, nel 1992. Sara ancora possibile iniziare un procedimento nel 2022?
Ringraziandola in anticipo.
Cordialmente,
Egregio Signore
in via generale i termini ordinari di prescrizione sono di dieci anni. In tali casi una eccezione è costituita dall’istituto della simulazione assoluta la quale è imprescrittibile. Come già affermato in precedenza occorre che la situazione venga analizzata nel merito, con esame di tutta la documentazione cartacea.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca
Egregio Avvocato,
Un sincero ringraziamento per queste preziosissime informazioni.
Cordialmente,
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buonasera, vorrei chiedere cortesemente come si regolano i rapporti tra inquilino e proprietario di casa.
1) Il padrone di casa può vincolare l’inquilino a non fumare in casa e negli spazi comuni?
2) Se sì, deve esplicitarlo per forza nel contratto altrimenti è tutto affidato alla buona educazione delle persone? La casa in questione è affittata come non ammobiliata ma contiene in realtà qualche arredo.
3) Il locatore può inoltre vincolare il locatario per altri comportamenti (divieto di rumore eccessivo, divieto di buttare piccoli rifiuti in cortile, ecc.)?
4) Se queste elementi devono rientrare nel contratto, la loro inosservanza può essere motivo di recessione da parte del locatore?
5) Nel caso, alla scadenza del contratto, è possibile farne uno nuovo e inserire questi elementi?
Grazie molte per il servizio e la disponibilità.
Gentile Signora
nei contratti di locazione di immobile il conduttore deve utilizzare il bene secondo l’uso stabilito nel contratto (ovvero ad uso abitativo) e deve utilizzare il bene senza apportare alcuna modifica o innovazione o danni. Sotto il profilo giuridico non sussistono norme che possano vietare al conduttore di fumare all’interno dell’appartamento.
Per quanto concerne il punto n. 3 “Il locatore può inoltre vincolare il locatario per altri comportamenti (divieto di rumore eccessivo, divieto di buttare piccoli rifiuti in cortile, ecc.)?
Tali divieti possono rientrare nel contratto e riguardano il rispetto delle norme del regolamento condominiale. È in ogni caso vietato al conduttore compiere atti e tenere comportamenti che possano recare molestia agli altri abitanti dello stabile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie della cortese risposta. Non si tratta di un condominio ma di una casa con vari appartamenti, per il momento solo due abitati, uno dal proprietario e l’altro dal locatario. Non è possibile impedire che si fumi in casa, nemmeno considerando che gli spiragli nella porta farebbero fuoriuscire il fumo nella scala comune? E nemmeno considerando che forse il fumo si impregna nelle pareti ed anche in quel parte di mobilio di proprietà del locatore? Forse tutto ciò è ininfluente perché la legge semplicemente non lo contempla, giusto? Ancora grazie.
Gentile Signora
come precedentemente affermato non esiste una norma giuridica che stabilisce il divieto di fumo per il conduttore nell’appartamento locato.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
Le chiederei ancora cortesemente qualcosa.
1) Citando le Sue parole:
“il conduttore deve utilizzare il bene senza apportare alcuna modifica o innovazione o danni.”
Se egli fuma, impregnerà la casa di fumo (pareti e una piccola parte del mobilio che è di proprietà del locatore), l’inquilino è dunque tenuto ad effettuare la disinfezione dalla nicotina, una volta lasciato l’appartamento?! In un articolo ho letto che la nicotina si impregna più di quel che si pensi.
2) Lei poi scrive:
“Tali divieti possono rientrare nel contratto e riguardano il rispetto delle norme del regolamento condominiale. È in ogni caso vietato al conduttore compiere atti e tenere comportamenti che possano recare molestia agli altri abitanti dello stabile.”
Se non sono stati inseriti nel contratto, possono avere comunque valore dato che sono comportamenti che recano molestia all’altro abitante dello stabile?
3) Visto che la legge non ci tutela in caso di fumo passivo, – c’è proprio un vuoto legislativo grande come una casa, oserei dire – come può un locatore tutelarsi? Può affittare solo a non fumatori o addirittura le legge considera questa scelta una discriminazione? Può decidere di interrompere a scadenza il contratto di affitto causa fumo?!
4) E se i fumatori fumano sul balcone o dalle finestre, costringendo chi abita sopra a tenere in certi momenti le porte e le finestre chiuse d’estate? So già che anche qui la legge non ci tutela, in realtà…
Grazie ancora per il prezioso aiuto.
Un cordiale saluto.
Gentile Signora
premettendo nuovamente che non vi è una norma giuridica che possa impedire all’inquilino di fumare all’interno dell’immobile locato, si precisa quanto segue.
1)“il conduttore deve utilizzare il bene senza apportare alcuna modifica o innovazione o danni.” Se il conduttore ha provocato danni da fumo come impregnare le pareti o il mobilio, queste possono essere ripulite.
2) “È in ogni caso vietato al conduttore compiere atti e tenere comportamenti che possano recare molestia agli altri abitanti dello stabile.” Si tratta di una regola generale che trova la sua base nel regolamento condominiale, indipendentemente se è stata inserita nel contratto.
3) affittare solo a non fumatori è una scelta così come non rinnovare il contratto alla scadenza.
4) E se i fumatori fumano sul balcone o dalle finestre, costringendo chi abita sopra a tenere in certi momenti le porte e le finestre chiuse d’estate? So già che anche qui la legge non ci tutela, in realtà… In realtà in questo caso sussiste una tutela giuridica dettata dall’art. 844 c.c. (immissioni: “il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.)
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la dettagliata risposta. Quando dice “Se il conduttore ha provocato danni da fumo come impregnare le pareti o il mobilio, queste possono essere ripulite.” intende che le spese possono essere addebitate al conduttore? Grazie ancora.
Buona giornata
Esattamente.
Salve, vorrei chiedere cortesemente se chi affitta può cambiare la serratura, comunicandolo al padrone di casa, senza darne copia allo stesso. Insomma, in che modo chi affitta può tutelare la propria privacy?
Grazie molte.
Gentile Signora
l’inquilino può cambiare la serratura della porta d’ingresso dell’immobile condotto in locazione, purchè ne dia comunicazione al proprietario, preferibilmente in forma scritta. L’inquilino non è tenuto durante il periodo della locazione a fornire la copia delle nuove chiavi al proprietario (lo stesso non sarebbe autorizzato ad entrare in casa autonomamente durante la locazione). E’ invece tenuto a fornire le nuove chiavi dell’immobile al proprietario, oltre ad eventuali copie, dopo la conclusione del contratto di locazione, al momento del rilascio dell’immobile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, il conduttore usa profumi per la propria il corpo che poi lasciano un odore pesante sulla scala, immagino che su questo non si possa dire nulla perché basta aprire per un po’… E se sulla scala fuoriescono gli odori della cucina? Il problema è la porta di ingresso del conduttore: ha troppi spifferi. Però, se le persone usassero la ventola, e chiudessero la porta della cucina…
Grazie di nuovo.
Un cordiale saluto.
Gentile Signora
in materia di immissioni (sonore o di odore) il problema è sempre quello di stabilire il superamento o meno della soglia di tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Dott.ssa,
ringraziandoLa per le Sue risposte, Le chiederei ancora dei dettagli. Se il conduttore ha fumato, evidentemente avrà causato dei danni in casa e quindi dovrà ripulire.
Ma questo avviene anche se ciò non è indicato nel contratto? Inoltre, come posso dimostrare al conduttore questo danno? Deve essere visibile? Dipende dal numero si sigarette fumate oppure no? E posso scegliere io come ripulire, scegliendo cioè quale professionista chiamare e la modalità? Immagino già che se lui non accetta si passerebbe per vie legali e lì il gioco non varrebbe la candela…
Grazie infinite.
Un cordiale saluto.
Gentile Signore
certamente i danni provocati in un immobile locato devono essere visibili in modo da valutarli anche sotto il profilo economico. Ciò si ricava dalla lettura dell’ articolo 1590 Codice civile: “Il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto. In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione. Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti a vetustà. Le cose mobili si devono restituire nel luogo dove sono state consegnate”. Pertanto, se l’immobile presenta dei danni da fumo, come ad esempio muri di casa ingialliti o impregnati di cattivo odore, credo che basterà dare una ripulita e imbiancando le pareti (se alle pareti sono rivestite da carta da parati, la stessa potrà essere lavata o nei casi più gravi sostituita). Dal momento che compete al conduttore l’obbligo di restituire al locatore il bene immobile nello stato medesimo in cui l’ha ricevuto, può provvedere lei alla ripulitura, salvo accordo contrario con il locatore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, sul certificato medico che mi è stato rilasciato dalla Commissione Medica per il rinnovo della patente era stato scritto per sbaglio che il rinnovo aveva una durata di 6 mesi (quando invece doveva essere un anno). E’ stata allora cancellata la dicitura “mesi 6” ed è stato scritto a penna “anni uno” con un timbro di fianco. Mi chiedevo se, per correggere questo errore è sufficiente il timbro o dovrebbe esserci anche una loro firma su di esso. La ringrazio in anticipo per la risposta. Cordiali saluti
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza sarebbe necessaria anche la firma (o una sigla), ma credo che sia sufficiente anche solo il timbro.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona Sera, riguardo un contratto di locazione ‘di natura transitoria per le esigenze abitative di lavoratore fuori sede’ regolarmente registrato all’Agenzia delle Entrate, mi hanno avvertito solo due giorni fa, e quindi a contratto già rinnovato (a Settembre) dell’aumento dell’affitto. L’aumento riguarda sia un’aggiunta di spese condominiali e sia un aumento per l’uso del garage; quest’ultimo prima era incluso e non l’ho mai pagato a parte. Inoltre quest’ultimo è stato aggiunto solo a me e non alle mie due coinquiline. Lo possono fare senza un preavviso? è legalmente corretto? Premetto che io non ho firmato alcun rinnovo contratto e nessun documento mi è stato inviato. Le spese di rinnovo contratto poi, che mi stanno facendo pagare per il 50%, sono da effettuarsi ogni anno oppure sarebbe dovuto essere solo per la registrazione iniziale? Grazie in anticipo per la cortese attenzione. Cordiali Saluti.
Gentile Signora
nel corso della pendenza del contratto non si possono pattuire aumenti del canone di locazione. Le spese della registrazione del contratto presso l’Agenzia delle entrate devono essere pagate ogni volta che il contratto viene rinnovato al momento della scadenza.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, nel condominio in cui vivo al piano terra ha preso domicilio (in affitto) una coppia che possiede due cani (credo 2 pitbull se può essere di aiuto sapere la razza).
Il proprietario li lascia girare custoditi solo a vista ma senza guinzaglio e museruola nel parcheggio/cortile condominiale, area di passaggio obbligato per chi esce dal palazzo anche a piedi.
Ho provato più volte a chiedere al diretto interessato di tenere i due cani sotto controllo almeno nelle aree comuni del palazzo ma ho solo ottenuto degli insulti. Ho segnalato più e più volte all’amministratore di condominio il problema ma lo stesso si limita a mandare un messaggino via telefono dove richiede di rispettare i limiti delle aree comuni condominiali. Ho segnalato la cosa alla municipale che però mi dice che in ambito condominiale loro nulla possono fare.
A questo punto mi chiedo se si debba per forza restare ostaggio di questa situazione o ci sia modo di tutelare me e i miei familiari (ho una bimba di 3 anni) prima che la situazione degeneri o si arrivi ad un effettivo ferimento.
Grazie
Egregio Signore
in via generale occorre affermare che il condomino può utilizzare tutti gli spazi comuni dell’edificio, tra cui il cortile condominiale, unitamente al suo animale domestico, purché rispetti le regole del regolamento condominiale (ad esempio in materia di pulizia dello spazio comune il proprietario del cane deve raccogliere le feci dell’animale, ..) A ciò si aggiunge una responsabilità civile in caso di danno a cose situate negli spazi comuni e una responsabilità penale in caso di lesioni a terze persone. Nell’ipotesi in cui il cane aggredisce o morde uno dei condomini o anche un terzo estraneo al condominio, il proprietario dell’animale è imputabile per le lesioni procurate (sotto il profilo penale) e del risarcimento del danno (sotto il profilo civile).
In via preventiva oltre ad informare l’amministratore della situazione nel condominio è difficile fare qualcosa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
nel mese di giugno 2019 ho partecipato ad un matrimonio e sono caduta dalle scale durante il ricevimento: la caduta ha provocato la rottura di un gomito per il quale sono stata sottoposta ad operazione chirurgica ed attualmente non ancora guarito.
Ho aperto un sinistro con la compagnia assicurativa della locations dove si è svolto il matrimonio, ma il sinistro è stato chiuso dicendo che non era stata riscontrata nessuna responsabilità del proprietario del ristorante.
Vorrei sapere se posso intentare una causa per avere un risarcimento danni dal ristoratore.
Grazie.
Gentile Signora
la responsabilità del ristoratore nella qualità di proprietario del luogo ove si è verificata la caduta e il conseguente risarcimento del danno sussistono qualora è riscontrabile il nesso di causalità tra il bene e il danno (ad eccezione del caso fortuito), così come disposto dall’art. 2051 del codice civile (Danno cagionato da cosa in custodia): “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”; in tal senso l’incidente si è verificato nel luogo d’incidenza delle particolari condizioni della cosa, ad esempio il pavimento era bagnato, lo scalino non era abbastanza visibile, o la sedia era difettosa, … In tali casi il custode risponde dei danni provocati dal bene a prescindere dalla valutazione del suo comportamento in termini di colpa, specificamente per non aver adottato misure idonee a ridurre o eliminare il rischio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,svolgo da 10 anni due part time presso due posti diversi. Un posto ha le chiusure festive imposte dall’ASL in quanto centro disabili. L’altro lavoro non ha chiusure perché è una comunità alloggio anziani. Esiste una tutela per quanto riguarda il diritto difruizione delle ferie nel caso non il secondo posto di lavoro non accetti la mia richiesta di farle quando l’altra azienda chiude? Essendo un lavoro a rischio burning out chiedo come si possa fare per avere questo diritto che in caso contrario non mi permetterebbe di riposare.grazie mille
Chiusure estive e invernali, ho sbagliato ad esporre. Scusi
Egregio Signore
Il computo del periodo di ferie nel lavoro part time cambia a seconda se si tratta di un contratto di part-time orizzontale o di part-time verticale. Detto ciò credo che il secondo posto di lavoro debba accettare la sua richiesta di ferie in quanto si tratta di un diritto irrinunciabile strettamente collegato al diritto alla salute.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera Avvocato,
avrei bisogno di una consultazione in quanto mi sono ritrovato in una bega legale più unica che rara.
Nell’ottobre del 2011 ho presentato un progetto per la costruzione di un distributore carburanti, approvato a gennaio 2012 con suap in conferenza di servizi, inizio lavori ad aprile 2012. Successivamente a causa di grosse problematiche nel marzo del 2015 (prima della scadenza dell’ultimazione lavori) ho presentato regolare richiesta di proroga per 2 anni senza nessuna risposta da parte dell’amministrazione, nell’aprile 2017 (prima della scadenza della prima proroga) ho presentato una seconda richiesta di proroga per 3 anni. Non ho ricevuto nessun provvedimento di approvazione o diniego per nessuna delle richieste di proroga. Nel maggio del 2019 ho nominato un nuovo direttore lavori e una nuova impresa esecutrice.
A fine settembre del 2019 con i lavoro in via di ultimazione (circa 2 mesi per il completamento) l’uff. tecnico comunale mi segnala di non avere il titolo per le opere eseguite, in quanto non ritiene valida dopo 2 anni e mezzo la seconda proroga.
Nessuno è stato in grado di darmi un consiglio certo, entrambi i direttori i lavori e altri numerosi tecnici consultati ritengono impossibile la contestazione dopo così tanto tempo. L’uff. tecnico vuole bloccare i lavori, come devo comportarmi, come posso tutelarmi? Posso bloccare la sospensione dei lavori?
Cordiali saluti
Gentile Sig. Luca,
in effetto trovo singolare che il provvedimento dell’ufficio tecnico sia intervenuto a distanza di così tanto tempo. Ad una valutazione sommaria del suo quesito, sembrerebbe che possano esistere i presupposti per impugnare in autotutela il provvedimento menzionato di sospensione dei lavori. Tra l’altro, il decorso del tempo e la prosecuzione medio tempore dei lavori, non fa che far apparire illegittimo il provvedimento che interviene ad una fase di ultimazione dei lavori. Detto questo, non mi resta che suggerirle di rivolgersi ad un legale di sua fiducia che possa assisterla in tutti gli atti da redigere per impugnare ogni provvedimento di sospensione e sbloccare questa situazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la risposta Avvocato,
ci tengo a precisare che tutte le volte che io ho presentato le richieste mi è stata rilasciata regolare ricevuta dal SUAP che, come specificato nella stessa, costituisce titolo e che pertanto dovrebbe essere annullata. Vorrei chiederle se impugnare in autotutela il provvedimento di sospensione dei lavori mi permetterebbe di poter concluderli e se successivamente potrei rivolgermi a un giudice per rifarmi dei danni subiti.
Cordiali saluti.
Egregio Signore
l’impugnazione in autotutela è un opzione ma non garantisce che possa eseguire immediatamente i lavori. Come detto, ritengo sia molto utile, nel suo caso, far valutare la questione da un legale che possa assisterla e ciò per una ragione specifica. Il legale, carte alla mano, potrà decidere se e quale iniziativa intraprendere, ivi inclusa, l’eventuale istanza di sospensiva, in via giudiziale e in urgenza, del provvedimento impugnato. Questa è la ragione per cui insisto nel suggerirle di rivolgersi ad un avvocato che la possa assistere in questo iter amministrativo e giurisdizionale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, una mia inquilina ha lasciato il mio appartamento lasciando mobili ed effetti personali nella casa, non ha rinnovato il contratto d’affitto e ha pure annunciato la partenza dal comune. Malgrado numerosi solleciti telefonici non intende venire a prendere le sue cose, ovviamente non paga l’affitto da aprile. Come mi devo comportare cosa posso fare delle sue cose?
Egregio Signore
la sua problematica non è di facile soluzione. Da un lato l’orientamento giurisprudenziale prevalente sostiene che la consegna al locatore da parte del conduttore
delle chiavi dell’immobile locato, costituisce condotta idonea a consentire la reimmissione del primo nel possesso del bene (si tratta dell’adempimento dell’obbligazione di rilascio dell’immobile), dall’altro lato si richiede un’attività consistente in una “incondizionata” restituzione del bene, vale a dire in un’effettiva immissione dell’immobile nella sfera di concreta disponibilità del locatore (Corte Cassazione n. 5841/2004). In tal senso il fatto che il conduttore abbia lasciato dei beni all’interno dell’immobile non consente al locatore di disporre liberamente dell’immobile stesso, ad eccezione che il conduttore affermi il sostanziale abbandono dei beni con la conseguenza che il locatore è legittimato alla loro dispersione. Altro problema concerne la quantità dei beni lasciati dal conduttore. In tali casi i beni possono essere custoditi all’interno di un deposito, facendo sorgere il conseguente problema del pagamento dello stesso. Le consiglio di inviare un atto di messa in mora al conduttore intimandogli la necessità di ritirare i suoi beni, ovvero trovando un accordo con lui in merito all’abbandono degli stessi, e solo in extrema ratio ricorrere alla procedura giudiziale, in quanto costosa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, oggi è il 04/10. Il 16/09 ho ricevuto una lettera di licenziamento ingiustificato dal mio datore di lavoro. So che ho 60 giorni per impugnarla ma la lettera è datata 30/06 con decorrenza del fine rapporto 06/09. La comunicazione Unilav è invece datata 10/09. Sono ancora nei termini per impugnarla o l’intestazione 30/06 è una “furbata” per impedirmi di impugnarla per scadenza dei termini previsti? Grazie in anticipo per la risposta.
Egregio Signore
l’impugnazione del licenziamento (c.d. stragiudiziale) deve essere effettuata entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione (ovvero della missiva pervenuta a sua conoscenza). Il suddetto termine si intende a pena di decadenza. Mentre in caso di ricorso al tribunale competente per l’impugnazione del licenziamento, (impugnazione giudiziale) il termine è di 180 giorni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Qualche giorno fa ero in auto con la mia fidanzata e abbiamo deciso di passare qualche ora a dormire in una piazzola di sosta dell’autostrada. In piena notte vedo una pattuglia che si avvicina all’auto e due agenti che scendono e si avvicinano alla nostra macchina. Sono sceso per parlarci e subito si sono rivolti a noi facendo molte domande e insinuazioni, con un tono abbastanza aggressivo. Hanno poi voluto i documenti di entrambi, avuti i quali sono rientrati nella pattuglia per almeno dieci minuti. Successivamente ci hanno restituito i documenti e se ne sono andati. Volevo sapere se rischio qualcosa, e per cosa hanno utilizzato i nostri documenti.
Grazie.
Egregio Signore
da quello che lei narra e dal momento che non le hanno contestato nulla, credo che sia un normale controllo delle forze dell’ordine per ragioni di ordine e sicurezza.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato vorrei un Suo parere sulla compilazione del verbale di un collegio dei docenti.
Premetto che non esiste alcun regolamento inerente al collegio dei docenti nel regolamento di istituto.
Può un dirigente scolastico impedire che sia messa a verbale la dichiarazione di un docente e la replica del dirigente? Può il dirigente pretendere che il docente che non approva il verbale debba esplicitare obbligatoriamente le motivazioni?
Potrebbe configurarsi un abuso di ufficio?
Grazie per l’attenzione
Maria
Gentile Signora
l’abuso di ufficio è una fattispecie regolata dall’art. 323 del Codice penale, che recita: ” Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità”.
Da ciò si evince che la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio deve essere realizzata nello svolgimento delle funzioni o del servizio, e non al di fuori di queste; occorre la violazione di una legge o di un regolamento; infine è necessario che sussista un vantaggio di ordine patrimoniale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie Avvocato.
Ma il comportamento descritto è lecito oppure no? Può configurarsi un abuso di potere per aver impedito la verbalizzazione di un intervento?
Grazie ancora
Maria
Gentile Signora
per poter parlare di abuso di potere occorre verificare la tipologia della violazione commessa (violazione di una legge o regolamento e vantaggio di ordine patrimoniale).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Chiedo cortesemente un parere circa la possibilità di aprire a gennaio 2020 una p. iva regime forfettario in qualità di consulente pratiche amministrative alle aziende e al privato, avendo subito nel maggio del 2012 condanna per il reato di cui all’art. 110 c.p.,217 Legge Fall., con applicazione della pena base di mesi 6 di reclusione, (concesse attenuanti generiche per recidiva risalente a 15 anni prima) e pena finale di mesi 4 convertita in 8 mesi di libertà controllata ex art. 56 L. 689/81. La pena è stata estinta e la libertà controllata scaduta nel luglio 2013.
La prima condanna per fallimento risalente ad oltre 20 fa l’ho subita puer essendo artigiana iscritta all’albo e a detta del mio avvocato non sarei potuta fallire (l’evento si è verificato a seguito dell’ammalarsi dei miei genitori per cancro per i quali ai tempi l’interferone era in sperimentazione e la cura costava 1.5 milione di lire a settimana). Nel secondo caso avevo un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ma sono stata tirata dentro come gestore di fatto, appligliandosi al precedente fallimento subito.
Ora potrei collaborare presso un con un caf dal quale ricevere delega ad operare per suo conto.
La domanda è: posso avviare questa attività oppure esiste qualche divieto di varia natura?
Ho letto circa la possibilità di chiedere la riabilitazione. Nel mio caso è necessaria o posso tranquillamente aprire questa tipologia di partita iva? Vorrei lavorare e poter stare tranquilla visto le situazioni passate che mi hanno devastato non poco.
Ringrazio in anticipo e confido in un Suo cortese riscontro.
Gentile Signora
per quanto a mia conoscenza e non potendo valutare nel merito le sentenze non credo che via siano limiti ostativi all’attività di consulente presso un Caf e all’apertura di partita Iva; in linea di principio l’unico limite potrebbe essere la presenza di pene accessorie in particolare l'”inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale”. In questo ultimo caso la riabilitazione potrebbe essere un valido strumento al fine di ottenere l’estinzione degli effetti penali della condanna e delle pene accessorie.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato
vorrei un suo parere ho affiato un appartamento per il secondo anno in spagna
dove al nostro arrivo ci è stata chiesta una cauzione di 100 euro in contanti che doveva essere restituita al check out
nel caso di una partenza anticipata come nel nostro caso (lasciando le chiave nella apposita cassetta di sicurezza ) dopo la verifica dell appartamento l’agenzia come da loro contatto
provvedeva alla restituzione tramite versamento bancario .Purtroppo non mi sono stati restituiti sollecitando
mi hanno risposte che i soldi sono stati restituiti in contanti mostrando mi una ricevuta con una firma che non autentica .
ho invitato l’agenzia di controllare tutti passaggi riinoltrando ancora in nostri documenti già in loro possesso con le firme da confrontare
ma nessuna risposta .
dopo vari solleciti nessun risposta ,vorrei assolutamente risolvere /segnalare questa ingiustizia
grazie mille
Manu
Gentile Signora
credo che l’unico modo per risolvere la sua problematica sia quello di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia ed inviare una missiva, ovvero un atto di mesa in mora, all’agenzia, intimando la restituzione della cauzione versata e contestando la firma contenuta nella presunta ricevuta di consegna.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Nel 2014 ho ricevuto una raccomandata che il postino non mi ha consegnato classificandomi “sconosciuto”. La raccomandata in questione era stata spedita da ufficio tributi di un comune per oneri di spazzatura relativi agli anni 2008/2009 non pagati .Qualche giorno fa, al 28.09.2019 ho ricevuto altra raccomandata dall’agenzia entrate notificandomi il pagamento di circa mille euro comprendenti imposte tasse ed interessi per un importo al doppio di quello che avrei dovuto pagare e risolvere se avessi ricevuto l’accertamento nel 2014. Chiedo se esiste prescrizione almeno per il 2008 e se posso chiedere il risarcimento della quota di maggiorazione alle poste italiane per non avere consegnato la prima raccomandata? A mie mani copia della raccomandata con la firma del postino, la data di mancata consegna con la dicitura sconoscuto. Grazie
Egregio Signore
le consiglio di rivolgersi all’ufficio tributi comunale trovando un accordo in merito al totale del pagamento della tassa rifiuti e/o in merito ad una rateizzazione. Le preciso che la tassa dei rifiuti si prescrive nel termine di 5 anni salvo eventuali atti di interruzione della prescrizione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie della cortese risposta,
ma non ha risposto al quesito: posso richiedere i danni per mancato recapito della raccomandata del 2014 alle poste italiane. Da cui sono scaturite sanzioni ed interessi.
Preciso che trattasi di seconda casa avuta in eredità , e la tassa la pagavano i miei genitori
in quantità di metri inferiori, per cui ho già chiesto la rettifica con conquaglio Il tributo del 2008 dovrebbe essere prescritto in quanto l’unica comunicazione risulta essere quella del 2014 non ricevuta.
Grazie di nuovo dell’interessamento.
Abbondio Zurzolo
Egregio Signore
credo che non sia possibile sia per il decorso del tempo e sia perchè lei risultava sconosciuto a quell’indirizzo (ovvero se l’indirizzo è corretto e non vi sono stati errori nell’invio della missiva, vi sarà stato qualche problema in ordine alla sua rintracciabilità).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vorrei pubblicare in un opera letteraria dei documenti che sono le circolari interne di un’azienda privata, contenenti i comunicati ai dipendenti. Tali comunicazioni venivano esposte negli spazi privati dell’azienda e io ne ho conservata una copia. Potrei pubblicare tali comunicati senza incorrere in sanzioni? L’azienda attualmente è fallita. La ringrazio.
Egregio Signore
Le circolari interne dell’azienda, ancorchè fallita, sono frutto delle decisioni dell’organo amministrativo e quindi delle persone che ricoprivano tali cariche e responsabilità. Pertanto, vista la natura privata delle medesime, ritengo che le stesse non possano essere legittimamente pubblicate in un opera letteraria, salva l’autorizzazione alla pubblicazione e citazione dell’autore nell’opera. L’unica alternativa sarebbe quella di estrapolare il contenuto delle dette circolari omettendo ogni riferimento da cui sia possibile, anche indirettamente, risalire alla società e ai suoi componenti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Trovandomi coinvolto in un processo civile per l’allontanamento dal proprio condominio di un cane di grossa taglia (pastore del Caucaso), dovendo nei prossimi giorni affrontare l’udienza davanti al giudice per un’eventuale mediazione, desiderava venire a conoscenza se recentemente la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito a questo argomento. Tengo a precisare che nel regolamento CONTRATTUALE regolarmente registrato (ben diverso dal regolamento condominiale!) tutti i condomini si sono obbligati “contrattualmente” a non detenere animali nello stabile. Siccome la riforma condominiale del 2012, riguarda il divieto solo per i regolamenti condominiali in quanto l’art. 1138 è una norma derogabile, desideravo conoscere se la Cassazione di recente si è pronunciata in merito annullando tale divieto contenuto nei regolamenti “contrattuali” redatti all’unanimità da tutti i condomini (quindi con il consenso del detentore dell’animale) e di conseguenza pur trattandosi di un “contratto” la clausola sia stata resa nulla.
Vi ringrazio anticipatamente per le informazioni che potrete fornirmi, in particolare sulla sentenza in questione.
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza non ho notizie in merito ad eventuali pronunce della corte di cassazione in materia di regolamenti contrattuali. Invero,, i regolamenti contrattuali hanno natura pattizia e sono rimessi alla volontà delle parti (per tale motivo possono introdurre dei divieti che incidono in positivo o in negativo sul diritto di proprietà dei condomini a differenza del regolamento condominiale).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno avvocato, ho acquistato il 27/09/19 tramite un’asta su Facebook un orologio replica Rolex al costo di Euro 310,00 pagati il giorno seguente tramite ricarica PostePay. Ora il venditore dice che il fornitore è sparito con i soldi e quindi non può ne spedirmi l’orologio ne restituirmi la somma spesa. Come posso farmi rimborsare? Grazie mille. Cordiali saluti.
Egregio Signore
le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale previo esame della fattispecie, potrà agire nelle opportune sedi giudiziarie.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon pomeriggio.
Vi ringrazio moltissimo per la Vostra Lodevole iniziativa che esprime in Vero il concetto della **SOLIDARIETÀ’**che a mio avviso è **DESIDERIO DI GIUSTIZIA**.
Gradirei se è possibile avere delle informazioni in merito a delle cose accadutemi.
Circa tre anni fa sono stato oggetto di un pignoramento verso terzi (Inps) di una quota della mia pensione questo in conseguenza a decreto ingiuntivo emesso e notificatomi al cui decreto, non avendo la possibilità economica per un avvocato, ho inviato nei tempi dovuti, opposizione documentata con racc. A.R. al Giudice esecutore del Decreto. Conseguentemente mi è stata notificato, con diritto di surroga così dichiarato dal relatore nonché rappresentane legale del creditore, atto di pignoramento verso terzi (inps) di una quota della mia pensione. La motivazione dell’atto di pignoramento è stata emessa in conseguenza che non era stata prodotta opposizione nei tempi dovuti.
Ora io mi chiedo e chiedo a Voi: A- è normale che non siano state prese in considerazione e valutate, anche con risposte negative, le missive da me inviate? B- è normale che alla data attuale e dopo la richiesta di accantonamento delle quote a copertura delle somme debitorie non mi è stato notificato il decreto di assegnazione nel quale, tenuto conto che nella richiesta di accantonamento vi erano specificate solo la quota debitoria con dicitura+ interessi e spese, venga specificato in modo completo a quanto ammonta il totale del mio debito? C – è normale che non posso sapere, dopo tre anni dai fatti, quando è la somma totale debitoria? D- è lecito pensare che ci siano degli abusi nelle procedure e che il decreto di Assegnazione non sia e/o non possa
essere emesso? In questo eventuale caso posso agire e come per riavere quanto pignorato?
Vi ringrazio, saluto cordialmente.
Tommaso Pietro
Egregio Signore
l’opposizione a decreto ingiuntivo deve essere proposta nel termine perentorio di 40 giorni dalla notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo con atto di citazione davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto (art. 645 C.p.C.); con l’opposizione si apre un giudizio ordinario di cognizione nel contraddittorio tra le parti. Nel giudizio di opposizione il debitore opponente dovrà provare eventuali fatti modificati, impeditivi o estintivi in relazione al credito vantato nel decreto ingiuntivo.
Dal momento che l’opposizione a decreto ingiuntivo non è stata fatta correttamente nelle forme dell’atto di citazione e conseguente giudizio ordinario di cognizione, il decreto ingiuntivo è diventato esecutivo e la procedura è andata avanti nelle forme del pignoramento. Per prendere contezza della situazione è necessario che lei si rivolga ad un avvocato di sua fiducia anche per capire la cifra totale del suo debito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
con la presente sono a chiederle una consulenza legale.
Ho una proprietà immobiliare in un borgo rurale, proprietà è costituita da un’abitazione e di un appezzamento di terreno. I borgo è raggiungibile da una strada chiusa e, adiacente alla strada, ho un appezzamento di terreno in erba che viene utilizzato saltuariamente come parcheggio nei momenti di maggiore affluenza, nel periodo estivo o week end particolari.
All’ingresso è esposto un cartello (foto allegata) con il divieto di accesso ma considerando le difficoltà di parcheggio, per agevolare la comunità, abbiamo sempre concesso di parcheggiare.
Sono circa una quindicina d’anni che viene utilizzato anche se saltuariamente, purtroppo ci sono giunte voci che la comunità si sente autorizzata ad utilizzarlo come diritto acquisito. Premetto che la comunità non ha mai partecipato alle manutenzioni, dal taglio erba al ripristino delle zolle a causa dei cinghiali ecc.
E’ possibile che una cortesia si tramuti in un diritto?
Cosa consiglia di fare per risolvere questa situazione?
Grazie
Cordiali saluti
Egregio Signore
per poter parlare di usucapione (modo di acquisto della proprietà) è necessario il possesso pacifico e ininterrotto del bene per un periodo di tempo determinato dalla legge (20 anni). E’ necessario che la persone che utilizza il bene, il tal caso il posto auto, eserciti sullo stesso tutti i poteri del proprietario, il quale di conseguenza sarà limitato nel suo diritto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
i miei genitori quando erano entrambi in vita (con comunione dei beni) hanno donato con piena proprietà con un primo atto un’abitazione ad un mio fratello,successivamente con un secondo atto di donazione,tenendo però l’usufrutto, un’altra abitazione a me e ad un altro fratello.Nel primo atto vi era la clausola “dispensa da collazione e imputazione” nel secondo atto questa clausola non è stata inserita.Mia madre è ormai deceduta da 10 anni,quindi la sua quota dovrebbe essere maturata per entrambi gli atti, mentre mio padre che è ancora in vita vorrebbe (per il suo 50% di proprietà sugli immobili) togliere la “dispensa da collazione e imputazione” dalla prima donazione.Chiedo se è possibile farlo e come.
Cordialmente
Egregio Signore
la clausola “dispensa da collazione e imputazione” prevede la possibilità per il beneficiario delle donazione di trattenere il bene e non riversarlo nell’asse ereditario (nei limiti della parte disponibile) a seguito della morte del de cuius. Qualora la dispensa sia contenuta in un atto di donazione non può essere revocata; si potrebbe procedere ad una modificazione con un nuovo atto di donazione qualora il donante sia ancora in vita: ma su tale punto le consiglio di consultare un notaio che potrà darle maggiori delucidazioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la risposta,provvederò quanto prima a chiedere informazioni presso un notaio.
Vorrei sapere però se il suo diritto di dipsensa da imputazione si estende anche sulla quota del 50% donata da mia madre, che io sappia una volta passati 10 anni dalla morte del donante non può essere richiesto nulla
Cordialmente
Davide
Egregio Signore
anche su tale punto è meglio rivolgere il quesito al notaio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile avvocato, in data 23/03/2017 ho pagato il canone annuale di occupazione spazi e aree pubbliche (scadenza 31/03/2017) per un passo carrabile pari a euro 115,56, richiestomi come ogni anno dalla locale Concessionaria del Comune di Cagliari. In data 05/07/2018 ho ricevuto dalla Concessionaria la richiesta di pagamento dell’integrazione del canone pari a euro 11,44 per effetto di una modifica del Regolamento del Comune di Cagliari assunta in data 30/03/2017 che ha stabilito l’aumento delle tariffe. Il pagamento integrativo aveva scadenza 10/07/2018 e per mia dimenticanza ho disposto il bonifico con accredito 04/10/2018. In data 17/10/2019 ho ricevuto per raccomandata l’avviso di irrogazione della sanzione amministrativa di euro 25,20, pari al 20% dell’intero canone, che ho pagato lo stesso giorno. La sanzione amministrativa è stata calcolata sull’intero canone (20% di euro 126,00). Mi sono recato presso gli uffici della locale Concessionaria del servizio facendo notare che il Regolamento comunale con riferimento alle sanzioni dispone che: “In caso di tardivo pagamento del canone, …oltre i 30 giorni di ritardo,… si applica la sanzione pari al 20% dell’importo dovuto” e che perciò mi sarei aspettato il calcolo della sanzione del 20% sull’importo pagato in ritardo di euro 11,44 e pertanto una sanzione di euro 2,49 e non di euro 25,20. La risposta è stata che, anche in caso di pagamento parziale, scatta la sanzione stabilita dal Regolamento comunale su tutto il canone. Vorrei chidere un punto di vista sulla corretta applicazione del calcolo della sanzione e se, eventualmente esiste un modo per chiedere la corretta applicazione di quanto disposto dal Regolamento. Ringrazio in anticipo e saluto cordialmente.
Egregio Signore
credo (dovrei in realtà leggere il Regolamento comunale per essere più precisa) che il pagamento viene inteso come parziale dal momento che l’integrazione è avvenuta con ritardo e in tal caso è dovuta una sanzione pari al 20% dell’importo dovuto (laddove per “importo dovuto” si intende l’importo totale).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
con mio fratello nel 1966 ho acquistato 3 particelle di terreno. In una insiste l’immobile costruito negli anni 70, in un altra la stadrella di acceso per arrivare all’immobile e nell’ultima il pozzo che fornisce l’acqua all’immobile. A seguito di una divisione giudiziale, oltre alla metà dell’immobile mi sono state assegnate anche le particelle dove insitono la stradella di accesso e quella del pozzo. A mio fratello è rimasto il diritto di accesso dalla stradella e il diritto di accesso al pozzo o avendone trasferito il possesso a me lo ha perso? Infine, essendo divenuto io l’unico proprietario di queste particelle, ho l’obbligo di chiedere a lui l’autorizzazione di eseguire lavori di manutenzione qualora lui ne conservi il diritto all’uso? Resto in attesa di un vs. gradito riscontro e porgo cordiali saluti.
Egregio Signore
a quanto mi pare di capire suo fratello conserva solo il diritto d’uso delle due particelle di terreno e in tal senso all’usuario compete l’ordinaria manutenzione (in tal caso dovrebbe essere interpellato), mentre al proprietario la straordinaria manutenzione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno. Sono stata circa 25 anni in un appartamento in fitto. Il proprietario ad un certo punto ha messo in vendita la casa chiedendo una cifra che non potevo permettermi. Avevo un contratto 4+4 e la prima scadenza era tra un anno e mezzo per cui mi fa la proposta di andarmene prima previo un indennizzo da parte del proprietario. Facciamo un scrittura privata e vado via dall’appartemento. E’ sempre stato un despota per cui volevo chiedervi se il fatto di aver pagato sempre circa il doppio dell’importo registrato sul contratto di affitto per tutti i 25 anni e di cui ho le ricevute di pagamento (sempre vaglia postali o ricariche postepay) possa darmi la posssibilità di recuperare le differenza in nero versate al proprietario. Sono andata via da circa un mese.
Grazie e distinti saluti.
Gentile Signora
le consiglio preliminarmente di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia al fine di valutare nel merito l’intera situazione dal momento che la locazione ha avuto durata di 25 anni e per determinare il quantum della quota pagata in nero. Le comunico che nell’ipotesi di locazione in nero sorgono conseguenze negative sia per il locatore ma anche per il conduttore sotto il profilo fiscale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato,
sono sposata in regime di separazione dei beni, abbiamo una bimba e stiamo acquistando la nostra prima casa con mutuo ipotecario che si sta accollando solo mo marito come unico intestatario.
La casa coniugale può invece essere intestata ad entrambi? Ci hanno detto che sarebbe meglio di no. In tal caso che garanzia avrei se malauguratamente ci separassimo? Premetto che lavoro anche io ma essendo part time ho uno stipendio che è la metà di quello di mio marito.
La ringrazio anticipatamente,
cordiali saluti
Gentile Signora
in caso di separazione la casa coniugale andrebbe al genitore affidatario dei figli minori (la casa coniugale segue il minore).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, avevo un negozio, sono andato in crisi economica con vari debiti. Il mobiliere che ci ha fatto i mobili ci ha fatto un preventivo (ALTO) che noi in buona fede abbiamo accettato. Abbiamo pagato regolarmente 2 fatture oltre(15 mila euro) il residuo è privo di fattura corriamo il rischio che venga preteso in via giudiziale. Non è che non vogliamo saldare ma siamo per ora in difficoltà. Grazie.
Egregio Signore
per il residuo il creditore potrà agire giudizialmente dopo l’emissione della fattura. La procedura giudiziaria prevede il ricorso per decreto ingiuntivo e successiva procedura esecutiva; il tutto dopo l’emissione della fattura e l’eventuale mancato pagamento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato,grazie per l’opportunita’.
Una ditta che stava effettuando lavori in una via di Milano, ha accidentalmente fatto cadere sulla mia auto un attrezzo di lavoro provocandomi un danno di circa 500,00 euro,dopo un mese di attesa,promesse sul sicuro rimborso da parte loro,invio di e-mail ,foto del danno e un preventivo di riparazione,la ditta che mi ha provocato il danno ,nonostante i solleciti non si fa piu’ sentire.
Sinceramente non so come procedere, anche ipotizzando i costi da sostenere per una procedura legale e in particolare perche’ purtroppo non ho alcun testimone, anzi temo anche ,dato il menefreghismo nei mie confronti , che potrebbero essere loro ad incolparmi di falso.Cosa mi consiglia?
Ringraziandola per il tempo dedicato,in attesa di una sua graditissima risposta, le auguro buona giornata .
Alberto.
Egregio Signore
credo che l’unico modo sia quello di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia in quanto essendo trascorso un mese dal fatto e nel silenzio della ditta è necessario provare attraverso un atto giudiziario, come un atto di messa in mora a firma di un avvocato.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, ho fatto un finanziamento per acquistare l’auto (8000 euro). Non ne avevo bisogno ma il venditore mi ha consigliato di farlo per usufruire dei vantaggi (estensione garanzia, assicurazione e sconto di 1400 euro) e di estinguerlo dopo 1 anno per pagare meno interessi possibile. Ora è passato 1 anno e scopro che per estinguerlo devo pagare anche i 1500 euro di sconto. Il venditore dice che è normale, che funziona sempre così. Vorrei sapere se è vero e se ora posso fare qualcosa. Grazie mille
Gentile Signora
l’estinzione anticipata di un finanziamento prevede il pagamento di una penale oltre agli interessi sulle singole rate. Le consiglio di valutare accuratamente la convenienza di tale operazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno. entro quanto tempo un artigiano può emettere fattura, da quando ha fatto il lavoro? Grazie
Siete Grandi
Il termine di prescrizione ordinario è quello di 10 anni, salvo eventuali atti di interruzione.
24/10/2019
Buon pomeriggio.
Vi ringrazio moltissimo per la Vostra Lodevole iniziativa che esprime in Vero il concetto della **SOLIDARIETÀ’**che a mio avviso è **DESIDERIO DI GIUSTIZIA**.
Gradirei se è possibile avere delle informazioni in merito a delle cose accadutemi.
Circa tre anni fa sono stato oggetto di un pignoramento verso terzi (Inps) di una quota della mia pensione questo in conseguenza a decreto ingiuntivo emesso e notificatomi al cui decreto, non avendo la possibilità economica per un avvocato, ho inviato nei tempi dovuti, opposizione documentata con racc. A.R. al Giudice esecutore del Decreto. Conseguentemente mi è stata notificato, con diritto di surroga così dichiarato dal relatore nonché rappresentane legale del creditore, atto di pignoramento verso terzi (inps) di una quota della mia pensione. La motivazione dell’atto di pignoramento è stata emessa in conseguenza che non era stata prodotta opposizione nei tempi dovuti.
Ora io mi chiedo e chiedo a Voi: A- è normale che non siano state prese in considerazione e valutate, anche con risposte negative, le missive da me inviate? B- è normale che alla data attuale e dopo la richiesta di accantonamento delle quote a copertura delle somme debitorie non mi è stato notificato il decreto di assegnazione nel quale, tenuto conto che nella richiesta di accantonamento vi erano specificate solo la quota debitoria con dicitura+ interessi e spese, venga specificato in modo completo a quanto ammonta il totale del mio debito? C – è normale che non posso sapere, dopo tre anni dai fatti, quando è la somma totale debitoria? D- è lecito pensare che ci siano degli abusi nelle procedure e che il decreto di Assegnazione non sia e/o non possa
essere emesso? In questo eventuale caso posso agire e come per riavere quanto pignorato?
Vi ringrazio e saluto cordialmente.
Tommaso Pietro
Egregio Signore
l’opposizione a decreto ingiuntivo deve essere proposta nel termine perentorio di 40 giorni dalla notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo con atto di citazione davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto (art. 645 C.p.C.); con l’opposizione si apre un giudizio ordinario di cognizione nel contraddittorio tra le parti. Nel giudizio di opposizione il debitore opponente dovrà provare eventuali fatti modificati, impeditivi o estintivi in relazione al credito vantato nel decreto ingiuntivo.
Dal momento che l’opposizione a decreto ingiuntivo non è stata fatta correttamente nelle forme dell’atto di citazione e conseguente giudizio ordinario di cognizione, il decreto ingiuntivo è diventato esecutivo e la procedura è andata avanti nelle forme del pignoramento. Per prendere contezza della situazione è necessario che lei si rivolga ad un avvocato di sua fiducia anche per capire la cifra totale del suo debito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera.
La ringrazio moltissimo per i Suoi consigli ma, se mi permette di replicare, gradirei sapere se il DECRETO DI ASSEGNAZIONE che credo sia un atto emesso a seguire per concretizzare il pignoramento delle QUOTE mensilmente ACCANTONATE, in RATE mensili fino alla estinzione del DEBITO COMPLESSIVO che alla data odierna non mi è stato ancora comunicato. Ora in sintesi il DECRETO DI ASSEGNAZIONE, visto che son trascorsi oltre tre anni dall’inizio dell’accantonamento delle quote mensili, non doveva già essere emesso? E emesso, doveva essere notificato all’IMPS e al sottoscritto?Tale DECRETO DI ASSEGNAZIONE ha una scadenza cioè ha un termine per essere emesso? Perdoni la mia presunzione e l’insistenza ma, prima di iniziare con procedure di valenza legale e con possibilità economiche precarie, gradirei approfondire il più possibile la realtà di fatti.
Rinnovo sinceri ringraziamenti.
Tommaso Pietro
Egregio Signore
l’ordinanza di assegnazione delle somme emessa dal giudice dell’esecuzione deve essere notificata al terzo (INPS) per il versamento al creditore delle somme accantonate (nella misura di un quinto ogni mese). L’ordinanza di assegnazione viene emessa dal giudice dell’esecuzione in udienza (ovvero nella udienza indicata nell’atto di pignoramento notificato sia al debitore che al terzo).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Vi ringrazio.
L’atto di pignoramento notificato sia a me che all’inpsn erano citate la somma debitoria e la sola citazione “più interessi e spese” . Non vi è nessuna indicazione dell’ordinanza di assegnazione. Questo così, come da me verificato, nell’atto di pignoramento notificato all’ inps. Perdonatemi l’insistere.
Cordiali saluti.
Tommaso Pacifico
Egregio Signore
nell’atto di pignoramento notificato sia a lei che al terzo (Inps) era indicata una data di udienza dinanzi al giudice dell’ esecuzione; è poi in quella udienza (o in una udienza successiva e comunque nell’ambito del giudizio di esecuzione) che il giudice pronuncia l’ordinanza di assegnazione delle somme accantonate.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato, buon pomeriggio.
Il mio quesito riguarda la domanda di invalidità e accompagnamento + Legge 104 che mia sorella ha presentato. Il risultato è stato 50% di invalidità e Comma 1 per la Legge 104. Sul verbale relativo alla Legge 104 inviatole come risposta è stato riportato letteralmente il certificato rilasciato dal nostro medico curante. Il certificato però è stato decurtato della frase ove il medico indicava chiaramente che le patologie di cui mia sorella soffre l’hanno “condotta al ritiro sociale e alla necessità di assistenza continua da parte dei familiari”. Questa frase è stata “tagliata” totalmente. Sottolineo che le parole omesse e non riportate decretavano la gravità della situazione clinica di mia sorella e avrebbero potuto farle assegnare il comma 3.
Chiedo a Lei: è legale da parte dell’Inps+Asl riportare su un verbale un certificato medico solo a metà tralasciando quello che si vuole o ci sono gli estremi per una denuncia? La ringrazio in anticipo per un Suo cortese parere. Un cordiale saluto.
Gentile signora
da quello che lei narra le consiglio di presentare ricorso per l’accertamento dell’invalidità e del diritto all’indennità di accompagnamento, dal momento che il certificato del medico curante non è stato trascritto integralmente e/o correttamente (diversamente se il certificato del medico curante non fosse stato trascritto). Il ricorso deve essere presentato entro 6 mesi dalla notifica del verbale sanitario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio infinitamente.
Gentile Avvocato Carnevale,
sul verbale dell’invalidità il certificato del mio medico non è stato riportato per niente; è solo sul verbale riguardante il responso sulla Legge 104 che l’hanno trascritto parzialmente.
Grazie
Gentile Signora
le consiglio comunque la presentazione del ricorso al fine di valutare l’aggravamento della patologia di sua sorella fino a questo momento non considerato.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille per il Suo prezioso aiuto ed il tempo dedicatoci.
Violetta
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri legali.
Gentilissimo Avvocato, La prendo in parola e La ringrazio in anticipo per un ulteriore Suo responso ad un mio quesito. Il patronato Cisl, che si è occupato della pratica, quando mia sorella ha comunicato loro che non intendeva fare ricorso, le ha fatto firmare una dichiarazione di rinuncia. La mia domanda è se sia possibile, nonostante questa firma, cambiare idea e ricorrere ugualmente con o un diverso patronato o con un avvocato. Grazie infinite e buona serata.
Gentile Signora
premesso che andrebbe letto la dichiarazione di rinuncia a firma di sua sorella, credo che la stessa riguardi l’eventuale azione (ricorso) che il patronato poteva presentare, ovvero una sorta di mandato ad agire (al fine della presentazione del ricorso nelle sedi opportune) da conferire al patronato, che si era occupato della questione fino a quel momento. Pertanto, non credo che ciò possa precludere la nomina di un nuovo avvocato di sua fiducia al quale conferire mandato ad agire per la presentazione del ricorso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato Carnevale,
La ringrazio tanto.
Penso anch’io si trattasse di una semplice rinuncia al ricorso con quel patronato proprio anche ed in virtù del fatto che la dichiarazione firmata è stata scritta velocemente a penna da una delle segretarie presenti.
Le auguro una buona giornata.
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Sono stata cointestataria con mia madre deceduta 18/08/18 di un Libretto Postale con firma disgiunta e con pari facoltà di rimborso sul quale veniva versata solo la sua pensione.
Ho effettuato quasi sempre io con tacito consenso di mia madre i prelievi allo sportello e/o con carta al bancomat, moltissimi sono serviti x necessita personali di mia madre affetta da gravi patologie,mi sono occupata solo io ed inoltre negli ultimi 5 anni è stata a casa mia , ho dato il massimo e assistenza H 24.
L’altro erede assente dalla famiglia da oltre 10 anni non sapeva nemmeno delle patologie della madre,
però dopo della scomparsa della madre si è ricordato di essere figlio pertanto un erede, ha richiesto lo storico del L.P. mi ha denunciato per appropriazione indebita .
Chiedo un consiglio, come mi devo difendere, molte spese non ho documenti giustificativi.
Un esempio solo: a un infermiere che interveniva in casa x flebo e catetere abbiamo dato 1500 €
Chiudo perchè l’elenco sarebbe molto lungo.
Grazie 1000 attendo un vostro consiglio.
Gentile Signora
dal momento che lei era cointestataria del libretto postale con firma disgiunta unitamente a sua madre, successivamente deceduta, poteva disporre operazioni sullo stesso. Tali operazioni di prelievi e/o pagamenti anche con carta bancomat non comportano una responsabilità sotto il profilo penale. Diversamente, si verifica una responsabilità penale nell’ipotesi in cui lei, quale cointestataria di un libretto postale, abbia provveduto, subito dopo la morte di sua madre, al ritiro dell’intera somma depositata sul libretto. In tal caso lei procura a sé un ingiusto profitto e al contempo un danno agli altri eredi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, le chiedo informazioni riguardo tfr percepito dal marito di mia sorella deceduta nel 2015, senza figli, al momento del decesso mia sorella era residente con me, il sottoscritto come legittimo erede non ha percepito nessuna quota di tfr, nel luglio 2108 il marito di mia sorella è deceduto, quindi subentrano gli eredi legittimi, (fratelli, e sorelle), volevo chiedere se io posso esigere eventuale somma di tfr di mia sorella a distanza di 4 anni, agli eredi del marito di mia sorella.
Grazie
Egregio Signore
credo che lei non possa esigere eventuale somma di tfr di sua sorella, deceduta nel 2015; ciò sul presupposto che al momento della morte di sua sorella l’unico erede, in mancanza di figli, era il marito (lei non era erede a meno che non vi fosse una disposizione testamentaria in tal senso). Il Tfr è stato percepito dal marito ed è andato ad arricchire il suo patrimonio, confondendosi con gli altri beni dello stesso. Al momento della morte del marito di sua sorella, in mancanza di figli, subentreranno gli ascendenti, ovvero fratelli o sorelle (o in mancanza gli altri parenti collaterali entro il sesto grado).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
SALVE, VORREI PARTECIPARE AD ALCUNI CONCORSI PUBBLICI CON LA RISERVA DEI POSTI PER I VOLONTARI DELLE FORZE ARMATE, AVENDO EFFETTUATO 3 ANNI NELLA MARINA MILITARE DAL 02/11/1994 AL 31/10/1997, PURTROPPO LA SEZIONE DEL MINISTERO DELLA DIFESA CHE SI OCCUPA DEL RICOLLOCAMENTO DEGLI EX VOLONTARI, ASSERISCE CHE NON HO TALE RISERVA PERCHÈ’ SECONDO LORO NON SONO UN VFB (VOLONTARIO IN FERMA BREVE) COME CI TA L’ART. 1014 DELLA LEGGE 66 ORDINAMENTO MILITARE; MA NEL DL 196 DEL 1995 ALL’ART. 37 E’ SPECIFICATA LA MIA COMMUTAZIONE MOLTO CHIARAMENTE. POTETE AIUTARMI?
Egregio Signore
per poter dare un consiglio occorrerebbe capire i motivi di tale esclusione in quanto le “Riserve di posti nel pubblico impiego” di cui all’art. 1014 d.lgs. n. 66/2010 (Codice dell’Ordinamento Militare) si riferisce ai volontari in ferma breve e ferma prefissata delle Forze armate congedati senza demerito ovvero durante il periodo di rafferma nonchè dei volontari in servizio permanente. Pertanto, in sostanza occorrerebbe capire le motivazioni per cui lei non sia qualificato “volontario in ferma breve” e, al contempo che tipo di qualifica abbia maturato all’interno dell’Ordinamento Militare. Le rappresento altresì una difficoltà a trattare la questione per via telematica; credo che data la specificità del caso è necessario la consulenza e l’assistenza di un avvocato di sua fiducia, competente nel settore di riferimento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
So che per sapere se ci sono indagini nei miei confronti dovrei fare richiesta di attestazione ex art 335 cpp nei confronti della procura territorialmente competente. Volevo però sapere quale sarebbe il luogo dove avanzare questa richiesta nel caso di reati commessi via internet, se nella mia città o in quella della controparte.
La ringrazio e Le porgo cordiali saluti.
Egregio Signore
deve avanzare la richiesta ex art. 335 c.p.p. presso la Procura della Repubblica territorialmente competente (ovvero il luogo di commissione del reato). Se il luogo del reato non è noto (o individuabile) la competenza si determina o in base al luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione o in subordine in base alla residenza, alla dimora o al domicilio dell’imputato (articolo 9 Codice di procedura penale, comma 3 “Se nemmeno in tale modo è possibile determinare la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall’articolo 335”).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera
chiedo un quesito in ambito di consulenza del lavoro.
se sono stato dipendente di una cooperativa e ho lavorato per tanti anni sempre nella stessa azienda, quindi in appalto, poi questa azienda mi assume perchè chiude il contratto di appalto ma mi licenzia per non superamento della prova, cosa posso fare? sono passati 8 mesi da quando questo è accaduto, posso rivalermi sul’azienda a prescindere e chiedere un risarcimento? grazie
Egregio Signore
durante il periodo di prova il datore di lavoro può licenziare il lavoratore per mancato superamento della prova, senza obbligo di preavviso o indennità come previsto dall’art. 2096 del codice civile “Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d’indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine”.
Ai fini dell’impugnazione occorre provare l’illegittimità del licenziamento ad esempio in relazione alle mansioni esperite dal lavoratore e il mancato accertamento della sua capacità lavorativa durante il periodo della prova (se tali mansioni erano uguali a quelle del contratto di appalto in tal caso vi sarebbero adeguate basi per l’impugnazione del licenziamento. Tale accertamento deve essere effettuato attraverso una esame nel merito della fattispecie).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Avvocato buona sera, Nel nostro condominio vorremmo sostituire l’Amministratore ma costui legato da interessi di lavoro, sentimenti di simpatia e condivisione di hobby con altri condomini riesce ad ottenere sempre la maggioranza, addirittura si autoconferma senza neanche mettere all’ODG la voce per la nomina, calpestando la sovranità dell’assemblea. Vorremmo ricorrere al giudice di pace per chiedere la revoca per giusta causa sulla base di gravi irregolarità commesso durante la gestione, a tale riguardo gli allego un elenco di illeciti e irregolarità chiedendole se a suo avviso sono sufficienti per giungere ad una sentenza di revoca giudiziale:
1. Ha ripetutamente svolto la funzione di segretario violando l’art. 8 del regolamento di condominio, evitando di verbalizzare osservazioni scomode.
2. Durante le assemblee della gestione ordinaria 2019 e della gestione riscaldamento 2019/2020, si è rifiutato di inserire all’ODG la voce relativa alla Revoca/conferma Amministratore, violando l’art. 7 del regolamento condominiale, l’art 9 legge 220/2012 e l’art. 1135 del cc, asserendo che la legge prevede il mandato biennale dell’Amministratore.
3. Nel verbale dell’assemblea del 26/03/2019 e quella del 14/10/2019 non ha fornito le sue generalità, l’ufficio dove sono depositati i registri e il compenso per la prossima gestione, come previsto dall’art. 9 legge 220, gonfiando, a fine gestione, il suo onorario per servizi da lui ritenuti extra.
4. Non ha eseguito la delibera approvata in data 26/03/2019 per l’assegnazione all’Organismo di Certificazione Notificato OCERT la verifica sulla sicurezza degli ascensori, confermando la vecchia ditta BOREAS.
5. Il nostro condominio è soggetto, durante i violenti temporali, ad allagamenti dovuti principalmente alla modifica di viabilità del comune con l’inserimento di dossi che modificano il deflusso delle acque, abbiamo richiesto più volte di attivarsi per risolvere questo problema, si è limitato a fare una semplice segnalazione al comune senza nessun risultato risolutivo.
6. Non ha vigilato in modo adeguato sull’operato della ditta CCCC per la manutenzione degli ascensori, compromettendo la funzionalità e la sicurezza degli stessi, in modo particolare ha ignorato i verbale degli Organismi di Certificazione Notificati per la verifica della sicurezza, sui quali già dal 2014 veniva segnalato che le funi ed altri organi erano usurati, procurando un danno economico al condominio.
Grazie infinite e buon lavoro
Egregio Signore
ai fini delle revoca giudiziale dell’amministratore di condominio occorre che lo stesso si sia reso responsabile di una serie di comportamenti gravi che abbiano cagionato un danno al condominio e ai singoli condomini, come non aver presentato il rendiconto consuntivo e preventivo per due anni di seguito, non aver dato esecuzione a provvedimenti dell’autorità giudiziaria o amministrativa; non aver dato esecuzione a delibere dell’assemblea condominiale; ovvero una serie di comportamenti in violazione dell’art. 1129 Codice civile: “far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio” ovvero in caso di gravi irregolarità fiscali e altre, gravi irregolarità:
1) l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge;
2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell’assemblea;
3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma;
4) la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini;
5) l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;
6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva;
7) l’inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo 1130, numeri 6), 7) e 9);
8) l’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presente articolo.
Inoltre l’amministratore in relazione all’art. 1130 Codice civile deve:
1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea, convocarla annualmente per l’approvazione del rendiconto condominiale di cui all’articolo 1130 bis e curare l’osservanza del regolamento di condominio;
2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;
4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio;
5) eseguire gli adempimenti fiscali;
6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio.
7) curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità. Nel registro dei verbali delle assemblee sono altresì annotate: le eventuali mancate costituzioni dell’assemblea, le deliberazioni nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta; allo stesso registro è allegato il regolamento di condominio, ove adottato. Nel registro di nomina e revoca dell’amministratore sono annotate, in ordine cronologico, le date della nomina e della revoca di ciascun amministratore del condominio, nonché gli estremi del decreto in caso di provvedimento giudiziale. Nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita. Tale registro può tenersi anche con modalità informatizzate;
8) conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio;
9) fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso;
10) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni.
La revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può altresì essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell’articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità.
Inoltre si segnala che l’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato,
nel 2007 mia figlia ed io abbiamo ereditato da mio marito deceduto, un appartamento a Torino che abbiamo poi venduto nel 2015.
Recentemente sono stata contattata dall’attuale proprietario che mi dice di aver dovuto pagare la somma di € 1800 per una causa legale tra la soc. ENI gas e luce e il condominio. La causa legale, terminata nel maggio 2018, persa dal condominio che è stato condannato a pagare € 63,000, riguardava però questioni iniziate nel 2012.
Ora, il nuovo proprietario, pretende da me la restituzione di questi € 1800 da lui già pagati.
La mia domanda è, sono io obbligata legalmente a restituire questa cifra?
In attesa di una sua risposta la ringrazio e la saluto cordialmente.
Claudia
Gentile Signora
per le obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore all’atto di vendita dell’immobile l’acquirente può esercitare il diritto di rivalsa nei confronti del venditore sulla base del principio di solidarietà esplicato nell’articolo 63 Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie “Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente”.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, mi chiamo Roberto. Nel 2016 ho vinto una causa civile. La controparte mi deve circa 60000€ ma si è trasferito all’estero e in Italia non risulta più proprietario di niente. Conoscendo la sua residenza all’estero(Georgia) posso fare qualcosa?
Grazie.
Egregio Signore
se conosce l’indirizzo di residenza le consiglio di inviare un atto di messa in mora per la riscossione del credito. Si suggerisce l’assistenza di un avvocato di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, il mio quesito riguarda la ritardata e in parte mancata consegna di lavori. Nella prima metà di luglio contattai una ditta per i seguenti lavori: 1. Sostituzione vetri finestre; 2.Cancelletto in ferro; 3. Infissi in legno alluminio. Mi dissero che i primi due sarebbero stati consegnati entro 15 giorni circa e gli infissi a settembre. Il 15/07 ho fatto un bonifico a loro favore di 2000 € su 3500 € richiesti. Ho una fattura per i 2000 € di acconto con specificati i lavori da eseguire. Ad oggi messi in opera solo i primi due lavori circa 2 settimane fa, non ancora gli infissi. Ultimamente evitano di rispondere alle mie chiamate e mi trovo in una situazione disagiata poichè due infissi sono stati preventivamente smontati da me per adeguare il foro ai nuovi infissi (ho dovuto chiudere i fori finestra con il cellophan). Cosa posso fare? Grazie.
Egregio Signore
comprendo la difficoltà della situazione ma l’unico consiglio che posso avanzare dal momento che non rispondono alle sue telefonate, è quello di inviare una missiva intimando il prima possibile il ripristino dei lavori ( e in caso di mancato adempimento seguirà la risoluzione del contratto per inadempimento oltre al risarcimento del danno). Si suggerisce l’assistenza di un avvocato di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per i suggerimenti . Buona vita.
Grazie a lei rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
salve, abbiamo un testamento lasciato da nostra madre che ci lascia la sua parte di eredita d immobile messo all asta in comunione di beni con mio padre ,debitore solo lui, a fine novembre si chiudera la 6 asta ,ora noi figli abbiamo solo un testamento del notaio, dobbiamo accettare eredita e fare successione prima che si chiuda asta? o aspettare e non alzare un polverone come ci ha consigliato l avvocato di nostro padre? non e stato fatto lo scioglimento di comunione , ma una richiesta di rinuncia che mio padre per la meta di mia madre deceduta, e giusto fare cosi?
Gentile Signora
le consiglio di attendere la chiusura dell’asta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
salve ho un quesito da porre:se in un centro radiologico il medico sbaglia il referto chi ne risponde?il medico o il centro?perchè l’assicurazione che vorrei stipulare non prevede copertura del centro in quanto,a loro dire,non esisterebbe proprio questo tipo di polizza.Esiste solo per il medico.
Grazie anticipatamente per la risposta
Gentile Signora
la responsabilità medica è di tipo personale ovvero ricade sul singolo medico che firma il referto o che sbaglia la diagnosi o l’operazione creando un danno al paziente. Accanto a questa sussiste una responsabilità della struttura sanitaria (responsabilità di tipo contrattuale) che si perfeziona nel momento in cui il paziente viene accettato e curato dall’ente sanitario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, ho sottoscritto un contratto preliminare per l’acquisto di un appartamento ma non ho inserito la clausola che vincola il contratto all’esito positivo dato dalla banca che mi erogherà il mutuo (perchè non sono stato informato della possibilità di inserire tale opzione).
Mi è stato assicurato dal gestore del mio conto bancario che per la mia condizone economica non sussistono problemi all’ottenimento di un mutuo, ma ciò che mi preoccupa è che le perizie della banca possano dare una valutarzione dell’immobile differente dal prezzo a cui sto andando ad acquistare e, perciò, non rilasciarmi il mutuo.
La settimana prossima dovrò versare la caparra e vorrei sapere se corro qualche rischio e se mi posso tutelare dal perdere la somma versata nel caso in cui la banca rifiuti il mutuo.
Egregio Signore
inserire nel contratto preliminare di compravendita di un appartamento la concessione del mutuo integra una condizione sospensiva (art. 1353 del codice civile
“Le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro ed incerto “); il mancato avveramento della condizione comporta l’inefficacia del contratto preliminare con conseguente diniego della domanda di esecuzione in forma specifica del contratto. In via generale il contratto preliminare vincola le parti a sottoscrivere il contratto definito entro un determinato termine e nell’ipotesi in cui le parti non adempiono a tale obbligazione ovvero in mancanza di una condizione sospensiva relativa alla concessione del mutuo che tuteli la parte acquirente quest’ultimo può essere esposto ad una serie di rischi (in relazione alle clausole inserite nel contratto preliminare) in primis la domanda ex art. 2932 c.c. e/o la risoluzione del contratto per inadempimento. Per quanto concerne la caparra l’art. 1385 dispone: “Se al momento della conclusione del contratto una parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta. Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali”.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,ho 38 anni e non ho mai vissuto con mio padre in quanto da piccolissima i miei genitori si sono lasciati(non erano sposati) MI ha cresciuta, quindi, un’altra persona. Ora mi ritrovo con mio padre naturale malato e solo. La sua malattia è grave, rifiuta operazione e cure e io mi trovo in difficolta ad assisterlo nel senso che per me lui è puramente un padre all’anagrafe col quale ho avuto pochissimi contatti durante la vita. Premetto che lui ha anche un fratello, mio zio. Non so nulla (o quasi) di conti correnti e proprietà. Al mio invito a firmare delega per poter operare sul suo conto si è rifiutato.ora, mi chiedo, in caso venga a mancare come devo comportarmi? Se lui avesse debiti o crediti? Cosa può essermi richiesto in quanto figlia? MI trovo in serie difficoltà.Grazie pre la vostra attenzione
Gentile Signora
al momento della morte di suo padre si aprirà la successione legittima e/o testamentaria, nell’ ipotesi della presenza di un testamento. Lei in qualità di figlia certamente sarà qualificata come erede, unica o in concorso con altri eredi legittimi o testamentari. L’erede al momento dell’apertura della successione subentra nel patrimonio del de cuius (nella specie suo padre) e in tale momento prende contezza della presenza dei crediti e di eventuali debiti. Due possibilità a suo favore: l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario ovvero la rinuncia all’eredità.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Vi ringrazio della disponibilita’ prima di tutto.
Il mio e’ un caso di un lascito testamentario con due eredi universali e due legati.
Ai legati e’ stata lasciata una singola proprieta’ immobiliare, questi ultimi sono tenuti a pagare le imposte di dichiarazione di successione e le successive tasse di eredita’ relative all’immobile stesso?
Il nostro mediatore sostiene di no, so che eventualmente, se non pagate dai legati, l’agenzia delle entrate si rivale sugli eredi ma legalmente sono loro ad essere tenuti al pagamento?
Grazie Mille
Gentile Signora
per quanto a mia conoscenza il legatario, al pari dell’erede, è tenuto a pagare le relative imposte di successione in proporzione al valore del legato.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Vorrei sapere cosa dice la legge riguardo la situazione che sto vivendo. Mio padre è mancato 6 anni fa. Un fratello di mio padre, celibe, è da mesi in gravi condizioni di salute. Fino ad oggi se ne sono occupate le 4 sorelle. Oggi una di queste mi ha chiamato pretendendo che anche io, essendo nipote ma anche futura ereditiera di una quota della casa attualmente intestata a mio zio, me ne occupi, dando assistenza fisica o economica, pagando una infermiera. Se non accetto, in futuro vogliono detratte le spese dell’assistenza mancata dalla mia quota di eredità. Vorrei sapere se questo discorso legalmente sta in piedi. Grazie mille.
Gentile Signora
occuparsi di un parente anziano non più autosufficiente è un obbligo morale, più che giuridico, (salvo disposizione in tal senso dal Tribunale). In assenza di testamento da parte di suo zio la sua quota di eredità non può essere decurtata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
Sono proprietario di un appartamento in un condominio con 15 unità senza amministratore e senza regolamento condominiale. La gestione delle spese comuni viene seguita da un condomino che raccoglie periodicamente i soldi senza fornire ricevuta (non esiste un conto corrente condominiale) e si occupa di pagare le bollette in scadenza.
La situazione è al limite della sopportazione perché ci sono condomini che fanno i loro comodi, non rispettano le parti comuni parcheggiando davanti ai portoni dei garage, occupando ii giri scale con bidoni e spazzatura di tutti i tipi e posizionando piante sui pianerottoli che intralciano il passaggio.
Senza contare quelli che stendono sui balconi panni zuppi d’acqua bagnando chi si trova a passare sotto.
So che agendo per vie legali anche un solo condomino può ottenere dal giudice l’elezione di un amministratore che possa sanare la situazione.
Mi interessa sapere se ci sono spese in questa procedura e se poi viene reso noto il nome di chi h avviato la procedura o se viene mantenuto l’anonimato.
Grazie
Egregio Signore
la nomina giudiziale amministratore condominio prevede la presentazione di un ricorso dinanzi al Tribunale del luogo e tra le spese è richiesto il pagamento di un contribuito unificato e dell’imposta di bollo. Dopo aver presentato il ricorso il giudice emana il decreto con il quale fissa l’udienza; la copia del decreto deve essere notificata ai condomini (spese per le marche da bollo delle copie e spese per le notifiche) per un totale superiore a duecento euro. Con la notifica del decreto si rende noto il nome del condomino che ha iniziato la procedura.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Vorrei avere un’idea della spesa minima e massima per costituirmi parte civile in un procedimento penale per ricettazione in cui sono parte offesa.
Egregio Signore
trattandosi di un giudizio dinanzi al Tribunale penale e sulla base del tariffario professionale la spesa potrebbe variare dai tremila euro ai cinquemila euro
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve ,ho presentato un’istanza presso il mio comune dove si richiedeva il rilascio di nulla osta per la costruzione di un argine fluviale ,il quale verrebbe edificato a mie spese per metà sulla mia proprietà e per la restante su suolo pubblico.Faccio presente che la Regione senza il nulla osta non può concedere il permesso definitivo per la costruzione,e aggiungo che la stessa in passato ha comunicato alla P.A il dovere e l’obbligo di chiusura della zona in questione.Sono passati più di 30 giorni e non ho avuto risposta,come mi devo comportare?
Grazie
Egregio Signore
io attenderei un altra settimana e poi le consiglio di chiedere informazioni presso l’ufficio competente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, non so se potete aiutarmi ma vorrei una spiegazione su come funzionano i pagamenti degli oneri professionali degli avvocati e sulle liquidazione del giudice.
Cercherò di spiegare il mio quesito.
Ho dovuto affrontare una causa e ho dato incarico ad un legale che mi seguisse.
Durante i 3 anni di causa ho versato degli acconti alle varie fasi di causa, 1 fase studio, poi alla 2 fase introduttiva e alla 3 fase, secondo una “tabella dei compensi professionali disciplinati dal D.M. 55/2014” che lo stesso avvocato mi presentò al momento che gli chiesi quanto mi costava la causa, quale preventivo. Mi è rimasto da pagare solo la 4° fase conclusiva. Ora c’è stato la sentenza, abbiamo vinto e il giudice ha liquidato che l’altra parte paghi a me quale spese legali e competenze tecniche una somma X. Ora per me sarebbe corretto pagare all’avvocato la 4 fase secondo il preventivo e con questo credo di essere a posto. L’avvocato mi chiede però anche la somma liquidata dal giudice in aggiunta alla somma che deve avere per la 4 fase e a saldo delle sue competenze.
Devo riconoscergli anche tale somma ?
Mi spiego con delle cifre che riporto solo ad esempio
Preventivo:
1fase 1000, 2 fase 2000, 3 fase3000 4 fase 2000. totale 8000
Durante la causa io verso in acconto totale euro 6000 per le prime 3 fasi.
il giudice con la conclusione della causa liquida le spese legali in euro 4000
Io quanto dovrei pagare all’avvocato per saldare il suo compenso?
Euro 2000 importo relativo alla 4 fase, oppure
Euro 2000 importo relativo alla 4 fase + euro 4000 liquidati dal giudice?
L’avvocato dice che quanto liquidato dal giudice spetta a lui, ma allora gli acconti versati non dovevo pagarli?
Mi ha anche detto che in fase conclusiva ha depositato una nota spesa, che risulta essere,ben più alta rispetto a quanto liquidato dal giudice (e a quanto a me preventivato) e che è un suo diritto recuperare dal cliente anche la somma della differenza fra il liquidato e ciò che lui ha depositato. Ma allora il preventivo a cosa serviva?
Certa di una vostra risposta… vorrei pagare quanto dovuto ma non mi va neppure essere raggirata… vi prego di darmi una risposta che mi chiarisca come è la prassi con i pagamenti dei cmpensi degli avvocati.
Grazie per la vostra risposta
Gentile Signora
premetto che non mi è consentito analizzare nel merito la problematica per ragioni di deontologia professionale, mi limito a riportare l’indirizzo prevalente della giurisprudenza di legittimità secondo il quale “la liquidazione degli onorari che l’avvocato pretende dal proprio cliente è indipendente e svincolata dalla statuizione che condanna la parte soccombente al pagamento delle spese e degli onorari di causa”. “Ne consegue che il regolamento delle spese compiuto nel giudizio
contenzioso patrocinato dall’avvocato – essendo regolato da criteri legali diversi – non può vincolare la successiva liquidazione del corrispettivo in sede di procedura promossa dall’avvocato nei confronti del cliente per la determinazione del corrispettivo medesimo” (Corte di Cassazione Civile Ord. Sez. 6 Num. 5224 Anno 2018).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Durante il processo per la definizione del mantenimento della figlia, il mio compagno è stato fortemente UMILIATO E INSULTATO dal giudice. Salvo poi scoprire che suddetto giudice aveva una relazione fisica con il fratello dell’avvocato della controparte. Si può fare qualcosa in merito?
Oltre a questo, più volte la ex compagna minaccia il mio compagno di non fargli più vedere la figlia. Ci siamo rivolti a un avvocato il quale ci ha detto che praticamente non possiamo fare nulla (nel concreto) e che butteremmo via i nostri soldi provando a fare qualcosa. E’ vero?
Inoltre lei continua a insultare pesantemente il mio compagno in forma scritta, più volte al giorno e in tutti gli orari. Si può fare qualcosa di concreto per farla smettere o intimidirla?
Infine, e davvero non meno importante, parla SEMPRE male del padre davanti alla bambina, alterando la realtà e manipolandola. Anche in questo caso chiedo se la legge può essere a favore di un uomo.
Gentile Signora
per quanto concerne il comportamento del giudice nei confronti del suo compagno credo che si possa fare ben poco. Mentre per le minacce al suo compagno da parte della ex compagna in merito al diniego di fargli vedere la figlia trattasi di un comportamento alquanto discutibile che danneggia in primis il minore, estraneo alla dinamiche familiari. Qualora tale comportamento si concretizzasse la stessa incorrerebbe in un reato punito dalla legge (articolo 388 Codice penale – Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro centotre a euro milletrentadue). Pertanto in questo caso si può ricorrere all’autorità giudiziaria penale oltre che al Tribunale civile o Tribunale dei minori (in mancanza di matrimonio tra i genitori della bambina contesa) per la violazione dei provvedimenti inerenti l’affidamento, il diritto di visita e la lesione del diritto del minore a mantenere rapporti continuativi e stabili anche con il genitore non collocatario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
salve vorrei un’informazione , faccio parte di una società sas come socio accomandante, in caso di problematiche economiche se ho corrisposto all’atto della creazione della società ad esempio X euro. questa è il massimo valore di cui posso rispondere?Oppure ci sono casi in cui posso perdere anche più della somma corrisposta all’atto di formazione societaria? grazie
Egregio Signore
in qualità di socio accomandante la sua responsabilità per le obbligazioni della società è limitata alla quota conferita (a differenza dei soci accomandatari che hanno invece una responsabilità solidale e illimitata per le obbligazioni sociali).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,vorrei un parere su una questione immobiliare..Sono cointestataria di un mutuo al 50% con mia sorella di una casa, divisa in due appartamenti catastalmente non divisa, Vi abita mia sorella al piano di sopra e mio fratello al piano di sotto perche’ non poteva pagarsi un affitto ., Entrambi pagano il mutuo a meta’,( 200 euro a testa), mio fratello che all’epoca dell’ acqiusto era minore,ha deciso di andare via e pretende che io gli renda i soldi che lui ha versato in 10 anni,e in piu’ che gli intesti la casa e figurare nel mutuo , a scopo di venderla, Premetto che al tempo dei lavori mia sorella mi ha dato la mia parte e io non ho nulla a pretendere di quella casa ma il mio nomefigura sul mutuo. Io pago l’ Imu ogni 6 mesi da anni, perche’ vivo per conto mio da prima dell’ acquisto fatto dai miei genitori,ora scomparsi da 10 anni e mi figura come seconda casa. aggiungo che negli scorsi 4 mesi mio fratello non ha piu pagato le rate del mutuo ,pagate da mia sorella. Le richieste di mio fratello sono lecite?
Gentile Signora
se ho ben capito la casa è intestata a sua sorella, dal momento che la stessa le ha “dato la sua parte”. Ne consegue che il mutuo è a carico di sua sorella (anche se il suo nome compare nel contratto di mutuo). Sua sorella ha affittato un appartamento a vostro fratello, per un canone pari alla metà del mutuo, ne consegue che quest’ultimo dovrà avanzare le sue pretese nei confronti di sua sorella.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, le scrivo in merito ad un fatto accadutomi sul lavoro mercoledi mattina. Sono stato contattato dalla mia compagna che mi informava di trovarsi al pronto soccorso ricoverata in codice giallo, alchè sono corso dal mio responsabile, gli ho esposto il problema ed ho ricevuto l’autorizzazione verbale all’uscita anticipata dal lavoro (per la quale ho inoltre correttamente effettuato timbratura di uscita e compilato modulo di richiesta ferie il giorno successivo). Ma venerdi la sorpresa: vengo convocato dall’ufficio personale per consegnarmi un richiamo scritto in quanto, testuali parole: “…non abbia più avvisato lo stesso (il responsabile ndr),nè l’azienda, della durata della sua assenza.” (il giorno dopo ero regolarmente al mio posto di lavoro puntuale come sempre). La mia obiezione sta nel fatto che una volta aver ricevuto l’autorizzazione di uscita e stimbrato la fine del turno, non ho nessun obbligo di informare l’azienda in merito ai miei spostamenti ed inoltre non devo nemmeno avvisare se il giorno dopo sarò presente, in quanto la normalità, semmai il contrario, avviso in caso di assenza. Grazie in anticipo.
Egregio Signore
condivido il suo pensiero. La cosa importante è aver effettuato la timbratura in uscita che si pone quale interruzione della prestazione lavorativa, la quale semmai dovrà essere recuperata. Lei comunque ha avvisato il Responsabile del servizio che le ha dato l’autorizzazione all’uscita.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille avvocato, allora andrò dritto come un caterpillar. Saluti.
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buongiorno,
Sono proprietaria di una vettura targata immatricolata in Francia dal 2016 con emissione di carta di circolazione francese in data 21/10/16.
Purtroppo oggi l’ufficio delle imposte regione Toscana mi chiede il pagamento del bollo per il periodo dal 31/09/2016 al 31/09/17.
Per un periodo di 21 giorni, dal 31/09/2016 al 21/10/16, mi si richiede (dopo 3 anni e senza mai averlo notificato prima) il pagamento di 275 euro, ammontare della tassa di circolazione per l’intero anno più le morosità maturate durante i tre anni trascorsi.
È possibile appellarsi al fatto che se il libretto di circolazione estero è stato emesso il 21/10/2016 la procedura di immatricolazione deve essere iniziata nelle settimane successive (come effettivamente è stato)? Che tipo di documento potrei produrre in tal caso?
L’auto è stata definitivamente radiata dal PRA per esportazione in data 22/06/17 con relativo nulla osta ovvero nessuna alla voce “gravami, ipoteche, annotazioni” , non comporta ciò un’ulteriore contraddizione rispetto alla suddetta notifica?
Inoltre la notifica emessa in data 21/02/19 mi è stata recapitata solo il 18/11/19 (nel frattempo la morosità è aumentata).
Vorrei capire se in base a queste informazioni ci sono termini per contestare la notifica e se possibile le pongo anche un’altra questione: e possibile richiedere un documento che illustri la procedura che verrà applicata in caso io decida di non pagare? A chi e in quali modalità posso richiederlo? Avrò pure diritto a questa informazione!?
La ringrazio anticipatamente per il suo cortese parere,
Cordialmente
Sara
Gentile Signora
il bollo auto è una tassa fissa regionale che grava sulla autovettura e in caso di mancato pagamento si procede al fermo amministrativo sul veicolo impedendo di fatto la circolazione dello stesso. Dal momento che nel suo caso non sono maturati i termini di prescrizione di tre anni (che decorrono dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello del pagamento per un totale di tre anni) le consiglio di provvedere al pagamento in quanto gli interessi vengono calcolati ed aumentano in relazione al tempo del ritardo nel pagamento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato, domani ci sarà un nuovo accesso dell’ufficiale giudiziario per liberare l’immobile (sfratto per finita locazione). Ho già trovato un nuovo immobile già pronto per essere abitato, ma mi occorrono ancora un paio di giorni per il trasloco e per il completamento dello smontaggio di vari elettrodomestici. L’avvocato della controparte mi ha sostanzialmente imposto di consegnare le chiavi domani, anche se la casa sarà ancora occupata, pena la richiesta dell’intervento della polizia (che, secondo quanro detto dall’ufficiale, non sarebbe immediata). Cosa mi consiglia? Grazie
Egregio Signore
se il problema sono solo alcuni giorni per il completamento del trasloco provi a trovare un accordo con l’ufficiale giudiziario senza mettersi in contrasto con l’avvocato della controparte, che adempie al suo mandato.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, qualche mese fa sono stata coinvolta in un’indagine svolta da un investigatore privato per un caso di infedeltà coniugale. Successivamente però le prove non sono state utilizzate esclusivamente in tribunale ma anche per “minare” la mia reputazione con persone esterne ai fatti. Dato che queste prove mi riguardano in maniera intima e sono state mostrate illegalmente al di fuori della causa in tribunale, è un mio diritto vederle?
posso richiedere all’agenzia investigativa di mostrarmele?
Cosa dovrei fare per essere autorizzata a visionarle?
Grazie in anticipo, cordiali saluti
Gentile Signora
se la documentazione fotografica provante l’infedeltà coniugale è stata utilizzata nell’ambito giudizio civile dinanzi al Tribunale (suppongo una causa di separazione) la stessa è visibile e consultabile da entrambi le parte del giudizio. Se, come lei afferma, la documentazione fotografica è stata utilizzata al di fuori del contesto per la quale è stata prodotta, ovvero è stata mostrata a terze persone estranee al giudizio dinanzi al Tribunale, può agire contro l’autore del fatto in quanto lesivo della sua immagine e reputazione. Può anche richiedere la documentazione fotografica all’agenzia investigativa ma la stessa non è autorizzata a mostrarla o consegnarla a persone diverse dal committente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Si esatto, si tratta di una causa di separazione. Dal momento in cui non faccio parte di nessuna delle due parti in giudizio, c’è comunque possibilità di visionare le prove dato che mi riguardano? Non c’è nulla che possa fare per essere autorizzata a visionarle? Cosa mi consiglia?
In ogni caso non ho intenzione di agire legalmente contro l’autore del fatto.
La ringrazio in anticipo per la disponibilità
Gentile Signora
la documentazione fotografica unitamente alla relazione investigativa vengono custodite all’interno del fascicolo d’ufficio e nei fascicoli delle parti costituite nel giudizio di separazione. Ne consegue che solo quest’ultimi, unitamente al giudice, sono autorizzati a prendere visione e/o estrarre copia degli atti. A ciò si deve aggiungere la professionalità e i doveri di segretezza dell’investigatore privato, munito delle necessarie autorizzazioni dalla pretura, e la circostanza che le foto vengono scattate in luogo pubblico, il che che fa venire meno la lesione del diritto alla riservatezza, alla privacy e all’immagine delle persone ritratte. Pertanto, a mio parere, se lei non è parte nel giudizio, non può prendere visione degli atti del fascicolo, ivi compresa la documentazione fotografica sulla infedeltà coniugale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, stavo documentandomi su un possibile reato di sottrazione energia, e ho pensato di chiedere una consulenza in merito. Da circa 7 anni sono entrato in un appartamento con regolare contratto d’affitto, e ho stipulato un nuovo contratto con l’azienda elettrica. Quando ho provato a fare lo stesso con quella del gas, però, i due appuntamenti presi non sono stati onorati dalla società del gas, quindi ho rimandato l’operazione: perché, nel frattempo, il gas in casa continuava ad arrivare, e ha continuato a farlo per sette anni, senza che mi arrivasse mai alcun addebito. Un paio di giorni fa, l’erogazione è cessata: ora devo aspettarmi di venire accusato di furto di energia? È prescrivibile in qualche misura, considerato che tecnicamente è iniziato nel 2012? Grazie per la Sua preziosa consulenza.
Egregio Signore
mi pare di capire che nel corso del tempo, dal momento della stipula del contratto di locazione, le bollette del gas siano state pagate da lei (anche se non intestate direttamente a lei). In tal caso non si verifica un furto del gas (cosa diversa nel caso in cui l’azienda fornitrice abbia apposto i sigilli al contatore del gas e gli stessi siano stati manomessi usufruendo in tal maniera della fornitura del gas).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie della sollecita risposta. In realtà no, come ho detto non ho mai ricevuto alcun addebito, alcuna bolletta, alcuna fattura. Nè naturalmente ho mai manomesso alcunché. Ma il consumo in questi sette anni a chi sarà addebitato?
Mi sembra strano che non ha mai ricevuto una bolletta. Non so, credo che per capire meglio la situazione potrebbe sentire la società del gas e capire a chi è intestato il contatore. In linea logica, il consumo di questi sette anni dovrebbe essere addebitato a lei in quanto locatario dell’immobile.
Buongiorno. Le volevo sottopore una questione. Tizio (de cuis) ha in vita effettuato la donazione di una quota di un bene immobile nei confronti di Caio (donatario). Quest’ultimo ha poi venduto tale quota ad un terzo Sempronio. Il figlio di Tizio potrà far valere il proprio diritto (azione di riduzione) nel caso tale donazione abbia leso la sua quota legittima? Se si come deve comportarsi il figlio di Tizio?
Gentile Signora
la quota dell’eredità o quota di legittima spetta per legge ai legittimari, al di fuori di eventuali disposizioni testamentarie o donazioni. Nell’ipotesi in cui si sia verificato una lesione della quota di legittima, il legittimario può agire attraverso la cd. azione di riduzione della donazione (ai sensi dell’art. 555 Codice civile: Le donazioni, il cui valore eccede la quota della quale il defunto poteva disporre, sono soggette a riduzione fino alla quota medesima; Le donazioni non si riducono se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento; tale articolo che si coordina con l’art. 559 c.c.: Le donazioni si riducono cominciando dall’ultima e risalendo via via alle anteriori). Alla stregua degli articoli citati si deduce che l’azione di riduzione delle donazioni deve essere esperita per ultima e il soggetto legittimario prima di intraprendere l’azione di riduzione deve aggredire i beni oggetto di testamento. Nell’ipotesi, come lei afferma, il bene oggetto di donazione sia stato trasferito a terzi, mediante vendita, il legittimario, qualora la sua quota di legittima sia stata lesa, può agire contro il donatario, ovvero contro il suo patrimonio, e solo in subordine contro il terzo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Mi permetto di contattarLa per un informazione relativa ad una successione.
Nel caso in cui in un testamento venga espresso il desiderio di lasciare un appartamento ad un erede, con la condizione che questo non venga venduto, è vero che l’appartamento non può andare all’erede designato, e che andrebbe suddiviso tra tutti gli eredi legittimi?
Sperando d’essere stato sufficientemente chiaro.
Ringraziando in anticipo,
Cordiali saluti,
R. Merci
Egregio Signore
nel testamento può essere inserita una condizione ovvero si condiziona la disposizione testamentaria al verificarsi di un evento futuro ed incerto, ad eccezione della quota di legittima (nella specie si tratta di una condizione sospensiva o risolutiva così come dispone l’art. 633 cc.: “Le disposizioni a titolo universale o particolare possono farsi sotto condizione sospensiva o risolutiva). La differenza sostanziale delle due tipologie di condizione è palese: nella condizione sospensiva al momento in cui l’evento futuro e incerto si verifica la disposizione testamentaria diviene efficace; nella condizione risolutiva se l’evento futuro e incerto si verifica la disposizione testamentaria cessa di avere efficacia (la condizione risolutiva opera retroattivamente).
In tal senso l’art. 639 cc. afferma che “Se la disposizione testamentaria è sottoposta a condizione risolutiva, l’autorità giudiziaria, qualora ne ravvisi l’opportunità, può imporre all’erede o al legatario di prestare idonea garanzia a favore di coloro ai quali l’eredità o il legato dovrebbe devolversi nel caso che la condizione si avverasse”.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Mia figlia è nata ad Helsinki due mesi fa da me, cittadina italiana residente ad Helsinki e da padre albanese fuori dal matrimonio. La bambina è stata riconosciuta dal padre prima della nascita, come previsto dalle leggi finlandesi. Dopo un mese dalla nascita il riconoscimento di paternità è diventato effettivo. Abbiamo dato alla bambina il doppio cognome prima quello paterno seguito da quello materno. All’ambasciata italiana ad Helsinki hanno detto che non è possibile registrare la bambina al registro civile del mio comune di residenza perché la bambina è stata riconosciuta dal padre dopo la nascita. Al mio comune di residenza hanno invece detto che è possibile. La mia domanda è se secondo l’art262 codicecivile è possibile registrare la bambina con cognome padre seguito da cognome madre
Gentile Signora
secondo l’art. 262 del codice civile il figlio (naturale) assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio (naturale) assume il cognome del padre. Questa è la regola generale. La registrazione della bambina con cognome padre seguito da cognome madre avviene solo nell’ipotesi in cui il riconoscimento del padre è avvenuto successivamente al riconoscimento da parte della madre. Si precisa che tra figlio legittimo e naturale non sussiste alcuna differenza sotto il profilo legislativo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera e grazie molte per la sua gentile risposta.
Quindi sarebbe lecito mandare un comunicato con cui ai sensi dell’articolo 262 del Codice civile (edizione agosto 2019) comma 2 e 3, poiché il minore è stato riconosciuto alla nascita dalla madre e successivamente dal padre, si richiede l’anteposizione del cognome paterno al cognome materno?
Grazie
Cordiali saluti
Credo di si. In tali casi, seguendo il disposto della norma il cognome del padre può essere aggiunto o sostituito a quello della madre
Grazie ancora,
Secondo il disposto della norma (art.262 cc comma 3) ”Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.” É corretto?
Questo è il nodo della vicenda poiché mi è stato detto che il cognome paterno si può solo post-porre (aggiungere) e non anteporre al cognome materno, nel caso in cui il riconoscimento da parte del padre è successivo alla nascita.
Grazie
Cordiali saluti
Il nodo ruota infatti intorno al terzo comma dell’art. 262 cc. in relazione alla fattispecie concreta. Ma dal momento che la bambina è stata riconosciuta anche dal padre non credo ci siano difficoltà ad applicare la norma.
Grazie mille per la disponibilità. Ho ancora una domanda: se il
Minore è stato riconosciuto alla nascita solo dalla madre e successivamente (un mese dopo la nascita) dal padre, secondo l’art262 cc è possibile attribuire a suddetto minore il doppio cognome come segue: prima cognome del padre poi cognome della madre?
Grazie
Cordiali saluti
Si infatti. Questo è la dicitura della norma in questione
Buongiorno, colgo l’occasione per chiedere un consiglio circa una situazione che mi riguarda. Ad agosto ho versato una caparra per un appartamento in cui sarei dovuta entrare in affitto tramite agenzia immobiliare. L’agenzia ed il proprietario hanno fissato continue scadenze per la consegna della casa, con una serie di lavori che è stato concordato avrebbe fatto il proprietario. Tali accordi sono stati presi verbalmente e via messaggi senza la sottoscrizione di un vero contratto, nonostante io lo abbia richiesto. Mi è stato risposto che il contratto sarebbe stato firmato poco prima di entrare nell’abitazione, per evitare che fossi costretta a pagare l’affitto se la casa non fosse stata pronta alla scadenza perfetta. Mi sono fidata perché l’agenzia ha buone referenze, da allora sono passati 5 mesi e svariate scadenze non sono state rispettate. Ora il proprietario sarebbe disponibile a darmi la casa senza i lavori svolti, affermando che verranno fatti in seguito al mio ingresso nell’abitazione. Vorrei sapere se è possibile stipulare un contratto preliminare in cui venga dichiarato che la casa mi sarà consegnata entro una determinata scadenza in presenza di tutti i lavori precedentemente concordati, pena restituzione della caparra/ risarcimento.
Ringrazio anticipatamente per l’attenzione, grazie e buona giornata
Gentile Signora
come nella compravendita anche nel contratto di affitto immobile può essere stipulato un preliminare di locazione, ovvero una scrittura privata, redatta in forma scritta, con cui le parti si impegnano a concludere il contratto definitivo, il contratto di locazione. Nel contratto preliminare può essere inserita la caparra penitenziale (che al momento della sottoscrizione del contratto definitivo può essere conteggiata quale acconto sul deposito cauzionale). La caparra penitenziale opera in caso di recesso di una delle parti, nella specie se a recedere è la parte che ha ricevuto la caparra, nella specie il locatore, questi deve restituire all’altra parte, il locatario, il doppio della caparra. Con l’accettazione del contratto preliminare di locazione le parti si obbligano a stipulare il contratto definitivo di locazione entro una certa data (che deve essere indicata nel contratto). Inoltre nel suo caso vi sono dei lavori da eseguire pertanto dovrà essere inserita nel contratto preliminare di locazione anche una condizione ovvero la stipulazione del contratto definitivo avverrà a seguito dell’avveramento della condizione di esecuzione dei lavori.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, colgo l’occasione per rivolgere una domanda per una situazione che mi riguarda.
La mia ex compagna mi ha citato in giudizio inquanto a suo dire non versavo il mantenimento per mio figlio. Mi sono ritrovato con a mio carico una sentenza passata in giudicato (dell’importo pari alla metà del mio stipendio emessa dal presidente del tribunale, al quale è stata richiesta) per il mantenimento pregresso di mio figlio, minorenne, mantenimento regolarmente versato attraverso la trattenuta dell’importo mensile dalla busta paga, per cui comprovabile. L’avvocato che seguiva la mia causa, al quale quando chiedevo informazioni in merito (e pagavo profumatamente) mi diceva di stare tranquillo perchè era tutto a posto, non ha presentato la documentazione richiesta dal giudice, non ha comunicato che avevo una famiglia nella quale vive una bimba di 7 anni, che avevo un mutuo acceso ecc. ecc., per cui è stata emessa la sentenza che mi pregiudica e mi condanna al pagamento di metà dello stipendio mensile (nuovamente trattenuto in busta paga) più il mantenimento mensile corrente per un totale di circa Euro750 mensile. Premetto che mi è stata revocata anche la potestà genitoriale. Io ho anche una famiglia, quindi una compagna e una bimba di 7 anni che dovrebbero vivere in modo dignitoso. Specifico ancora che ho acceso un mutuo prima casa, qualche anno fa, di E.500 mensile circa, più naturalmente tutte le altre spese che possono esserci all’interno di una famiglia. Specifico ancora che il mio reddito mensile è di circa E.1300,00 mensili. Mi chiedo come posso fare a vivere e garantire una vita dignitosa a me, alla mia compagna e sopratutto alla mia bambina. La mia compagna, aggiungo, ha perso il lavoro e in questo momento è disoccupata. E’ possibile una revisione del processo per errore giudiziario? Potrei eventualmente rivolgermi al tribunale di Strasburgo per i diritti dell’uomo e per i diritti del fanciullo qualora i tribunali nazionali non possano più intervenire? Vorrei sapere cosa posso fare
Ringrazio anticipatamente per l’attenzione, grazie, buona giornata
Egregio Signore
da quello che lei narra mi pare di capire che a suo carico sia intervenuta un provvedimento civile in merito al mantenimento di suo figlio minore (pagamento dell’arretrato oltre al pagamento mensile) con decurtazione della somma direttamente dalla busta paga. Pertanto, per quanto concerne il futuro, nel momento che non è stata presentata la documentazione relativa alla costituzione di un nuovo nucleo familiare corredato dalla nascita di una nuova figlia le consiglio di procedere attraverso una revisione dell’assegno di mantenimento (ricorso da presentare al Tribunale competente); per quanto concerne il passato, ovvero la sentenza passata in giudicato e la mancata presentazione della documentazione relativa al mantenimento versato, la situazione andrebbe approfondita nel merito attraverso un esame della documentazione stessa e dei verbali di udienza per capire se sussistono i presupposti per una revocazione (ex articolo 395 Codice di procedura civile, Casi di revocazione: Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in un unico grado, possono essere impugnate per revocazione: se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra; se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza; se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario; se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa; ….). In entrambi i casi è necessario l’assistenza di un avvocato di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Premessa: mi sono divorziata ho una figlia oggi maggiorenne il mio ex marito dopo essersi risposato ha avuto un altro figlio dalla nuova moglie , poi è deceduto lasciando testamento : usufrutto dell’ abitazione alla moglie e proprietà della casa al 50% ai 2 figli. Il fratello di mia figlia vive con la madre nell’abitazione ed è ancora minorenne. I rapporti con la nuova moglie e mia figlia a detta della moglie di mio marito sono buoni ( credo sia falsa ma vorrei sfruttare a questo punto la situazione , mi spiego a seguire).
Per motivi caratteriali ormai incompatibili con me mia figlia vuole andare via dalla mia abitazione ma non può ancora economicamente permettersi una sua casa . Può mi figlia avanzare legalmente il diritto di abitare nella casa del padre? La casa con delle modifiche si presterebbe alla creazione di un ambiente indipendente. Qualora ci fosse legalmente questa possibilità come si deve procedere? grazie mille
Gentile Signora
il diritto di abitazione dell’immobile spetta al coniuge superstite ai sensi dell’art. 540 Codice civile che dispone che “al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni”. Sua figlia ha il diritto di proprietà dell’immobile nella misura del 50%, e facendo salvo il diritto di abitazione del coniuge superstite, previo accordo con lo stesso e qualora l’immobile lo consenta, può andare a vivere nell’appartamento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
oggetto è un’annosa questione legale riguardante il pagamento pro quota delle spese straordinarie per 2 figli minori, di cui un figlio invalido.
Sono stati emessi due decreti ingiuntivi, ai quali il padre si è opposto. Un procedimento si è concluso con sentenza di condanna al pagamento oltre gli interessi legali dal dì del dovuto al saldo da parte dell’opponente. L’avvocato di parte opposta ha calcolato gli interessi ex art. 1284, quindi al tasso ordinario dalle singole scadenze al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo e al tasso maggiorato ex art. 1284 comma 4 dal deposito del ricorso al saldo.
L’opponente soccombente si è rifiutato di pagare gli interessi come calcolati e quindi gli è stato notificato atto di precetto. La somma è stata pagata, ma il padre ha fatto opposizione al precetto, richiedendo la lite temeraria quantificandola con la somma che corrisponde esattamente a quanto liquidato dal GdP in suo sfavore nella sentenza, dichiarando che erano dovuti solo gli interessi al tasso ordinario di circa 0,10%.
Per altre spese straordinarie, con voci identiche a quelle liquidate con la sentenza, la madre gli ha fatto notificare atto di citazione. L’avvocato di controparte ha inoltrato proposta transattiva mettendo però sul piatto anche l’importo della lite temeraria, compensando oltretutto anche l’importo precettato.
LE domande:
1) Il calcolo degli interessi ex art. 1284 1 e 4 comma è corretto?
2) Può essere l’istanza di lite temeraria base per una transazione?
Grazie
Gentile Signora
la vicenda che narra impone una analisi nel merito della questione, analisi che non è attuabile in via telematica ma non mi è neanche consentito fare per esigenze di deontologia professionale. Detto ciò mi limito a delinearle la disciplina giuridica generale: a seguito della riforma del D.L. 12/09/2014, n. 132 convertito nella L. 10/11/ 2014, n. 162 (applicabile ai procedimenti dal 11/12/2014) sono state apportate modiche ai commi 4 e 5 dell’art. 1284 Codice civile “Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. La disposizione del quarto comma si applica anche all’atto con cui si promuove il procedimento arbitrale”.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve il mio amministratore condominiale ha messo nella bacheca dell’androne i nominativi di chi deve pagare le quote acqua(morosi definisce lui) tra cui il mio nome senza alcuna previa comunicazione! A causa della pubblicazione che è affissa da ormai 30 giorni, alcuni condomini e non si sono permessi di offendere la mia persona con frasi del tipo” puo’ trovarsi un lavoro; puo’ consegnare le pizze ecc.” premetto che non ho altri arretrati e appena messo comunicazione il giorno dopo sono andato a versare meta’ importo dovuto che saldero’ a fine mese( import tot era di 250 euro) ,voglio chiederli risarcimento per violazione privacy e danni morali … Quanto posso chiederli come risarcimento?
Egregio Signore
l’affissione nell’androne del palazzo dell’elenco contenente i nomi dei condomini dello stabile e la loro situazione debitoria viola il diritto di privacy delle singole persone, in quanto tali dati possono essere visibili da un numero indeterminato di persone, ovvero nello specifico da soggetti estranei al condominio, trattandosi di spazio accessibile al pubblico. Tale comportamento dell’amministratore comporta il sorgere di una responsabilità civile ai sensi degli articoli 11 e 15 del codice della privacy. La violazione del decoro e dell’immagine del singolo condomino comporta il risarcimento del danno. Solitamente la quantificazione di tale danno, previo accertamento da parte del giudice, viene quantificato dallo stesso in sede di giudizio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, la presente per chiedere cortesemente una informazione circa la Tari: ad una utenza non domestiche nel periodo di ristrutturazione dell’immobile, è dovuta al pagamento della tari? In caso negativo e/o positivo, mi richiami cortesemente, la normativa. Cordiali saluti
Gentile Signora
per quanto a mia conoscenza l’esenzione del pagamento della Tari per gli immobili in ristrutturazione dipende dalle disposizioni dei singoli Comuni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve sono Sergio . Anni fa avevo acquistato una casa al centro storico di tre piani , all’interno della stessa casa confino con un pozzo luce ( esistenti nel centro storico in gran quantita’) ove si affacciano tre mie finestre una delle quali al piano terra.
Il piano terra dello stesso pozzo luce da l’uscita di un vano dell’immobile confinante , il quale mi chiede di chiudere la mia finestra che si affaccia sul pozzo luce al piano terra ( il pozzo luce , mt. 3 x 4 ), Premetto che è una costruzione ultracentenaria , le finestre sono sempre esistite. Nel frattempo la mia confinante ha costruito in aderenza verso la mia parete un vano x la caldaia senza alcun permesso di appoggio sulla mia parete.Sono molto preoccupato.
Cosa posso fare?
Egregio Signore
quando si tratta di questione inerenti il diritto di proprietà, e regole tra edifici confinanti è necessario, per poter fornire un consiglio legale, condurre una analisi nel merito della fattispecie. La stessa andrebbe approfondita sulla base della documentazione cartacea e delle piantine catastali. Per quanto concerne la costruzione del vano della caldaia sulla sua parete, ad opera del suo vicino, la stessa ha dato origine ad una comunione forzosa, ma, a quanto mi pare di capire, senza il suo consenso, pertanto, le segnalo il dispoto di cui all’art. 874 Codice civile “Il proprietario di un fondo contiguo al muro altrui può chiederne la comunione, per tutta l’altezza o per parte di essa, purché lo faccia per tutta l’estensione della sua proprietà. Per ottenere la comunione deve pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito. Deve inoltre eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino”.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
se possibile vorrei conoscere il parere di un esperto per una questione che vado a spiegare:
Soggetto A e soggetto B hanno una conversazione via whatsapp totalmente PRIVATA.
Il soggetto A ,senza assolutamente il consenso del soggetto B, fa leggere tramite il suo cellulare tutta la conversazione PRIVATA al soggetto C, che a sua volta ammette al soggetto B di averla letta.
Il soggetto B può fare qualcosa in sua difesa? È stato violato in qualche modo il suo diritto alla privacy?
Cosa rischia il soggetto A se viene esposto un provvedimento in merito?
GRAZIE ANTICIPATAMENTE
Gentile Signora
la questione è molto attuale: in primis vi è una palese violazione del diritto di corrispondenza anche se avvenuta per via telematica attraverso chat private su WhatsApp (in tal senso l’art. 15 della Costituzione stabilisce che “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”). Dal momento che non vi è stato invio a terzi del contenuto della comunicazione, ma solo visione a terzi, estranei, del contenuto della conversazione privata ciò conduce ad una violazione del diritto di privacy. Accanto a tale violazione potrebbe configurarsi anche il reato di diffamazione, da valutare sulla base del contenuto della corrispondenza/conversazione privata su WhatsApp qualora la stessa contenga condotte offensive o diffamatorie, idonee a ledere il bene giuridico della reputazione, cioè l’opinione positiva che i consociati hanno di una determinata persona, dal punto di vista etico e sociale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
Vi scrivo perché nelle ultime settimane sono incorso in un incubo legato ad una officina meccanica. Sabato, 16 novembre mentre percorrevo l’autostrada la mia auto si è fermata nadando letteralmente in fumo. Ho chiesto l’intervento del carrattrezzi alla mia assicurazione a cui ho chiesto di portare l’auto al punto Kia più vicino (la mia è una Kia Rio). Arrivato il soccorso ACI mi sono visto accompagnare in una officina che Kia non era, di proprietà degli stessi del carrattrezzi. Mi hanno detto che avrebbero fatto una breve diagnosi del cui risultato sarei stato informato il lunedì per poi lasciarmi decidere cosa fare. Avevo fretta di proseguire il viaggio e d’accordo con la mia assicurazione sono ripartito. Il lunedì successivo nessuna chiamata da parte loro e così ho chiamato io. Il loro telefono ha una risposta con voce guida che avvisa che la chiamata viene registrata e poi si arriva alla risposta di una dipendente che dice sempre di non poter rispondere sullo stato dei lavori, assicurando una richiamata che non arriva mai da parte della titolare. Così per quattro giorni finché non ho preteso di parlare con la titolare che non avendo un’idea chiara del danno comincia a ventilare una spesa “ad occhio” di 1200 euro che però, a seguito di una successiva diagnosi avrebbero potuto lievitare a 2500. Il problema è che, essendo un’officina Fiat, non avevano lo strumento adatto per la diagnosi e avrebbero dovuto farselo prestare da un qualche centro diagnosi lì vicino. Da quel momento i giorni di attesa (senza mai una chiamata o una spiegazione) sono arrivati a 18 dopo i quali ancora nessuno ha mai saputo dirmi niente della diagnosi o del destino della mia auto. Alla ennesima promessa disattesa di richiamata da parte della titolare ho inviato una mail di diffida al loro indirizzo mail chiedendo di farmi sapere entro il giorno 4 dicembre in maniera definitiva della “breve” diagnosi o di trasferire l’auto al centro kia più vicino come da richiesta iniziale. A questo scopo ho contattato l’assicurazione chiedendo delle ragioni per cui la mia auto non è mai arrivata a destinazione come richiesto all’inizio. All’assicurazione non risultava neanche il luogo in cui era stata portata e hanno sentito il soccorso ACI (cioè sempre loro) per capirci di più e nel pomeriggio mi hanno ribadito che la loro risposta era quella di trattenere l’auto per “una breve diagnosi”. Alla mia obiezione che nel frattempo erano passati 20 giorni l’operatrice dell’assicurazione ha convenuto con me e ha riattaccato anche lei dicendo che avrebbe richiamato e da lì più nessuna notizia. Intanto il 4 dicembre, come da diffida, l’officina mi ha mandato un preventivo di 273 euro che sarebbe servito per fargli aprire il motore e guardare “visivamente” quello che la mancanza dello strumento di diagnosi non gli consentiva di appurare da 20 giorni. Di fatto un preventivo del preventivo. Dopo 20 giorni. Così ho detto loro di non toccare più l’auto e inviarmi la fattura di 149 che mi dicevano di dover pagare per il” lavoro” svolto fino ad allora e che avrei inviato un carrattrezzi a mie spese per farmi ritirare l’auto che per il timore che non valesse più nulla viste le premesse ho di fatto regalato ad un concessionario della mia zona per 2000 euro in cambio di un’auto aziendale per una differenza di 10000 euro. Come se non bastasse i rapidi signori dell’officina meccanica mi hanno mandato una mail con la fattura allegata e la precisazione che non avrebbero permesso il ritiro dell’auto se non a seguito della visualizzazione sul loro conto del pagamento della fattura. Ho dovuto così ulteriormente ritardare l’invio del carrattrezzi in attesa dei tempi della loro banca necessari per la verifica del bonifico urgente da me regolarmente eseguito nonostante tutto quello che ho passato in 3 settimane. Mi scuso per essermi dilungato ma l’incubo è stato davvero tale. Vi chiedo cortesemente un parere su quanto è avvenuto e un consiglio su come agire legalmente. In attesa di una cordiale risposta porgo
Distinti saluti
Dario Di Gennaro
Egregio Signore
in via puramente teorica potrebbe sussistere un’ipotesi di inadempimento da parte dell’officina, dal momento che non ha provveduto alla riparazione necessaria, e in assenza dell’attrezzatura ai fini della verifica del problema tecnico, ha ritardato ulteriormente (e quasi con disinteresse) la riparazione dell’autovettura. A tal fine è necessario una verifica nel merito della questione, la quale dovrà essere approfondita ai fini della sussistenza dei requisiti per la domanda di inadempimento e di risarcimento del danno. Le consiglio, pertanto, di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, con il quale, previo esame costi/benefici, potrà valutare se agire o meno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera Avvocato,
Le vorrei porre un problema: io e mio marito siamo in affitto da 4 anni e avevamo dato una caparra di 1200 euro. Alla proprietaria dell’affitto, le abbiamo fatto l’ipotesi se mai dovessimo andare via, se l’avessimo riavuta indietro per intero o se l’avesse usata per fare dei lavori nella casa.
Mi sono informata e ho trovato che la clausola del contratto che riguarda l’obbligo di tinteggiare a fine locazione, è nulla.
Poi aveva detto che la tinteggiatura sarebbe costata 600 euro. Quindi metà della nostra caparra ‘ciao ciao’.
Mio marito ha detto che se dovesse fare una mossa del genere, chiamerebbe qualcuno a nostre spese, per tinteggiare casa, una persona qualificata che lavora in Ferrari. Più di così!!!
Quindi Avvocato, mi aiuti Lei: saremmo obbligati a tinteggiare o sarebbe a carico del proprietario?
Ha fatto la stessa cosa con mio cugino. Ovvero lasciato l’appartamento, è partita in quarta c’è da pitturare, c’è da fare questo, c’è da fare quello……vuole chiamare una ditta di pulizie per pulire addirittura!! Mio cugino ha detto che chiederà tutte le ricevute delle spese fatte. E poi che andranno per vie legali, suppongo.
Io vorrei evitare, però non trovo giusto che già si hanno pochi soldi e pure ti prendono per i fondelli dopo essere stati sempre più che onesti. La saluto e La ringrazio tantissimo.
Spero in una sua risposta,
Linda
Gentile Signora
preliminarmente le segnalo che la sua richiesta di parere è stata modificata in quanto non abbiamo l’autorizzazione a pubblicare link esterni. Come da lei affermato vi sono diverse sentenze della giurisprudenza di legittimità che ritengono nulla la clausola inserita nel contratto di locazione che impone all’inquilino, al momento del rilascio dell’immobile, di tinteggiare le pareti o stuccare eventuali buchi o imperfezioni sulle stesse. Si badi si tratta di un orientamento giurisprudenziale, abbastanza consolidato, ma manca sul punto una sentenza a sezioni unite della corte di cassazione. Pertanto molto dipende dallo stato dell’immobile al momento della stipula del contratto di locazione con l’ingresso dell’inquilino nell’appartamento e al momento del rilascio dello stesso. Invero, se l’immobile, al momento della consegna presenta delle imperfezioni tollerabili, derivanti dall’usura del tempo, le stesse rientrano nel contratto di locazione ovvero sono “pagate” con il canone mensile a carico dell’inquilino. Diversamente se l’inquilino abbia apportato delle modifiche sostanziali alle pareti dell’immobile, cambiando il colore di tinteggiatura, o inserendo tecniche diverse come l’effetto spugnato o con la pittura calce, o ancora inserendo decorazioni direttamente sul muro, dovrà ripristinare lo stato in cui versava l’immobile al momento dell’inizio della locazione (in tal senso l’articolo 1590 codice civile “Il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto”).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, mi spiace non ci ho pensato e ho copiato il link.
La voglio ringraziare per la Sua pronta risposta, è stata esaustiva.
Cordiali saluti
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buongiorno,,una domanda riguardante mio figlio minore autistico legge 104 art.3 comma 3 più legge 80 invalidità abbiamo affidamento condiviso con il padre (Mio figlio risiede comunque con me nel mio nucleo familiare) ma purtroppo siamo in conflitto .. lui non vuole fare niente per migliorare la condizione del bambino ed io invece pago terapia comportamentale un educatore scuola di circo scuola di batteria e piscina… prendo accompagnamento di cui il padre rivendica la metà, adesso il neuropsichiatra che lo segue mi ha parlato dell’opportunità di chiedere il contributo per la grave disabilità che potrei usare senza sobbarcarmi di tutte queste spese (oltre al mutuo della casa acquistata insieme di cui mi sono accollata l’intero importo) ma mi ha detto che deve essere per forza d’accordo anche il padre…. chiedo la sua opinione..
Grazie
Gentile Signora
è necessario anche il consenso del padre.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato,
il mese scorso mi sono candidato ad una posizione lavorativa. Abbiamo avuto, io e questa società, diversi incontri al fine di approfondire i reciproci interessi.
Ho rifiutato una prima proposta, ricontattato ho accettato di valutare una seconda proposta.
Ho rifiutato nuovamente.
Nei giorni successivi ho ricontattato la società, avendoci ripensato, ed ho detto che se erano ancora interessati avrei accettato l’assunzione.
Così è stato, ho firmato il contratto di lavoro, con periodo di prova 1 mese, il primo giorno di lavoro sarebbe stato il 03/02/2020.
Nei giorni successivi sono emersi ulteriori aspetti economici non trattati durante le fasi di contrattazione (buoni pasto assenti, forte resistenza quando ho parlato di spostare il mio TFR verso un fondo di categoria). Questi elementi mi hanno fatto capire che non era l’azienda per me.
Ho contattato l’azienda, dicendo loro che non me la sentivo per i motivi sopra indicati, mi scusavo per il “tira e molla”, e considerando il periodo di prova di 1 mese ho detto che preferivo rifiutare l’assunzione.
Ora, so bene che non è stato elegante, e che abbiamo perso molto tempo (entrambi), ma adesso questa società mi ha fatto recapitare una “lettera di diffida” da un loro avvocato, in cui mi chiedono i danni per questa perdita di tempo.
Al di la dell’importo, è possibile essere sanzionati per questo motivo? Al momento ho ricevuto solo una mail in cui mi hanno ancipato quanto sopra, ma se arrivasse una raccomandata AR a casa dovrò difendermi?
Chiedo cortesemente un consiglio, non mi è mai capitata una cosa del genere…
Grazie
Luca
Egregio Signore
non riesco a capire se le sue dimissioni sono avvenute durante il periodo di prova ovvero alla fine dello stesso. Orbene, se le dimissioni vengono date durante il periodo di prova non si verifica alcun problema in quanto la “prova” è uno strumento di valutazione conferito ad entrambe le parti ai fini del contratto definitivo di lavoro. Pertanto durante il periodo di prova entrambe le parti possono recedere dal contratto liberamente e senza preavviso. In tali casi, se le parti hanno concordato una durata minima garantita del periodo di prova, le dimissioni possono essere consegnate solo dopo la scadenza del termine previsto e stabilito nel contratto (al lavoratore può essere intimato di risarcire il danno al datore di lavoro). Se le dimissioni sono state consegnate dopo il termine di scadenza del periodo di prova, si deve rispettare il termine di preavviso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, pongo una questione su una corte comune. Un fabbricato costituito da un’unica particella e più sub, appartiene a tre proprietari diversi. I tre fabbricati si affacciano su una corte comune dalla quale hanno accesso i tre proprietari. Al catasto però la corte risulta solo su alcuni sub che appartengono a solo due dei tre proprietari e risulta come ‘Accessorio comune ad ente rurale ed urbano’. Nell’atto di acquisto del terzo proprietario la corte non è proprio citata. Nell’atto del precedente proprietario viene nominata solo come confine. Non si citano diritti, neanche di passaggio, sulla corte. Mi chiedo, visto che l’unico accesso al terzo fabbricato è la corte, nessuno può vantare diritti di proprietà esclusiva in base agli atti, se, sulla base dell’art. 1117 del cod. civile, la corte è comune a tutti e tre i fabbricati e dunque anche il terzo proprietario può usufruire di tutti i diritti connessi che al momento gli vengono negati. Grazie
Egregio Signore
ritengo, da quello che lei narra, che la corte sia di proprietà comune ai tre edifici, dal momento che costituisce l’unico accesso ad uno di questi; invero ai sensi dell’art. 1117 codice civile: “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; ….. a condizione che non risulta il contrario dal titolo, ovvero un regolamento contrattuale o gli atti di acquisto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
sono a chiedere se e’ possibile/fattibile cercare di raggiungere un accordo amichevole con la propria azienda in modo da farmi licenziare per poi ottenere la naspi.
basterebbe una pec con la richiesta ufficiale ?
Egregio Signore
non è una cosa legale e di conseguenza fattibile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno
il mio problema è che alla morte di mio padre avvenuta 9 anni fa, mia mamma mi fece fare la delega affinchè io potessi operare per suo conto(essendo lei con problemi di deambulazione)su un libretto postale. In questo periodo di 7 anni dalla morte di mio padre sino al 1° gennaio 2018 giorno della morte di mia mamma, mio fratello non si è mai fatto vedere. Al decesso di mia mamma, nel fare la successione ho inserito anche il libretto con quello che vi era rimasto sul conto. Ora lui vuole tutto quello che vi era depositato. Ma se io ho prelevato e ho dato a mia mamma e lei ne ha fatto ciò che ha voluto, come posso dare io i soldi di cui non sono stato titolare?. L’unico modo sarebbe sapere da mia mamma a chi ha dato ma purtroppo è deceduta. In attesa saluto
Egregio Signore
sul conto corrente postale di sua madre lei poteva operare mediante una delega. La delega, che è differente dalla possibilità di cointestare il conto corrente, comporta per il delegato la possibilità di compiere alcune operazioni (versamenti, prelievi, pagamenti) per conto del delegante. La delega si estingue con la morte dell’intestatario del conto corrente, e con il congelamento dello stesso da parte dell’ente ai fini dell’apertura della successione legittima o testamentaria. Ne consegue che se il delegante operi sul conto corrente dopo la morte dell’intestatario, e comunque prima della dichiarazione di successione, dovrà rispondere dell’intero importo nei confronti degli altri eredi, in quanto la delega ad operare sul conto non dà in alcun modo il diritto all’erede di poter agire in rappresentanza del delegante. Esclusa tale ultima ipotesi, al momento della morte dell’intestatario del conto, si apre la successione legittima o testamentaria, con conseguente divisione della somma residua tra gli eredi. Come sopra affermato al momento della morte dell’intestatario del conto, la delega si estingue e il conto viene congelato fino alla dichiarazione di successione. Ne consegue che il soggetto titolare della delega (o delegato) non potrà più agire sul conto e, se un estraneo, ad esempio un amico del de cuius, non potrà vantare nessun diritto sulla giacenza del conto corrente; mentre se un figlio, o comunque un erede parteciperà alla successione secondo la propria quota.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, volevo avere delle delucidazioni sulle attuali leggi sul copyright. Volevo sapere se tutti i siti streaming di film (es. altadefinizione.cloud) sono illegali o no. Non parlo di conseguenze per l’utente, ma per il gestore del sito. Io so che in particolare questo sito usa i contenuti embedded, quindi semplicemente delle diffusioni di link già esistenti a materiali sotto copyright. Io mi sono informato in rete su siti di legge e da quello che ho capito, questi siti sono leciti. Sono leciti perchè non pubblicano loro il contenuto ma è hostato su siti che non sono di loro proprietà (es. Openload). Volevo sapere se ho capito bene o se sbaglio e se la pratica dell’embedding di materiali sotto copyright sia lecita. Grazie
Egregio Signore
come lei afferma l’attività di “embedding”, ovvero di incorporare e quindi pubblicare un video,già di pubblico dominio, (appartenente a terze persone e senza la preventiva autorizzazione delle stesse) sulla propria pagina web non comporta violazione del copyright (diritto d’autore e diritti connessi), in quanto il video o altro materiale è già pubblico ed è destinato al pubblico. L’unico limite è che non via sia una alterazione del contenuto, la quale comporta una violazione del copyright.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Signore o Signora,
Sono un immigrante che vive a milano in appartamento di affitto dal 2018 Dicembre ad oggi. Un mese fa ho notato una macchia verde sul muro del corridoio e ho avvisato il proprietario. L’idraulico ha detto che c’e’ una perdita d’acqua fra il muro e lo scalino dentro la box doccia perche e’ stato utilizzato un materiale inadeguato (non un silicone impermeabile ma qualcos’altro). Il danno e’ stato riparato pero il proprietario mi ha informato che la sua assicurazione civile ha negato la richiesta che ha fatto per il rimborso dei costi e lei mi ha detto che io dovrei pagare questi perche sono causati dall’uso regolare e la mancanza di manutenzione da parte mia. Mi ha scritto:”pulendo abbiate involontariamente tolto il silicone o si sia consumato o che la mensola sia stata sovraccaricata creando un distacco”, parole del perito della sua assicurazione. Ieri mi ha scritto:”sarebbe per me un dispiacere dover ricorrere ad altre vie.” Sia l’idraulico sia il custode (che era presente durante l’intervento) mi hanno detto:” questo non c’entra niente con te, il proprietario dovrebbe pagarlo”. Non avendo fatto niente che causerebbe questo problema, non so come comportarmi pero non ho voglia di pagare i costi totali che superano mille Euro. Abito in questo appartamento da solo un anno e non mi aspettavo un problema cosi grande perche e’ stato ristrutturato in 2016. Avrei bisogno di una consulenza riguardo la legge e cosa succede se non pago perche credo fortemente che non sono in colpa qui. Grazie e Saluti Cordiali, Cihan Herguner.
Egregio Signore
il riparto delle spese di manutenzione (ordinaria e straordinaria) nel contratto di locazione è regolato dall’art. 1576 del Codice civile, che stabilisce al primo comma: “Il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore”. In tal senso per riparazioni necessarie si intendono tutte quelle riparazioni per il perfetto godimento del bene immobile locato, come ad esempio riparazioni dell’impianto elettrico o dell’impianto idraulico; per converso, le riparazioni di piccola manutenzione, che a norma dell’articolo 1576 devono essere eseguite dall’inquilino a sue spese, sono quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall’uso, e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito (in tal senso art. 1609 Codice civile). Sebbene non è sempre facile capire cosa rientra nella manutenzione e carico del locatore e nella piccola manutenzione a carico del conduttore, rispetto a quanto sopra affermato, ne consegue, per quanto a mia conoscenza, che le spese di riparazione del box doccia a seguito della mancanza del silicone sia carico del locatore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Ho effettuato un ordine d’acquisto il 6 Di Dicembre saldando l’importo prima della consegna come richiesto dal concessionario . Il termine previsto sull’ordine d’acquisto è di 30 giorni.
Fra 3 giorni termineranno i 30 giorni e l’auto non mi è ancora stata consegnata. Il concessionario dice che sta aspettando i documenti dalla motorizzazione.
Uno volta terminati i 30 giorni previsti per la consegna, se questa non avviene. Come posso muovermi?
Posso chiedere la restituzione dell intero importo versato e un risarcimento danni?
Qualora volessi lo stesso aspettare la consegna posso chiedere comunque un risarcimento danni?
Egregio Signore
tra i rimedi giudiziari esperibili vi è la risoluzione del contratto per inadempimento ex art. 1453 Codice civile: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno”. Nella prima ipotesi affermata dalla norma lei può optare per la c.d. manutenzione del contratto, ovvero pretendere la controprestazione dell’altra parte, in tal caso la consegna dell’auto; se tale inadempimento persiste può agire per al risoluzione del contratto, salvo, in entrambi casi il risarcimento del danno. Il secondo comma dell’art. 1453 Codice civile afferma che “La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento; ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione”. In tal senso se si è agito direttamente per la risoluzione del contratto non si può chiedere la manutenzione e quindi l’adempimento dello stesso, in quanto si presume non abbia più interesse alla prestazione. In entrambi i casi se l’inadempimento persiste è necessario rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
scrivo perché alla morte di mia nonna, mio fratello vuole acquisirne l’abitazione più alcune proprietà adiacenti. La casa e gli annessi sono di proprietà di mio padre che li ha ereditati alla morte di suo padre con la clausola che mia Nonna ne avesse l’usufrutto.
Siamo tre fratelli e abbiamo difficoltà a trovare un accordo in merito.
Io e mia sorella non abbiamo acquisito nessun altro bene mobile o immobile di famiglia.
Vorrei poter capire quali siano i nostri diritti su questa proprietà e in che modo eventualmente possiamo avvalercene. Ma soprattutto in che termini e su che basi i miei genitori potrebbero decidere di attribuire comunque a mio fratello delle proprietà senza il nostro consenso.
Gentile Signora
a quanto mi pare di capire alla morte di sua nonna l’abitazione della stessa e le proprietà adiacenti appartengono a suo padre a seguito dell’eredità acquisita. Pertanto, suo padre, in quanto erede e proprietario, è l’unico legittimato a disporne tramite una vendita ovvero una donazione (anche a suo fratello). La donazione, alla morte del de cuius, può essere oggetto di collazione, salvo dispensa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
innanzitutto la ringrazio per il suo cortese riscontro, pertanto devo ammettere di non riuscire a decifrare la seguente affermazione:” La donazione, alla morte del de cuius, può essere oggetto di collazione, salvo dispensa” in particolare le chiedo cosa si intende per dispensa e in che termini una dispensa possa essere accordata. E a chi si riferisce la dicitura “de cuius”
La ringrazio in anticipo per un ulteriore delucidazione.
Gentile Signora
per de cuius si intende la persona defunta, alla cui morte si apre la successione legittima o testamentaria. In tal senso, al momento dell’apertura della successione i figli ((legittimi e naturali)e i loro discendenti (legittimi e naturali) ed il coniuge che concorrono alla successione devono rimettere nel patrimonio ereditario tutto ciò che hanno ricevuto in vita dal defunto per donazione. L’unica eccezione a tale regola sussiste qualora il defunto li abbia dispensati. Per dispensa si intende lo scioglimento dell’obbligo di rimettere nel patrimonio ereditario quello che hanno ricevuto tramite donazione. La dispensa viene inserita direttamente nell’atto di donazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato il conduttore di un immobile affittato con contratto transitorio a 18 mesi con scadenza ad aprile 2020, canone concordato e cedolare secca mi ha comunicato il 7 gennaio 2020 che lascerà l’immobile alla fine di gennaio. Vorrei sapere se a norma di legge può farlo senza il reavviso di tre mesi e a quali condizioni. La risoluzione anticipata con preavviso scritto tramite raccomandata è stata indicata anche nel contratto sottoscritto dalle parti. Dovrebbe risarcirmi del danno, visto che probabilmente fino ad aprile sarà difficile riaffittare l’immobile oppure no? Come mi devo comportare per il deposito cauzionale?
Grazie
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
la disdetta dal contratto di locazione senza preavviso comporta che il conduttore deve pagare i canoni di affitto che matureranno fino alla scadenza naturale del contratto. Per legge il deposito cauzionale deve essere restituito al termine del contratto di locazione, ovvero al momento della riconsegna dell’immobile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
sono proprietaria di un appartamento al primo piano di un condominio di nuova costruzione.
Il proprietario dell’appartamento sottostante ha costruito una “casetta di legno” di circa 9mq molto molto vicina al mio balcone e anche attaccata al confine con il fabbricato vicino. Il Comune non è provvisto di un regolamento per queste costruzioni e quindi lo assimila a un “arredo da giardino”. Sottolineo che la costruzione si trova su una base di cermento armato, che ancora non ha avuto il permesso comunale. Dalle mie informazioni, la costruzione deve trovarsi a una distanza minima di almeno tre metri dai confini, e pertanto anche dal mio appartamento. Me lo potrebbe confermare? A chi mi devo rivolgere se il proprietario al piano terra non sposta o elimina la costruzione (invasiva anche per quanto riguarda il decoro architettonico del condominio)?
Grazie in anticipo.
Cordiali Saluti
Gentile Signora
l’articolo 873 del Codice Civile e prevede una distanza non inferiore ai 3 metri. Le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia sia per un corretto esame della fattispecie e sia per un eventuale ricorso al Tribunale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
Le spiego il problema: un uomo di 70 anni, in seguito a odore di gas nella cucina, ha contattato il tecnico del gestore del gas dell’abitazione che effettivamente ha rilevato una perdita. Secondo prassi, ha sigillato il contatore. Sempre secondo prassi, l’uomo ha chiamato un’azienda specializzata nelle riparazioni che ha riparato il danno e la società ha avviato la documentazione di avvenuta riparazione alla società che gestisce il gas dell’abitazione.Fino a qui tutto a posto, adesso sorge il problema. Siccome l’uomo non voleva aspettare quasi 1 settimana che tornasse il tecnico per rimuovere i sigilli, per le giornate fredde, per la mancanza di riscaldamento e acqua calda, per il fatto che ci fossero spesso due bambini in quella casa di cui uno ammalato e per rilevare se ci fossero ancora perdite, ha rimosso lui stesso i sigilli. So che è penale, ma si può sperare che il tecnico chiuda un occhio alla luce di ciò che ho scritto?Non si tratta di morosità, è sempre stato in regola con il pagamento delle bollette e non mi sembra nemmeno furto di gas.Giusto? Ma di aver commesso qualcosa sicuramente di sbagliato ma In Seguito alla riparazione effettuata. Ci sono alti rischi di una denuncia penale?Grazie.
Egregio Signore
sebbene l’interruzione della fornitura del gas con la chiusura del contatore e l’apposizione dei sigilli sia avvenuta per problemi tecnici e non per morosità è necessario attendere il tecnico incaricato per la rimozione dei sigilli, anche per una questione di sicurezza. Nell’eventualità che le contestino tale condotta non corretta, è necessario rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia. Certamente vi sono poche possibilità di illecito penale, dal momento che non vi è stato un furto di gas.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, il sottoscritto è l’attore di una causa civile in cui l’ultima udienza si è tenuta pochi giorni fa. In quella circostanza la controparte, pur essendosi a suo tempo costituita, non si fatta rappresentare: il suo difensore, tra l’altro il terzo dall’inizio della causa, ha infatti rinunciato al mandato il 29 luglio u.s. Per giunta il soggetto convenuto, di fatto, risulta irreperibile avendo la residenza presso un’immobile attualmente privo dei requisiti minimi di agibilità, tanto che è disabitato da mesi. Ciò nonostante, il giudice ha disposto un rinvio per interrogatorio formale e, pur sapendo che purtroppo perfino un’aberrazione del genere rientra nei suoi poteri decisionali, non posso non domandarmi e domandarvi quanto segue: come è possibile, proprio tecnicamente, che in un’udienza civile L’ASSENZA DELLA PARTE non abbia alcuna conseguenza per quest’ultima? Da notare che la prossima udienza è stata fissata per la fine del prossimo mese di settembre, quindi ne esce danneggiato e beffato il “fesso” che invece ha mostrato rispetto per la legge, (ben) pagando un avvocato per farsi rappresentare. Grazie.
Egregio Signore
il convenuto non è contumace in quanto si è costituito nel processo ovvero è parte dello stesso, ne consegue che il processo deve proseguire secondo le regole fissate dal codice di procedura civile anche se il convenuto è assente, ovvero non si presenta alle singole udienze. Se, per converso, il convenuto è rimasto contumace, il processo prosegue secondo le norme del procedimento contumaciale, tenendo conto che la parte contumace può costituirsi in ogni momento del processo fino all’udienza di precisazione delle conclusioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno.
La presente per chiedere informazioni in merito alla seguente situazione. Il mio padre a settembre 2019 ha firmato un contratto per seguire dei corsi di formazioni con il pagamento di cambiali a scadenza. Inizialmente c’era da pagare un bollettino postale per la quota d’iscrizione di 150 euro che mio padre non ha pagato. Dopo circa una settimana mio padre ha telefonato per recedere dal contratto ed il funzionario ha detto che andava bene così, successivamente ha richiamata per avere un ulteriore conferma (nessuna ha detto che bisognava mandare una raccomandata a/r). Dal contratto infatti c’è scritto che per la recessione bisogna mandare o una pec o la raccomandata. Tutto bene finché a dicembre arriva un avviso di scadenza effetti entro il 20/01/20. Preciso che nel contratto c’era scritto che dopo l’iscrizione veniva chiamato da un funzionario per aiutarlo con l’iscrizione alla piattaforma e che mandavano tutto il materiale via mail per lo studio. Nessuna delle due cose è successa in questo tempo.Ho chiamato l’istituto erogatore dei corsi e loro mi dicono che hanno già presentato gli effetti in banca e non possono farci nulla. Il mio padre non intende di seguire i corsi. Al telefono mi dicevano che possiamo trovare una via di mezzo per pagare solo una parte del totale della somma (il contratto è di 4.000 euro). Io ho proposto di pagare solo la prima rata al massimo. Ma sinceramente non so come si può procedere in questo caso (se vado per le vie legali o meno).
Grazie a coloro che mi aiuteranno!
Salve,
riuscirebbe gentilmente a darmi un consiglio. L’istituto mi ha proposto di pagare 1.200 euro come penale per la recessione del contratto e non saprei se va bene così ed accettare o meno?
Grazie molte ancora
Gentile Signora
come precedentemente affermato occorrerebbe analizzare il contenuto del contratto per poter dare un consiglio preciso. Certamente il diritto di recesso deve essere comunicato all’altra parte mediante forma scritta ovvero con raccomandata con ricevuta di ritorno o anche tramite pec, a meno che nel contratto è previsto altra forma di comunicazione. Le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale previo esame del contratto potrà fornire un parere specifico sul punto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Signora
Preliminarmente occorre sottolineare che la disciplina del recesso non ha carattere unitario ma dipende dalla tipologia del contratto o dalle clausole inserite nello stesso, e in alcuni casi non è previsto il diritto di recesso (per sua natura “Il contratto ha forza di legge tra le parti” ovvero vincola le parti). Se la facoltà di recesso è prevista dal contratto, contenuto all’interno di una clausola dello stesso, (recesso convenzionale) la parte che intende esercitare tale facoltà può recedere finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione – art. 1373 cc. Sulla base delle norme previste dal Codice del Consumo, il diritto di recesso può essere esercitato nel termine di quattordici giorni dalla stipula e senza penale per i contratti stipulati a distanza (ad esempio per telefono o tramite internet) o fuori dai locali commerciali (in tal senso articolo 52 del codice del consumo: Fatte salve le eccezioni di cui all’articolo 59, il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere costi diversi da quelli previsti all’articolo 56, comma 2, e all’articolo 57). In tali casi non è previsto il pagamento di alcuna penale o altro tipo di costo.
La volontà di recedere dal contratto deve essere comunicata all’altra parte mediante forma scritta ovvero con raccomandata con ricevuta di ritorno a meno che nel contratto sia stato stabilito una modalità diversa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocati, sono affittuaria da più di 4 anni di un appartamento del quale sono comproprietari al 50% due ex-coniugi (rimasti in buoni rapporti) ma di cui solo uno è firmatario del contratto di locazione. Dal 2017 l’appartamento è stato messo in vendita tramite regolare incarico dato a n.2 agenzie immobiliari, alle quali ho sempre dato mia piena disponibilità per le visite.
Ultimamente però la comproprietaria non firmataria, con il consenso verbale dell’ex-marito, afferma di volersi occupare privatamente della vendita dell’immobile, facendo altresì da intermediaria tra me e gli eventuali interessati e imponendo la sua presenza ad ogni visita. Addirittura ieri, senza preavviso e con la complicità di una delle due agenzie, la suddetta comproprietaria si è presentata a casa mia inveendo contro di me perchè non le avevo risposto al telefono.
La mia domanda è: lo può fare? Ha il diritto di visitare l’immobile come e quando vuole? Ha il diritto di avere con me contatti diretti non essendo firmataria del contratto? Quali obblighi ho nei suoi confronti? Ho il diritto di potermi rifiutare di farla accedere all’immobile tutte le volte che vuole o solo perchè si sta occupando della vendita? Se non è con lei che ho stipulato il contratto, anche se c’è il consenso verbale dell’altro comproprietario, quali diritti ha sull’immobile?
Quello che suppongo io è che, avendo difficoltà a vendere l’appartamento locato con un contratto che scade nel 2023, i proprietari stanno cercando di darmi “fastidio”, di assillarmi di richieste di visite (anche fasulle) per farmi stancare ed indurmi a lasciare anticipatamente la casa, così da poterla vendere con maggiore facilità.
Grazie per l’eventuale risposta, cordiali saluti
Gentile Signora
a quanto mi pare di capire il contratto di affitto è stato stipulato con uno solo dei coniugi (l’ex marito) nonostante entrambi siano proprietari dell’immobile. Ne consegue che i rapporti inerenti la gestione dell’immobile, economici e di manutenzione, devono intercorrere tra lei (affittuaria) e il proprietario che ha stipulato il contratto. Il resto è rimesso alla discrezionalità delle parti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
nel 2017 è mancato uno zio di mio padre, il quale non era sposato e non aveva figli. Gli eredi sono 25 nipoti, che non hanno ancora presentato la dichiarazione di successione. Mio padre e altri sui cugini hanno rinunciato all’eredità, in quanto troppo complessa da gestire (tra i 25 nipoti, i figli dei nipoti e i figli dei figli dei nipoti saranno circa 70 persone). Premetto che si tratta di due terreni agricoli, di un immobile diroccato di poco valore più un saldo nel conto corrente di circa 8 mila euro. Anch’io ho provveduto a rinunciare all’eredità e ho 3 figli minori. Vorrei sapere se posso presentare istanza di rinuncia all’eredità per conto dei miei figli al tribunale della mia provincia, riportando come motivazione la complessità della successione rispetto all’attivo patrimoniale.
Gentile Signora
nella successione legittima (ovvero in assenza di testamento), la quota di colui che rinuncia alla eredità viene devoluta agli altri eredi legittimi, in parti uguali. Solo se questi non vi sono si estende ai c.d. eredi dell’erede rinunciante, che a sua volta potranno esercitare l’azione di accettazione o rinuncia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, spiego il mio quesito. Nel mese di novembre 2019 mia mamma è venuta a mancare e gli unici eredi siamo io e mio fratello che risiede nella stessa città natia di nostra madre, io risiedo altrove. Della successione se ne sta occupando mio fratello appunto in quanto mia madre possedeva un conto bancario ed una casa. Per affrettare i tempi per lo svincolo del conto bancario alquanto consistente io ho dovuto firmare una manleva nella filiale della Banca dove risiedo io, richiesta dalla Banca dove mia madre aveva il conto. Così ho fatto. La mia domanda è questa: adesso cosa succede? La Banca di Bari si metterà in contatto con me che sono a Milano oppure liquida tutto a mio fratello? Come devo comportarmi in merito? Ringrazio anticipatamente
Gentile Signora
a seguito della dichiarazione di successione con accettazione dell’eredità la banca attribuisce a ciascuno erede la parte di eredità secondo la singola quota. Tale accredito può essere anche effettuato direttamente sul suo conto corrente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, al fine di evitare di avere in futuro “problemi” col Fisco, vorrei sapere se ho l’obbligo di dichiarare e di pagare le tasse per aver recentemente venduto a n°16 privati la mia collezione di n°16 francobolli, ricevuti in regalo anni fa da un amico;
premetto di non essere un commerciante e di aver ceduto ciascun francobollo a circa 2.700 euro in contanti (nonostante il loro valore di mercato fosse comunque superiore).
Ringrazio anticipatamente
Egregio Signore
credo che il pagamento delle tasse non sia dovuto dal momento che non si tratta di una attività commerciale e soprattutto, da quello che lei afferma, non c’è stata una vendita superiore al valore di mercato dei francobolli. Le consiglio, comunque di consultare un commercialista di sua fiducia, per ulteriore sicurezza.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, non so se quello che vi chiederò è di vostra competenza, ma spero nel vostro aiuto. È legale che le telecamere esterne dei negozi registrino le macchine che passano di fronte al negozio? Anche oltre la prima fila di auto parcheggiate? Vi è un limite di metri entro il quale possono riprendere? Non dovrebbero riprendere solo lo spazio che interessato solo l’immediata entrata del negozio?Lo chiedo poiché oggi guidando credo di aver urtato un’auto in doppia fila, ma ne sono accorta solo molto dopo aver parcheggiato:temo che il proprietario possa trovarmi con conseguenze. Grazie.
Gentile Signora
Le telecamere possono essere installate in luoghi pubblici (al contrario dei luoghi privati), purchè siano visibili e quindi conoscibili dalle persone che entrano in contatto con le stesse, mentre il divieto riguarda la diffusione delle immagini senza il consenso delle persone filmate; in tali casi si verifica una violazione della privacy. Diverso è il caso che le telecamere siano istallate da enti pubblici per fini di sicurezza e di ordine pubblico.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno Il mio compagno ed io avevamo deciso di avere un figlio, 3 mesi fa ci siamo lasciati e lui dice che non sa se vorrà riconoscere il bambino che nascerà tra un paio di settimane. Vorrei sapere se in 6 mesi riuscirò a fare causa per obbligarlo al riconoscimento ed al mantenimento del bambino. Grazie
Gentile Signora
la dichiarazione giudiziale di paternità può essere proposta dal figlio maggiorenne o dall’altro genitore, che esercita la responsabilità genitoriale nell’ipotesi in cui il figlio è minorenne dinanzi al Tribunale ordinario del luogo dove risiede il presunto genitore. Per quanto riguarda i tempi del giudizio molto dipende dal Tribunale competente ma credo che sei mesi sia un tempo troppo breve ai fini della definizione della causa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Ho stipulato una cessione del quinto, Ho accettato un incentivo della azienda e mi sono licenziata, ovviamente prima mi ero informata con la finanziaria che l’incentivo all’esodo non fosse toccato, ho accettato la Proposta ma non ho ancora firmato.
Ho problemi con l’azienda, che sostiene che esiste una normativa che dice che sia il tfr che l’incentivo all’esodo spettano alla finanziaria e hanno inserito questa clausola nel verbale.
La finanziaria invece, sostiene che per legge a loro spetta solo il tfr.
La legge cosa dice al riguardo? Come mi devo comportare?
Ringrazio in anticipo
Gentile Signora
per quanto a mia conoscenza l’incentivo all’esodo rientra, unitamente al TFR nella somma oggetto della finanziaria, (il TFR e l’incentivo all’esodo sono due cose distinte ma entrambi, non congiuntamente, costituiscono una garanzia del credito).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, mi chiamo Nicola e vorrei esporvi il mio caso.
Sono figlio di genitori separati consensualmente nel 2007; quell’anno avevo 13 anni, anche se il calvario è iniziato 3 anni prima. Vedevo papà che tornava tardi da lavoro e litigava con mamma perché lei si lamentava.
Mamma a seguito della separazione cadde in depressione e io fui seguito dagli assistenti sociali.
Mio padre è una guardia carceraria addetto alle traduzioni.
In sede legale presentò una busta paga di 1100€. Cosicché il giudice sta stabilisse un mantenimento mensile di 550€, di cui 200€ per mia madre e 350€ per me; in più, avrebbe dovuto versare le 13esime, le 14esime e i buoni pasto a mia madre perché nullatenente e provvedere alle mie spese mediche e scolastiche. Di quell’accordo mio padre ha tenuto fede solo versamento dei 550€.
Non ha provveduto alle spese mediche di quando sono stato operato, non mi ha permesso di frequentare il liceo artistico e mi ha imposto di andare invece in un istituto alberghiero che non ho mai finito. Non ha provveduto a comprarmi un paio di scarpe o un qualsiasi indumento che necessitava di essere cambiato.
Non si è mai sbilanciato più di tanto perché mi tenesse da lui secondo l’affido congiunto.
Ho vissuto per 16 anni in una casa piena di muffa, buia, con un odore acre.. gelida… Una caverna che non immaginate… Mi vergognavo a portare i miei amici o la mia fidanzata a casa. Perché nemmeno gli zingari vivevano così. E mio padre sapeva che le condizioni erano disastrose e non ha mai mosso un dito per rendere la mia vita in quella casa un pò più normale.
Crescendo gli chiedevo se avesse potuto darmi una mano a prendere la patente e la risposta è stata sempre la stessa. “Poi vediamo”.. gli ho chiesto più volte di aiutarmi a trovare un lavoro cosicché avrei potuto aiutare mamma e cambiare casa, ma niente. E anzi, ogni volta che trovavo io un lavoro mi diffamava dicendo al tizio che non ero responsabile provocando il mio licenziamento. Oggi ho 26 anni e ho ancora difficoltà a trovare un lavoro…. La situazione è ancora la stessa. Non ho la patente e non posso provvedere ne a me ne a mia madre.
In più da 13 anni mio padre ha una relazione con un’altra donna, ogni volta che lo vado a trovare mi fa notare i suoi ultimi acquisti: una motocicletta (Harley Davidson pagata 9.000€), una stufa a pellet (3.000€); si vanta delle spese che fa, sapendo in quale disagio vivo io insieme a mia madre.
Qualche giorno fa abbiamo ricevuto la richiesta di divorzio, mio padre vorrebbe mantenere il 200€ per mia madre e togliere il 350€ che dava a me…
Ho letto che la legge prevede il mantenimento della prole fino a quando quest’ultima non raggiunga una stabilità economica.
Io non pretendo che mi mantenga a vita. Ma penso di dover aver diritto ad un risarcimento per gli anni di inferno che sto vivendo a causa sua. Secondo il suo parere, posso fare causa a mio padre per danni morali e diffamazione?
Egregio Signore
preliminarmente mi consenta di esprimerle la mia vicinanza morale per la sua situazione familiare, certamente non facile da affrontare per nessuno; in subordine come lei ben afferma il mantenimento del figlio è dovuto anche se questo è maggiorenne, anche dopo il divorzio dei genitori, fino a quando non abbia raggiunto l’autosufficienza economica. L’unica eccezione a tale regola è costituita dall’inerzia o negligenza del figlio, il quale non si adoperi alla ricerca di un lavoro che gli consenta una indipendenza economica. Tale inerzia e negligenza deve essere provata in un eventuale giudizio, tenendo conto delle inclinazioni e del percorso di studio del figlio. Per converso, per quanto concerne l’assegno di mantenimento all’ex moglie, questo con il divorzio viene sostituito con l’assegno di divorzio e può essere riconosciuto solo a seguito della sussistenza di determinati presupposti legati all’età, alla salute dell’ex moglie o alla formazione professionale. Ovvero, nella specie si tratta di presupposti che le impediscono di trovare una occupazione lavorativa stabile, non per sua colpa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio. Il problema sta nel fatto che ogni volta che inizio a lavorare, mio padre contatta il titolare e mi diffama, provocando il mio licenziamento in tronco…
Egregio Signore
su tale preciso punto è necessario contattare un avvocato di sua fiducia in quanto la diffamazione deve essere esaminata nel merito, in relazione alla sussistenza di specifici presupposti, in primis l’offesa alla reputazione di una persona attraverso la comunicazione con più persone.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, ho una figlia naturale, quindi registrata solo come mia, che risiede in Messico con miei genitori. Io sono sposata con un cittadino italiano dal 2013. Mio marito vuole adottare mia figlia che dovrebbe arrivare a Roma quando finisce la scuola. Se Lei, diventa maggiorenne il 16 Giugno, e possibile fare la adozione come minorenne anche se lei arriva il 7 Giugno? O non ci la facciamo in tempo? Dove posso chiedere informazioni? Su Internet non trovo nulla. Mille grazie
Gentile Signora
l’adozione del figlio del coniuge è disciplinata dalla Legge 184 del 1983, articolo 44, lettera B, articolo 45 e seguenti per quanto concerne i minori. Per l’adozione si richiede il consenso dell’adottante e dell’adottando. Se l’adottando non ha compiuto i quattordici anni il consenso e’ dato dal suo legale rappresentante. Se l’adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se ha una eta’ inferiore puo’, se opportuno, essere sentito. Inoltre ai fini dell’adozione e’ necessario l’assenso dei genitori e del coniuge dell’adottando. Tale procedura richiede i suoi tempi quindi non credo che è possibile farla in un solo mese. Le consiglio in entrambi i casi di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia in quanto si tratta di procedure complesse dove è necessario l’assistenza e il patrocinio di un legale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
potete chiarirmi per favore come funziona la Legge nel caso di una cambiale persa dalla Banca e scaduta giá da 7 anni?
La Finanziaria creditrice si deve rivalere tramite legale di Agenzia Recupero Crediti sul debitore che ha pagato sempre e regolarmente tutte le cambiali e che non ha nessuna colpa, o si deve rivalere sulla Banca che ha perso la cambiale chiedendo a quest´ultima il risarcimento del danno?
Grazie per la vostra risposta
Gentile Signora
per quanto a mia conoscenza se la cambiale è stata pagata in banca la stessa dovrebbe tenere una copia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, lavoro come educatrice scolastica per una cooperativa sociale con contratto a tempo indeterminato part time a 30 ore. Quest anno mi dicono che in caso di alunno assente io non sono retribuita. Questo comporta una notevole perdita di ore e non sapere mai a fine mese quanto prenderò. Praticamente in questo modo lavoro a cottimo pieno. È corretto ? E soprattutto, è legale o posso fare qualcosa ? Ringrazio anticipatamente per la disponibilità
Gentile Signora
vi è una discrasia tra le due tipologie di lavoro, sotto il profilo retributivo, dal momento che il lavoro a cottimo non è il principale mezzo di calcolo della retribuzione mensile. Credo che sia necessario che lei si si rivolga ad un avvocato di sua fiducia o ad un consulente del lavoro per valutare la sua posizione lavorativa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio. La cooperativa dice di far riferimento alle clausole elastiche del contratto nazionale, ma a quanto posso capire leggendo su internet mi sembra si riferiscano alla possibilità di aumentare le ore, o prestazioni aggiuntive saltuarie. Mi rivolgerò ad un legale del lavoro come da lei suggerito . La ringrazio ancora
Gentile Signora
le clausole elastiche e flessibili si riferiscono a variazioni della collocazione temporale della prestazione lavorativa ovvero variazioni della durata della prestazione del lavoro part time in aumento. E’ necessario esaminare il caso sotto il profilo del merito ovvero mediante l’ausilio di un professionista.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, ho affittato un locale commerciale con all’interno un contatore idrico, condominiale. Per avviare la mia attività l’ASL mi ha chiesto di installare un contatore idrico indipendente. A chi spetta l’installazione di quest’ultimo? A me (inquilino) o al proprietario? Grazie.
Egregio Signore
secondo il mio parere e per quanto a mia conoscenza, dal momento che la sostituzione del contatore idrico non è dovuta alla rottura o al mal funzionamento dello stesso, ritengo che la spesa sia imputabile all’inquilino e non al proprietario. Tal principio lo ricavo dall’interpretazione dell’articolo 1575 Codice civile che afferma che “Il locatore deve: 1) consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione; 2) mantenerla in stato da servire all’uso convenuto; 3) garantirne il pacifico godimento durante la locazione”. Se il contatore idrico è perfettamente funzionante ma deve essere sostituito per altre cause ne consegue che il relativo obbligo di sostituzione e quindi di spesa compete al conduttore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato,
ho un appartamento affittato ad uso transitorio con contratto scadente il 30-4-2020.
L’inquilina ha comunicato con raccomandata il recesso anticipato per il 31-1-2020.
Chiede la restituzione del deposito cauzionale, ma non intende pagare le tre mensilità fino alla scadenza del contratto.
Inoltre ha recentemente avanzato la pretesa di rimanere nell’appartamento anche oltre il 31-1-2020 nel mese di febbraio per effettuare le operazioni di trasloco, che ancora non ha iniziato.
Mi ha pure impedito di far visitare la casa per riaffittarla.
Qualora non consegnasse le chiavi entro il 31-1-2020, come mi devo comportare?
Grazie per l’attenzione
Maria
Gentile Signora
il conduttore/inquilino può recedere anticipatamente dal contratto di locazione transitorio in qualsiasi momento, purchè sussistono gravi motivi, sopravvenuti ed imprevedibili, che gli impediscono di fatto la prosecuzione del contratto (classico esempio: trasferimento in una altra città per motivi di lavoro). Tale recesso deve essere comunicato al locatore in forma scritta mediante lettera raccomandata con preavviso di almeno tre mesi. In tali casi il conduttore deve pagare il canone di locazione fino al recesso e deve versare al locatore l’imposta di registro (tramite modello F24) relativa al “recesso anticipato”. Sussiste il diritto del proprietario a ricevere i canoni di locazione fino alla scadenza del contratto, salvo che nel frattempo l’immobile sia stato già affittato ad un nuovo inquilino. Il deposito cauzionale non può sostituirsi ai canoni avendo una funzione di garanzia e deve essere restituito dal locatore al conduttore al momento della riconsegna dell’immobile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, a gennaio 2002 con contratto d’affitto 4+4 regolarmente registrato mio padre è divenuto conduttore di un immobile dove vivo con mia madre. Nel corso degli anni, al primo locatore che chiamerò A, sono subentrati n. 2 locatori e, precisamente, a ottobre del 2002 da A la proprietà è passata a B e a settembre 2005 da B e passata a C. Gli stessi hanno dato comunicazione dell’avvenuto passaggio attraverso raccomandata.
Nel gennaio 2012 mio padre è venuto a mancare e, di fatto, essendo conviventi dello stesso abbiamo continuato ad abitare nel suddetto immobile subentrando come conduttori.
Ci tengo a precisare che abbiamo sempre pagato regolarmente i canoni di locazione anzi negli anni abbiamo anche adeguato la pigione rispetto a quanto previsto dal contratto in parola.
Per svariati motivi adesso abbiamo intenzione di cambiare casa e, quindi, ne ho dato comunicazione verbale al locatore C il quale, mi ha per tutta cosa risposto che devo inviare raccomandata con preavviso di sei mesi.
Le chiedo pertanto se il contratto di locazione è ancora valido visto quanto segue:
1.I subentri tra locatori dei quali oltre alle comunicazioni via raccomandata non abbiamo avuto copia di avvenuta registrazione di tale subentro;
2. Alla morte di mio padre siamo succeduti come conduttori continuando a pagare le pigioni così come detto in precedenza ma della stessa cosa non abbiamo dato formale comunicazione agli organi di competenza;
3. Nella dichiarazione di successione non si fa menzione di tale contratto ne mai in nessuna dichiarazione dei redditi abbiamo menzionato il contratto in parola. Solo le pigioni sono state versate tramite bonifico.
In attesa di un cortese riscontro porgo cordiali saluti
Egregio Signore
a quanto mi pare di capire nel corso degli anni nel contratto di locazione vi sono stati una serie di subentri sia da parte del locatore e sia da parte del conduttore, e nell’ipotesi di subentro in qualità di eredi a seguito della morte del locatore andrebbe effettuata una comunicazione all’Agenzia dell’entrate (mentre il contratto rimane registrato). L’originario contratto 4+4 (stipulato nel 2002) si sarà rinnovato alla seconda scadenza (anno 2010 al termine degli otto anni) automaticamente alle stesse condizioni dal momento che non è stata esercitata la disdetta da nessuna delle parti. Ne consegue che lo stesso è ancora valido ed efficace. La disdetta deve essere inviata all’altra parte almeno sei mesi prima della scadenza naturale del contratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
vorrei chiedere gentilmente una conferma. È vero che posso parcheggiare nella mia proprietà, davanti al garage, quel che voglio, anche se di dimensioni elevate (furgoni ad es.)? Perché un vicino lamenta la mancanza di visuale quando esce da una stradina lì vicino…
Grazie molte.
Gentile Signora
certamente nella sua proprietà può parcheggiare liberamente; qualora vi sia un limite o intralcio alla visuale di una strada vicina occorrerebbe effettuare un bilanciamento pur mantenendo integro il suo diritto di parcheggiare.
Grazie molte, per bilanciamento cosa intende concretamente? La stradina vicina è privata e tra quattro (o cinque) soggetti, a oggi, solo uno si lamenta di questo fatto.
Grazie ancora.
Faccio un’aggiunta alla mia precedente risposta. Per bilanciamento credo intendesse, come leggo ora e come immaginavo, un bilanciamento dei diritti. Se però non c’è soluzione, come ci si regola? Cioè, i garage sono due, il furgone è parcheggiato davanti ad uno dei due in modo tale da stare entro la proprietà e non sforare nella strada pubblica e lasciare l’altro garage libero. L’unica cosa che forse (non ne sono sicura) si potrebbe al più fare è avvicinare il furgone un poco di più all’abitazione, in modo da renderlo meno sporgente, anche se per noi andava bene così. Ma, mi chiedo, sarei tenuta a farlo davvero?!
Grazie ancora per la disponibilità.
Gentile Signora
si tratta, nella specie di quelle situazione di buon vicinato, dove è necessario munirsi di un pò di pazienza e magari trovare una soluzione bonaria. Rimane fermo che lei può tranquillamente e liberamente parcheggiare nella sua proprietà.
Grazie molte per la cortese risposta, in effetti mi premeva solo sapere se ci fosse effettivamente una norma che mi obbligasse a fare alcunché, non certo per iniziare una causa ma nemmeno per farmi mettere i piedi in testa. 🙂
Grazie a le. Rimaniamo in attesa di ulteriori pareri.
6 anni fa mio fratello e mia cognata si sono divorziati. Premetto che entrambi sono di nazionalità italiana anche se residenti in Svizzera. Hanno avuto 3 figli di cui l’ultima è il soggetto della mia domanda di consulenza.
Sophia ha 13 anni e il 10 febbraio 2020 compirà 14 anni. Si trova sotto la potestà genitoriale della madre in quanto all’epoca a Zurigo non veniva nemmeno presa in considerazione l’affidamento congiunto.
Sophia ha vissuto anche con me per un anno e mezzo in Ticino per il disinteressamento di entrambi i suoi genitori premettendo che l’autorità tutoria di Mendrisio era a conoscenza della situazione e della sistemazione di mia nipote.
Nel frattempo Sophia esprime il desiderio di fare un tentativo di riavvicinamento dalla madre residente a Zurigo e si trasferisce.
In questo lasso di tempo io dopo più di 35 anni all’estero decido di ritornare in Italia per sempre da mio padre.
La ragazzina negli ultimi mesi mi contatta ripetutamente chiedendomi aiuto perché la situazione in casa della madre sta peggiorando di giorno in giorno. Parlo di una persona farmacodipendente per usare una terminologia soft.
Lascia la figlia fuori della porta di casa per ore e ore, non si interessa alla sua istruzione, alla sua educazione e via dicendo.
La ragazza pur essendo esclusivamente di cittadinanza italiana vive comunque a Zurigo. Qui le hanno nominato una curatrice che prende comunque decisioni insieme alla madre anche se in questo caso l’autorità su sua figlia è molto limitata.
Sophia avrebbe desiderio di tornare a vivere da me ma il problema adesso che si profila è che lei vive in Svizzera e io in Italia.
Se la ragazza venisse da me su sua iniziativa presumo scatterebbe un mandato di ricerca internazionale da parte dell’autorità tutoria di Zurigo.
Quindi chiedo un parere per poter far si che mia nipote abbia la possibilità di vivere con me in Italia senza incombere nel penale specialmente per quanto mi riguarda.
Come possiamo muoverci legalmente per non stare lontane?
Gentile Signora
la situazione che lei descrive è abbastanza complessa in quanto si tratta di un soggetto minorenne che vive in uno stato estero. Escludendo il fatto che se la ragazza minorenne, si allontanasse volontariamente dalla sua abitazione e dal genitore che esercita su di lei la responsabilità genitoriale verrebbe ricercata sia nel paese di residenza sia all’estero, ovvero in Italia. E, inoltre, se la minore venisse presso la sua abitazione, lei dovrebbe denunciare alle autorità competenti la fuga della stessa dal paese di residenza. Una possibile soluzione è quella di “analizzare” la potestà genitoriale della madre, ed nel contempo valutare quella del padre. Ne consegue che la situazione deve essere analizzata nel merito e l’unico modo è quello di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale potrà dare suggerimenti più precisi e, in caso positivo, intraprendere delle azioni presso il Tribunale dei minori del luogo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera Avvocato, il mantenimento di mia madre verso mio fratello 48enne inoccupato (non ha mai avuto un contratto di lavoro regolare, solo lavoretti saltuari), celibe, laureatosi in circa 20 anni, può essere paragonato in qualche modo ad una donazione fatta da mio padre ormai defunto per estinguere parzialmente un mutuo da me stipulato per l’acquisto della prima casa? Io sono lavoratore dipendente da 20 anni e sono sposato dal 2010. In attesa di una sua risposta la ringrazio per la disponibilità, cordiali saluti.
Egregio Signore
se il “paragone” lei lo intende sotto il profilo morale ci potrebbe essere una corrispondenza; se, invece, il “paragone” lo intende sotto il profilo prettamente materiale non può esserci una corrispondenza, in quanto si tratta di due cose diverse.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno, 4 anni fa mio padre è venuto a mancare, io nel dolore ho permesso che mio fratello, convivente, si occupasse delle pratiche di successione di un conto corrente postale cointestato tra mio padre e mia madre. Premetto che non sapevo che cifra disponesse mio padre, ma non m’importava molto.
A distanza di anni ho scoperto che mio fratello non è stato sincero sui depositi di mio padre, questi sono andati totalmente a finire nel conto corrente di mia madre (di cui ha delega mio fratello). Le chiedo come è stato possibile tutto ciò senza che io avessi firmato nulla? Ha responsabilità anche il dipendente dell’ufficio postale? Posso citare le Poste Italiane o il dipendente in questione? Grazie infinite.
Egregio Signore
in via generale, nell’ipotesi di successione del conto corrente cointestato tra i due coniugi, l’ente creditizio (banca o posta) blocca il conto fino all’apertura della successione. In tali casi, e salvo rinuncia all’eredità, il 50% della somma del conto corrente viene distribuita tra gli eredi (moglie e figli del defunto) mentre l’altro 50% va alla moglie del defunto in qualità di cointestataria del conto. Pertanto, occorre verificare se vi è stato un problema nella distribuzione delle somme al momento dell’apertura della successione; occorre, nella specie, un esame nel merito, ed è pertanto necessario che si rivolga ad un avvocato di sua fiducia, il quale, previa verifica, potrà intraprendere le azioni necessarie per la tutela dei suoi diritti ed interessi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
Purtroppo è venuto a mancare mio zio e nelle settimane successive, in comune accordo con tutti gli eredi, abbiamo prelevato ingenti somme di denaro per far fronte a spese funerarie e successorie. Può la banca denunciare chi ha prelevato pur essendoci tacito accordo tra gli eredi? Si rischia qualcosa?
Grazie
Egregio Signore
nei casi di sottrazione mediante prelievo di somme di denaro dal conto corrente del de cuius e quindi dalla massa ereditaria, ricorrono gli estremi del reato di appropriazione indebita, nella forma semplice o aggravata. La querela può essere proposta sia dagli eredi in quanto vi è una lesione dei loro diritti sia dall’ente creditizio (banca o posta) dal momento che alla morte del de cuius deve essere data comunicazione alla banca o alla posta del decesso in modo da congelare il conto corrente fino alla apertura della successione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Addirittura aggravata? Cioè perseguibile d’ufficio e quindi la banca non potrebbe ritirare la denuncia? Perche diverrebbe appropriazione aggravata ? Non comprendo le differenze. Gli eredi sicuramente non avrebbero interesse, anzi siamo tutti d’accordo e a questo punto siamo preoccupati per l’istituto. Premesso che venuti a conoscenza del pericolo ( purtroppo eravamo tutti ignoranti in materia ) nessuno ha più effettuato prelievi. avvertendo la banca di quanto accaduto cosa si rischia?
Purtroppo ci eravamo informati male visto che anche un nostro legale di famiglia ci ha informato che se tutti d’accordo non ci sono particolari problemi.
Grazie mille.
Egregio Signore
un reato può essere previsto nella forma semplice o aggravata, qualora siano contestate aggravanti che ne aumentano la portata. Ciò, in relazione al suo caso, è previsto soltanto in via meramente ipotetica dal momento che non le è stato contestato alcun tipo di reato, nè nella forma semplice e nè nella forma aggravata. Se, nella scongiurata ipotesi, la banca dovesse procedere in via giudiziale, le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia in modo da poter valutare la situazione nel merito, e nel caso siano contestate aggravanti, avanzare la possibilità di far derubricare il reato.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, le scrivo per chiedere un consiglio su come procedere. Il 2 Marzo prossimo sono convocata come parte offesa nell’udienza che si terrà presso il tribunale di Napoli nord in seguito a una truffa che ho subito on-line che mi fu sottratto del denaro. Non avendo diritto al gratuito patrocinio ho pensato di lasciar perdere di costituirmi parte civile visto i costi che dovrei sostenere e quindi non vorrei presentarmi. Nello stesso tempo in seguito a un intervento chirurgico sono in convalescenza e avrei seri problemi a muovermi per andare fino a Napoli dal momento che abito al nord. Cosa mi consiglia? A chi devo comunicare la mia assenza per legittimo impedimento? Deve scrivere un avvocato? Grazie
.
Gentile Signora
può inviare mediante pec o fax alla cancelleria del giudice la richiesta di legittimo impedimento ad essere presente all’udienza, allegando anche la documentazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Abito a Forlì con la mia famiglia in un appartamento per 1/6 di mia proprietà acquisito per successione (la restante parte è di mia madre che me ne da’ l’uso gratuito). Ho altre 2 proprietà in altre regioni acquistate come seconda casa. Vorrei acquistare un appartamento a Ravenna come prima casa per sfruttare la possibilità di smobilizzare il 75% di un fondo pensione (condizione necessaria è l’acquisto di una prima casa). Sono in comunione dei beni. Posso trasferire solo io la residenza a Ravenna pur lasciando invariato il mio stato di famiglia? Mia moglie preferirebbe rimanere la residenza attuale. Che conseguenze ne possono derivare?
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza nell’ipotesi di acquisto di immobile in comunione legale tra coniugi, le agevolazioni fiscali di prima casa fanno riferimento alla residenza familiare, ovvero l’immobile deve essere destinato alla famiglia, anche se solo uno dei coniugi ha la residenza nel comune dove è ubicato l’immobile. Le consiglio comunque di consultare un commercialista che potrà fornire una maggiore certezza sul punto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno sono stata morosa per problemi di lavoro e il giudice mi ha accordato 3 mesi per mettermi in pari. Ci sono riuscita ma non riesco a pagare anche le spese processuali entro il termine. Sara possibile chiedere un rinvio a marzo? O lo sfratto diventerà esecutivo? Ho anche un minore in casa. Non so se è importante. Grazie
Egregio Signore
con dispiacere devo affermare che trattandosi di una questione di merito non è possibile dare una risposta; le consiglio di affrontare la questione e l’eventuale rinvio dell’udienza con il suo avvocato di fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
chiedo cortesemente un consiglio professionale in merito ad un grosso dubbio che sto riscontrando nell’apertura di una attività on line per consulenza nell’ideazione di campagne marketing rivolta a piccole attività.
Nella modulistica richiesta vi è l’autocertificazione del possesso dei requisiti morali che non capisco se posso rilasciare, in quanto nel 2012 ho subito, in seguito a patteggiamento, una condanna a 4 mesi, convertita in 8 mesi di libertà controllata, conclusasi, questa, a luglio 2013. Ho sentito diversi professionisti, ma, da loro, non ho avuto la certezza che io possa presentare la certificazione di possesso dei requisiti morali senza avere problemi e l’incertezza mi crea panico, già ampiamente vissuto ai tempi della vicenda. Possibile che io debba cotinuare a subire moralmente, dopo tutto questo tempo? Inoltre, a 56 anni, a fine 2018 l’azienda dove lavoravo ha chiuso dalla sera alla mattina e l’apertura dell’attività è diventata una necessità, vivendo da sola e dovendomi sostentare. Attualmente e per tutto il 2020 percepisco la naspi che mi permette appena di pagare l’affito e che si decurta del 3% mensilmente.
Chiedo cortesemente come procedere senza conseguenze negative.
Grazie in anticipo, cordiali saluti.
Gentile Signora
trattandosi di un patteggiamento, a meno che non vi sia stata la riabilitazione, la condanna penale deve essere riportata e potrebbe essere ostativa all’esercizio di una attività commerciale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
Vorrei sapere se avendo la nuda proprietà su un immobile dove attualmente vivono i miei genitori con usufrutto, acquistando un immobile in percentuale con la mia compagna, (20% io, 80% lei, coppia di fatto con un figlio, prima casa, in un comune diverso)
Quando ci sarà il ricongiungimento di proprietà del primo immobile, uno dei due diventerà automaticamente per me ‘seconda casa’ con relative imposte?
Grazie mille
Egregio Signore
credo che il primo immobile diventi seconda casa, con relativi oneri. Le consiglio, per scrupolo, di consultare anche un commercialista che sul punto potrà essere più preciso di me.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Sarrei grata se mi potete dare la vostra opinione in quanto segue: la persona Y è stata chiesta di fare il testimone presso l’Anagrafe del Comune per confermare che la persona X e la madre del minorenne che richiedeva una nuova carta d’ identità (perché la precedente e sparita). La persona Y non conosceva la persona X e ha accettato di testimoniare per pura corte sia non pensando alle conseguenze. Può la persona Y essere eventualmente accusata di falsa dichiarazione/attestazione in confronte di ufficiale pubblico?
Grazie mille,
Gentile Signora
purtroppo in tali casi ricorre il dispositivo dell’art. 495 Codice penale: “Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni”. Si badi, l’accusa non vuol dire una condanna, in quanto nell’eventuale procedimento possono essere fatte valere elementi a supporto della buona fede, ovvero della mancata conoscenza della persona dinanzi all’ufficiale pubblico.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avv. Mariafrancesca Carnevale,
La ringrazio per la sua pronta risposta. Se ho capito bene la persona non rischia nessuna condanna se durante un eventuale procedimento fa riferimento al fatto che non conosceva la persona per la quale ha testimoniato?
Mi può anche dire, per cortesia, quanto spesso succedano verifiche su questo tipo di testimonianze e in’ quale circostanze si fanno queste verifiche? In altre parole qual’è la probabilità che una persona che ha testimoniato dovrà dare delle spiegazioni sulla sua testimonianza?
Grazie mille
Gentile Signora
le verifiche avvengono quando risulta una carta d’identità con false generalità, che può essere utilizzata per scopi illeciti.
Gentile Avvocato,
Grazie mille per la sua disponibilità a rispondere alle mie domande. Se ho capito bene dalla sua risposta la persona non rischia nessuna condanna se durante un eventuale procedimento fa riferimento al fatto che non conosceva la persona per la quale ha testimoniato? Quali altri elementi possono essere usati per provare la buona fede?
Gentile Signora
ogni processo si basa su una serie di prove che unite insieme possono portare all’assoluzione. Nel caso specifico, oltre alla prova della mancata conoscenza tra il testimone e l’altro soggetto, richiedente la carta di identità, non è possibile configurare in astratto ulteriore prove in quanto occorrerebbe un esame nel merito, tenendo ben presente il principio di diritto che “la prova si forma in dibattimento”. Pertanto, mi limito a suggerirle, nell’ipotesi in cui venisse formulata una accusa nei suoi confronti, di attivarsi subito con un avvocato di sua fiducia in modo da attuare una pronta difesa sin dalla fase della chiusura delle indagini preliminari.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
il mio compagno è di Macerata, e io sono di Pesaro, circa 130 km. di distanza. Lui è divorziato, ed ha una figlia di 15 anni che vive con la madre, che è il genitore affidatario, ed a cui ha lasciato la sua casa di proprietà per permetterle di vivere con la figlia, invece lui è tornato a vivere con il padre, non potendo permettersi altro. Lui vorrebbe venire a vivere a Pesaro, sia per stare con me, sia per motivi di lavoro, dato che l’impiego che ha attualmente è veramente sotto pagato (decisamente sproporzionato rispetto al mantenimento che da per la figlia) e lo sta distruggendo fisicamente. Potrebbe avere dei problemi dal punto di vista legale? Deve fare qualcosa per legge per trasferirsi qui? Aggiungo anche che paga sia il condominio straordinario che quello ordinario della casa dove vive la ex moglie con la figlia, è giusto? Grazie mille per la gentile risposta.
Gentile Signora
il suo compagno, in quanto genitore non affidatario può trasferirsi in qualunque città soprattutto se vi sono esigenze economiche e lavorative (o anche personali) senza nessun problema sotto il profilo legale. Certamente, previa comunicazione all’altro genitore, dovrà rispettare il diritto di visita della figlia minorenne (che rimane presso la casa familiare con la madre). Per quanto concerne il pagamento del condominio ordinario e straordinario questo dipende dagli eventuali accordi con la ex moglie in sede di separazione o divorzio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Marito e moglie in regime di comunione di beni decidono di passare a separazione di beni tramite atto notarile.
Poichè la moglie dispone di una pensione minima il figlio le regala, una settimana dopo la registrazione dell’atto,un auto e le versa sul suo conto un assegno di 10.000 euro.
A distanza di 15 gg al marito viene notificata una cartella esattoriale per imposte pregresse non saldate.
Il conto della moglie può essere pignorato dall’agenzia di riscossione in virtù del debito fiscale pregresso del marito con cui all’epoca era in comunione di beni?
Egregio Signore
la separazione dei beni comporta che possono essere aggrediti mediante esecuzione solo i beni del debitore (ovvero del coniuge proprietario dei beni immobili o mobili o conti correnti). Se il regime di separazione viene attuato dopo ovvero nel corso del matrimonio di fronte al notaio ha effetto per i beni futuri, con conseguente e possibile esposizione dei beni oggetto dell’originaria comunione dei coniugi. Sul punto le consiglio comunque di consultare un notaio che sarà più preciso e dettagliato della sottoscritta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile avvocato,
Ho lasciato l’azienda presso cui lavoravo insieme a mio marito, accettando di fare da consulente presso un’azienda concorrente. Mio marito è rimasto nell’azienda in cui lavoravo anch’io prima. Il proprietario mi ha successivamente ricattato dicendo che, se non fossi tornata nell’azienda in cui lavoravo prima avrebbe licenziato mio marito. Io ho rifiutato e ora mio marito ha ricevuto una lettera di licenziamento. Il proprietario ha commesso il reato di estorsione? Se lo denuncio, il proprietario cosa rischia? Solo una sanzione amministrativa o anche penale?
Grazie mille
Buona serata
Gentile Signora
le consiglio di impugnare l’atto di licenziamento perchè illegittimo e in tale occasione far valere anche il comportamento non proprio corretto del datore di lavoro. A mio parere non ci sono tutti gli estremi per integrare il reato di estorsione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, avrei bisogno di un consiglio.
3 anni fa ho ceduto il 50% di una casa a mio zio, il quale dal notaio ha dichiarato il pagamento tramite assegno ma in realtà ha ripreso l’assegno con la promessa che mi avrebbe pagato più avanti.
Dopo l’acquisto lui ha fatto un mutuo per la ristrutturazione della casa ipotecando la casa e ad oggi non ha pagato 2 rate e non so se riuscirà a pagarne altre.
Posso rivalermi in qualche modo prima che scatti il pignoramento? Se si come?
Grazie
Gentile Signora
l’unico rimedio è quello di agire per chiedere la risoluzione del contratto, dal momento che suo zio non ha mai corrisposto il prezzo della vendita. Le consiglio, pertanto di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale, previo esame della fattispecie nel merito, potrà agire nel modo più opportuno. Le segnalo che l’azione di risoluzione per inadempimento si prescrive in 10 anni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Non mi arrivano le bollette dell’acqua da più di un anno, quando me ne sono accorta ho chiamato il n.ro verde che mi ha informato che al mio numero di contratto non c’erano bollette emesse e non pagate. Facendo un controllo per codice fiscale, mi hanno detto telefonicamente che cambiando i loro sistemi interni era stato sbagliato l’inserimento del mio CF e per questo motivo le fatture non vengono emesse, quindi non ho nulla da pagare, consigliandomi di fare una variazione anagrafica sul sito o recandomi in un ufficio. Ma io dico, loro sbagliano e io devo correggere il loro errore? Cosa mi consigliate di fare, a cosa incorro se lascio tutto così? Sono tenuta per legge a fare questa variazione, abito da 17 anni in questa casa. Grazie per il consiglio.
Gentile Signora
capisco l’assurdità, ma il mio consiglio è quello di procedere alla variazione anagrafica in modo da correggere l’errore dell’ente. Il rischio è che poi debba pagare le bollette tutte insieme.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
da poco è venuta a mancare mia zia, suora appartenente ad un nota congregazione. I parenti più prossimi sono due anziani cognati e due nipoti (tra cui la sottoscritta). Mia zia ha lavorato 44 anni come infermiera professionale negli ospedali e cliniche collegate alla congregazione e, già in pensione, ha continuato a lavorare come vegliante (durante il sonno notturno dei ricoverati) per 13 anni. La congregazione intende versare solo 1000 euro per le spese funebri, che ammontano complessivamente a circa 4000 euro. Mia zia, per voto di povertà, ha anche sempre destinato i proventi delle sue quote ereditarie alla congregazione. Per legge chi è obbligato a pagare le spese del funerale?
Grazie e cordiali saluti
Gentile Signora
le spese del funerale della persona defunta sono a carico degli eredi ovvero di coloro che accetteranno l’eredità al momento dell’apertura della successione. Nell’ipotesi in cui non vi sia una eredità, e pertanto non vi siano eredi, le spese del funerale del defunto possono essere pagate dal Comune di residenza.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, cercherò di essere breve e conciso.
Persona invalida e allettata con 4 figli, 3 si occupano del parente e uno non contribuisce ne in modo economico ne materialmente all’assistenza ,nonostante usufruisca di un appartamento del malato;
addirittura una perdita nel suo appartamento (dopo probabili lavori interni abusivi) crea un ambiente malsano nella stanza dell’ammalato.
1) non dimostrando il caso fortuito può essere obbligato alla spesa completa per la riparazione.
2) può essere accusato di indegnità e successivamente diseredato
Egregio Signore
l’obbligo di assistere il genitori anziano e malato (che versi in stato di bisogno) sussiste a carico dei figli. Tale obbligo, che ha conseguenze sia sotto il profilo civile che penale, può essere adempiuto sia materialmente che economicamente, in relazione alle esigenze personali ed economiche del genitore e alle esigenze personali e lavorative del singolo figlio o dei figli. L’obbligo di assistenza (morale, materiale ed economica) del genitore anziano è ancora più vincolante se il figlio convive con il genitore. Nell’ipotesi in cui vi siano due o più figli e non si riesca a raggiungere un accordo pacifico in merito all’obbligo di assistenza morale e materiale del genitore anziano e malato, in tal caso si può ricorrere al Tribunale, prendendo anche in considerazione la figura dell’amministratore di sostegno, che può essere anche indicato in uno dei figli.
Per quanto concerne la “perdita nel suo appartamento (dopo probabili lavori interni abusivi) che crea un ambiente malsano nella stanza dell’ammalato” non è possibile dare una risposta precisa in quanto occorrerebbe una verifica nel merito dello stato dei luoghi. La diseredazione, invece, può essere disposta solo dal de cuius (ovvero il soggetto defunto) per testamento, ma non può essere applicata nei confronti dei legittimari (ovvero coloro che hanno diritto per legge ad una quota dell’eredità, e tra i quali rientrano i figli).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera,
sei mesi fa il mio vicino di casa aveva avuto un’incidente stradale ed era rimasto paralizzato necessitando cosi di carrozzina. Ci ha chiesto se poteva costruire un’ascensore (tipo montacarichi) proprio sulla recinzione della nostra proprieta’ eliminando anche in quel tratto la recinzione… abbiamo acconsentito, visto il problema e l’amicizia tra noi. Purtroppo al termine della costruzione il vicino e’ mancato per una complicazione senza poterne mai usufruire e cosi adesso vorremmo far smontare e togliere questa brutta ed inutile struttura che la compagna vorrebbe mantenere. Specifico che gli accordi erano stati presi solo verbalmente senza alcuna carta scritta. Avremmo quindi diritto di fare smantellare l’ascensore e rispristinare la recinzione come all’origine?
Egregio Signore
mi pare di capire che, sulla base di accordi verbali e in relazione all’amicizia tra le parti, si era proceduto alla costruzione di un’ascensore (tipo montacarichi) sulla “linea” di recinzione che ricade nella sua proprietà, e in tal senso lo stesso può essere rimosso anche in virtù del fatto che è venuta meno la funzione per la quale l’ascensore -montacarichi era sorto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, vorrei gentilmente avere chiarimenti e certezze in materia di fatture elettroniche emesse alla Pubblica Amministrazione. Il caso in esame riguarda dei LL.PP. dove a termine l’impresa esecutrice ha presentato FATTURA ELETTRONICA mettendo il cig e dimenticando di riportare il cup. Il quesito è se la P.A. doveva ritenere nulla la fattura e non provvedere alla liquidazione ?
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza le fatture elettroniche devono contenere l’indicazione del codice CIG (Codice Identificativo Gara) e CUP (Codice Unico di Progetto), al fine di assicurare l’effettiva tracciabilità dei pagamenti della PA, e in mancanza di uno dei due codici si sarebbe dovuta rigettare la fattura. Le consiglio comunque di consultare un commercialista che sul punto sarà più preciso della sottoscritta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Ho una curiosità da soddisfare. Il caso: una persona fa testamento presso un notaio. Come fa il notaio a sapere della morte della persona che ha fatto il testamento ?
Egregio Signore
credo che il meccanismo sia al contrario, ovvero è onere dei parenti del defunto, possibili eredi del de cuius, attivarsi per verificare l’esistenza o meno di un testamento, e quindi informare il notaio. Il testamento pubblico o segreto è indicato presso il registro generale dei testamenti, al quale gli eredi si devono rivolgere con un certificato di morte del defunto. Per altri questioni pratiche si consiglia di consultare un notaio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie. Forse mi sono espresso male: ipotizziamo che io non abbia parenti interessati alla mia eredità e che io abbia fatto testamento a favore di una onluss sudamericana che nulla sa di me. Ipotizziamo anche che il testamento sia stato redatto presso un notaio ubicato a 400 km da casa mia. Mi chiedevo se ci sono meccanismi che informeranno il notaio al momento della mia dipartita (il più in là possibile, ovviamente) o se il notaio periodicamente si deve informare sulla mia esistenza ( o meno) in vita. Grazie. Buona giornata.
Solitamente si lasciano indicazioni alle persone vicine circa l’esistenza del testamento. E, in mancanza di eredi “vicini” quali coniuge e figli, è onere anche degli eredi “lontani” prendere le opportune informazioni e attivarsi presso il notaio depositario del testamento.
Buongiorno,
sono un padre divorziato (due bimbe di 5 e 9 anni), affidamento paritario una settimana dal padre una dalla madre. Da ieri io e le bambine siamo in isolamento domiciliare (causa COVID-19) in quanto la settimana scorsa la mamma le ha tenute a contatto con due persone appena arrivate da Bergamo a cui ha affittato una stanza (in nero) e senza segnalare ad alcuna istituzione la loro presenza in regione (scrivo dall’Alto Adige).
Ecco la mia domanda:
ci sono gli estremi per intraprendere un azione legale? (premetto che non é il primo comportamento irresponsabile da parte della madre)
Grazie e buona giornata
Egregio Signore
l’affidamento esclusivo a favore di uno solo dei genitori può essere disposto dal giudice solo in casi eccezionali (nel sistema odierno la regola è l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori, mentre l’eccezione è rappresentata dall’affidamento esclusivo ad un solo genitore); il principio cardine su cui si fonda l’affidamento esclusivo è quello dell’interesse del minore e deve essere valutato caso per caso (si parte da casi gravi come violenze nei confronti del minore, assenza prolungata di uno dei genitori, carenze affettive, morali ed economiche tali da poter provocare un danno nella sfera personale e psichica del minore). Detto ciò il fatto che la madre dei suoi figli abbia esposto le stesse ad un possibile contagio Covid-19, nell’ambito di una globale emergenza sanitaria, rappresenta certamente un atteggiamento irresponsabile, unitamente alla trasgressione di regole e di direttive imposte dal governo nazionale. L’atteggiamento irresponsabile della madre dei suoi figli deve comunque essere valutato nell’ambito di una prospettiva più ampia, anche alla luce del fatto se se le minori risulteranno contagiate e svilupperanno o meno la malattia. Ne consegue che le azioni legali ai fini dell’accertamento di una responsabilità genitoriale, e nell’ottica di un provvedimento di affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori, deve essere valutato nel merito e nel lungo periodo.
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon pomeriggio Sono in Italia su una multivisa turistica. In Italia, posso essere altri 2 mesi. Voglio affittare una casa per sei mesi (o per un anno) per iniziare un’attività. Alcune aziende richiedono “il codice fiscale”, che non ho. Come affittare un immobile senza permesso di soggiorno?
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza non è possibile affittare un immobile ad un cittadino extracomunitario senza permesso di soggiorno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
io e il mio compagno non andiamo più d’accordo. Abbiamo due figli minori e una casa al 50% con mutuo in corso. Io vorrei vendere la casa, saldare il mutuo e dividere la somma rimanente mentre lui no. Non accetta la vendita dell’immobile e non accetta di liquidarmi per la mia parte.
Come si procede in questo caso?
Grazie e buona giornata.
Gentile Signora
qualora i due coniugi (sia in ipotesi di matrimonio che famiglia di fatto) sono comproprietari al 50% dell’immobile adibito a casa familiare devono essere di comune accordo per la sua vendita, con estinzione del mutuo residuo e divisione della restante somma in parti uguali. In caso in cui non si raggiunga un accordo sul punto, le parti possono procedere ugualmente con la separazione e nell’ipotesi in cui vi siano figli minori il giudice assegna l’immobile al genitore presso cui sono collocati i minori. Si potrebbe, in tal caso, valutare la possibilità di agire per la divisione della comproprietà mediante vendita, con estinzione del mutuo residuo e divisione della restante somma in parti uguali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve.
Vi chiederei cortesemente alcune informazioni. È vero che il padrone di casa di uno stabile e/o i suoi familiari possono fare le scale su e giù come ginnastica, avendo un inquilino al piano inferiore?! Dovrebbero limitarsi alle scale che non sono usate dall’inquilino?
Inoltre, come conoscere il limite legale da non superare per non recar danno all’inquilino al piano sottostante? Ad esempio: si può ballare in casa? O fare la “marcia”?
Grazie per la disponibilità a rispondere ai miei interrogativi strambi.
Un cordiale saluto.
Gentile Signora
le scale di un edificio sono parti in comune con gli altri condomini, e pertanto possono essere utilizzate con la normale diligenza, senza arrecare danno o fastidio agli altri condomini. Il limite legale è sempre quello della normale tollerabilità per tutti gli atti della vita quotidiana. Detto ciò, in tale periodo di pandemia e di emergenza sanitaria, è necessario mantenere le dovute distanze tra le persone e limitare il più possibile eventuali contatti tra le stesse, anche nei luoghi comuni dell’edificio condominiale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per le risposte.
Quindi, diciamo che in questo caso la legge è flessibile perché parla di normale tollerabilità, si affida un po’ al buon senso delle persone…
Per quanto concerne il discorso della distanza, è sufficiente che chi si allena si allontani appena sente che qualcuno sta per usare le scale: abbiamo questa possibilità perché ci sono varie aperture/porte ove “fuggire”. Però, io mi chiedo se è possibile per legge che il padrone di casa e/o i suoi familiari possano praticare allenamento sulla scale (salire e scendere normalmente o a due gradini per volta) oppure no e, se sì, se è bene che si usi solo la parte delle scale normalmente non usata dagli inquilini che vivono al primo piano.
Grazie molte.
Un cordiale saluto.
Gentile Signora
la normale tollerabilità è un criterio legale, oggetto di valutazione tecnica necessaria per stabilire se una attività possa arrecare un disturbo o un danno ad un’altra persona. Detto ciò credo che non sia possibile praticare qualsiasi tipo di allenamento sulle scale, o qualsiasi altra parte di un edificio condominiale, il quale per sua natura viene utilizzato da tutti i condomini, a maggior ragione in tale periodo in cui è necessario il distanziamento sociale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie. Preciso solo che in questo “condominio”, ci sono solo due nuclei che abitano. Scusi ma se si praticasse un allenamento (salita dei gradini singolarmente o a due a due) solo nella parte della scala che l’inquilino non utilizza, che danno si potrebbe arrecare? E se invece lo si praticasse in quella parte o in tutta la scala, quando tutti i componenti sono fuori casa?!
Grazie ancora.
Un cordiale saluto ed un augurio di buone feste.
Gentile Signora
come già precedentemente affermato non è possibile utilizzare gli spazi condominiali per attività fisica o sportiva, in quanto si tratta di spazi comuni. L’utilizzo non è possibile in forma continuata nel tempo, salvo sia fatto solo occasionalmente e senza arrecare disturbo alle altre persone.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Aggiungo alla domanda precedente un ulteriore interrogativo sul decreto attualmente in vigore. L’attività motoria è consentita in prossimità della propria abitazione. Quale distanza potrebbe essere presa come riferimento?
Grazie ancora.
Un cordiale saluto.
Gentile Signora
per l’attività motoria il concetto di “prossimità” alla propria abitazione indica una stretta vicinanza alla stessa e deve essere valutato in relazione ai singoli casi (può variare tra i 150 metri fino a 1 km dall’abitazione).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato, io sono titolare di un ristorante in affitto ramo d’azienda con atto notarile. Il ristorante è sito nell’arenile del Comune di Chioggia quindi all’interno di uno stabilimento balneare ed è aperto da Aprile fino a Settembre. Visto il blocco totale obbligatorio per COVID19, vorremmo capire, nel caso si protraesse e non ci fosse possibile aprire per ovvi motivi, ma non derivanti dalla nostra possibilità se l’affitto che è circa di 60.000 euro è comunque dovuto, inoltre nel caso fosse possibile aprire solo a stagione inoltrata se è possibile chiedere un decurtamento in base ai mesi persi, la ringrazio, buona giornata.
Egregio Signore
in linea puramente teorica il pagamento dell’affitto sarebbe dovuto, ma credo che l’ipotesi di l’annullamento o di riduzione del canone a seguito dell’emergenza sanitaria dovrà essere verificata dal Governo centrale e dal Comune di appartenenza, così come è stato disposto a livello nazionale per gli affitti a privati. Pertanto, suppongo che una disposizione in tal senso dovrà essere pronunciata nelle prossime disposizioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, sono a rivolgervi questo quesito, in quanto anche il nostro Ordine Professionale non è in grado di darci una risposta univoca e chiara.
Sono un Infermiere Professionale con diploma conseguito presso la scuola Infermieri Professionali della mia città nel 1994.
Con il D.M. 27/07/2000 il mio diploma è diventato equipollente al diploma universitario, sia per l’attività lavorativa che per il proseguo degli
studi universitari. Con la legge Gelmini del 30 dicembre 2010, (n. 240. art. 17 comma 1), vi è stata l’equipollenza alla laurea in infermieristica.
Attualmente l’equipollenza del nostro diploma alla laurea infermieristica è certa sia per l’attività lavorativa, sia per il proseguo della carriera
universitaria (naturalmente in presenza di maturità quinquennale) come si evince dai bandi universitari per la laurea magistrale infermieristica o
per i master di area sanitaria; Sono quindi cortesemente a chiedere se è legittimo anche per noi infermieri del vecchio ordinamento l’utilizzo del titolo di dottore ( legge Gelmini del 30 dicembre 2010, n. 240. art. 17 comma 2).
In attesa di risposta vi invio cordiali saluti.
Egregio Signore
il titolo di dottore, in Italia, è un titolo accademico e spetta a coloro che hanno conseguito una laurea di cui al R.D. 4 giugno 1938 n. 1269. Con la legge Gelmini del 30 dicembre 2010, (n. 240. art. 17 comma 1 e 2) si statuisce l’equipollenza solo a coloro che hanno conseguito un diploma delle scuole dirette a fini speciali istituite ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, riconosciuti al termine di un corso di durata triennale, e i diplomi universitari istituiti ai sensi della legge 19 novembre 1990, n. 341, purché della medesima durata. Solo a questi compete la qualifica accademica di “dottore”. In tal senso occorre capire se il titolo dalla scuola professionale infermieri rientra tra quelli previsti dalla legge 19 novembre 1990, n. 341.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Il titolo della scuola infermieri professionali è equipollente a quelli rilasciati dalla legge 19 novembre 1990 n. 341.
Grazie per la risposta.
Cordialmente
Grazie a lei.
Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Mi scusi Dottoressa, sono un infermiere anch’io e leggendo la risposta non ho capito ….quindi se il titolo della scuola infermieri è equipollente a quelli della legge 19 novembre 1990 n 341 è legittimo il titolo?
Egregio Signore
sulla base del decreto ministeriale 270/2004, che conferma il Regio Decreto del 1938, il titolo di dottore spetta ai laureati che abbiano conseguito o la laurea in un corso di studio universitario di primo ciclo (con durata triennale) o il diploma universitario in un corso della stessa durata (Legge 240/2010 art. 17 comma 2 riforma Gelmini). Tra le equipollenze si fa riferimento ai diplomi universitari istituiti ai sensi della legge 19 novembre 1990, n. 341, purchè di durata triennale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve avrei bisogno di una risposta alle seguenti domande.
Allora: 1) il mio ragazzo ha una casa che ha messo in affitto con contratto 3+2, e il primo di giugno scadono i primi tre anni. Se si volesse disdire questo contratto per uso abitativo personale lo si può fare a questa prima scadenza?
2) nell’eventualità in cui per la prima scadenza (i primi tre anni) non sia possibile riavere l’immobile, si può mandare lettere di disdetta oggi per riavere l’immobile tra 6 mesi? O si deve necessariamente aspettare la scadenza naturale del contratto ( i prossimi 2 anni)?
3) nell’eventualità in cui si riesca a raggiungere un accordo consensuale con l’inquilino è possibile terminare il contratto di locazione in qualsiasi momento?
RINGRAZIO ANTICIPATAMENTE CHI MI RISPONDE.
Gentile Signora
punto n. 1) nei contratti di affitti 3+2 (a canone concordato) il locatore può recedere dal contratto alla prima scadenza /tre anni) dando al conduttore un preavviso di sei mesi in determinati casi previsti dalla legge (Legge 431/98), ovvero:
a) quando il locatore intenda destinare l’immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l’immobile all’esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;
c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;
d) quando l’immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;
e) quando l’immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l’integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all’ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell’immobile stesso;
f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l’immobile senza giustificato motivo;
g) quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
punto n. 2) in tal caso occorre attendere la seconda scadenza (ovvero il quinto anno nel contratto 3+2); il locatore può recedere dal contratto alla seconda scadenza dando al conduttore un preavviso di sei mesi. In assenza di disdetta, il contratto si rinnova tacitamente alle medesime condizioni.
punto n. 3 : qualora si raggiunga un accordo con l’inquilino si può recedere dal contratto, infatti il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera avvocato io sono titolare di una partita iva codice 021 ovvero silvicoltura e altre attività forestali. Preciso però che sono dipendente di una spa a capitale interamente pubblico.Volevo sapere alla luce delle disposizioni vigenti in merito all’ emergenza sanitaria se posso recarmi nei boschi che ho in comodato d’uso a svolgere le operazioni di taglio e cura del bosco.La ringrazio anticipatamente.
Egregio Signore
credo che lei possa procedere con le attività di silvicoltura e ed utilizzo aree forestali almeno secondo l’ultimo decreto 10 aprile 2020.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vi racconto l’accaduto perché sono spaventato dalle ripercussioni anche se non credo di aver fatto qualcosa di male, su un gruppo WhatsApp sono stato attaccato e denigrato da un ragazzo riguardo al mio lavoro per un giorno intero, questo ragazzo è figlio di un giudice, siamo entrambi maggiorenni io non lo conosco personalmente preso dalla rabbia del momento ho inviato sul gruppo lo screen di una notizia che parlava di un’inchiesta su alcuni magistrati della zona io però non ho commentato in alcun modo incriminante, sono perseguibile ? non so se mi ha inviato già il commento perché mi si è ricaricata la pagina e non lo vedo
Oltretutto slegata dal discorso e soprattutto la notizia inviata non parlava del padre e non l’ho in alcun modo indirizzata a lui, ora lui mi sta minacciando di farmi causa per diffamazione perché dice che ha potere e leggi speciali che lo tutelano aggravando ulteriormente la situazione dato che ho, a parer suo, diffamato suo padre, può sussistere la diffamazione?
Egregio Signore
il reato di diffamazione è configurabile in presenza di un’offesa, scritta o verbale, alla reputazione di una persona determinata; per reputazione si intende il patrimonio, intellettuale, politico religioso, professionale di una persona. In primis occorre valutare la potenzialità offensiva dell’espressione in astratto, in relazione al contesto in cui viene effettuata o pronunciata. In secondo luogo è necessaria l’univoca riconducibilità dei fatti ad una persona determinata, oggettivamente riconoscibile, nella sua identità, da parte di un numero indeterminato di soggetti, ai quali l’informazione è diretta o è accessibile. Ne consegue che il reato di diffamazione non può, quindi, ritenersi sussistente nel caso in cui vengano pronunciate o scritte espressioni offensive riferite a soggetti non individuati, né individuabili.
Tale esame dovrebbe essere effettuato nel merito, occorre pertanto valutare il contesto e la potenzialità offensiva delle espressioni, e la possibilità di ricondurre tali espressioni ad un destinatario identificato o identificabile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, sono una ragazza con residenza a Trento ma attualmente mi trovo ad abitare con il moroso in un comune differente poiché “bloccata” a causa dei divieti di spostamenti tra comuni. Mi domandavo se fosse legalmente accettabile che la sua casa venga considerata il mio domicilio nonostante io non abbia emesso nessuna dichiarazione di tipo formale. Inoltre in questi giorni dovrei recarmi dal mio dentista per un controllo urgente in un ulteriore differente comune ma ho il timore di incorrere in qualche sanzione o denuncia o di non poter nuovamente rientrare presso quello che io considero attualmente e temporaneamente il mio domicilio. Le mie paure sono fondate? Come dovrei agire per avere la garanzia di potermi spostare in tranquillità e rientrare presso il domicilio? Grazie in anticipo della vostra disponibilità
Gentile Signora
il domicilio (luogo diverso da quello di residenza) è il luogo in cui la persona “ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi” e per tali ragioni può essere anche temporaneo ovvero per un determinato periodo. Per quanto concerne lo spostamento in un altro comune diverso da quello in cui lei ha in questo momento il domicilio, non credo ci siano problemi in quanto lo spostamento è determinato da motivi di salute. Per maggiore certezza provi a contattare telefonicamente i vigili urbani del luogo e compili e porti sempre con sè l’autocertificazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
CAPARRA CONFIRMATORIA, RESTITUZIONE SENZA PENALE
A seguito di compromesso per vendita casa, l’acquirente mi ha versato una CAPARRA CONFIRMATORIA, con promessa di rogito e sgombero entro 6 mesi dalla firma del compromesso, ovvero il 30 giugno 2020.
A seguito dell’emergenza sanitaria COVID-19 e relativo DPCM dell’8 Marzo 2020 che impone il blocco di tutte le attività e spostamenti, ho chiesto all’acquirente di sottoscrivere accordo per slittare la data del 30 giugno 2020, di tanti giorni, quanti saranno quelli del blocco di cui sopra, ma l’acquirente si rifiuta.
Essendo quanto sopra esposto “CAUSA DI FORZA MAGGIORE NON IMPUTABILE allo scrivente VENDITORE, premesso che sono disposto a restituire la caparra ricevuta, A CHE TITOLO di LEGGE, e COME o DEVO FARE per EVITARE DI RESTITUIRE IL DOPPIO di tale CAPARRA, senza andare in giudizio ?
Egregio Signore
la caparra confirmatoria, per sua natura, è una tutela nei confronti di un possibile inadempimento di una delle parti, nel contratto di compravendita (Articolo 1385 Codice civile); nell’ipotesi che sia inadempiente il venditore (nel caso specifico promissario venditore), ovvero la parte che ha ricevuto la caparra, l’altra parte (promissario acquirente) può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra versta. Ne consegue che il contratto preliminare vincola le parti nello stesso modo di un contratto definitivo; ne consegue che il diritto di recesso può essere esercitato solo per circostanze previste ed esplicitate nel contratto attraverso singole clausole, e, qualora non si riesca a raggiungere un accordo tra le parti non è possibile recedere dal contratto senza il pagamento del doppio della caparra ricevuta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera,nel 2017 ho registrato un marchio(nazionale) di abbigliamento made in italy. Ho un sito internet e una boutique in Spagna,con clientela internazionale. Giorni fa ho scoperto per caso che una dj Coreana, piuttosto conosciuta a livello mondiale, ha lanciato la sua linea di abbigliamento made in italy alla Milano fashon week 2019. Il suo marchio(comunitario) é stato registrato nel 2019 e differenzia dal mio solo per l omissione dell ultima lettera. Posso avanzare dei diritti vista l anteriorita’ del mio marchio, e soprattutto per la possibilità di confusione?
Grazie.
Gentile Signora
deve essere effettuato un accertamento in merito alla somiglianza tra i marchi, e valutare se hanno l’effetto di indurre il pubblico di riferimento a stabilire un nesso tra di essi; la valutazione del rischio di confusione deve fondarsi perciò sull’impressione complessiva prodotta dai marchi in confronto, in considerazione dei loro elementi distintivi e dominanti, rilevando la percezione dei segni da parte del consumatore medio, il quale “vede” normalmente il marchio come un tutt’uno e non effettua un esame spezzettato dei singoli elementi. L’accertamento sulla confondibilità deve essere anche compiuta in merito all’identità e alla confondibilità tra i prodotti, dal momento che il marchio identifica la stessa categoria di merce. Si tratta di accertamenti che devono essere effettuati nel merito e, pertanto le consiglio una valutazione tecnica prima di intraprendere qualsiasi azione di tutela e di risarcimento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno , a causa del prolungarsi della situazione per il coronavirus, e visti i tempi di sblocco delle limitazioni che durerà ancora parecchi mesi, credo che ci siano i presupposti per richiedere il rimborso totale dell’abbonamento con l’agenzia matrimoniale Club Dpiù pagato per un anno e firmato il 15 gennaio 2020, dato che probabilmente per parecchi mesi sarà impossibile conoscere e incontrare altre donne. Il mio abbonamento è stato sospeso i primi di marzo quindi il rimborso sarebbe di 10 mesi e mezzo. I primi di marzo l’agenzia matrimoniale mi ha proposto la sospensione del contratto col recupero dopo la scadenza, ma vorrei sapere se è possibile richiedere l’annullamento e il rimborso a causa della situazione straordinaria del coronavirus con l’articolo 1463
Attendo vostre info. Saluti.
Egregio Signore
può avanzare la richiesta di risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità della prestazione, laddove si prevede una impossibilità oggettiva che dipende da una causa “esterna”, e non imputabile al debitore, come nel caso di specie (artt. 1463 e 1458 c.c.).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera Avvocato, avrei bisogno di un consiglio inerente la rescissione di un contratto di affitto.
Nel giugno del 2019 ho stipulato un contratto di locazione uso abitazione (legge 9 dicembre 1998 n.431), 4 anni rinnovabili. Il canone mensile è pari a 350,00 euro (da contratto). La casa è dotata di 2 cortili, uno anteriore e uno posteriore, io ho dei cani e li ho sistemati in cortile, ogni tanto i cani entrano dentro casa. Iniziano gli scontri con la proprietaria i cani non li vuole, non possono entrare dentro casa, gli danneggiano l’abitazione, ecc.. Rispetto a quanto previsto nel contratto, 2 ispezioni annuali concordate, pretende di entrare quando vuole dentro casa. Inoltre non ha voluto volturare il contattore dell’acqua usando uno stratagemma un pò lungo da spiegare, e pretende 100,00 euro in più in nero al mese, per acqua e immondezza!! All’inizio, sbagliando ho acconsentito, adesso basta. Lavoro tutto il giorno esco la mattina e rientro la sera per cena, mi sta privando della mia serenità, ho paura che facciano qualcosa ai miei cani quando non ci sono, è per questo che mi sto trattenendo. Adesso non ne posso più, causa COVID-19 ho dovuto passare più tempo a casa e la situazione è insopportabile, temo me stesso per la reazione che potrei avere e vorrei decisamente evitare. Ho conosciuto un altra inquilina di un abitazione della stessa proprietaria, stessi problemi, stessa richiesta dei 100,00 euro in più in nero e stesse pretese di entrare in casa quando vuole.
Ho trovato un altra abitazione disponibile tra circa due mesi, esiste un modo per andare via senza i 6 mesi regolari preavviso previsti nel contratto e quindi senza dovergli versare tutte le mensilità per mancato preavviso?
Cosa posso fare per tutelarmi sia per le caparre (2 mensilità), per i soldi versati in nero in più e per eventuali pretese da parte della proprietaria?
La ringrazio in anticipo.
Egregio Signore
il conduttore può recedere dal contratto di locazione prima della scadenza, qualora ricorrano gravi motivi, ma deve dare comunicazione con preavviso di sei mesi. Pertanto, le consiglio di trovare un accordo con il locatore in merito al recesso dal contratto, facendo valere i gravi motivi. Spesso non conviene neanche al locatore mantenere in piedi un contratto di locazione dal quale derivano una serie di problemi. Il deposito cauzionale di due mensilità (la caparra) può essere restituita al momento del rilascio dell’immobile, ma anche su questo punto potete trovare un accordo pacifico.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
salve io avrei un problema con mio padre un uomo che non è mai stato di carattere docile ma quando non avevo un lavoro mi diede (circa 8 – 9 anni fa) in comododato d’uso gratuito un ettaro di terra da coltivare e pochi mesi fa mi permise di fare alcuni piccoli lavori di ristrutturazione di una piccola casa in campagna così da poterci vivere e io nonostante il suo orribile carattere mi sono fidato però ora che ho ultimato i lavori vengo continuamente riccatato e continua a ripetermi che il proprietario è lui e che mi conviene fare quello che mi dice di fare oppure mi restituisce i soldi che ho speso (6000€ circa) mi priva del comododato d’uso e mi butta in mezzo alla strada…può davvero mandarmi via con tanta facilità?
Egregio Signore
Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è essenzialmente gratuito. Si tratta di un contratto che sovente viene utilizzato in ambito familiare in quanto per l’utilizzo del bene non è previsto un corrispettivo. Il comodatario è obbligato a restituire il bene alla scadenza del termine stabilito nel contratto; se non è stato stabilito un termine la restituzione del bene si desume in relazione alla destinazione o utilizzo dello stesso, e comunque qualora il comodante lo richieda. Il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa. Egli però ha diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,il tubo del mio vicino che passa sotto al mio appartamento ha avuto una perdita e mi ha gonfiato tutto il parquet. Purtroppo il pavimento non è recuperabile e non si riesce a trovare lo stesso legno. Essendo che casa mia è un open space di 90 mq devo cambiarmi tutto il pavimento a mie spese visto che l’assicurazione ripaga solo il danno. È possibile rivalersi sul proprietario della tubazione rotta essendo io comunque impossibilitata a sostituire solo quella parte di pavimento? Grazie
Gentile Signora
se la perdita d’acqua deriva da tubature non condominiali è imputabile al singolo condomino che dovrà rispondere del danno provocato. In tali casi vige il principio enunciato dall’art. 2051 del Codice Civile: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. Ne deriva che il singolo condomino, in qualità di proprietario dell’immobile che ha provocato l’infiltrazione, può dimostrare che il danno sia derivato dal caso fortuito. Le consiglio di provare a trovare un accordo con il proprietario dell’appartamento superiore e in caso contrario occorrerà ricorrere al Giudice.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, avrei un quesito legale importante da porre e gradirei aiuto cortesemente.
Sono stato investito da un’automobile circa 2 anni fa e questa persona inizialmente non si è neppure fermata. Successivamente molti metri dopo l’ha fatto ma non ha mai voluto assumersi alcuna responsabilità in merito. Ho riportato 55 giorni di prognosi totale e dunque l’ho querelato penalmente. Nel frattempo vista la gravità dei reati ravvisati dalla magistratura e visti gli eventuali rischi di condanna cui andava incontro, si è ben guardato dai rischi che stava correndo e ha fatto emergere un testimone a suo favore (ciò nonostante sia io che i carabinieri abbiamo dichiarato non ce ne fossero sul luogo del misfatto). Ad oggi io ho già testimoniato ed esposto i fatti, mentre questo presunto teste per ben due volte non si è presentato a testimoniare, giustificandosi tramite avvocato dell’imputato. Siccome ho delle prove che testimoniano sia l’amicizia/parentela tra i 2 soggetti (mediante Facebook), che un’amicizia esistente anche tra il teste e i relativi parenti dell’imputato sempre sui social. Ora siccome purtroppo per gravi motivi di salute non ho potuto costituirmi parte civile e di conseguenza non ho un avvocato che possa più tutelarmi come saprà, vorrei sapere:
1) se c’è un ufficio preposto del tribunale presso cui io ho diritto ad allegare tali prove cartacee?
2) Se posso allegare anche il casellario giudiziario di questo teste (poiché è un pregiudicato) senza incorrere in eventuali problemi?
In ultimo se possono rifiutarsi per qualche motivo di accettare tali documenti poiché non sono un avvocato? La ringrazio per l’aiuto che vorrà darmi. Saluti
Egregio Signore
solo attraverso la costituzione di parte civile nel processo penale la persona offesa diviene parte del processo stesso e in qualità di parte, al pari del pubblico ministero e dell’imputato, può far valere le prove ed effettuare eventuali contestazioni, oltre alla richiesta di risarcimento del danno. Inoltre il fatto del testimone indicato dall’imputato e la discordanza in merito alla circostanza che sul luogo dell’incidente non vi erano testimoni, potrà essere contestato dal pubblico ministero e vagliato dal giudice, così come in generale l’intera prova testimoniale (il testimone, a differenza dell’imputato, ha l’obbligo di dire verità, altrimenti rischia il reato di falsa testimonianza). Infine in merito ad una presunta amicizia tra l’imputato e il testimone o precedenti penali dello stesso, questi non inficiano, almeno in astratto, il suo potere di testimoniare, in quanto come precedentemente affermato la prova testimoniale si realizza nel dibattimento, attraverso un esame incrociato delle parti, (contraddittorio) ed è opportunamente vagliata dal giudice.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille per il suo aiuto avvocato.
ma ad ogni modo esiste ufficio preposto del tribunale presso cui potrei allegare delle prove cartacee, e se si, come si chiama tale ufficio?
Pur essendo parte offesa, potrebbero rifiutarsi per qualche motivo di accettare tali documenti poiché non mi sono costituito parte civile?
La ringrazio ancora per l’aiuto che vorrà darmi. A presto
Egregio Signore
l’intero procedimento si trova presso la cancelleria del pubblico ministero e il fascicolo (dal momento che il dibattimento è stato aperto) si trova presso la cancelleria del Giudice, non vi sono altri uffici dove sono contenuti gli atti del processo. Lei, non essendo parte civile, non può produrre prove in quanto ciò è consentito solo alle parti del processo (difesa imputato e Pubblico Ministero).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
NB. dicevo siccome ho delle prove che testimoniano sia l’amicizia/parentela tra i 2 soggetti (mediante Facebook), che un’amicizia esistente anche tra il teste e i relativi parenti dell’imputato sempre sui social; ma purtroppo per gravi motivi miei di salute non ho potuto costituirmi parte civile contro l’imputato all’epoca dei fatti e di conseguenza non ho un avvocato che possa più tutelarmi ora come saprà, vorrei sapere se prima che questo teste di controparte venga ascoltato in aula, io posso produrre quelle prove di cui le parlavo? E le relative modalità per presentarle come le chiedevo nelle 3 domande precedenti che le ho posto.
La prego mi aiuti che vorrei avere modo di far luce su tutto e ottenere finalmente giustizia dopo anni se c’è ancora la possibilità. Grazie mille a presto, saluti.
Buongiorno, il regolamento del mio comune, in merito ai rumori dei vicini, non parla di normale tollerabilità ma dice così:
“Gli apparecchi radiofonici e televisivi, nonché gli apparecchi di qualsiasi specie per la riproduzione della musica devono essere utilizzati contenendo sempre il volume delle emissioni sonore entro limiti tali da non recare in alcun modo molestie o disturbo ai vicini. La disposizione vale anche per gli analoghi apparecchi installati in esercizi pubblici di somministrazione, specie se ubicati in fabbricati destinati a civile abitazione.”
Quindi, se io alla sera sento una televisione seppur non altissima e la cosa non mi fa piacere subisco un danno, giusto? Grazie molte. Saluti.
Gentile Signora
nella frase “contenendo sempre il volume delle emissioni sonore entro limiti tali da non recare in alcun modo molestie o disturbo ai vicini” si esprime il concetto giuridico di normale tollerabilità. Ne deriva che se il suono della televisione durante le ore notturne le crea un disturbo che deve essere di valore elevato, ad esempio impedendole di dormire, vuol dire che supera il limite della normale tollerabilità arrecandole di conseguenza un danno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie, in realtà ho poi immaginato che la Sua risposta potesse essere quella! Per quanto riguarda l’intensità del rumore, talvolta era più alto, però a me onestamente dà fastidio anche quando è più basso, cioè anche quando si sente la vibrazione della tv (parlo della sera/notte, quando la accendono di giorno credo sia oggettivamente alto, a meno di sordità!), credo che tenendola più bassa, non si sentirebbe nulla… Forse in questo caso, però, la normale tollerabilità c’è ed è solo un problema mio… La percezione del rumore, però, è soggettiva: magari a me può dar fastidio qualcosa e ad un altro no.
A me piacerebbe non sentire apparecchi televisivi o di altro genere del vicinato, specie la sera/notte.
Grazie mille!
Un cordiale saluto.
Grazie a lei per averci contattato.
Effettivamente come lei ben sottolinea nella percezione del rumore vi è anche una componente soggettiva.
Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
…E il fatto che un bambino corra in casa? Si parla sempre di normale tollerabilità (peraltro difficile da determinare)? Lo stabile cui mi riferisco è vecchio e fa sì che dal piano alto si sentano rumori provenienti da un piano più basso e posto a lato. Probabilmente, si può anche tollerare il rimbombo ma si tratta sempre di inciviltà. Il riferimento normativo per questo genere di cose, oltre al regolamento comunale è l’art. 659 del Codice penale o c’è qualche altra norma? Mi piacerebbe far sapere al vicino che esistono delle norme, anche se con questa “normale tollerabilità” diventa tutto arduo!
Grazie molte.
Gentile Signora
è configurabile l’ipotesi di cui all’articolo 659 Codice penale “Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” nel caso di condotte di una certa entità a livello sonoro, idonee e dirette a disturbare un numero indeterminato di persone ovvero a turbare la pubblica quiete. Non credo che tale reato possa ricorrere in nella fattispecie rappresentata, rimanendo confinata nell’ambito civilistico in tema di immissioni.
Cordialmente
Avv. Francesco Meatta
Gentile avv.,
Le sottopongo un quesito relativo all’acquisto di un’immobile. Una volta visionato noto che in due camere ci sono macchie di infiltrazioni, tuttavia l’agente immobiliare mi tranquillizza dicendomi che le macchie si sono formate perché c’erano appoggiati dei mobili. In ogni caso firmo la proposta di acquisto che viene accettata successivamente. Fra circa un mese faremo il preliminare. A tal proposito la mia domanda è la seguente: se nel preliminare posso inserire la clausola che il venditore mi garantisce dai vizi dell’immobile e se si, nel caso che il venditore rifiutasse tale clausola aggiuntiva, sarebbe il venditore a tirarsi indietro e a restituire il doppio della caparra versata?
Gentile Signora
il contratto preliminare è un contratto con il quale le parti si obbligano a concludere un futuro contratto; pertanto è un contratto che produce effetti meramente obbligatori, ovvero, nel caso di specie, non trasferisce la proprietà dell’immobile ma vincola entrambe le parti alla stipula di un nuovo contratto, c.d. contratto definitivo, con il quale si verifica il passaggio di proprietà dell’immobile dal promissario venditore al promissario acquirente. Ne deriva che la garanzia per i vizi della cosa venduta (stabilita ex lege art. 1490 c.c) decorre dopo la stipula del contratto definitivo (Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore). In tali casi il promissario acquirente può agire per la risoluzione del contratto preliminare, per inadempimento del promissario venditore ovvero chiedere la riduzione del prezzo. Ma tale ipotesi si discosta dalla fattispecie che lei espone dal momento che il promissario acquirente è a conoscenza di vizi dell’immobile (macchie di infiltrazioni), prima della stipula del contratto preliminare e del contratto definitivo, il che potrebbe escludere la garanzia dei vizi della cosa venduta ex art. 1491 c.c. Tale premessa per affermare che la garanzia dei vizi della cosa venduta, in quanto garanzia che opera ex lege, deve essere valutata attentamente in relazione al singolo caso specifico, oltre ad una valutazione della gravità di tali vizi (in quanto vizi non gravi o facilmente eliminabili vincolano il promissario acquirente alla stipula del contratto definitivo). Le consiglio l’assistenza di un avvocato di sua fiducia che potrà valutare nel merito la fattispecie e consigliarla nelle azioni opportune.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Nel contenzioso tributario le modalità telematiche sono diventate obbligatorie per i giudizi instaurati a partire dal 1° luglio 2019.
A fronte di un ricorso o appello cartaceo notificato prima del 1° luglio 2019, la parte resistente poteva scegliere come costituirsi in giudizio, e quindi può anche scegliere le modalità cartacee.
Di recente è intervenuto il decreto Liquidità, stabilendo che le parti assistite da un difensore abilitato, che si sono costituite in giudizio con modalità analogiche, sono tenute a notificare e depositare gli atti successivi esclusivamente con le modalità telematiche.
Alla luce di tale recente disposizione, la parte resistente, assistita da un difensore abilitato, a fronte di un appello cartaceo notificato prima del 1° luglio 2019, può a tutt’oggi ancora scegliere come costituirsi in giudizio,modalità cartacea o telematica, oppure deve utilizzare obbligatoriamente le modalità telematiche?
Egregio Signore
premetto che non esercito in materia tributaria, ma a quanto mi pare di capire con il decreto liquidità n. 23 del 8 aprile 2020, si introducono una serie di norme sulla digitalizzazione del processo tributario rendendo obbligatorio la via telematica anche per i giudizi instaurati prima del 1° luglio 2019 con modalità cartacea (art. 29).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, sto scrivendo per un consulto, il mio compagno ha una figlia disabile nata dalla precedente relazione. La sua ex compagna quando ha scoperto che ero incinta ha chiesto un’aumento dell’importo da 100 euro stabiliti nella prima udienza a 350 più gli assegni familiari.ora il mio compagno percepisce uno stipendio più basso rispetto agli anni precedenti, paga l’ affitto della nostra casa e in più c’è un bambino di 20 mesi, mentre la ex ha la casa di proprietà e percepisce pensione accompagnamento e legge 104 della figlia. E giusto che debba versare 350euro e che il giudice non abbia tenuto conto del patrimonio immobiliare di lei, della situazione economica cambiata a nostro sfavore e della nascita del bambino?in quanto quest’ultimo nella sentenza non è stato nominato. Siamo molto preoccupati perché oltre all’aumento dell’importo mensile il mio compagno è stato condannato a pagare più di 5000 euro di spese processuali. Grazie
Gentile Signora
credo che sia necessario chiedere una nuova revisione dell’assegno di mantenimento, alla luce del fatto, come d’altronde lei sostiene, alcuni elementi non sono stati presi in considerazione dal giudice. Le modifiche dell’assegno di mantenimento viene determinato dal giudice tenendo conto di diversi parametri economici e visto quello che lei sostiene, non credo che il giudice potrà confermare o disporre l’aumento chiesto dalla ex moglie.
Cordialmente
Avv. Francesco Meatta
Gentile Avv. Carnevale
Anzitutto La ringrazio per la Sua cortese risposta.
Siccome l’art 29 del decreto liquidità dice che “[…] le parti assistite da un difensore abilitato che si sono costituite in giudizio con modalità analogiche, sono tenute a notificare e depositare gli atti successivi, nonché i provvedimenti giurisdizionali, esclusivamente con le modalità telematiche…” io invece ho capito che la costituzione (solo la costituzione) in giudizio sia consentita (sia pure in casi residuali, come il deposito di controdeduzioni ad un appello cartaceo notificato prima del 1° luglio 2019), mentre l’uso del telematico sia diventato obbligatorio per gli atti successivi alla costituzione (memorie successive).
Mi scusi se insisto sul punto. Sbaglio?
Egregio Signore
credo che, per i giudizi pendenti, dopo la costituzione in giudizio gli atti successivi devono essere depositati in via telematica; per i giudizi da iniziare il ricorso o la costituzione deve avvenire in via telematica.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve! Nell’ultimo decreto viene specificato che per incontrare i congiunti occorre proteggere le vie respiratorie senza altri riferimenti, nelle faq del sito istituzionale, invece, si parla proprio di mascherine. C’è una contraddizione, quale delle due vale?
Grazie molte.
Gentile Signora
occorre utilizzare sempre la mascherina, soprattutto nei luoghi chiusi. Le faq sono integrazioni al decreto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Il 4 febbraio è venuta a mancare mia madre ed è risaputo che io figlia ho convissuto con lei per più di 24 anni al primo piano dello stesso stabile, lasciando l’abitazione coniugale del terzo piano a mio marito; lo dimostra un atto di separazione effettuato presso il tribunale. La suddetta separazione non si è conclusa a causa di una breve riconciliazione (i documenti lo dimostrano). Cosa posso fare per continuare ad abitare nell’appartamento di mia madre in quanto non intendo convivere con mio marito e quindi non so dove andare? Potrei adottare la soluzione di una nuova pratica di separazione? Tre siamo gli eredi e oggi è arrivata una raccomandata da parte dell’avvocato dichiarando che entro 7 giorni (quindi ancora prima dell’avvio della successione), dovrò lasciare le chiavi altrimenti procederanno per vie legali.
Grazie
Gentile Signora
l’appartamento di sua madre, a seguito della morte della stessa, entra nella successione ereditaria tra lei e i suoi fratelli. Ne consegue, che con l’apertura della successione lei unitamente ai suoi fratelli è erede (ovvero proprietaria) di una quota dell’immobile, nel quale fino a poco tempo viveva con sua madre. Tale situazione non può essere risolta aprendo una nuova pratica di separazione da suo marito, in quanto non può incidere sul diritto di proprietà che i suoi fratelli vantano sull’immobile, in relazione alla propria quota. Inoltre nell’ipotesi in cui un bene immobile in eredità tra più eredi sia occupato da uno solo di essi, quest’ultimo dovrebbe versare una indennità di occupazione agli altri eredi che non possono usufruire del bene. Le consiglio, pertanto, di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia in modo da trovare una soluzione pratica alla questione, di concerto con la volontà degli altri eredi (suoi fratelli), ad esempio attraverso la vendita del bene e suddivisione pro quota del somma di denaro.
Cordialmente
Avv. Francesco Meatta
Buonasera, le espongo la situazione che mi crea dubbio. Sono figlia unica.
Nel 2010 ho perso la mamma, per successione ho ricevuto 1/4 della casa di famiglia (era intestata metà a mamma e metà a papà). Nel 2013 ho acquistato un appartamento (in altro comune) per il quale ho avuto l’agevolazione prima casa, e nel quale avevo trasferito la residenza.
Nel 2018, passati i “famosi” 5 anni, ho spostato la residenza nell’abitazione di cui avevo possesso per 1/4.
A febbraio 2020 ho perso il papà, per successione riceverò i 3/4 restanti di questa abitazione in cui ho la residenza e in cui effettivamente abito.
Mi è stato detto che potrei indicare questa abitazione come prima casa, per pagare il fisso dei 400€ e non la percentuale di 2%+1% sul valore. Ma che entro un anno devo vendere l’altro appartamento (che però voglio tenere). È corretto? Anche se sono passati 7 anni dall’acquisto di quell’appartamento?
Attendo un riscontro, grazie. Cordiali saluti.
Gentile Signora
le consiglio di sottoporre la questione ad un dottore commercialista che sarà in grado di fornire maggiori indicazioni in merito al pagamento delle imposte e alle agevolazioni fiscali. Mi consenta solo di sottolineare che i benefici fiscali “prima casa” riguardano il primo immobile acquistato o ereditato e non credo che tali agevolazioni possano valere anche per il secondo immobile (in tale caso ereditato) se non a determinate condizioni (ovvero per inidoneità della prima casa ad esempio in caso di terremoto, o quando la stessa sia stata acquistata in data anteriore al 1993); in tali casi si può usufruire una seconda volta delle agevolazioni prima casa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno.
È reato rivelare chiacchiere altrui? Mi riferisco alla situazione in cui persone lamentano un determinato comportamento dietro le spalle e poi davanti alla fonte delle molestie tacciono o sono poco efficaci. Queste lamentele sono state rivelate personalmente a voce, per iscritto e a volte sono state solo sentite. So già che è vietato divulgare comunicazioni private scritte (sms, mail) a più persone, si può però citare a voce il contenuto a un soggetto, in un luogo dove possono esserci anche orecchi indiscreti?
Chiedo anche conferma del fatto che non sia reato spiare i vicini di casa.
Ringrazio molto per la cortesia.
Un cordiale saluto.
Gentile Signora
i c.d. pettegolezzi rientrano per lo più nella violazione della privacy, e solo in determinati casi possono integrare il reato di diffamazione (ovvero quando vi è una offesa all’altrui reputazione). In entrambi i casi tali comportamenti possono possono essere perpetrati con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di comunicazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, escludendo la diffamazione che implica l’affermare cose false, dire ciò che altri lamentano per iscritto o verbalmente dietro le spalle è quindi violazione di privacy, giusto?
Una persona si lamenta apertamente del comportamento di un vicino: almeno su certi punti anche altri vicini la pensano allo stesso modo ma se ne guardano bene dal proferir parola!
È violazione di privacy anche se si riportano cose non confidenziali ma dette ad alto volume, in un momento di sfogo di un vicino?
Grazie nuovamente per la competenza che offrite.
Gentile Signora
il reato di diffamazione si verifica quando si comunicano a più persone una offesa alla reputazione di una persona in quel momento assente; ne deriva che le frasi pronunciate verbalmente o per iscritto (indipendentemente se vere o false) sono idonee a ledere la reputazione altrui laddove per reputazione si intende il patrimonio, intellettuale, politico religioso, professionale della persona. Sussiste invece la violazione della privacy quando si riportano a terze persone notizie o dati personali di una persona, in quanto il principale scopo della legge sulla privacy è quello di tutelare la riservatezza della persona. In ultima ipotesi, qualora alla presenza di terze persone si pronuncino frasi relative al comportamento della persona assente, ritenuto ad esempio non corretto, maleducato, sgarbato, …. senza offendere la sua reputazione ovvero divulgare notizie o dati personali (ad esempio dati relativi al suo stato di salute) non si incorre nè nel reato di diffamazione e nè tantomeno nella violazione della privacy, in quanto tali ipotesi sono attenuate da una altra circostanza che è quella della libera manifestazione del pensiero.
Grazie a lei per averci contattato e rimaniamo a sua disposizione per qualsiasi altra questione o consiglio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
quindi se volessi far sapere al vicino che non sono l’unica che si lamenta, a rigore proprio non potrei farlo, giusto?!
Grazie nuovamente.
Buona sera
Non è propriamente consigliato, è meglio astenersi.
Grazie a lei e a presto
Buonasera.
Alcuni mesi fa ho firmato un verbale di conciliazione in sede sindacale con il mio ex datore di lavoro. Dopo le prime rate i pagamenti si sono fermati e lui tergiversa.
Non posso far mettere l’esecuzione perchè l’ispettorato del lavoro è ancora chiuso causa covid e i tribunali si occupano solo delle urgenze.
Esclusivamente per mia soddisfazione personale, vorrei sporgere denuncia presso la guardia di finanza in merito a tutti gli illeciti (evasione e lavoro nero) di cui sono venuta a conoscenza in questi anni.
Posso farlo o rischio di perdere il tfr che ancora non ho avuto?
Grazie
Irene
Gentile Signora
il diritto di denuncia-querela non può essere esercitato, decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato ex art. 124 Codice penale. Tale termine vale in generale salvo che per alcune tipologie di reato per le quali può essere previsto un termine maggiore.
Ps. abbiamo modificato il suo parere, togliendo il suo cognome per motivi di privacy.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,prima del covid 19 ho dato la caparra di 150euro a un ristorante x il diciottesimo compleanno di mia figlia datato 31 luglio.Mia figlia nn vuole festeggiarlo piu’ perche’ sicuramente nn partecipera’ quasi nessuno.
Il ristoratore mi puo’ restituire indietro la caparra di 150 euro? Grazie
Egregio Signore
può far valere la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione (a seguito emergenza Covid) e pertanto chiedere la restituzione della caparra versata (art. 1463 Codice civile: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera
nel 2014 ho ereditato un appartamento dalla mia defunta madre, al 50% con mio fratello.
io vorrei venderla ma lui non vuole, cosa posso fare per costringerlo a venderla?
grazie in anticipo per la risposta
Saluti
Egregio Signore
non si può costringere un erede a vendere l’immobile in comunione ereditaria (ogni erede è titolare di una quota dell’asse ereditario, circostanza che diventa ancor più difficile quando si tratta di un bene indiviso ad esempio un unico appartamento). Nell’ipotesi in cui vi siano contrasti tra due o più eredi sui beni della comunione ereditaria si può attivare la procedura di divisione giudiziale secondo il dispositivo dell’art. 713 Codice civile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
una persona vive in una casa in usufrutto, è vero che alla sua morte il contenuto della casa appartiene al proprietario della stessa? Non c’è uno scritto in senso contrario.
Grazie mille.
Buona giornata.
Gentile Signora
l’usufrutto è un diritto reale di godimento su cosa altrui e consiste nel diritto dell’usufruttuario di godere ed usare una cosa di proprietà di altri (nudo proprietario), con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica. Ne consegue che l’usufruttuario può utilizzare il bene e godere dei frutti naturali o civili che lo stesso produce, ma la proprietà del bene rimane sempre in capo al nudo proprietario, che rientra nel possesso del bene nel momento in cui cessa l’usufrutto.
Per quanto concerne la durata dell’usufrutto questa è stabilita dall’art. 979 del codice civile: “La durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario. L’usufrutto costituito a favore di una persona giuridica non può durare più di trent’anni”.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie! Solo una conferma. Quindi gli oggetti e i mobili appartenuti alla persona deceduta ed ex usufruttuaria sono di diritto del proprietario di casa, se non c’è un testamento che dispone in senso contrario?
Grazie ancora.
Esattamente.
Buongiorno, volevo sapere se c’è un modello relativo a scritti difensivi da poter utilizzare in merito ad una richiesta di sgravio per una violazione amministrativa emessa dall’azienda sanitaria per violazione di norme sanitarie relative al trasporto di merce bovina da parte di un titolare di azienda (macellaio) che opera per conto terzi e per mancata notifica di impresa alimentare.
Cordiali saluti.
Egregio Signore
mi dispiace ma non ne sono a conoscenza. Le consiglio di consultare il sito dell’azienda sanitaria per verificare se vi è un modulo da hoc da utilizzare.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buona sera,grazie per il servizio,ho 1 situazione tragica provocata da 1 delinquente di 27 anni che mi ha truffata abilmente per 2 anni e mezzo simulando un innamoramento per venire a casa a derubarmi dei miei risparmi lavorativi ,e per commettere atti di bullismo alla casa e auto e approfittare in tutti i modi possibili di me, mi ha violentata , drogata con ripetuti avvelenamenti tramite gli alimenti compromessi da lui e in più c’è il reato di stalking e furto di chiavi con violazione di domicilio con dei complici . Ovviamente il furbone è scappato negli stati uniti per evitare la galera lui mi ha detto , quindi la mia domanda è :visto che è espatriato, realmente non posso fare nulla per essere risarcita delle spese salutari che devo affrontare per colpa sua e per gli altri danni materiali , oltre che morali e per avermi rubato 2 anni e mezzo di vita ,nemmeno dai genitori e mandarlo se non in galera, almeno in 1 clinica psichiatrica per evitare che continui a danneggiare altre persone? potrei almeno citare i genitori per non averlo portato in 1 clinica psichiatrica ( lo portarono a fare 1 sola seduta dallo psichiatra, perchè lui non volle più andare), visto che lui mi raccontò che 1 volta stava buttando la mamma giù dal balcone e quindi lei sapeva che era 1 pericolo pubblico con altri precedenti e avrebbe almeno dovuto avvisarmi . Ringrazio anticipatamente . Distinti saluti
Gentile Signora
preliminarmente le esprimo il mio rammarico per la difficile situazione che ha vissuto e che continua a vivere, con l’augurio che possa uscirne il prima possibile e riprendere una vita “normale”. Sotto il profilo giuridico, per quanto concerne la fuga del suo ex compagno all’estero, nell’ipotesi di procedimento penale pendente o già concluso con sentenza di condanna, può essere attivato la misura dell’estradizione (in pratica la consegna allo stato richiedente della persona imputata o condannata in un procedimento penale da parte dello stato in cui lo stesso si è rifugiato sulla base di accordi internazionali). Per il risarcimento dei danni materiali e morali questo può essere fatto valere nel processo mediante la costituzione di parte civile, e conseguente esecuzione della sentenza. Si precisa che la responsabilità penale è personale e pertanto, tutte le conseguenze anche sotto il profilo del risarcimento del danno, sono carico della persona imputata/condannata. Data la gravità della situazione che lei afferma le consiglio di farsi assistere da un avvocato di sua fiducia, il quale previo esame nel merito, potrà adeguatamente assisterla nelle opportune sedi. Le consiglio, inoltre, senza voler invadere la sua sfera privata, di attivarsi per un sostegno psicologico che potrà supportarla in questo difficile momento della sua vita.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera!
Vorrei avere informazioni relativamente alla possibilità di bloccare il pagamento del mutuo a causa dell’emergenza Covid. So che esiste questa possibilità per chi è intestatario di un mutuo. Ma nel mio caso il mutuo è intestato a mia moglie, mentre ad avere i requisiti sono io. Posso in qualche modo far valere questi requisiti anche se non sono io l’intestatario del mutuo? Grazie.
Egregio Signore
per avere maggiori indicazioni sulla possibilità di avanzare la richiesta della sospensione del mutuo è necessario rivolgersi alla propria banca, presso la quale deve essere presentata la domanda e la documentazione necessaria. I requisiti per avanzare richiesta della sospensione del mutuo devono essere in capo a colui che è intestatario dello stesso, anche perchè è colui che deve presentare la domanda e i documenti necessari. Le consiglio comunque di rivolgersi ad un funzionario della sua banca e vedere se vi è tale possibilità o altre soluzioni analoghe in merito all’emergenza covid.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, prima dell’emergenza Covid lavoravo in un ristorante sotto una cooperativa
La mia titolare ha deciso di chiudere la sua attività e non riaprire ma la cooperativa dice che lei non può recedere il suo contratto fino allo scadere del nostro che è il 30 giugno
Dicono che dall’8 giugno noi non beneficiamo nemmeno più della cassa integrazione e quindi da questa data fino al 30 giugno dobbiamo richiedere un’aspettativa non retribuita
Oltretutto aspettiamo ancora la nostra tredicesima.. È possibile tutto questo?
Grazie per la disponibilità
Gentile Signora
la situazione che lei afferma è abbastanza complessa in quanto dipende da una situazione eccezionale, ovvero la pandemia e l’ermergenza sanitaria da Covid; per tali ragioni, a mio parere, non vi sono soluzioni certe, ma è possibile valutare la situazione nella sua globalità e scegliere la soluzione a lei più conveniente. Detto ciò, a mio parere, l’aspettativa non retribuita (ovvero l’assenza dal lavoro senza ricevere alcun trattamento economico) è diretta soltanto alla conservazione del posto durante il periodo di assenza, ovvero ad evitare il licenziamento del datore di lavoro. Si tratta, pertanto, di una soluzione residuale e non definitiva che può produrre effetti in casi determinati, in particolare quando sussistono gravi esigenze del lavoratore (ad esempio gravi motivi familiari, gravi motivi di salute, …), ma nell’ipotesi da lei rappresentata, non vi sono sue esigenze personali (ovvero del lavoratore) ma solo del datore di lavoro (sebbene legate a motivi oggettivi a seguito di pandemia mondiale). Una soluzione anche questa temporanea potrebbe essere la proroga per la cassa integrazione, tenendo conto che dopo il periodo di quarantena il datore di lavoro potrebbe procedere al licenziamento del dipendente per giustificato motivo oggettivo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera Avv.,
ho preso una casa in affitto, in cui risiedo, con contratto 3+2 e, come consentito esplicitamente dal contratto, subaffitto delle stanze. I subaffitti sono regolarmente registrati come locazioni transitorie in virtù del fatto che sono subordinate al mio contratto di locazione. Uno dei miei inquilini, che ha fatto un contratto di 18 mesi per una stanza, è un cittadino extra-comunitario con permesso di soggiorno permanente in quanto ha figli e moglie italiani, dalla quale si sta separando. Previo consenso della proprietaria,vorrebbe prendere residenza nella mia casa siccome gli è stata tolta la residenza da casa della moglie. Dice che gli serve come recapito ufficiale dei documenti, probabilmente anche atti giudiziari,e per prendere la cittadinanza italiana, per la quale è in corso una causa. Quello che vorrei chiederle è: concedendogli la residenza io potrei incorrere in qualche problema? Ad esempio: potrebbe vantare qualche diritto sull’occupazione della casa anche allo scadere del contratto? Potrebbe essere più resistente ad un eventuale sfratto per insolvenza? oppure inconvenienti di altro tipo?
Gentile Signora
la residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale e, per tali ragioni può coincidere anche con un contratto di natura transitoria. Ovvero nel momento in cui il contratto di natura transitoria sia stato regolarmente stipulato tra le parti, dovendo soddisfare specifiche esigenze transitorie del proprietario o dell’affittuario, non sussistono ulteriori problemi (la procedura di sfratto per morosità o per finita locazione è strettamente legata al contratto).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
avvocato il mio quesito è il seguente: Il proprietario di casa ha stipulato un contratto di locazione ad uso abitativo solo con me mentre l’laltro inquilino non figura in contratto anche se ha pagato Con bonifici per un periodo il 50 % del canone indicato in contratto ed il restante 50% pagato da me. Ora l’altro inquilino non sta più pagando ed il proprietario rivendica a me la morosità dell’altro. Può infilarmi un decreto ingiuntivo anche se io ho sempre pagato la mia parte fino all’ultimo? Il contratto è stato risolto anticipatamente da me e nessuno vive più in quell’appartamento. Grazie
Gentile Signora
a quanto mi pare di capire il contratto di locazione è intestato a lei, mentre per un periodo di tempo il canone di locazione è stato anche pagato da un altro inquilino (una sorte di sub-affitto) che non figura nel contratto. Il contratto di locazione vincola lei e il proprietario di casa, sotto il profilo di diritti e di obblighi, e ne consegue che nessuna pretesa, economica e non, può essere fatta valere nei confronti dell’altro inquilino, non presente nel contratto (anche se una cosa non mi è chiara: a chi ha pagato il canone di locazione l’altro inquilino, a lei o al proprietario?, ovvero con quali modalità e con quale causale?). Detto ciò se lei ha concluso il contatto di locazione (risoluzione del contratto) ed è stato versato il corrispettivo economico vantato al momento della risoluzione, il proprietario non può rivendicare alcuna pretesa economica nei suoi riguardi, indipendentemente se l’altro inquilino paga o meno. Diversamente se al momento della risoluzione del contratto il proprietario vanta il pagamento del canone relativi ad alcuni mesi potrà far valere tale pretesa nei suoi riguardi (per converso anche volendo non potrebbe farla valere nei riguardi dell’altro inquilino in quanto non presente nel contratto).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, ho acquistato una casa singola con terrazza costruita al tempo non rispettando la distanza dalla siepe di proprietà del condominio di fronte.La terrazza è già pavimentata e totalmente calpestabile, nonchè condonata. Posso apporre una ringhiera per la messa in sicurezza, nonostante il parere contrario dei condomini?
Gentile Signora
credo che non sia possibile in quanto trattandosi di una terrazza condonata, non è possibile apportare nuove e successive attività edilizie o di trasformazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato
Le chiedo il suo parere in merito alla trasmissione di dati personali.
Sono un’insegnante del liceo “G. Cesare” di Roma.
Recentemente ho ricevuto al mio indirizzo una comunicazione dain merito all’iscrizione alla piattaforma per un corso di aggiornamento obbligatorio sul covid-19. Iscrivendomi alla piattaforma mi è stata richiesta una serie dettagliata di dati personali (telefono, codice fiscale, indirizzo etc.).
Mi è sembrato che tutto questo comportasse una violazione della privacy.
Ho chiesto con una email alla Segreteria della scuola di chiedere il mio consenso prima di trasmettere i miei dati personali. Mi hanno risposto che secondo la normativa sulla privacy il mio consenso non è necessario.
Non ricordo di aver mai sottoscritto la mia adesione all’informativa sulla privacy presso la segreteria dell’Istituto.
Purtroppo nella sezione dedicata all’informativa sulla privacy del sito web del liceo non risultano le condizioni previste per la tutela della privacy dei dipendenti dell’Istituto, ma solo quelle per i fornitori, studenti e famiglie.
Vorrei saper se in base alla normativa la segreteria della scuola può trasmettere a terzi (soggetti esterni incaricati della sicurezza e della formazione) i dati personali dei dipendenti senza chiedere loro il consenso.
Grazie per l’attenzione
Gentile Signora
a seguito del nuovo Regolamento generale per la protezione dei dati personali (Regolamento Ue 2016/679) non è più necessario il consenso dell’interessato per il trattamento dei dati personali, che era invece necessario con la precedente disciplina giuridica. Con il nuovo regolamento il dato personale si svuota del concetto di proprietà e di utilizzo del dato ( a seguito del consenso per iscritto dell’interessato) per abbracciare il concetto di controllo del dato personale da parte dell’interessato che potrà agire mediante un monitoraggio dello stesso in merito al suo utilizzo. Tutto ciò ha quale principale obiettivo quello di garantire una maggiore sicurezza e tutela del cittadino e, al contempo, si adatta maggiormente allo sviluppo delle nuove tecnologie e dei social media. Il limite al trattamento, indipendentemente dal consenso dell’interessato, rimane fermo per i dati sensibili.
P.s: nel rispetto di tutte le parti il parere è stato modificato eliminando alcuni dati.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato. mi permetto di sottoporle il seguente quesito:
Ho in corso una causa di lavoro nei confronti del mio ex convivente, libero professionista, siamo ancora al primo grado di giudizio. Sono venuto a conoscenza che ha intenzione di vendere un immobile che ha in comproprietà con la madre e la sorella. Il 50% di proprietà proviene dalla successione per la morte del padre, oltre ad un altro immobile di proprietà, utilizzato per uso professionale.
Domanda: c’è la possibilità, in attesa di definizione del processo in corso, poter bloccare la vendita ( porre una pregiudiziale, legata alla definizione della sentenza). Se è possibile come dovrei procedere.
Grazie per una sua risposta. Con i migliori saluti Laura
Gentile Signora
se la vendita è regolare non si può bloccare la stessa in attesa della sentenza di primo grado del giudice del lavoro.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
nei mesi scorsi in una chat privata di Whatsapp ho parlato male con un collaboratore dello studio, del mio datore di lavoro.
la scorsa settimana il collaboratore ha girato la chat al datore di lavoro che ora mi vuole denunciare per diffamazione.
Ho letto che per esserci diffamazione dovevano essete presenti in chat almeno due persone, è vero?
Non essendo questo il mio caso, il datore di lavoro può comunque procedere con la denuncia è richiesta danni?
Inoltre il collaboratore poteva divulgare le nostre chat private?
Grazie mille per una cortese risposta.
Gentile Signora
ai fini del reato di diffamazione ex art. 595 c.p., la divulgazione deve avvenire a favore di più persone (almeno due) in assenza della persona offesa ed è necessario la lesione o l’offesa dell’altrui reputazione (intendendosi per reputazione il patrimonio, intellettuale, politico religioso e professionale). Divulgare a terzi chat private viola il diritto di privacy e il diritto di riservatezza, in quanto anche le conversazioni in chat, in quanto private, rientrano nell’ambito di tutela dell’art. 15 della Costituzione (La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la risposta, solo un chiarimento Le chiedo:
in questo caso non c’è diffamazione in quanto era una chat privata (io e il collaboratore), il datore di lavoro può comunque chiedermi un risarcimento per aver parlato male di lui?
Posso denunciate il collaboratore per aver girato al datore di lavoro la nostra chat privata?
Grazie di nuovo.
Secondo il mio parere non sussiste il reato di diffamazione e di conseguenza non vedo possibilità di avanzare una richiesta di risarcimento del danno nei suoi confronti. La divulgazione a terzi della chat privata viola in primis il diritto di privacy e di riservatezza. In ordine alla possibilità di agire mediante denuncia querela è necessario rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che potrà verificare nel merito le violazioni e assisterla nelle azioni opportune.
Bongiorno avvocato,
Volevo gentilmente chiederLe un parere.
Avevo stipulato quasi 2 anni fa un assicurazione con GENERALI, la quale prevedeva l’installazione di un apparecchio satellitare.
Dopo un anno, alla scadenza della polizza, ho deciso di non rinnovarla più con GENERALI, ma stipulare un’altra polizza con un’altra compagnia assicurativa.
Oggi, dopo quasi un anno della cessione della polizza GENERALI mi è arrivata una lettera da parte di un avvocato, comunicandomi che sono in mora per la mancata restituzione del apparecchio satellitare e che dovrò fare a loro un bonifico di 250 euro. Ho provato a contattarli e dicono che sul contratto che ho firmato c’è espressamente scritto che sono dovuta a riconsegnare l’apparecchio entro 15 giorni dalla cessazione del contratto con GENERALI. Dalla data della cessione del contratto fino ad oggi, non hanno mai fatto nessuna comunicazione ne sollecito per la consegna dell’apparecchio.
Rivedendo il vecchio contratto, non trovo da nessuna parte scritto tutto quello detto la loro.
Potrebbe gentilmente consigliere cosa devo fare?
In attesa di un Suo riscontro, La ringrazio.
Gentile Signora
secondo il mio parere l’obbligo della restituzione dell’apparecchio satellitare e le relative modalità di consegna devono essere espressamente disciplinate nel contratto, ormai concluso. Nel caso in cui nulla è stabilito nel contratto la richiesta di pagamento della somma di €. 250,00 a titolo di penale non ha ragione di essere. Le consiglio di consultare un avvocato di sua fiducia, il quale dopo aver visionato il contratto, potrà assisterla nelle eventuali azioni a sua tutela.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
devo fare ricorso all’INPS in quanto la mia richiesta di congedo di maternità anticipata è stato rigettato perché l’ATS non ha trasmesso la documentazione. Volevo sapere se il ricorso, che allego di seguito, è scritto correttamente, così da poter completare la procedura che è possibile presentare solo online.
Grazie mille
Cordiali saluti
Gentile Signora
il ricorso da lei scritto appare abbastanza idoneo e corretto, sebbene non posso entrare nel merito non conoscendo tutti gli aspetti della fattispecie. Si ricordi di allegare la documentazione che in questo tipo di atto è necessaria per supportare la richiesta.
Ps. per ragioni di privacy e di deontologia professionale il suo parere è stato modificato.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno,sono divorziata e il mio compagno è vedovo. abbiamo tutti e due due figli a testa, ormai grandi, di cui 3 indipendenti con famiglia e il mio più piccolo 17 anni. Viviamo insieme e vorremo sposarci, tutelando però i nostri figli per un domani. Mi spiego meglio: se ci sposiamo, in caso di morte di uno di noi, io vorrei lasciare la mia casa ai miei figli e ovviamente lui vorrebbe fare lo stesso con i suoi figli, ma mi hanno detto che automaticamente se ci sposiamo la casa andrebbe divisa per tutti i figli indipendentemente. No c’è una possibile soluzione in proposito? Ognuno vorrebbe lasciare la casa ai propri figli pur sposandoci. Ci potrebbe essere un escamotage per tutelare i propri figli senza dover un domani arrivare a litigi? grazie in anticipo per la cortese risposta che mi vorrà dare.
Francesca
Gentile Signora
in caso di morte di uno dei coniugi l’eredità viene divisa tra gli eredi, ovvero tra il coniuge superstite e i figli (anche non in comune), più precisamente nel suo caso al coniuge spetta 1/3 dell’eredità e ai figli 2/3 ciascuno; alla morte del coniuge superstite l’eredità si divide tra gli eredi di questi, ovvero nel caso da lei prospettato la proprietà di 1/3 del suo immobile andrebbe suddiviso tra gli eredi del coniuge superstite. Non vi sono soluzioni o escamotage per aggirare tale situazione. Le consiglio, previa consulenza presso un notaio di sua fiducia, di vagliare la possibilità di intestare la nuda proprietà dei rispettivi immobili a vostri figli in modo da riservare a voi l’usufrutto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
avrei bisogno di un consulto, sono un odontotecnici,
alcuni anni fa ho aiutato economicamente un mio amico dentista ad acquistare uno studio, firmando una scrittura privata, dove anziché la restituzione del prestito mi venivano garantiti in esclusiva i lavori odontotecnici.
L’anno scorso sono venuto a conoscenza che questo accordo non è stato pienamente rispettato dal mio amico dentista.
Posso procedere legalmente o essendo trascorso del tempo non posso più fare nulla, preciso che da gennaio sono in pensione ed ho chiuso l’attività
grazie
Gentile Signora
previo esame in merito all’accordo delle parti, manifestato nella scrittura privata, si potrebbe ipotizzare l’inadempimento dello stesso e conseguente risarcimento del danno sotto il profilo patrimoniale. La prescrizione in tali casi è decennale ex art. 2946 c.c. E’ necessario una verifica nel merito della fattispecie e pertanto le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, che potrà consigliarla ed assisterla nelle sedi opportune.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, volevo sapere se l’ufficio postale può obbligare la presenza congiunta di tutti i 25 coeredi per la liquidazione di un libretto risparmio. Poiché è obbiettivamente impossibile, non esiste altro modo? Grazie
Egregio Signore
mi dispiace ma oltre a suggerire la possibilità di richiedere all’ufficio postale più interventi dei coeredi, non trovo altri consigli. Si tratta di questioni pratiche inerenti al singolo ufficio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
ho costituito una start up da poco.
Stavo pensando di affidare il mandato ad un commercialista, su cui peraltro avevo dei dubbi, che mi ha inviato il contratto via mail da siglare. Avevamo concordato al telefono di incontrarci, avremmo usufruito anche della postazione in coworking, e ci avrebbe presentato la persona effettivamente che ci avrebbe seguito. La conoscenza si era svolta, anche causa covid, via call e video call. Qualche suggerimento, durante la costituzione della start up, ci è stato offerto gratuitamente. Ad oggi, il professionista, non avendo optato per lui, visto che l’incontro non c’è stato, il commercialista non c’è stato presentato, avvale la richiesta di chiedere dei soldi, mai niente è stato firmato, nè contratto ne accordi, niente, dicendo di essersi attivato per registrare la società nel registro imprese, senza concordarlo. Non ha la firma digitale, non ha la pec, niente, solo lo statuto. La società risulta già iscritta inoltre da statuto e da me che ho fatto l’iscrizione in primis. Mi chiedo, ma si può agire cosi a basso livello? Legalmente mi sento tranquilla, ma preferirei essere rassicurata.
Gentile Signora
solitamente il conferimento di un incarico tra professionista e il cliente avviene mediante la sottoscrizione di un mandato, ma in alcuni casi può essere desunto anche attraverso altre forme come una mail, un fax o oralmente. Il punto fondamentale è che, a prescindere dalle modalità di conferimento dell’incarico, deve essere chiara la volontà delle parti di conferire specificatamente quell’incarico, con precisazioni anche sotto il profilo economico. Ne deriva che il rapporto cliente-professionista si presume sempre a titolo oneroso, a meno che non vi sia una manifesta volontà delle parti di renderlo, in toto o limitatamente ad una determinata fase, a titolo gratuito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Pur non essendo ne’ coltivatore diretto, ne’ imprenditore , possiedo un
terreno agricolo che faccio lavorare. A cio’ provvedono con le loro
attrezzature ( trattori ecc) il titolare o i dipendenti di una vicina
azienda agricola. regolarmente iscritta e con partita iva. In caso di
eventuali infortuni a costoro potrebbe ravvisarsi una mia
responsabilita’ civile ? Grazie
Egregio Signore
mi pare di capire che lei concede in affitto il proprio terreno per la coltivazione ad una azienda vicina, e qualora tutto ciò sia correttamente stipulato il proprietario del fondo risulta esente da ogni responsabilità conseguente ad eventuali danni a persone o cose.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, avendo già in corso la dichiarazione di successione di mia zia defunta senza figli in cui si elenca tra i chiamati un nipote che ora è deceduto, volevo chiederVi se in sua rappresentanza è ammesso solo l’unico suo figlio oppure anche la moglie rimasta vedova? Grazie mille
Egregio Signore
occorre citare gli eredi del nipote defunto (figlio e moglie).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
mio padre è deceduto qualche anno fa, la sua parte è stata divisa con me, mia madre e mia sorella.
Essendo non in buoni rapporti e non di mio interesse l’eredità che mi verrebbe, vorrei rinunciare, c’è un modo per far contribuire alle spese anche mia madre e mia sorella, oppure si potrebbe farle pagare l’affitto del tempo per cui è stata occupata da loro ma non da me poichè abito in un altra città lontana.
Grazie
Gentile Signora
non credo ci siano possibilità per far partecipare sua madre e sua sorella alle spese della sua rinuncia alla eredità. Se l’immobile, in comunione ereditaria, è stato occupato da sua madre e sua sorella, dopo la morte di suo padre si può richiedere un’indennità di occupazione
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
01-lug-16
15-feb-17 Ho lavorato in questo periodo come badante, lavoro sottopagato, promesse di regolarizzazione disattese, messa alla porta senza motivo e preavviso.
16-feb-17 Denuncia All’ ISPETTORATO DEL LAVORO
Segue Delega avvocato A
Dopo 16 mesi di continui silenzi e slittamenti, segue Revoca delega avvocato A
20-giu-18 Finalmente, dopo ispezione di ISPETTORATO DEL LAVORO a testimoni ecc… sono emersi documenti
comprovanti la mia permanenza in questa attività ed i rapporti intercorsi nel periodo in questione.
Strano che l’ispettorato non avesse tutta la documentazione che invece avevo fornito all’avvocato A
16-lug-18 Diffida accertativa
Avvocato B: richieste iniziali di euro 300 e poi ancora 200 pagati in contanti e senza ricevuta
20-feb-19 Sentenza del GIUDICE: condanna la controparte al pagamento pari a 1/5 della pensione mensile… per complessivi 6132 euro
assegna altresì al creditore procedente, con distrazione a favore di “avv.B” le spese e competenze per euro 1948
01-mag-19 Accantonamento INPS 110 Euro/mese
Da febbraio 2019 ad oggi luglio 2020, l’avvocato B si è sempre negato al telefono fatta eccezione per un SMS del…
04-dic-19 in cui mi comunica che entro la metà di dicembre riceverò tutta la somma accantonata da maggio (880 euro) e poi da gennaio l’INPS
provvederà ad accreditare la quota parte della pensione fino a completa definizione del debito.
Non è accaduto assolutamente nulla e l’avv.B continua a negarsi al telefono.
Il termine Distrazione, forse adesso comincia ad essermi più chiaro.
Questi sono i fatti.
Gradirei Vostro consiglio sul prosieguo della CONTROVERSIA
ISPETTORATO, INPS, TRIBUNALE, AVVOCATI, Questi ultimi potevano non esserci???
Si poteva fare senza di questi ultimi???
Gentile Signora
preliminarmente devo affermare che non posso entrare nel merito del giudizio, sia per questioni di deontologia professionale e sia perchè, sotto il profilo materiale, non conosco gli atti del giudizio dinanzi al giudice del lavoro. Fatta tale doverosa premessa le consiglio di contattare il suo avvocato di fiducia chiedendo un appuntamento presso il suo studio per le opportune delucidazioni (preciso che dal mese di febbraio 2020 le attività e le consulenze presso gli studi legali hanno avuto un notevole rallentamento fino al completo blocco a seguito dell’emergenza coronavirus, unitamente al rallentamento delle attività giudiziarie presso i diversi tribunali, con la conseguenza che non si è potuto fornire, per causa di forza maggiore, l’assistenza dovuta). Infine per quanto concerne la sua domanda se ISPETTORATO, INPS, TRIBUNALE, AVVOCATI, Questi ultimi potevano non esserci??? Si poteva fare senza di questi ultimi??? credo che ciò sia impossibile dal momento che per ottenere la somma di euro 6132 euro oltre spese e onorari è necessario adire al Giudice del lavoro ed è altresì necessario l’assistenza di un avvocato (secondo le disposizioni di legge il cittadino può stare in giudizio da solo davanti al tribunale del lavoro nelle cause che non superano il valore di € 129,11).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Da febbraio 2019 ad oggi luglio 2020, l’avvocato si è sempre negato al telefono fatta eccezione per un SMS del…
04dicembre2019 in cui mi comunica che entro la metà di dicembre riceverò tutta la somma accantonata da maggio (880 euro) e poi da gennaio l’INPS
provvederà ad accreditare la quota parte della pensione fino a completa definizione del debito.
Non è accaduto assolutamente nulla e l’avv. continua a NEGARSI al TELEFONO
DOMANDA: come contattare l’avvocato di fiducia per un appuntamento se sistematicamente si nega al telefono
Gentile Signora
oltre alle comunicazioni via telefono può inviare una richiesta di appuntamento mediante mail e in caso di mancata risposta può inviare una lettera raccomandata A/r chiedendo un appuntamento presso lo studio per informazioni in merito al corso del giudizio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
sono comproprietaria insieme a mia sorella di una casa ereditata da mia madre, di recente deceduta. Abito in questa casa con mio marito (non abbiamo figli) fin dal matrimonio, e fin dall’acquisto mi sono accollata io il mutuo (mio marito ha pagato l’anticipo). Speravo in una donazione, purtroppo mai avvenuta, da parte di mia madre, alla quale la casa era intestata. Volevo sapere, per favore:
1) posso stare tranquilla, cioè il nostro nucleo familiare potrà continuare ad abitare qui, anche se uno di noi due sopravvive all’altro, oppure devo aspettarmi sorprese?
2) posso chiedere a mia sorella, se non il contributo per le rimanenti rate di mutuo, la metà delle spese straordinarie che spettano al proprietario?
Grazie in anticipo per la risposta
Gentile Signora
alla morte di sua madre la casa è stata ereditata da entrambe (ovvero da lei e da sua sorella) con la conseguenza che entrambe siete proprietarie. Pertanto tutti gli atti inerenti la casa (vendita, affitto,…) devono essere presi di comune accordo. In tal caso può acquistare la quota di eredità di sua sorella ovvero, in caso di contrasto, procedere ad una divisione ereditaria; sono due ipotesi che le consiglio di valutare con l’ausilio di un professionista legale. Sua sorella, in qualità di comproprietaria dell’immobile, deve partecipare al pagamento delle spese straordinarie nel misura del 50%.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
ho necessità di sapere se, a fronte d’una posizione di circa euro 97.000,00 e d’un provvedimento di sequestro “fino alla concorrenza della somma di euro 60.000”, il fondo pensione, custode della posizione sequestrata, può rifiutare la liquidazione della somma eccedente il sequestro adducendo di dover attendere sino alla conclusione del procedimento giudiziario.
Ringraziando in anticipo per l’interessamento resto in attesa di Vs cortese riscontro
Egregio Signore
occorre attendere la conclusione del procedimento giudiziario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera chiedevo questa informazione volevo sapere visto che mia mamma mia ha donato nel 2013 un appartamento con relativo garage, adesso questo garage lo vorrei vendere ma sono venuta a scoprire che è oggetto di ipoteca limitatamente al diritto di usufrutto spettante alla mia mamma volevo chiedere visto che è la mia residenza attuale l’appartamento può essere pignorato ?
Gentile Signora
l’ipoteca è un diritto reale di garanzia, costituito a favore di un creditore, sul bene. Le ipoteche costituite sull’usufrutto si estinguono col cessare di questo. (art. 2814 cc). Pertanto alla morte di sua madre, l’ipoteca sul diritto di usufrutto si estinguerà, unitamente all’usufrutto stesso, senza intaccare il suo pieno diritto di proprietà sull’immobile, che non può essere sottoposto a pignoramento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
L’azienda da seguito alla mia richiesta di avvicinamento 104/92 per assistere mia madre, ma nella nuova sede mi trovo a svolgere mansioni inferiori di due livelli. La mia è stata una semplice richiesta di avvicinamento , non ho richiesto nessuna variazione mansionistica e nemmeno sottoscritto nulla del genere. Sono 3A 3L e attualmente svolgo mansioni di 3A 1L . In busta paga non mi sono stati toccati ne il livello e nemmeno la retribuzione. Non c’è nessuna modifica assetti organizzativi e nemmeno previsto dal CCNL applicato. Vorrei sapere se c’è violazione dell’art. 2103 cc
Egregio Signore
la questione che lei sottopone necessiterebbe di un previo esame nel merito, ai fini di una risposta esauriente. Ciò detto la questione del demansionamento è stata novellata con modifiche all’art. 2013 C.c. anche per chi beneficia della legge 104 per assistere un disabile. Più precisamente il Dlgs. del 2015 ha legalizzato il demansionamento, sebbene introducendo delle limitazioni; in tali casi il lavoratore può essere assegnato a mansioni inferiori purchè rientranti nella medesima categoria legale (in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali; in caso di ipotesi previste dai contratti collettivi di categoria). Sul punto, come già precedentemente affermato, occorrerebbe un esame nel merito, anche se il passaggio a mansioni inferiori deve essere comunicato per iscritto al lavoratore. Non sussiste un vincolo di legge affinchè il lavoratore possa essere assegnato a mansioni inferiori salvo che a seguito di trasferimento via sia una incompatibilità ambientale tra lavoratore e sede di lavoro.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, spiego brevemente il mio problema. Sono un’impiegata amministrativa con 22 anni di esperienza in ambito contabile. Da 3 anni lavoro in un’azienda privata del settore commercio assunta al 3 livello. Da 8 mesi mi ritrovo a ricoprire il ruolo di responsabile amministrativa perché ho preso il posto della collega che è andata in pensione, con mansioni di estrema responsabilità come trovare le risorse finanziarie per sostenere le uscite del fine mese, rapporti con le banche, analisi di bilancio ed elaborazione indici finanziari ecc… tra l’altro, infatti, spesso, il mio datore di lavoro ha la pretesa che svolga funzioni che abitualmente sono in capo al commercialista. Ritengo che il mio stipendio sia da rivedere, anche se mi è già stato anticipato, tra le righe, che quello che percepisco sia sufficiente perché il mercato del lavoro è questo! Come posso far valere i miei diritti che quotidianamente vengono calpestati? Posso rifiutarmi di svolgere mansioni per le quali non sono retribuita? Sono a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento. Ringrazio anticipatamente per l’attenzione. Cordiali saluti
Gentile Signora
dai fatti narrati si desume che lei svolge mansioni diverse o comunque superiori al suo livello di retribuzione. Prima di rifiutarsi di svolgere mansioni diverse (condotta che la esporrebbe ad una eventuale sanzione disciplinare) è necessario una verifica nel merito tra le mansioni che lei svolge o dovrebbe svolgere e la retribuzione percepita. Le consiglio di rivolgersi ad un consulente del lavoro per una verifica in tal senso e solo dopo potrà agire per tutelare i suoi diritti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
vi contatto per un breve parere: mio fratello vive in un appartamento come affittuario ,dunque le intestazioni di tipo Gas ecc. non sono a suo nome. Il 20 Marzo ha pagato con bonifico (a favore dell’ Alto Calore) 2 bollette. Dopo settimane (non sappiamo quante, causa difficoltà periodo Covid) è arrivato un sollecito di pagamento per le 2 bollette per cui aveva fatto il bonifico, causa il fatto che nel suddetto pagamento , erroneamente, non sono stati riportati i codici identificativi delle bollette. Esponendo il problema telefonicamente ci è stato riferito che non possiamo riavere i soldi e dobbiamo inoltre pagare il sollecito.
Volendo presentarmi in sede Alto Calore , chiedo con anticipo come muovermi al meglio per non perdere i soldi ?
Vi ringrazio per l’attenzione.
Buona serata.
Gentile Signora
il pagamento della bolletta on line mediante bonifico bancario deve indicare nella causale il numero della bolletta e il codice cliente. Orbene, nel momento in cui non sono stati riportati nel bonifico i codici identificativi delle bollette, la causale avrà comunque contenuto una qualche dicitura che possa far riferimento al credito vantato dalla società erogatrice per il servizio prestato. Per converso, in caso di atteggiamento ostativo si potrebbe argomentare che la società erogatrice ha ricevuto il bonifico di una somma di denaro senza una causa giustificativa. Pertanto, porti alla società erogatrice la copia del bonifico effettuato chiedendo una compensazione tra la somma versata nel bonifico e le due bollette oggetto del nuovo sollecito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno a luglio 2019 abbiamo versato una caparra per un matrimonio da celebrare il 6 Giugno. Ad aprile,speranzosi di poter festeggiare a settembre, abbiamo spostato la data al 19 settembre. Con le restrizioni in atto,il ristoratore non ci permette di fare nulla di quello pattuito a luglio senonché servire le portate a tavolo. Abbiamo quindi disdetto il contratto con loro ma non vogliono restituire la caparra perché a loro dire “ci garantiscono il servizio”.. consigli? Grazie
Egregio Signore
generalmente in tali casi si fa riferimento all’istituto della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione determinata dall’emergenza sanitaria che comporta la restituzione dell’acconto versato (art. 1256 Cc “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile” e art. 1463 Cc “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”). Nella fattispecie delineata l’esecuzione del contratto (il ricevimento del matrimonio) è stata spostata ad altra data, bloccando la caparra versata e concordando la data del 19 settembre. Il problema è che il mese di settembre non può essere assimilato ai mesi precedenti, che erano nel pieno dell’emergenza sanitaria, e pertanto, secondo il mio parere non opera l’impossibilità della prestazione con conseguente restituzione della caparra versata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vorrei chiedere gentilmente se convincere le persone a sospendere una terapia è passibile di denuncia o meno e come si espliciterebbe concretamente questo reato. Cioè, poiché c’è anche la libera espressione del pensiero, dove sussiste il reato concretamente e dove non sussiste? Grazie molte.
Gentile Signora
la sospensione di una terapia (farmacologica, psicologica, …) dipende dalle controindicazioni specifiche che possano portare a ricadute o recidive. Ne consegue che se non vi sono controindicazioni specifiche l’interruzione può essere effettuata con cautela seguendo determinate linee guida ovvero evitando l’interruzione improvvisa. Non è un problema di libera manifestazione del pensiero ma occorre ponderare l’aspetto medico o assistenziale e la volontà della persona.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Le chiedo questo perché in rete se si parla degli effetti collaterali di certe cure e di posizioni critiche di certi professionisti (spesso corredati di studi scientifici) verso certe terapie, ci sono certi soggetti che minacciano una possibile denuncia perché secondo loro persone fragili potrebbero essere influenzate da questi interventi, lasciare la cura e avere conseguenze nefaste. A me sembra una follia. Ho ragione? Come tutelarsi in questo senso, volendo manifestare il proprio pensiero e diffondere delle informazioni, senza incorrere in problemi legali? Grazie.
Gentile Signora
l’interruzione di una cura o di una terapia deve essere manifestata dalla persona titolare della cura o dell’assistenza, e conseguente parere medico. Il classico esempio è quello del soggetto che giunto in una struttura ospedaliera a seguito di un malore, rifiuta il ricovero assumendosi la piena responsabilità delle sue condizioni di salute. Altra ipotesi è quella della persona che non è in grado di assumere una decisione in merito all’interruzione della terapia o della cura e in tali casi dovranno essere attivati altri istituti. La manifestazione del proprio pensiero in merito ad alcune tipologie di terapie o cure mediche è legittima purchè sia adeguato al contesto, abbia una base di veridicità e non travalichi i limiti previsti dai reati di ingiuria o diffamazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, la mia domanda era in realtà rivolta all’articolo 656 del Codice Penale. Dialogando in rete, quando si corre il rischio di incorrere in tale reato?! Come evitarlo?! Riportare in rete fonti di terzi, riferite ad una sola campana dell’argomento trattato e non a entrambe, e farlo in modo continuativo non credo sia un reato, no?!
Grazie infinite.
Gentile Signora
ai fini dell’integrazione dell’art. 656 C.p. “Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico” tutela l’ordine pubblico e ricorre quando si verifichino delle condizioni astrattamente idonee a turbare l’ordine pubblico (in sostanza “l’ordine”, la sicurezza materiale di una comunità di consociati). Si tratta di un reato di pericolo e sussiste anche quando vi siano elementi idonei al turbamento dell’ordine pubblico, indipendentemente se lo stesso si sia concretamente verificato o meno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie molte. Su questo mi ero già informata ma, gentilmente, potrebbe farmi un esempio concreto, relativo al web? Per dire, un gruppo social che parla solo degli effetti collaterali di certi farmaci e non degli effetti positivi di questi può dirsi contrario a tale articolo? Cioè se si riportano solo fonti terze negative…
In linea generale, come ci si deve tutelare per evitare di incorrere in questo reato?
Grazie molte per la cortesia.
Un cordiale saluto.
Gentile Signora
credo, rimanendo alla fattispecie da lei delineata, indipendentemente dalla libertà di pensiero e di opinione, che sia necessario che le notizie riportate in un gruppo social con riguardo all’uso di determinati farmaci non siano false e che soprattutto non siano in grado di generare un allarme sociale (creando un problema di ordine pubblico). Mi permetta di aggiungere, secondo il mio parere personale, che quando si parla di farmaci o cure terapeutiche, in un gruppo social su internet o anche al bar della piazza, è necessario essere muniti di quel minimo di competenze professionali che siano in grado di assicurare una base di veridicità.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la compiuta risposta. Ma se si riportano notizie vere (vi sono fonti autorevoli) e queste creano per forza di cose allarme per la loro stessa natura, cosa ne può chi le riporta?!
Stessa domanda per informazioni che, al contrario delle precedenti, rappresentano voci critiche di medici e professionisti e che sono contenute in libri, studi scientifici, articoli di giornale…
Grazie ancora per la cortesia!
Un cordiale saluto.
In questo caso vi sono delle fonti accertate e quindi non può verificarsi un turbamento sociale.
In merito al parere personale, io penso e spero che riportare studi scientifici o revisioni di studi, articoli di giornale e titoli di libri di professionisti (medici, scienziati, giornalisti) che contengano voci critiche sia ancora consentito in un paese democratico.
Grazie.
Certo, rifacendosi a fonti accertate e già pubbliche, non può sussistere un turbamento sociale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie molte! …E ovviamente vale anche per quelle voci critiche che però non sono condivise dalle linee guida ufficiali, seppur già pubblicate da qualche parte (libri, interviste).
Grazie infinite .
Grazie a lei.
A presto
Buon giorno Egregio Avvocato
il 25 luglio si è verificata una distorsione con frattura alla caviglia causata da un avvallamento del fondo stradale. Non mi è stato possibile chiamare la polizia municipale per far redigere il verbale del sinistro. La via dove è avvenuto il sinistro è sotto la custodia e manutenzione del Comune di Roma, Municipio 2.
Quale procedura devo seguire per chiedere il risarcimento?
L’autorità a cui devo rivolgermi è il sindaco di Roma o quello della 2 circoscrizione dove è avvenuto il sinistro? Oppure l’Ufficio sinistri della 2 circoscrizione?
Grazie per l’attenzione
Gentile Signora
la richiesta di risarcimento deve essere fatta valere nei confronti del Comune, titolare della strada in cui si è verificato il sinistro, sulla base di quanto dispoto dall’art. 2051 C.c., in materia di responsabilità per danni da cose in custodia. L’ente proprietario della strada risponde dei danni subiti dal danneggiato e provocati dalle cose in custodia, salvo il caso fortuito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, da alcuni anni ormai ho “conosciuto” una piattaforma online dove si condividono articoli di un sito sui social in cambio di una raccolta punti in base a quante visualizzazioni ottengono gli articoli condivisi, e raggiungendo un tot di punteggio si possono richiedere vari oggetti ecc. Finora tutto ok nessun problema, ora nelle ultime richieste di avere quello che mi spetta in base ai punti raccolti mi stanno rimbalzando da 2 mesi senza risolvere nulla, non inviandomi nulla e non rispondendomi anche se “insisto” nell’inviargli messaggi. Si potrebbe far qualcosa?
Egregio Signore
l’unico consiglio che posso avanzare è quello di una missiva a firma di un avvocato di sua fiducia per ottenere il premio pattuito. Tale soluzione deve essere preventivamente valutata in relazione all’accordo intercorso tra le parti e alle modalità di esecuzione del “contratto” tramite piattaforma on line.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno, un’amica deceduta ha lasciato con un testamento olografo tre oggetti a tre amiche, di cui una sono io e ha nominato esecutore testamentario il figlio. ora il figlio non può più svolgere questa funzione in quanto l’altro erede gli ha fatto causa. l’erede in questione ha accettato l’eredità con il beneficio di inventario ma ha comunque dato alle altre due amiche gli oggetti lasciategli dalla defunta. Poiché in passato fra noi ci sono stati conflitti, l’erede mi ha fatto dire da terzi che se voglio l’oggetto in questione dovrò andare per vie legali. Può farlo? Io cosa posso fare? non è per l’oggetto in se, di scarso valore ma per una questione di giustizia. grazia
Gentile Signora
credo che il problema sia sotto il profilo personale piuttosto che legale. Avanzo due possibilità: o attendere l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario e all’esito si dovrà provvedere alla dazione dell’oggetto (legato) indicato nel testamento, oppure intimare con missiva a firma di un avvocato di sua fiducia l’esatta esecuzione delle disposizioni testamentarie in merito alla dazione dell’oggetto (legato) indicato nel testamento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, ho ricevuto un bonifico e successivamente dopo un anno un assegno circolare non trasferibile da mio padre, entrambi riportano come dicitura nella causale “estinzione parziale mutuo” e naturalmente sono stati depositati nel conto su cui la banca addebbita le rate del mutuo, si possono intendere come donazioni indirette? Mio padre è venuto a mancare e gli eredi mi hanno chiesto la restituzione. Il conto di mio padre era cointestato con mia madre, può la stessa richiedere la restituzione? Grazie
Egregio Signore
le donazioni indirette sono delle liberalità, anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dalla donazione (ex art. 769 C.c.) le quali hanno in comune l’arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito liberale da un soggetto a favore dell’altro. Nell’ambito delle donazioni indirette rientra anche il pagamento del debito altrui o l’accollo del debito altrui. Le donazioni indirette sono soggette ad alcune norme norme che regolano la donazione riguardanti la revocazione per causa di ingratitudine e per sopravvenienza di figli e quelle sulla riduzione per integrare la quota dovuta ai legittimari (art. 809 C.c.), e le assoggetta alla disciplina della collazione (art. 737 C.c.). Pertanto la somma corrisposta da suo padre con causale “estinzione parziale mutuo” può essere classificata come donazione indiretta ed è soggetta alla riduzione per lesione della legittima.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Convivo da 35 anni con una persona divorziata.
Purtroppo non essendo sposati ci chiediamo quale sia la soluzione migliore riguardo alla pensione di reversibilità in caso venisse a mancare lui prima della sua ex moglie.
Se non optiamo per un unione civile il pacs basterebbe a tutelarmi e farmi percepire la pensione di reversibilità?
Sapendo che abbiamo una figlia di 30anni ormai in comune e che viviamo in Francia ma la pensione è italiana.
La ringrazio in anticipo per i chiarimenti.
Gentile Signora
la pensione di reversibilità spetta solo al coniuge e ai figli. La legge 76/2016 (o Legge Cirinà) ha esteso il diritto alla pensione di reversibilità alle unioni civili a seguito di una equiparazione ai fini pensionistici e previdenziali. Nei pacs è escluso il diritto alla pensione di reversibilità.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent. avv. il mio caso può essere così riassunto:
Tizio 40 anni fa ha venduto a Caio un immobile che poi Caio ha venduto a noi, ma Caio si è dimenticato di volturare al catasto le particelle di terreno che stanno intorno all’immobile. Intanto Tizio 2 anni fa, approfittando del fatto che al catasto le particelle erano ancora a suo nome ne ha fatto una donazione a sua figlia con atto dello stesso notaio che successivamente ha fatto il nostro rogito dove ovviamente le particelle risultano nostre.
Ora noi non riusciamo a volturare queste particelle perché il Catasto dice che a loro risultano non di Caio (cioè il nostro venditore) ma della figlia di Tizio. In pratica per accontentare il Catasto noi dovremmo acquistare dalla figlia di Tizio le particelle che suo padre aveva già venduto a Caio.
Quali sono le responsabilità del notaio in questo pasticcio? Possiamo ritenere nullo il nostro rogito?
Egregio Signore
la questione che lei sottopone al mio esame necessita di un approfondito esame nel merito, e solo all’esito dello stesso è possibile dare un consiglio concreto. Occorrerebbe la consulenza legale di un avvocato di sua fiducia per individuare le eventuali azioni da intraprendere. Orbene, escludendo la nullità del rogito da voi stipulato (secondo rogito), certamente sussistono alcune irregolarità nel primo rogito, ovvero quello stipulato quaranta anni prima tra Tizio e Caio che ha portato alla mancanza della voltura al catasto delle particelle di terreno che stanno intorno all’immobile. Tale irregolarità si è poi riflessa sul successivo rogito. Ma anche in questo caso per poter capire se è possibile agire in via legale contro Tizio, per la sua mala fede, (o ancora far valere eventuali responsabilità del notaio) occorrerebbe esaminare gli atti nel merito. Le consiglio, pertanto, di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale previo esame nel merito della documentazione (in particolare il primo rogito e il secondo rogito, oltre agli atti catastali), potrà fornire la giusta assistenza in merito alla possibilità di agire nelle opportune sedi legali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
la revoca di un licenziamento (in periodo di prova con contratto indeter. non sottoscritto e mai ricevuto) fatta entro i 15 giorni dall’impugnazione, può essere invalida se non rispetta la rivendicazione del livello di inquadramento e le giornate di estromissione vengono riportate come assenze ingiustificate nel cedolino paga?
Egregio Signore
se il datore di lavoro revoca il licenziamento entro 15 giorni dall’impugnazione del dipendente il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità. Sussiste in tali casi il diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca (art. 18 Legge 300/70).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera, gentile avvocato,la ringrazio tanto per questo servizio,mi chiedo se è possibile fare causa ad 1 datore di lavoro che ha sfruttato il lavorante a nero come uno schiavo,dopo 1 anno e mezzo dalla cessazione del lavoro, per avere tutti i diritti che gli sarebbero spettati come regolarizzare quel lavoro avvenuto e ricevere la giusta retribuzione spettante mancata, i danni sulla salute avuti, e il risarcimento delle molestie da parte del datore e se gli si può chiedere anche quello da parte dei colleghi,visto che non è intervenuto per mantenere il rispetto ed entro quale termine si può fare causa? Grazie,Distinti saluti
Gentile Signora
in caso di licenziamento del dipendente quest’ultimo ha sessanta giorni per la contestazione per iscritto da inviare al datore di lavoro e 180 giorni per il ricorso dinanzi al Tribunale del lavoro competente per territorio, ed in caso di esito positivo (sentenza di condanna del datore di lavoro o dell’azienda) sarà disposto a favore del lavoratore un indennizzo o il diritto di reintegro sul posto di lavoro. Per quanto concerne il risarcimento del danno per molestie sul luogo di lavoro occorrerebbe agire (in relazione alla tipologia della molestia) con una denuncia penale. E’ necessario, in entrambi i casi, rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale potrà indirizzarla ed assisterla nelle opportune azioni giudiziarie e stragiudiziarie.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
mi piacerebbe avere il vostro parere sulla seguente questione, perchè c’e’ qualcosa che non mi torna.
Sintetizzo oltre modo per non annoiare.
– nel 2015 con tanto di verbale ad approvazione del contratto di appalto, furono commissionati lavori di restauro facciata condominiale, per un importo di circa 400mila eur. Pagamento rateizzato in 4 anni, diretto all’impresa senza finanziamento bancario
– il cantiere viene chiuso con 10(!) mesi di ritardo rispetto a quanto pattuito, per ragioni non imputabili al condominio. Il DL nella relazione, come previsto da contratto,applica le penali per la consegna ritardata pari 9.000 eur
– I pagamenti rateizzati sono terminati a fine 2019, e l’amministratore ha DEFALCATO dall’ultima rata i 9.000 Eur della penale di cui sopra
– Riceviamo adesso il decreto ingiuntivo da parte del tribunale di Milano, per i 9.000 Eur non corrisposti, da contestare entro 40gg.
Ovviamente nel decreto non si fa menzione alla clausola contrattuale della penale, ma solamente al pagamento parziale dell’ultima rata
Ecco la domanda : perchè l’amministratore chiede l’approvazione dell’assemblea per opporsi con atto di citazione a tale decreto ? Interpellato suggerisce di pagare per evitare lungaggini e eventuali costi legali…
Il contratto prevede una penale. Non capisco perchè si debba ripassare dall’approvazione assembleare.
L’assemblea nel 2015 approvò la sottoscrizione del contratto. Non può tale delibera, implicitamente anche valere come approvazione della clausola relativa alla penale senza dove ripassare per l’assemblea ?
Vi ringrazio per il vostro prezioso parere .
Cordiali saluti
Egregio Signore
l’opposizione a decreto ingiuntivo instaura un procedimento ordinario dinanzi all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo (ex art. 645 Cpc). Si tratta, in sostanza, di un “nuovo procedimento” che prende le mosse dal decreto ingiuntivo. L’opposizione si propone con atto di citazione che deve contenere, tra le altre cose, anche il nome del procuratore e la procura. E’ pertanto necessario la deliberazione dell’assemblea ai fini del rilascio della stessa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno, volevo sapere se era possibile avviare un procedimento per danni morali e psicologici a causa di una separazione indotta da l’amante che poi ha deciso di troncare.
le spiego, in un momento di instabilità emotiva cedendo a delle avance è partita una relazione. la persona ha iniziato a fare promesse di lasciare la moglie, continuando a ” sputare” veleno sul mio matrimonio e mio marito. dicendo che lui mi avrebbe dato di +, che lui odiava la moglie, insultandola, mandandomi foto di lei facendomi sempre sentire migliore. messaggi espliciti tipo ” lascialo e vengo da te”, quando provavo a lasciarlo mi stalkerava al telefono e al lavoro. e quando mi sono separata ha deciso di sparire. questo ha creato danni psicologici a me e a mio marito che attualmente siamo in cura per riuscire a vivere meglio. e ai miei figli che non stanno vivendo bene la situazione della separazione. è possibile fare qualcosa?
Gentile Signora
purtroppo non è possibile richiedere un risarcimento del danno (morale o psicologico) all’amante anche quando quest’ultimo, con la sua condotta, abbia concorso nella separazione della coppia causando problemi e disagi alla stessa e ai loro figli. L’amante non ha una responsabilità diretta del tradimento matrimoniale, che grava solo sui coniugi, che hanno l’obbligo di fedeltà e di assistenza reciproca. La giurisprudenza, nell’ipotesi di tradimento e di separazione della coppia, parla di addebito della separazione, capace di incidere sull’assegno di mantenimento e su altri diritti; un istituto che può essere fatto valere contro il coniuge infedele ma mai a carico dell’amante, che in quanto terzo rimane estraneo al rapporto coniugale.
Le auguro, attraverso la terapia psicologica, di trovare il prima possibile la serenità perduta insieme ai suoi figli e magari anche insieme al suo ex marito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Vi scrivo per avere consulenza in merito alla seguente situazione: a gennaio ho acquistato 2 biglietti aerei della compagnia xxxx del valore totale € 2.478 ,79 tramite il sito xxxx La compagnia, a seguito dell’entrata in vigore del decreto che imponeva il blocco dei voli in entrata e in uscita dall’Italia a causa del Covid, ha modificato le tratte della nostra prenotazione. Mi sono rivolta direttamente a loro per la cancellazione e relativo rimborso della prenotazione, che mi avevano confermato ma a seguito di un controllo mi avevano riferito che avrei dovuto rivolgermi direttamente all’agenzia viaggi. Quest’ultima, contattata a marzo, ci ha comunicato che non avrebbe provveduto al rimborso in quanto aveva deciso di adottare il regime del voucher sulla base dell’art 28 del Decreto Legge 9/202 al quale però. l’agenzia avrebbe deciso di addebitarci 55,00 € di “costi di gestione”.
Ad oggi, nonostante i ripetuti solleciti, non ho ancora ricevuto nessun voucher e nessun riscontro dall’agenzia che non risponde tramite nessun canale (telefono/mail/pec).
Sono quindi a chiedere cortesemente una Vostra consulenza in merito in quanto vorrei sapere se è fattibile o meno procedere tramite via legale.
Attendo un vostro cortese riscontro.
Ringrazio in anticipo e porgo cordiali saluti,
Lara
Gentile Signora
trattandosi di ipotesi di sopravvenuta impossibilità della prestazione di cui all’articolo 1463 del codice civile determinata dall’emergenza da covid 19, il decreto legge 23 febbraio 2020, n. 9 all’art. 28 relativo al “Rimborso titoli di viaggio e pacchetti turistici” ha stabilito che con riguardo ai contratti di trasporto il vettore può scegliere di procedere al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio in favore dell’organizzatore ovvero all’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione. Il rimborso in denaro o l’emissione del voucher deve avvenire nel termine di 30 giorni dalla richiesta. Oltre tale termine si può agire per via legale. Le consiglio di inviare una missiva a firma di un avvocato di sua fiducia.
Ps. per questioni di tutela della privacy la sua richiesta di parere è stata modificata, e sono stati cancellati alcuni dati.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve , per essere breve, due fratelli, A e B acquistano la gestione di un BAR , per accendere il mutuo necessario all’acquisto il genitore fornisce a garanzia la prppria casa .
Dopo diversi anni il BAR è costretto alla chiusura , ai fratelli resta un cospiquo debito con la banca,Come succede di sovente la banca vende il credito a una societa terza la quale ci informa della disponibilita a trattare.
La questione è questa. Il fratello B ha la possibilita di accedere ad un prestito e lo farebbe volentieri per salvare la casa e la sorte dei propi genitori. Il fratello A non ha questa possibilita ne quella di contribuire alla eventuale rata del prestito insieme al fratello per cui ne resterebbe fuorl.
Il ragionamento del fratello A è questo. Posto che per ruscattare la casa occorrano
40.000,00€ tu fratello B pagheresti per mio conto 20.000,00€ per cui il giorno che venderai la casa es, 100.000,00€ spetterebbero 50.000,00€ a testa siccome tu ne hai già pagati venti per mio conto mi dovresti 30.000,00€.
Il fratello B invece dice: Tu fratello A in tutti questi anni non hai tirato fuori un soldo, nessuno ti ha chiesto nulla, io lnvece ho dovuto fare molti sacrifici per pagare anche la tua parte ed ora se ne ho un utile non mi pare giusto che lo debba dividere con te.
Chi a ragione e chi torto? Io sono il genitore ho già compiuto 81 anni Le chido un parere perchè vorrei fare la cosa giusta senza favorire ne l’uno ne l’altro. Con urgernza per quanto possibile perchè temo che vada tutto all’aria.
Con l’occasione saluto cordialmente.
Egregio Signore
più che una questione legale la risoluzione della incresciosa situazione dipende molto dalla volontà delle parti di raggiungere un accordo (tra loro) e successivamente procedere con un secondo accordo con la società di credito. Detto ciò, secondo il mio parere personale, e guardando la scomoda situazione con gli occhi di un genitore, che vorrebbe tutelare entrambi i figli, è necessario fare la lista dei conti, tenendo ben presente il principio che è meglio estinguere il debito, ove possibile. Pertanto se il fratello A ha la possibilità di accedere a un prestito ed estinguere il debito pagando anche al posto del fratello B, quest’ultimo potrà ridare la sua parte ad A al momento della vendita della casa. Se negli anni il fratello B ha anticipato soldi al posto di A, anche questi soldi, qualora risultano accertabili e quantificabili, dovrebbero essere detratti dalla somma finale. Occorre fare, come già detto prima, la c.d. lista dei conti mentre qualora si raggiunga un accordo sul punto, è possibile procedere mediante una scrittura privata tra le parti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
salve devo partecipare ad una selezione pubblica con riserva del 30% dei posti per ex militari nello specifico sulla gazzetta c’è scritto ciò hanno diritto alla riserva dei posti del 30% coloro che si trovino nelle condizioni dell’art. 24, punti 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, in favore dei volontari in ferma breve e ferma prefissata delle Forze armate, congedati senza demerito,io ho espletato il servizio militare nell’arma dei Carabinieri,ho partecipato più volte a selezioni pubbliche e concorsi e mi è stata sempre data come preferenza,questa selezione sarà divisa per regioni e ogni regione avrà delle sue regole,per esempio nella mia regione la riserva di posti si riferisce sempre alla legge del 9 maggio 1994,invece in alcune regioni fanno riferimento alla legge artt. 1014 e 678 del d. lgs. n. 66/2010,secondo la legge del 2010 i carabinieri ausiliari non avrebbero più diritto alla riserva del 30%nei concorsi pubblici,la mia domanda è ho diritto o no alla riserva nei concorsi pubblici?ripeto nella mia regione non parla della legge del 2010 ma quella del 1994
saluti
Egregio Signore
credo di si, in quanto, con riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, si seguiranno le norme indicate .
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
grazie per avermi risposto,in pratica la legge è questa https://www.difesa.it/SGD-DNA/Staff/Reparti/I/UffCollocamentoCongedati/progetto/Documents/Scheda_informativa.pdf cioè la legge artt. 1014 e 678 del d. lgs. n. 66/2010,per nel 2014 è stata cambiata con questa https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/02/11/14G00015/sg
lei cosa ne pensa?nel 2014 sono stati rintrodotti anche i carabinieri ausiliari?
grazie
Egregio Signore
dalla lettura esprimo parere negativo. In quanto mi pare di capire che la riserva di posti nelle assunzioni pubbliche è destinata alle seguenti categorie: ufficiali in ferma biennale ed in ferma prefissata, volontari in ferma breve, volontari in ferma prefissata, congedati senza demerito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
volevo sapere se è lecito che il Preside di una scuola media non accetti la domanda di cambio sezione per validi motivi di mia figlia. Effettivamente nel regolamento interno per le iscrizioni c’è scritto che non effettuano cambi sezione, ma quello che mi chiedo è se lo può effettivamente fare o se mi posso aggrappare a qualche legge che dice il contrario. Si tratta di un indirizzo sperimentale e mia figlia ha capito che non è la sua strada, ha problemi con i compagni e con alcuni professori, l’orario di scuola è troppo lungo e per questo vorrebbe optare per un indirizzo normale.
Cordialmente
Gentile Signora
credo, che indipendentemente dal regolamento interno della scuola, la richiesta di cambio sezione da parte di alunno può e deve essere lecitamente avanzata dallo stesso purchè sia supportata da idonee e valide motivazioni. Il Preside ha il dovere di valutarla adeguatamente anche con il collegio docenti e può rifiutarla solo nell’ipotesi in cui il cambio della sezione comporti problematiche oggettive di difficile soluzione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
vorrei sapere se il mio vicino che ha una finestra dotata di grata apribile (forse non legale perchè deve essere fissa?), che si affaccia su un fondo di 1 metro di sua proprietà dentro il mio giardino, ha la possibilità di passare dalla stessa finestra oppure se è obbligato a chiedere il passaggio dal mio cancello per poter arrivare al suo fondo.
Grazie
Egregio Signore
se il passaggio del vicino è intercluso, ovvero non ha un accesso diretto alla pubblica via può essere costituito il diritto di servitù di passaggio sul fondo altrui. Art. 1051 Codice civile: “Il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo”. Il passaggio si deve stabilire in quella parte per cui l’accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito. Esso può essere stabilito anche mediante sottopassaggio, qualora ciò sia preferibile, avuto riguardo al vantaggio del fondo dominante e al pregiudizio del fondo servente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille!
Cambierebbe qualcosa se la sua finestra fosse un semplice punto luce oppure un punto di affaccio?
Invece godendo del diritto di servitù di passaggio sul mio fondo vorrei anche sapere se è obbligato a fare richiesta preventiva o quantomeno ad accordarsi con me ed in che modalità nel caso?!
Cordialmente
Egregio Signore
potete mettervi d’accordo stipulando un contratto ma tenga presente che la costituzione della servitù di passaggio è un diritto del suo vicino di casa e la stessa può essere costituita anche con sentenza.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, poco fa ho rinnovato un contratto di sublocazione per 12 mesi. In un articolo di questo contratto la sublocatrice si fa carico delle imposte di bollo e spese di registrazione al 100%, manutenzione ordinaria anche degli arredi, utenze ecc.
Al momento del rinnovo mi ha chiesto 200€ per rinnovare l’iscrizione al club stanza semplice, che è un servizio per studenti per trovare casa, ma che io non ho utilizzato in questo caso essendo entrato in contatto con la sublocatrice tramite amici; nonostante ciò la sublocatrice ha inserito nel contratto la mia accettazione del regolamento del club stanza semplice, il quale effettivamente prevede che all’atto del rinnovo del contratto si debbano versare tra i 100 e i 200€ per rinnovare l’iscrizione al club e coprire la mia parte di spese di registrazione del contratto.
La mia domanda allora è: prevale la parte di contratto che prevede che la sublocatrice si faccia carico delle spese suddette, o prevale il fatto che ho accettato il regolamento club stanza semplice che prevede che io debba versare quei 200€?
Egregio Signore
iniziamo dalla fine e alla sua domanda “prevale la parte di contratto che prevede che la sublocatrice si faccia carico delle spese suddette, o prevale il fatto che ho accettato il regolamento club stanza semplice che prevede che io debba versare quei 200€?” credo che la risposta più corretta sia entrambe; la previsione che la sublocatrice si fa carico delle imposte di bollo e spese di registrazione al 100%, (solitamente la quota di registrazione viene ripartita in parti uguali tra proprietario e affittuario) oltre alla manutenzione ordinaria anche degli arredi, utenze ecc. è contenuta in una clausola inserita nel contratto e il contratto di sublocazione è strettamente collegato al club stanza semplice dove le 200€ è la quota per rinnovare l’iscrizione al club. Per quanto concerne la valutazione del contenuto del contratto quest’ultimo andrebbe analizzato nel merito per poter dare una risposta concreta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
sono proprietario di un’abitazione che vorrei concedere in locazione.
Ho chiesto a diverse aziende la fornitura dell’energia elettrica, ma nessuna ha potuto procedere perché Optima, che forniva energia al precedente utente moroso non ha liberato la presa.
Ho contattato Optima in diversi modi, ma senza risultato. Le operatrici mi rispondono che se voglio avere la corrente devo passare attraverso Optima. Altrimenti nulla.
Da notare che nel modulo che mi hanno inviato per la voltura figurano delle clausole firmando le quali mi accollerei degli oneri che non mi spettano, ma sono da imputare al precedente utente.
Preciso che col precedente utente moroso non ho alcun rapporto.
Ho urgente bisogno dell’energia elettrica perchè senza energia elettrica sta svanendo la possibilità di stipulare un contratto di locazione che era certo al 100%. Ciò è inoltre causa di grande disagio per il locatario che contava di trasferirsi da tempo e invece, in attesa che venga sbloccata la situazione, è costretto a ricorrere a soluzioni improvvisate. Cosa mi consigliate?
Egregio Signore
lei parla di voltura del contratto di fornitura di energia elettrica, la quale consiste nel cambio dell’intestazione del contratto medesimo, ma ciò non presuppone alcuna responsabilità in merito al pagamento delle precedenti bollette lasciate insolute dall’inquilino moroso. Presupposto fondamentale è l’inesistenza di rapporti parentali con l’inquilino moroso. Pertanto, le consiglio di far valere tale ultimo fondamentale presupposto (mancanza di rapporti parentali tra lei e l’inquilino moroso) prima di procedere al nuovo contratto di voltura. Se le clausole del nuovo contratto le fanno sorgere dei dubbi è necessario rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia o anche ad un caf prima di procedere alla sottoscrizione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato,
la presente per chiedere se in giudizio penale di 2 grado è possibile chiedere l’interrogatorio dell’imputato, ai sensi dell’art. 208 cpp.
Con l’occasione, cordiali saluti
Egregio Signore
l’esame dell’imputato ex art. 208 Cpp avviene nel dibattimento qualora lo stesso ha chiesto o acconsentito all’esame. Nel giudizio di secondo grado si procede alla lettura degli atti del primo grado salvo che che non sia disposta la rinnovazione istruttoria dalla parte dell’imputato nei motivi dell’atto di appello o dal giudice d’ufficio secondo le regole stabilite dall’art. 603 Cpp. Rimane fermo il diritto dell’imputato, nel corso del giudizio di secondo grado, di fornire spontanee dichiarazioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Piccolo condominio di cinque appartamenti, due al piano terra e tre al primo piano con cinque garages nel seminterrato, cui quattro condomini accedono con apposita scala, mentre uno del piano terra accede con scala interna, dal proprio appartamento. In fase di costruzione, quest’ultimo ha realizzato un bagno nel suo garage con una finestra che si affaccia sul vano scale utilizzato dagli altri quattro condomini. Ho controllato in comune e, da un punto di vista urbanistico, è tutto a posto (concessione e tutto il resto), anche se non so come ciò sia stato possibile (2,30 altezza garages). Volevo chiedere se dal punto di vista del diritto civile è regolare che il comune abbia consentito l’apertura di una finestra da cui possono uscire vapori e cattivi odori in casa d’altri. Tali sono da considerare le scale che l’interessato non utilizza e delle quali si considera non fruitore, tanto da non partecipare neppure alle spese di pulizia.
Egregio Signore
preliminarmente occorre affermare che dare una risposta precisa in materia condominiale sulla base del solo quesito e in relazione a specifiche parti del condominio stesso è abbastanza difficile in quanto occorrerebbe una verifica dei luoghi. Detto ciò credo che l’apertura della finestra all’interno del garage del condomino che si affaccia sul vano scale condominiale rientri nel diritto di uso della cosa comune ex art. 1102 C.c.: Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”. Il diritto d’uso della cosa comune deve rispettare due requisiti: il divieto di alterare la destinazione della cosa e il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti d’uso. Altra questione è che dalla finestra possano uscire vapori o cattivi odori che si riversano nel vano scala dell’edificio condominiale. Tale questione rientra nel problema delle immissioni regolate ex art. 844 cc che vanno valutate in concreto (ovvero nel momento in cui si manifestano) e incontrano il limite della normale tollerabilità avuto riguardo anche allo stato dei luoghi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, approfitto di questo spazio per chiederle un’informazione. Se l’editore non chiede all’autore di sostenere spese di pubblicazione né di comprare delle copie, un “accordo di edizione” (chiamato proprio così) per la pubblicazione di un libro è a tutti gli effetti un “contratto di edizione”?
La ringrazio.
Egregio Signore
premettendo che un accordo tra le parti (nella specie accordo di edizione intercorrente fra editore e autore) è un contratto (nella specie contratto di edizione) si presume che le due fattispecie siano identiche ovvero la stessa cosa. Da ciò si desume che il contratto di edizione, di cui all’art. 118 della Legge sulla protezione del diritto d’autore (c.d. L. 22 aprile 1941, n. 633) è il contratto con il quale l’autore concede ad un editore il diritto di pubblicare (per proprio conto e a proprie spese) l’opera dell’ingegno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la risposta. Ho un quesito in qualche modo collegato, se può aiutarmi. Anni fa ho commesso un errore e ho paura che se venisse alla luce, oltre a conseguenze professionali potrei subirne anche di editoriali, con l’editore che eventualmente interrompe la collaborazione. Perciò quello che vorrei sapere è se qualsiasi cosa succeda al mio romanzo pubblicato, eventualmente ritirato dal mercato, e all’accordo di edizione firmato per pubblicarlo (scioglimento, risoluzione, annullamento, qualsiasi cosa…) a causa di quell’errore commesso in passato che eventualmente fosse venuto alla luce, posso sempre tenere nel curriculum vitae il fatto di averlo pubblicato con l’editore?
Egregio Signore
se il romanzo è stato pubblicato ed è rimasto sul mercato per un periodo abbastanza lungo, credo che possa essere scritto nel curriculum vitae a prescindere da una eventuale risoluzione del contratto con l’editore. Il lavoro intellettuale che è sfociato nelle pubblicazione di un romanzo c’è stato e ha avuto una rilevanza pubblica ed economica.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie, ho solo un ultimo dubbio, se può aiutarmi. Se nel caso che le ho esposto invece della risoluzione venisse utilizzata un’altra modalità o strumento giuridico per interrompere l’accordo di edizione (come il recesso, la rescissione, l’annullamento, la revoca…) e per ritirare il romanzo dal mercato, l’avvenuta pubblicazione del libro non verrebbe comunque cancellata e io potrei sempre tenerla sul curriculum vitae, giusto?
Egregio Signore
recesso, rescissione, annullamento sono tutti modi (in vi assolutamente generale) di estinzione del vincolo contrattuale tra le parti, ognuno dei quali agisce in determinati casi e a determinate condizioni. Per il resto vale quanto già detto in precedenza.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Inizio a lavorare con la Banca XXXX nell’anno 2013 e sono stato inquadrato come 3 A 1 L , svolgendo le mansioni di operatore di sportello ( Cassiere). Con delibera CDA 06.04.2016 sono stato incaricato Resp.le di Filiale. Dato che il ns Ccnl disciplina inquadramenti minimi per i preposti di filiale ed io avevo sempre e solo il primo livello della terza aerea professionale mi vidi costretto a convenire in giudizio la Banca per avere l’inquadramento superiore previsto. La vertenza fu conciliata con verbale di conciliazione in sede sindacale in data 08.05.2018 con riconoscimento del terzo livello professionale e mi vene affidata la Responsabilità dell’ufficio soci , Trasparenza bancaria e gestore della contrattualistica, mansioni di contenuto professionale rientrante nel 3 Livello retributivo area professionale 3, di cui all’inquadramento del personale del CCNL applicato, con decorrenza 13.03.2018. A conclusione di questa conciliazione sta scritto: LA Banca SI IMPEGNA A FAR RISPETTARE QUESTO ACCORDO TRANSATTIVO AGLI AVENTI IN CAUSA A QUALSIASI TITOLO.
Nell’Aprile.2019 si è realizzato il progetto di fusione ( La società incorporata ( Banca xxxx ) , la società incorporante ( Banca yyyy) e le rappresentanze Sindacali Aziendali hanno redatto un accordo aziendale in forza della quale è stato praticamente convenuto quanto segue” Con effetti della data di perfezionamento giuridico della fusione , i dipendenti della Banca xxxxx passeranno , senza soluzione di continuità , alle dipendenze della Banca yyyy risultante dalla fusione , mantenendo invariati inquadramenti e livelli retributivi. Vengo trasferito alla sede centrale in data 07.05.2019 e assegnato “alla Funzione Gestione Sistema Informativo , Procedure , Funziona Operativa Importante ed alla Funzione Organizzazione e Progetti”. Nel mese di Luglio 2019 stanne le condizione di salute di mia madre ( persona riconosciuta invalida e bisognevole di assistenza continuativa art. 3 comma 3 L. 104/92) ho presentato istanza di avvicinamento alla residenza di mia madre e dopo un mese il 13.08.2019 vengo trasferito presso una delle Filiali da me indicate nell’istanza , con la mansione di Referente Unico di Sportello/referente /consulenza /assistenza alla clientela) . A distanza di pochi giorni della mia nuova assegnazione , la banca ha adottato l’ordine di servizio con cui ha ordinato il trasferimento , con effetto dal 02.09.2019, della dipendente Terry dalla sede centrale alla Filiale dove mi trovo io , conferendo alla stessa le funzioni di “ Referente Consulenza /assistenza Clientela”( in pratica, le stesse che dovevo svolgere io, oltre alle funzioni di Referente Unico di Sportello) e, contestualmente , il trasferimento del Dipendente ( con inquadramento 3 A 1 L) che presso la stessa Filiale svolgeva le mansioni di operatore di sportello (cassiere) dalla Filiale ad una altra Filiale (a fare Back Office – Ufficio crediti), e il sottoscritto prende il posto di quest’ultimo alla cassa e da allora svolgo solamente/ unicamente la mansioni di operatore di sportello ( cassiere), tutto ciò viene comprovato finanche dagli statini di cassa siglati dal sottoscritto e dal Resp.le di Filiale. Inoltre sui cedolini paga la Banca mi riconosce anche l’indennità di rischio, conferita agli operatori di sportello e dunque agli addetti alla cassa, ai sensi dell’art. 49 del Ccnl di categoria. Questo è stato anche trasfuso nell’organigramma aziendale. Di conseguenza svolgo in maniera esclusiva e per l’intera giornata lavorativa LE MANSIONI DI ADDETTO ALLO SPORTELLO (CASSIERE)CHE IL CCNL ATTRIBUISCE A COLOR CHE SONO INQUADRATI NELLA TERZA AREA PROFESSIONALE PRIMO LIVELLO RETRIBUTIVO (CIOE’ PRESSOCHE’ TUTTI I NEO ASSUNTI).
Il Direttore Generale in merito a questa faccenda mi dice testualmente che con il riformulato art. 2103 cc – per legge mi sono concretamente richiedibili tutte le mansioni che rientrano nella TERZA AREA PROFESSIONALE, e mi ha fatto un piacere ad avvicinarmi al domicilio di mia madre , che la conciliazione del 2018 in questo circostanza è solo carta straccia, non serve a nulla, e per di più al giudice non gliene frega niente del mio pregresso e della conciliazione.
Chiedo alla luce di quanto esposto è legittima la condotta della Banca?
1. Se nella conciliazione mi vengono commissionate mansione di contenuto professionale di 3 A 3 L ( Mansioni : Resp.le Ufficio Soci, Gestore della contrattualistica e Resp.le della Trasparenza Bancaria e gestione della sito della banca) e dopo fusione 2019 in prima battuta rispettata , l’astrusità è che dopo aver richiesto avvicinamento 104/92, mi ritrovo a fare il cassiere ( 3 A 1 L mansioni svolte all’inizio della mia entrata nella Banca, bensì addirittura a ben due livelli inferiori rispetto a quello attribuitomi con verbale di conciliazione del 2018.), a questo punto chiedo se la conciliazione da me firmata abbia un rilievo giuridico che impegna anche la nuova Banca e in caso di ricorso al giudice del lavoro potrebbe essere determinante/decisiva? Il Giudice la tiene in considerazione?
2. Mi avrebbero dovuto notificare per iscritto che nella sede di destinazione mancava la mia mansione e che, in ogni modo, sarebbe servita la mia accettazione.?
3. Contenuto della lettera di trasferimento dell’azienda: FACENDO SEGUITO ALLA SUA ISTANZA DI AVVICINAMENTO LA SUA NUOVA SEDE ……. i . Si deduce a chiare lettere che non c’è stata nessuna modifica assetti organizzativi. Perché fa riferimento alla mia istanza o mi sbaglio.? Non possono inventarsi nessuna modifica di assetti organizzativi diversamente si contraddicono da soli?
4. Se l’art. 2103 cc parla di livello e categoria che centra l’area professionale come dice il Direttore?
5. La 104/92 autorizza a demansionare?
6. In Busta sia il livello che la retribuzione non mi sono stati toccati
7. Evidenzio che per essere avvicinato non ho richiesto e nemmeno firmato nulla per cambio mansioni in peius.
In attesa cordialmente saluto.
Egregio Signore
preliminarmente occorre affermare che la questione che lei sottopone necessiterebbe di un esame nel merito al fine di ottenere una risposta esauriente, con esame anche della documentazione cartacea. Detto ciò, nel nostro ordinamento giuridico è vietato il demansionamento ovvero è vietato assegnare il lavoratore a mansioni inferiori rispetto a quelle per cui è stato assunto. L’art. 2103 C.c. nella prima parte stabilisce che: “il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per cui è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte”. Tale regola generale trova una eccezione (a seguito del Dlgs. 81/2015 che ha comportato modiche all’art. 2013 c.c.) laddove si stabilisce che il demansionamento è possibile solo in determinati casi, ovvero, nella specie, ove si verifichi una modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore e lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale o qualora sia stato previsto dai contratti collettivi. L’unico parametro che rimane fermo è quello della categoria legale, la quale non può essere modificata (la categoria legale è stabilita dalla legge ex art. 2095 Codice Civile: dirigenti, quadri, impiegati e operai) con mutamento del solo livello. Inoltre l’esercizio di mansioni inferiori non incide sul trattamento retributivo del lavoratore e l’attribuzione al lavoratore di mansioni inferiori deve essere comunicata per iscritto a pena di nullità. Questa è la situazione generale a livello giuridico e qualora si evidenzia che non vi è stato una modifica degli assetti organizzativi aziendali o un problema fisico o psicologico del lavoratore a svolgere la mansione per cui è stato assunto credo che vi siano oggettivi presupposti per far valere i suoi diritti. Le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia per le opportune azioni del caso.
Ps. il parere è stato modificato per questioni di privacy.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
Vi contatto per un parere in merito ad un anticipo di eredità in denaro.
Gestisco con mio padre un’azienda agricola di piccola entità preciso che abbiamo un conto cointestato con mio padre anche se il contributo materiale dato da mio padre in termini di attività lavorativa è praticamente nullo data l’avanzata età ( padre ultraottantenne).
Mia sorella, per poter acquistare un terreno pretende ora metà dei soldi di questo conto cointestato a titolo di antocipo di eredità.
Ora, dal momento che i soldi giacenti sul conto sono principalmente derivanti dal mio lavoro, a mia sorella spetta ricevere la metà del denaro?
Preciso che esiste già un testamento fatto da mio padre parecchi anni fa di cui però non sono a conoscenza del contenuto.
Gentile Signora
se il conto cointestato è a firma disgiunta ovvero ciascun titolare ha il potere di eseguire attività sul conto senza il consenso dell’altro, la decisione in merito è per lo più rimessa al volere di suo padre. Certamente chiedere la metà della somma giacente sul conto corrente (necessario per il funzionamento e il mantenimento dell’azienda) è un pò azzardata dal momento che sussiste anche un testamento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera nel 2006 avendo lavorato per due volte come postina trimestrale alle Poste ho fatto un ricorso, in primo grado mi hanno dato torto, in appello la Corte d’Appello di Roma mi ha dato ragione e mi ha dato degli arretrati secondo la vecchia legge perchè la mia sentenza è uscita il giorno dell’entrata del collegato lavoro, la Corte ha pensato erroneamente che essendo il mio ricorso vecchio non venisse colpito dalla legge che è entrata il giorno della mia sentenza, la Corte di Cassazione nel 20017 mi da ragione ma cassa le quote che sono da rivedere con la legge entrata appunto in vigore il giorno della sentenza, e rimanda il tutto alla Corte d’Appello di Roma, dopo vari rinvii la corte decide che dovrei restituire parte delle quote secondo il collegato lavoro, però a me non sta bene anche perchè sono disoccupata ed ho speso quei soldi, mi chiedo ma se lo sbaglio è stato dei giudici come ha anche evidenziato la Corte di Cassazione potrei fare una revocazione delle due sentenze cioè quella del 24/11/2010 e quella dell’8/5/2020, revocazione per errore nella procedura? Grazie vorrei sapre quando poterla fare e se posso usare il gratuito patrocinio
Gentile Signora
la revocazione della sentenza pronunciata in appello è possibile solo in determinati casi tassativi enunciati dall’art. 395 Codice di procedura civile, ovvero: se la sentenza è effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra; se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza; se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario; se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione; se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato. Senza entrare nel merito della questione non credo che la revocazione sia attuabile nel caso da lei esposto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera. Siamo quattro fratelli. Nostro padre ultranovantenne, vedovo, da qualche anno ha scelto di vivere a casa di una figlia (e relativa famiglia) che ha ottenuto i benefici legge 104 e assegno di accompagnamento. Il solo reddito di mio padre è la pensione minima e questo “accompagno” che vengono gestite soprattutto dalla figlia con cui vive per le esigenze quotidiane. La casa dei genitori (ora disabitata, ma sempre prima casa per mio padre) è al 50% di mio padre e l’altro 50% (che era intestato a mia madre) è già diviso tra lui e i quattro figli. Lui ha qualche soldo in banca frutto di risparmi personali. Il problema è che uno dei figli, per vecchi rancori, non condivide il fatto che lui vive con una figlia dicendo addirittura che per lui doveva starsene a casa da solo, magari con una badante. Ha manifestato l’intenzione di contrastare ciò in ogni modo e sicuramente farà tutto quello che potrà anche solo per darci fastidio, soprattutto in previsione di una prossima successione dei beni di mio padre e della casa che sarà da dividere / vendere. Come possiamo fare per tutelarci? Grazie.
Egregio Signore
in tali casi si può far ricorso all’amministratore di sostegno che tuteli gli interessi di suo padre e può essere nominato anche tra i figli, (in tal caso la scelta della figura dell’amministratore di sostegno potrebbe ricadere su sua sorella che già si occupa dell’anziano padre). In tal modo l’assistenza del genitore da parte di sua sorella sarebbe “legalizzata” e altre persone non potrebbero contrastarla.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno avvocato, sono uno studente universitario nullatenente che si manteneva dando ripetizioni a studenti.
Con l’avvenire del lockdown non ho potuto continuare a pagare l’affitto pattuito e quindi ho mandato una raccomandata di cessazione del contratto per impossibilità onerosa, ho lasciato l’appartamento, ma la raccomandata è stata rispedita al mittente richiedendo i 3 mesi di preavviso.
Ora, a distanza di 6 mesi mi vengono richiesti i 3 mesi di contratto della disdetta e 150 euro di risarcimento per un totale di 1050€ Entro 8 giorni o che si procederà per mezzo di avvocato
Non disponendo della somma richiesta, come mi consiglia di agire? Potranno comunque in futuro pignorarmi qualora acquisterò un bene a me intestato?
Grazie
Un saluto
Egregio Signore
le consiglio di trovare un accordo con il locatore ad esempio compensando il mancato preavviso con il deposito cauzionale, ed escludendo il risarcimento del danno. Per quanto concerne il pignoramento dei beni futuri dipende dall’entità del credito vantato e se lo stesso non sia caduto in prescrizione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
All’attenzione di chi legge,
Vi contatto perché vorrei svolgere un’attività di doposcuola a vantaggio di un bambino, presso il suo domicilio o il mio, per 1o 2 ore al giorno per 5/6 giorni a settimana. Non sono un docente, per ora non lavoro e ho interrotto di fatto gli studi universitari, vorrei svolgere questa attività come un lavoretto nell’attesa di nuovi sviluppi. Vorrei capire qual è l’inquadramento legale e fiscale dell’attività così come l’ho descritta. Su internet ho trovato le ipotesi più disparate dalla partita iva al libretto famiglia, passando per il contratto di lavoro autonomo e le prestazioni occasionali. Qual è l’inquadramento adatto, tenendo conto di volere l’ipotesi più flessibile, più economica in termini fiscali e in cui possa io decidere totalmente il compenso?
Grazie mille per il servizio e l’attenzione,
Saluti!
Gentile Signora
secondo il mio parere e tenendo conto che l’attività di doposcuola è temporanea le consiglio la prestazione occasionale dove può fatturare anche con codice fiscale entro determinate cifre annue. Le consiglio al contempo di consultare un commercialista di fiducia il quale potrà essere più preciso in termini fiscali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gradirei sapere se una figlia nata nel 1959 da una relazione adulterina di una donna sposata (e mai riconosciuta) avrebbe potuto pretendere in eredità il patrimonio della madre e in che quota, considerando la presenza del marito e di figli legittimi.
In attesa di una cortese risposta, ringrazio e porgo cordiali saluti.
Egregio Signore
se non è stata riconosciuta non ci possono essere diritti successori.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno. Sono Cittadino Italiano residente in Italia. Sono sposato con tre figli e i miei famigliari sono tutti cittadini italiani iscritti all’AIRE a San Pietroburgo (Russia), dove possediamo un alloggio e dove loro quattro vivono stabilmente. Io lavoro in Italia per un’azienda Italiana, sono appunto residente in Italia, ma vorrei eleggere domicilio presso l’abitazione a San Pietroburgo, dove mi reco mensilmente, dove ho i miei interessi (famiglia, amici e interessi personali) e dove intendo stabilire i miei affari futuri.
Ci sono impedimenti ad eleggere in Russia il mio domicilio?
Egregio Signore
il domicilio è il luogo in cui una persona “ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi” (articolo 43, primo comma C.c.), laddove per interessi non si intendono solo sotto il profilo economico, ma anche personale e familiare. Il domicilio, in linea di principio, può essere eletto anche in uno stato estero (seguendo le indicazioni amministrative dello Stato di riferimento), ma le consiglio, a tal proposito, di verificare, magari con l’ausilio di un commercialista di sua fiducia, eventuali variazioni a livello fiscale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile avvocato, scioglimento di un contratto e risoluzione di un contratto sono la stessa cosa? Quando un contratto viene risolto, viene sciolto?
Gentile Signora
lo scioglimento del contratto, o meglio lo scioglimento del vincolo contrattuale avviene solo alla presenza di determinate condizioni, e una di queste è la risoluzione con riguardo ai contratti a prestazioni corrispettive. Ne consegue che la risoluzione del contratto è una modalità di scioglimento dello stesso, disciplinata dal codice civile all’art. 1453 e seguenti (nei casi di inadempimento; impossibilità sopravvenuta della prestazione ed eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione). La risoluzione elimina il contratto con effetto retroattivo tra le parti, senza creare pregiudizio ai diritti acquistati dai terzi (il giudice in tali casi pronuncia una sentenza costitutiva che elimina il contratto con gli effetti). La risoluzione può anche essere stragiudiziale ovvero operare di diritto senza passare dall’organo giudicante; tale situazione avviene in tre casi precisi e delineati: ovvero quando nel contratto è stata inserita una clausola risolutiva espressa o un termine essenziale o nella diffida ad adempiere. In tali casi il contratto si risolve di diritto o meglio il vincolo contrattuale si scioglie automaticamente (e qualora si ricorre al giudice la sentenza sarà di mero accertamento ovvero accerta l’avvenuta risoluzione del contratto).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Capito, grazie. Su internet, per quanto riguarda l’istituto dello scioglimento del contratto, mi sono imbattuta nell’articolo 2159 del nostro codice civile, secondo cui “salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento, ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto quando si verificano fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto”.
In quest’articolo si dice “salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento” perché nella risoluzione dei contratti per inadempimento non è che ciascuna delle parti possa chiedere lo scioglimento del contratto, ma solo la parte che non sia stata inadempiente, giusto?
Si tratta di una norma generale che rinvia alla comune intenzione delle parti, al verificarsi di determinati fatti che impediscono la prosecuzione del rapporto sinallagmatico. Tale disposizione si ricollega all’art. 1372: “il contratto ha forza di legge fra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge”. La risoluzione del contratto per inadempimento di una parte può essere chiesta dall’altra parte (c.d. parte adempiente) secondo il disposto di cui all’art. 1453 C.c. “Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno”. In tal senso l’inadempimento di una delle parti ai fini della risoluzione non deve essere di scarsa importanza. Si precisa che la risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento, ma non viceversa ovvero non si può chiedere l’adempimento del contratto quando è stata domandata la risoluzione.
Sì, grazie. Ma quello che nello specifico vorrei sapere – forse me l’ha detto, ma non mi è sembrato chiaro – è il motivo per cui nell’articolo 2159 del nostro codice civile sia scritto “salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento”. Anche la risoluzione del contratto per inadempimento è un modo per sciogliere il contratto, giusto? Ho pensato che nell’articolo si volesse distinguere questa modalità di scioglimento del contratto da tutte le altre perché, se nelle altre ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto, nella risoluzione del contratto per inadempimento può chiederlo solo la parte non inadempiente, giusto? E’ corretta la mia interpretazione? Mi faccia sapere, grazie.
La risoluzione del contratto è una modalità di scioglimento dello stesso che opera sul piano del rapporto contrattuale e può essere fatta valere solo in determinati casi disciplinati dalla legge, tra cui l’inadempimento, laddove l’inadempimento non sia irrilevante, (in tal caso è azionabile dalla parte non inadempiente). Nel caso della risoluzione del contratto sussiste un “conflitto” tra le due prestazioni e pertanto un “conflitto” tra le parti che influisce negativamente sul rapporto contrattuale, con conseguenze processuali (la risoluzione del contratto viene pronunciata dal giudice con sentenza “costitutiva”). Lo scioglimento del contratto nelle ipotesi previste dall’art. 2159 C.c. può verificarsi per fatti che non costituiscono inadempimento, o per fatti non imputabili alle parti, o ancora per fatti imputabili alle parti ma non così gravi, purché siano tali da non consentire la prosecuzione del rapporto.
Rimango a sua disposizione per qualsiasi altra specificazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Okay, grazie. Non essendo esperta in materia legale, mi sembra una questione un po’ contorta perché a me pare come se l’art. 2159 c.c. volesse escludere che la risoluzione del contratto per inadempimento sia una modalità di scioglimento del contratto, ma è lei stessa a dirmi che lo è. Forse – provo a interpretare – la risoluzione del contratto per inadempimento è un modo di sciogliere il contratto, ma semplicemente viene stabilita e regolamentata da un articolo diverso del Codice Civile, l’art. 1453, giusto?
Esattamente! Sono due norme che disciplinano lo stesso istituto (scioglimento del contratto) ma operano su piani diversi, unitamente a tutta una serie di altre modalità di scioglimento del vincolo contrattuale come la rescissione o il recesso (oltre alla nullità o annullabilità del contratto).
D’accordo, grazie mille! Le chiedo solo questo: mi conferma che anche il mutuo accordo, il recesso, la rescissione e la revoca sono modalità di scioglimento del contratto?
si, sono modalità di scioglimento del contratto.
Scusi se abuso del suo tempo e della sua pazienza, ma devo essere sicura: quindi anche la revoca è una modalità di scioglimento del contratto?
La revoca è un modo di “scioglimento del contratto” (ovvero del vincolo contrattuale) prima che lo stesso sia stato concluso (art. 1326 C.c. “Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte”). Più dettagliatamente la revoca agisce sulla proposta contrattuale, prima dell’esecuzione del contratto.
Buongiorno!
Quest’estate nel mese di giugno e luglio ho dato 2 ore di ripetizioni a un ragazzino di seconda media.
Avevo pattuito con i genitori che mi avrebbero pagato 40 euro ogni 3 ore.
Una terza ora non c’è mai stata; la madre ha inizialmente posticipato per qualche settimana, non mi ha poi permesso di recarmi presso il loro domicilio per ritirare i soldi e mi ha continuamente promesso (su mie continue sollecitazioni) di versarmi i soldi sull’IBAN che le avevo lasciato. Non ho mai ricevuto i soldi e, su mia ulteriore sollecitazione, la madre ha provveduto a bloccarmi su whatsapp.
Vorrei poter ottenere quanto mi spetta non tanto per la cifra che è davvero irrisoria, ma perché non trovo giusto che persone del genere la passino liscia e possano farlo di nuovo.
Vorrei capire a chi potrei rivolgermi dal momento che trattandosi di lavoro occasionale non ho la partita iva nè emetto ritenuta d’acconto, ma semplicemente mi faccio corrispondere i soldi in denaro senza rilasciare alcunchè.
Grazie per l’attenzione e la disponibilità,
Francesca.
Gentile Signora
mi dispiace tantissimo ma non intravedo azioni da intraprendere per la tutela del suo diritto. Mi spiego meglio: per poter ottenere il pagamento della sua attività occorrerebbe, in primis, agire mediante l’invio alla parte debitrice di un atto di messa in mora a firma di un avvocato di sua fiducia (intimazione formale fatta per iscritto ex art. 1219 C.c. al debitore per ottenere l’adempimento dell’obbligazione). Si tratta del primo atto per iniziare una eventuale procedura esecutiva. Il costo di tale atto supera il credito vantato e, pertanto, non è conveniente nel suo caso. Inoltre il fatto di non avere una fattura, anche se non ha partita iva, trattandosi di lavoro occasionale, rende il tutto meno agevole.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
sono titolare di uno studio dentistico.
L’ odontotecnico con cui collaboravo fino ad aprile 2020 mi ha rilasciato dei certificati di conformità di alcune protesi fisse in cui attesta che tali manufatti contengono oro in una determinata percentuale, facendone analizzare una ho scoperto che la percentuale è più bassa rispetto a quanto dichiarato.
Posso procedere per vie legali per truffa e se si quanto tempo ho per un’eventuale denuncia?
Grazie
Egregio Signore
Il termine per proporre una denuncia penale è quello di tre mesi di tempo dal giorno in cui si ha avuto conoscenza del reato. Scaduto detto termine si verifica la decadenza del diritto di proporre la denuncia penale. Per quanto concerne il reato oggetto di denuncia (ad esempio la truffa è un reato a forma vincolata) le consiglio di affidarsi ad un legale di sua fiducia che in relazione alle peculiarità del caso specifico potrà assisterla a livello giudiziario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la risposta,
Questo caso specifico quindi rientra nei reati a forma vincolante? Quindi ho tempo 3 mesi o di più? Ed eventualmente posso procedere con querela o denuncia per truffa?
Egregio Signore
ha solo tre mesi per proporre denuncia o querela, (nel suo caso si tratta di querela in quanto la stessa può essere presentata solo dalla persona offesa, mentre la denuncia può essere presentata da chiunque che venga a conoscenza di un fatto costituente reato). Per quanto concerne il reato oggetto di querela le consiglio l’assistenza di un avvocato di sua fiducia, il quale potrà verificare, previo esame nel merito, se sussistono tutte le condizioni previste dalla legge per il reato di truffa (essendo un reato particolare in quanto a forma vincolata).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
Avrei un quesito da porre.
Nel 2013 ho aiutato economicamente un conoscente a rilevare un’attivita in cambio della esclusiva fornitura di prestazioni da parte della mia ditta, per 10 anni, il tutto è stato sancito da una scrittura privata. A fine 2019 ho chiuso la mia impresa per pensionamento e solo ora sono venuto a sapere che il mio conoscente non ha mai rispettato l’accordo in quanto si è appoggiato ad altre ditte per la fornitura di prestazioni.
Chiedo quindi se posso procedere legalmente per querela o denuncia nei suoi confronti e se il fatto che ora non lavoro più può influire su questa possibilità, inoltre ho tempo quanto per intraprendere un’eventuale azione legale?
Grazie mille
Egregio Signore
preliminarmente occorre affermare che la situazione che lei narra necessiterebbe di un esame nel merito ed è pertanto necessario che lei si rivolga ad un avvocato di sua fiducia che potrà assisterla nelle sedi opportune. Detto ciò, occorrerebbe capire che tipologia di scrittura privata è stata firmata tra le parti e in secondo luogo si potrebbe agire in via civile (per il risarcimento del danno), prima che penale (una eventuale querela deve essere valutata in relazione alla sussistenza di determinati presupposti che possano identificare quella condotta in un reato penale). In via generale tenga conto che in ambito civile il termine di prescrizione ordinario è di 10 anni mentre in ambito penale il termine per presentare querela è quello di tre mesi dalla conoscenza del fatto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
vorrei chiedere gentilmente se le normative attuali che impongono pesanti limiti alla libertà personale sono costituzionali. Penso per esempio all’uso della mascherina all’aperto se si è soli, ma anche ad altro.
Vi chiederei, inoltre, nel caso di illegittimità/incostituzionalità, come ci si dovrebbe muovere per vedere riconosciuto un proprio diritto.
Vi pregherei di fornirmi, cortesemente, un parere di natura esclusivamente legale e non moralistica/paternalistica.
Vi ringrazio molto e Vi porgo Cordiali saluti.
Faccio riferimento, per esempio, alle parole di un Vostro collega:
https://www.oltre.tv/avvocato-prisco-mascherine-tso-illegale-multe/
Grazie ancora
Gentile Signora
si tratta di un dibattito aperto sul fronte giuridico determinato anche dall’eccezionalità e dall’imprevedibilità della situazione che stiamo vivendo e rispetto alla quale non si riscontrano precedenti specifici. Detto ciò e al di fuori di concetti moralistici o etici, ritengo che vi sia stata una limitazione in fatto e in diritto di una serie di diritti costituzionali (non solo l’obbligo di portare sempre la mascherine in zone all’aperto, ma anche la libertà di circolazione sul territorio, il diritto di riunirsi in luogo pubblico, il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata…), ma tale limitazione è in linea con le disposizioni costituzionali in quanto stabilita per motivi di sanità o di sicurezza, ed è correlata con l’art. 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve. Nel 2016 mi sono fatto scrivere la tesi di laurea triennale da un’altra persona dietro pagamento e nei primi mesi del 2017 con quella tesi mi sono laureato. So che, se si venisse a sapere, perderei i titoli di studio (la laurea triennale + la laurea specialistica acquisita successivamente). Ma le cose che vorrei sapere sono altre.
Vorrei iscrivermi all’Ordine dei Giornalisti come giornalista pubblicista o giornalista professionista; se dopo essermi iscritto all’Ordine dei Giornalisti la storia della tesi triennale diventasse pubblica, potrei venire radiato dall’albo?
Inoltre, vorrei lavorare come sceneggiatore. Se dopo essere riuscito a farmi produrre serie tv e film scritti da me si venisse pubblicamente a sapere la storia della tesi triennale, è possibile che i miei film e le mie serie tv vengano ritirati dal mercato e i miei contratti coi produttori e/o con le reti televisive vengano sciolti? E se tutto ciò accadesse potrei sempre tenere quei miei lavori trasmessi in tv o proiettati al cinema nel curriculum vitae?
Egregio Signore
acquistare una tesi di laurea ovvero scrivere una tesi di laurea dietro pagamento di una somma di denaro è reato (in entrambi i casi, sia per chi la scrive e sia per chi la acquista). In tali casi una eventuale sentenza di condanna oltre alla pena principale eliminerebbe il titolo, ovvero vi sarebbe la pena accessoria della revoca. Va da sè che perderebbero valore tutti quegli atti conseguiti sul presupposto del possesso del titolo di laurea. In tal senso per l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti vi potrebbe essere la radiazione. Lo stesso ragionamento deve essere fatto per il lavoro da sceneggiatore, ovvero potrebbero sorgere dei problemi se tale lavoro presupponesse o meno il possesso del titolo di laurea. Come già affermato occorre una sentenza di condanna passata in giudicato e sempre che nel frattempo non sia intervenuta la prescrizione del reato.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve. La ringrazio per la risposta. Ma, vorrei sapere, se mi iscrivessi all’Ordine dei Giornalisti senza ricorrere alla laurea (per diventare giornalista pubblicista non è necessario averla e si può diventare giornalista professionista con la pratica in redazione senza avere il master) potrei lo stesso venire radiato se questa storia della tesi triennale uscisse allo scoperto?
Quanto alla professione dello sceneggiatore, anche qui la laurea non è fondamentale: contano il talento e la capacità di scrivere; si può fare lo sceneggiatore anche con la quinta elementare. E’ possibile quindi che, se questa storia della tesi triennale uscisse allo scoperto, i miei contratti coi produttori e/o con le reti tv verrebbero sciolti e i miei film e le mie serie tv verrebbero ritirati dal mercato?
Egregio Signore
sebbene occorrerebbe analizzare ogni singolo caso nel merito al momento del suo verificarsi, io ritengo che perderebbero valore o verrebbero annullati gli atti conseguiti sul presupposto del possesso del titolo di laurea. Il tipico esempio è la caducazione del posto di lavoro acquisito a seguito della partecipazione ad un concorso pubblico dove era necessaria, ai fini della corretta partecipazione, il possesso del titolo di laurea. Altra cosa è scrivere un romanzo o una sceneggiatura dove non è necessario avere il titolo di laurea. Credo che in tali casi non vi siano problemi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio per la sua cortesia. ………
Per questo già sapere che se volessi avviare una carriera da sceneggiatore, romanziere o da giornalista pubblicista (per diventare il quale non è richiesta la laurea) mi farebbe stare meglio. Quindi, se si venisse pubblicamente a sapere questa storia della tesi triennale e a causa di questa storia i contratti con gli editori per i libri pubblicati, i contratti con i produttori televisivi/cinematografici e/o con le reti televisive per i film e i telefilm scritti e i contratti con i giornali e con le riviste per gli articoli pubblicati venissero sciolti, estinti e/o interrotti, potrei sempre tenere nel curriculum vitae il fatto di aver pubblicato quei romanzi e quegli articoli e il fatto di aver scritto film e telefilm andati in onda in tv e proiettati al cinema?
Egregio Signore
esattamente come lei afferma. Tenga presente, come già ribadito in precedenza, per l’annullamento del titolo di laurea occorre una sentenza di condanna passata in giudicato e sempre che non sia intervenuta, nel frattempo, la prescrizione del reato.
PS. il parere è stato modificato per ragioni di privacy
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Scusi se le richiedo, ma per chiarezza, visto che è una questione che mi ha messo parecchia agitazione addosso, la risposta alla lunga domanda che le ho fatto nel commento precedente è affermativa
Io ritengo di si.
affermativa
D’accordo, grazie. Ricapitolo brevemente perché sembra una faccenda ingarbugliata e vorrei che tutto fosse chiaro, senza più dubbi. In base a tutto quello che mi ha detto, per lavori (legati alla scrittura oppure no) che non richiedano la laurea non ci saranno mai problemi e potrò sempre tenerli nel curriculum vitae, anche se si venisse a sapere pubblicamente la storia della tesi triennale e se a causa di questa storia i contratti per tali lavori venissero sciolti, estinti e/o interrotti: è tutto giusto?
Si, è tutto giusto, anzi credo che non vi siano neanche i presupposti per sciogliere eventuali contratti. Le auguro una felice carriera.
Qualsiasi altra specificazione restiamo a sua disposizione.
D’accordo, grazie mille. Nella domanda del mio ultimo commento, per chiarezza, intendevo non solo i lavori che non richiedessero la laurea ma anche quelli (legati alla scrittura oppure no) che non avessero la laurea come requisito fondamentale: la sua risposta vale anche per quei lavori?
Si, per entrambi i lavori. La situazione è più o meno simile o assimilabile.
Tenga presente, come già ribadito in precedenza, per l’annullamento del titolo di laurea occorre una sentenza di condanna passata in giudicato e sempre che non sia intervenuta, nel frattempo, la prescrizione del reato.
Grazie. Sì, io prendo sempre in considerazione l’ipotesi peggiore – il fatto che adesso si venga pubblicamente a sapere della storia della tesi (visto che penso di risolverla personalmente) – perché solo sapendo cosa mi aspetta nella peggiore delle eventualità sul fronte professionale riesco a stare tranquillo.
Il motivo per cui lei mi dice che la situazione con i lavori (legati alla scrittura oppure no) per cui la laurea non sia un requisito fondamentale è più o meno simile (ma non identica, suppongo) è perché se la laurea, pur non essendo un requisito essenziale, ha fatto sì che rispetto agli altri candidati per quei lavori venissi scelto/assunto io, potrei venire licenziato se la storia della della tesi venisse a galla: dico bene?
In ogni caso, una volta licenziato, quindi col contratto sciolto, estinto e/o interrotto, potrò sempre tenere nel curriculum vitae l’aver fatto quel tipo di lavori: è corretto?
Se l’opera, trattasi di opera dell’ingegno, romanzo o sceneggiatura, et similia, è stata pubblicata ovvero ha una sua autonomia sul fronte pubblico, io credo che possa essere mantenuta nel curriculum vitae. Certamente una riposta in termini di maggiore certezza può essere data solo dopo un esame nel merito di quel caso specifico, ovvero dopo che quel caso si sia verificato nella realtà.
La invito però a riflettere prima di agire personalmente e a chiedere l’assistenza di un avvocato o consulente legale di sua fiducia, al fine di valutare la situazione.
In ogni caso, una volta licenziato, quindi col contratto sciolto, estinto e/o interrotto, potrò sempre tenere nel curriculum vitae l’aver fatto quei lavori: è corretto?
(modifica della parte finale del mio ultimo commento)
Apprezzo il suo consiglio.
Quindi per avere certezze bisogna vedere nel concreto cosa succede se questa storia venisse davvero a galla. In ogni caso, sembra assai improbabile che venendomi ritirati i titoli di studio universitari venga minacciata ogni mia conquista professionale nell’ambito della scrittura che abbia ottenuto indipendentemente dalla laurea triennale e quella specialistica, no?
Tutti i lavori realizzati a prescindere dalla sussistenza o meno del titolo di laurea sarebbero salvi. Certamente ogni caso deve essere valutato nel momento in cui si verifica, ovvero in astratto si possono fare delle previsioni e sulla base di queste fornire dei consigli.
D’accordo, ricevuto. Solo un’ultima cosa, riallacciandomi anche alla questione di partenza sull’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti. Se scegliessi di lavorare come articolista, magari aprendomi la partita IVA, senza mai iscrivermi all’Ordine né come giornalista pubblicista né come giornalista professionista, e se venisse a galla la storia della tesi, potrei continuare a tenere la pubblicazione degli articoli nel curriculum vitae e l’Ordine dei giornalisti, poiché non sarei iscritto e poiché mi definerei sempre “articolista” e mai “giornalista”, non potrebbe fare nulla contro di me: è tutto giusto?
Credo di si; in tali casi non dovrebbero sorgere problemi, e lei potrebbe mantenere i lavori realizzati nel suo curriculum.
D’accordo, grazie mille. La ringrazio per il tempo che mi ha dedicato. Volevo solo dirle che in realtà per quanto riguarda i libri eventualmente pubblicati con un editore mi sono già rivolto in passato a degli avvocati esperti in editoria o in diritto d’autore: tutti loro mi hanno detto che, se a causa della storia della tesi un editore sciogliesse un contratto di edizione o un accordo di edizione e ritirasse il libro dal mercato, io potrei sempre tenere tale pubblicazione con tale editore nel curriculum. Mi hanno anche spiegato le ragioni per cui non dovrebbero esserci problemi, ma non so se mi è consentito riportarle qui, poiché mi sembra ci sia un obbligo a tenere segreto quanto detto nella consulenza anche per il cliente. Questi avvocati non avevano dubbi su quanto mi dicevano. Questi avvocati, secondo lei, mi hanno dato certezze, qualcosa di cui possa effettivamente essere sicuro o anche le loro erano mere previsioni per dare certezza alle quali bisogna vedere il verificarsi del caso concreto (la faccenda della tesi che diventa pubblica)?
(E, mi perdoni se ne approfitto di nuovo, ma mi è venuta in mente una domanda inerente: l’unico modo in cui, nel mio caso, per la vicenda della tesi venuta a galla, un contratto di edizione o un accordo di edizione possa venire sciolto da un editore – e il libro possa venire ritirato dal mercato – è la risoluzione o c’è un’altra modalità di scioglimento, estinzione o annullamento di cui dovrei preoccuparmi?)
Di nuovo, se può aiutarmi, la ringrazio.
In linea generale anche io concordo con la teoria che non dovrebbero esserci problemi in futuro sia in relazione alla realizzazione delle varie opere di ingegno e sia in relazione al mantenimento delle stesse nel curruculum. Certamente quando si fanno previsioni per il futuro, secondo la mia opinione, c’è sempre una piccola parte di incertezza. Tenga conto inoltre che una consulenza all’interno di uno studio legale è cosa diversa da fornire dei consigli su una piattaforma on line: nel primo caso si ha il contatto diretto con la parte, si possono avere maggiori informazioni e si può avere un quadro più certo e dettagliato della situazione, mentre on line vi sono tutta una serie di limiti che occorre rispettare per un maggiore tutela degli utenti che scrivono.
Risoluzione o annullamento sono entrambi modi di scioglimento del vincolo contrattuale.
Gentile avvocato, forse ho sbagliato a non dirle subito che avevo già consultato altri avvocati per le questioni legate alla pubblicazione di libri. Ero alla ricerca di un’ulteriore consulenza, anche per il giornalismo e la sceneggiatura.
Di come affrontare questa situazione risolvendola non ho mai parlato con nessuno, visto che è una decisione maturata da poco.
Ho riletto il mio ultimo commento e ho pensato che magari può sembrare scortese averle rivelato solo ora delle consulenze precedenti, ma se le avessi detto subito cosa pensavano alcuni suoi colleghi temevo di influenzare il suo giudizio sulla questione. Il mio obiettivo è andare al fondo delle cose, avere certezze, è l’unico modo che ho per stare tranquillo. Consultandola, speravo di poter avere certezze più solide anche sul campo del giornalismo e della sceneggiatura.
In ogni caso, la ringrazio per il tempo che mi ha dedicato.
Non ci sono problemi anche perchè nel primo caso ha avuto una consulenza presso un avvocato di sua fiducia all’interno di uno studio legale (attività che tra l’altro, le avevo anche consigliato) e in questo caso è solo un parere on line.
Grazie, avvocato, per aver risposto anche a quest’ultimo mio quesito, ma quello che volevo sapere è se nel mio caso, per la vicenda della tesi venuta a galla, un editore sceglie come strumento per sciogliere il contratto di edizione per un romanzo la risoluzione, l’annullamento o altre forme di scioglimento. L’annullamento mi sembra intervenga solo in casi gravi come quando il consenso è stato dato per errore se questo era riconoscibile dall’altro contraente oppure come quando il consenso è stato estorto con la violenza, il raggiro… etc… Nel mio caso, dovrei mica temere l’annullamento?
Come detto sono entrambe cause di scioglimento del vincolo contrattuale, che operano in determinate ipotesi previste dal codice in relazione ai casi specifici. L’annullamento si verifica nell’ipotesi di incapacità o dei vizi del consenso (dolo, errore e violenza), mentre la risoluzione agisce sul rapporto giuridico (sciogliendolo) nell’ipotesi in cui si verifica l’inadempimento di una delle parti, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione o l’eccessiva onerosità della prestazione. Nella fattispecie che lei delinea, sebbene in via ipotetica, si dovrebbe verificare il recesso del contratto o in altri casi la risoluzione dello stesso, mentre, in linea generale e ipotetica, escludo l’annullamento.
Perfetto, grazie mille. Scusi se sono pignolo e chiedo di essere ancora più specifico. Che tipo di recesso in particolare sarebbe prevedibile nel mio caso? So che esistono tre tipi di recesso: il recesso previsto dal contratto, quello previsto dalla legge e il recesso per i contratti a tempo indeterminato. Chiaramente il contratto di edizione e l’accordo di edizione non sono contratti a tempo indeterminato perché pure in quei contratti di pubblicazione di libri dove la durata non è specificata si intende che i diritti di sfruttamento economico per quell’opera sono vincolati a un determinato editore per 20 anni: ricordo bene, è tutto giusto? Quindi se questo tipo di contratto non può essere per sua natura a tempo indeterminato e non mi sembra che ci siano leggi specifiche che permettano a un editore di recedere in casi come quello mio, l’unica forma di recesso che si potrebbe prevedere nel mio caso dipende dalla presenza o meno della clausola di recesso all’interno del contratto (se tale clausola non c’è, non si può procedere nemmeno con questa forma di recesso): è tutto corretto?
Si tratta, in primo luogo, del recesso stabilito nel contratto a norma dell’articolo 1373 C.c.
Mi è venuta in mente un’altra questione legata ai lavori. Se la storia della tesi venisse a galla, mi si potrebbe mica chiedere di restituire i soldi guadagnati coi lavori svolti (lavori che richiedono la laurea, quelli che non richiedono la laurea e quelli che non hanno la laurea come requisito fondamentale)? Non si arriverebbe mai a questo, giusto?
Presuppongo, anche sulla base di quello già detto in precedenza, che eventuale scioglimento di accordi e restituzione di anticipi o compensi riguarda solamente tutti i lavori che presuppongono il titolo di laurea, quale elemento fondamentale per la realizzazione. Le ricordo, nuovamente, che non è sufficiente che la storia della laurea venga a galla, ma è necessaria una sentenza passata in giudicato che affermi che quel titolo non è valido.
Salve, scusi se mi rifaccio vivo. Quindi, in tutta questa storia della tesi, l’unica certezza che ho è che, grazie alla legge sul diritto d’autore, qualsiasi cosa accada sono e sarò sempre riconosciuto come l’autore dei miei romanzi, dei miei articoli e delle mie sceneggiature e che qualsiasi cosa accada avrò sempre il diritto di pubblicarli oppure ripubblicarli con un altro editore (nel caso in cui un primo editore sciolga un contratto di edizione dopo la pubblicazione e ritiri un libro dal mercato per la storia della tesi, dei titoli di studio perduti o per un altro motivo): è tutto giusto? La ringrazio.
Si esattamente, trattandosi di atti nei quali non è necessario avere un titolo di laurea.
Mi consenta nuovamente di consigliarle di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia per questa situazione il quale potrà assisterla nel merito, senza agire in solitudine. Rimaniamo a sua completa disposizione per altri ed eventuali consigli.
Cogliamo l’occasione per augurale buone feste.
Grazie, voglio chiederle solo una cosa, per maggiore chiarezza. Quindi, qualsiasi cosa accada per la storia della tesi, godo e godrò sempre di tutti i diritti previsti dalla legge sul diritto d’autore, diritti che non possono e non potranno mai essermi tolti: è tutto giusto?
Mi perdoni. Ripubblico la domanda del commento precedente perché mancava una cosa e quindi non era precisa. Qualsiasi cosa accada per la storia della tesi, avendo scritto romanzi, sceneggiature, articoli e/o racconti godo e godrò sempre di tutti i diritti previsti dalla legge sul diritto d’autore, diritti che non possono e non potranno mai essermi tolti: è tutto giusto?
Tutte le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia sono coperte dal diritto d’autore (e per converso il diritto d’autore sorge con la creazione dell’opera stessa). Il diritto d’autore appartiene all’autore dell’opera, colui che l’ha creata, a prescindere da titoli o esami.
Grazie. Nel frattempo ho fatto qualche ricerca sul diritto d’autore, e oltre ad aver visto che è un diritto inalienabile, quindi non ci si può privarsene né si può esserne privati, ho trovato questa vertenza/sentenza che mi sembra un po’ ambigua e mi chiedevo se potesse aiutarmi a chiarirmela (si parla della facoltà dell’autore di rinunciare al diritto morale d’autore, ma è lecito che una sentenza sia chiaramente in contrasto con la legge sul diritto d’autore?) e a chiarirmi se abbia un qualche peso nell’applicazione generale della legge sul diritto d’autore o se abbia avuto valore solo per quella determinata causa. La cosa strana è che tale vertenza/sentenza viene menzionata solo sul sito che le linko in basso, altrove non ce n’è traccia.
Sentenza/vertenza (copia-incolla dal sito): <>
La sentenza/vertenza (non so perché nel mio commento precedente sia stata automaticamente eliminata): Pretura di Roma 12 giugno 1989 in una causa intentata dal regista Verdone contro la Scena Film Production stabilisce “ammissibile la rinuncia da parte dell’autore al proprio diritto morale,sotto il profilo della limitazione convenzionale ad una particolare e circoscritta forma di tutela”.
Sempre la Pretura di Roma nella stessa vertenza stabilisce “dal generale principio della indisponibilità ed inalienabilità dei beni immateriali dell’onore e della reputazione, quali diritti della personalità, non deriva l’assoluta irrinunciabilità del diritto morale d’autore; è da ritenersi pertanto ammissibile una rinunzia a tutte o particolari modalità di esercizio del diritto morale.
Non riesco a vedere e a capire a quale caso lei si riferisca e pertanto non posso darle una risposta esauriente nel merito.
Il diritto morale d’autore è il diritto attribuito all’autore che si collega la paternità dell’opera, alla rivendicazione e al potere di disporre della stessa e di opporsi a qualsiasi modifica o danno che si possa arrecare all’opera. Per tali ragioni è, in via generale, irrinunciabile (così come la stessa paternità dell’opera alla quale è collegato), ed inalienabile, ovvero non può essere ceduto. In sintesi il diritto morale d’autore è irrinunciabili ed inalienabile (art. 22 L. 633/41) anche e soprattutto in relazione alla rilevanza pubblica dell’opera.
Nella realtà ci sono alcune eccezioni a tale regola della cessione a terzi, che possono essere esercitate dall’autore dell’opera solo finchè lo stesso è in vita. Tale cessione avviene attraverso appositi contratti e dietro il pagamento di una somma di denaro all’autore dell’opera ai fini della rinuncia, e tale pratica avviene solo in determinati ambiti specifici che possono variare dall’editoria in senso stretto fino ad opere cinematografiche a livello mondiale.
La ringrazio. Lei si riferisce al ghostwriting, giusto? O ci sono altre eccezioni?
La principale fattispecie (importata in Italia) è quella dello ghostwriting, che rappresenta una eccezione materiale alla regola legale.
Ah, giusto, perché immagino ci siano eccezioni che riguardano anche l’arte, l’architettura, etc… Ma le eccezioni che mi riguardano in quanto autore di articoli, sceneggiature, romanzi e racconti sono il ghostwriting, o ce ne sono altre legate all’ambito della scrittura? In ogni caso, deve essere l’autore a cedere tramite contratto e ricevendo una quota di denaro i diritti morali d’autore ad un’altra persona, l’autore originario non può in alcun modo essere privato dei diritti morali d’autore (e dei diritti patrimoniali d’autore) senza il suo consenso, giusto?
Più o meno è sempre la stessa figura che può comparire sia in opere letterarie (il classico esempio è quello della biografia del personaggio famoso) o in opere televisive o cinematografiche. L’autore cede (o meglio rinuncia) ai diritti sull’opera attraverso un apposito contratto e spesso dietro il pagamento di una somma di denaro, cedendo l’opera ad una terza persona che comparirà a livello pubblico come l’unico autore. In sostanza l’autore originario rinuncia al suo diritto di rivendicare la paternità dell’opera rimanendo in silenzio. Va da sè che una tale clausola presenta profili di legittimità e di invalidità.
Salve, avvocato. Una precisazione su quello che mi ha scritto qualche commento più sopra, se possibile. Lei, quando le chiedevo se per la mia vicenda della tesi triennale mi si potessero mai togliere i diritti d’autore dei miei romanzi, delle mie sceneggiature, dei miei racconti e dei miei articoli, mi ha scritto che “Il diritto d’autore appartiene all’autore dell’opera, colui che l’ha creata, a prescindere da titoli o esami.”
Con “titoli” intendeva titoli di studio e titoli accademici, giusto?
Intendevo titoli di studio (diploma o laurea).
certamente anche titoli accademici.
Però, come in precedenza affermato è abbastanza difficile provare e dichiarare la nullità dei titoli di studio. Si tratta di una operazione complessa, soprattutto nel merito, e specie a distanza di anni.
Salve, avvocato. Mi è sorto un altro dubbio per questa vicenda, se può chiarirmelo. Il fatto di essermi fatto scrivere la tesi di laurea triennale da un’altra persona dietro pagamento e di aver conseguito la laurea con tale tesi è un reato. Per questo è previsto il ritiro dei titoli di studio conseguiti (laurea triennale e master, nel mio caso) ed è prevista una pena detentiva che va dai 3 mesi a un 1 anno. Mi chiedevo se potessero esserci anche altre conseguenze. Mi si potrà mai impedire di continuare a lavorare come scrittore?
Egregio Signore
nel caso in cui venisse pronunciata sentenza di condanna ciò comporterebbe la decadenza dei titoli acquisiti (laurea e master) e gli atti collegati a quest’ultimi mentre resterebbero validi tutti quegli atti realizzati al di fuori della laura o del master, ovvero per i quali la laurea e il master non erano necessari, tra i quali rientra la pubblicazione di romanzi in veste di scrittore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie. Quindi non mi si potrà mai impedire di continuare a scrivere e a pubblicare libri, racconti e articoli e a realizzare film e serie tv? Posso stare davvero tranquillo?
Per quanto mi riguarda può stare tranquillo.
Intanto la ringrazio per avermi seguito per questa vicenda e avere risposto a tutti i miei dubbi. E’ stata davvero molto gentile, è stata davvero molto preziosa. In realtà, però, non riesco ad essere ancora tranquillo perché da quello che si evince dalla sua ultima risposta – ma forse sbaglio – non è sicuro al 100% che non mi si possa impedire di continuare a fare lo scrittore dopo che la vicenda della tesi fosse diventata pubblica e ne abbia subito le conseguenze legali/giuridiche. Ho interpretato la sua risposta come se volesse dirmi che per lei è così (“Per quanto mi riguarda”), ma non c’è la sicurezza assoluta che sia così, che qualcun altro potrebbe vederla diversamente. Sbaglio?
Allora mi chiedo: scrivere e pubblicare (con tutti i diritti d’autore) non sono diritti sanciti dalla Costituzione? Qualsiasi pena o conseguenza giuridica mi venga inflitta per la tesi, mi si può mai davvero privare di questi diritti costituzionali? Scusi se insisto, ma l’unico modo per potermi buttare alle spalle tutta questa vicenda è avere una minima certezza sul futuro. La ringrazio ancora se potrà rispondere a questi quesiti.
Le confermo che secondo la mia opinione lei può stare tranquillo in merito alla sua attività come scrittore, che non presuppone necessariamente il titolo di laurea. Certamente ogni opinione non può mai essere formulata in termini di certezza assoluta, a prescindere dal caso in questione, ma di massima probabilità. Trattandosi di una opinione rivolta verso il futuro è già tantissimo. In sostanza stia tranquillo e si goda la sua attività come scrittore. Poi non è detto che la storia della tesi di laurea abbia o possa avere (in futuro) risvolti negativi.
Al di là della perdita della laurea, temo quella che in gergo giuridico si definisce come “un’interdizione dall’esercizio di una professione o di un’arte” come pena accessoria per quello che ho fatto. So che tali interdizioni vengono inflitte a chi svolge professioni che richiedono un’abilitazione, ma non so se possano riguardare anche le altre professioni e le altre arti perché ho letto degli articoli che mi hanno lasciato nel dubbio. Non è possibile prevedere se un’interdizione possa essere inflitta anche nel mio caso?
Non credo che si possano infliggere interdizioni al di fuori di alcuni casi. E poi le pene accessorie vengono applicate in reati molto gravi, con aggravanti.
Ho letto che per l’interdizione si prevede o la “decadenza” dall’abilitazione o “la privazione della capacità” per chi non sia in possesso dell’abilitazione professionale. Era qui che avevo il dubbio. Pensavo che per la “privazione della capacità” si potesse toccare anche la mia professione per la quale non è richiesta alcuna abilitazione. Ma quindi lei mi conferma che queste sono misure che si applicano solo per i reati gravi, con aggravanti, giusto?
Mentre per la “sospensione dall’esercizio della professione e dell’arte” è necessario che il crimine venga commesso svolgendo la propria professione, abusando della propria posizione professionale: è corretto?
Come sempre, grazie.
Esattamente a quello che lei scrive. Pertanto, non intravedo (in termini di alta probabilità) la possibilità di pronunciare una interdizione.
Comunque tali conseguenze possono essere maggiormente valutabili nel momento di apertura del giudizio e nella formulazione del relativo capo di imputazione.
Quanto al capo di imputazione, si conosce il fatto (essermi fatto scrivere la tesi di laurea triennale da un’altra persona dietro pagamento e aver conseguito il titolo con tale tesi) e il reato (“Falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche”). Sulla base di questi non è quindi possibile fare previsioni con più sicurezza?
In relazione a tale fatto (indicato nel capo di imputazione) non ritengo che vi possa essere l’applicazione di pene accessorie. E poi quali pene accessorie????
Pensandoci bene, tra le ipotesi di reato, ci può essere anche il plagio qualora la persona che mi ha svolto quel servizio decidesse di rivendicare la paternità del lavoro. Se fossero questi i capi di imputazione, si potrebbero fare previsioni più certe? La ringrazio.
No, escludo il plagio.
D’accordo, ricevuto. Con “sospensione” intende anche l’interdizione e/o la “privazione di capacità”, giusto?
D’accordo. Quindi il plagio si può escludere? Quella persona mi ha scritto la tesi a mano e non so se ne abbia conservato un’altra copia scritta a mano o se abbia successivamente trascritto la tesi al computer. Lo scambio di soldi e tesi è avvenuto di persona e mi sembra di ricordare che non ci sia stata una ricevuta o fattura da parte sua, ma potrei ricordare male. Per la tesi, i pagamenti e i dettagli del lavoro ci siamo accordati di persona, per chiamata telefonica e su Whatsapp, ma ho perso i messaggi della chat. Mi chiedevo se tale persona avesse le prove per sostenere che da parte mia ci sia stato un plagio e quindi se mi si potesse accusare anche di tale reato oltre al resto. Considerando anche questo reato a mio carico oltre a quello di falsa attribuzione del lavoro altrui per il conseguimento del diploma di laurea esclude lo stesso che mi si possa impedire di continuare a lavorare come scrittore?
Secondo me non c’è plagio. L’attività di scrittore non presuppone il titolo di laurea, ovvero si può scrivere un libro anche solo con la terza media, di conseguenza non ci dovrebbero essere problemi.
Non vorrei esagerare, ma se su un piano ipotetico considerassimo insieme i reati di falsa attribuzione di lavoro altrui per il conseguimento del diploma di laurea, di plagio e di furto (qualora mi si accusasse di aver rubato quel lavoro), si potrebbe prevedere come pena accessoria l’interdizione o la sospensione dalla professione dello scrittore o la “privazione di capacità” per la mia professione?
Credo che non sia possibile ipotizzare tutti questi reati contemporaneamente, in quanto il primo assorbe gli altri, e come pena accessoria l’interdizione da una professione o da un’arte, presuppone l’impossibilità per il condannato di esercitare, durante l’interdizione, una professione o un’arte, … per cui è richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza dell’Autorità (ex art. 30 C.p.). Credo sia molto difficile applicarla al mestiere dello scrittore.
Ho letto che per quelle professioni per cui non è richiesto un permesso speciale o un’abilitazione si infliggerebbe la “privazione di capacità”, invece della “decadanza dal permesso” che è tipica dell’interdizione. Nei casi ipotetici che le ho descritto, potrebbe essere una possibilità o anche questa sarebbe da escludere? Grazie davvero.
Ripeto: credo sia molto difficile applicarla al mestiere dello scrittore.
Credo che concretamente mancano alcuni presupposti per applicarla.
Ho capito, e questo anche perché l’attività dello scrittore in fondo consiste nello scrivere e nel pubblicare, che in fondo sono diritti costituzionali che vengono garantiti a tutti, anche a chi ha commesso reati: è corretto? In ogni caso, raggiunta la prescrizione, non potrò subire nessuna di queste conseguenze, tranne che la perdita dei titoli di studio qualora si riuscisse dimostrare la vicenda della tesi, giusto? Grazie grazie grazie!
Se si raggiungesse la prescrizione il reato si estinguerebbe, lei pertanto non sarebbe punibile, e tutta la vicenda della tesi non potrebbe essere dimostrata.
Grazie. Ho ancora una curiosità. So che l’attività del pubblicare viene garantita a tutti dalla Costituzione, so che infatti ci sono persone condannate per omicidio (fra questi anche persone condannate all’ergastolo) che hanno pubblicato libri da dietro le sbarre e c’è chi addirittura collabora con dei giornali dal carcere. Ad essere privato di questa facoltà è solo chi ha commesso reati ancora più gravi (per esempio, atti di terrorismo)? O davvero tutti possono pubblicare e io non avrei mai motivo per preoccuparmi?
L’applicazione di una pena accessoria, che avviene solo in caso di condanna penale, con durata variabile in relazione alla pena inflitta, ha la funzione di circoscrivere il reato ed evitare che il condannato possa nuovamente reiterare la condotta deviante. Pertanto, dipende non solo dalla gravità del reato e dalle (eventuali) aggravanti contestate, ma anche dalla tipologia del reato. Non credo che l’applicazione di una pena accessoria (c.d. Sospensione dall’esercizio di una professione o un’arte) avvenga nel suo caso, e nell’astratta ipotesi che ciò accadesse sarebbe a tempo determinato.
D’accordo, ricevuto. Con “sospensione” intende anche l’interdizione e/o la “privazione di capacità”, giusto?
si è la stessa cosa
ed è temporanea
Sì, la sospensione è un’interdizione temporanea, ma quello che chiedevo – forse sto capendo male io – è se stesse facendo riferimento anche alla “interdizione dall’esercizio di una professione o di un’arte” e alla “privazione di capacità”, che sono pene più durature e talvolta anche perenni. Insomma, se anche “l’interdizione dall’esercizio di una professione o di un’arte” o la “privazione di capacità” per i mestieri per il cui esercizio non è richiesta autorizzazione mi venissero inflitte, nel mio caso sarebbero comunque pene con una durata limitata (non più di uno/due anni) e non perenni, giusto?
Nell’ipotesi in cui venisse inflitta, in caso di condanna, una pena accessoria (interdizione, nel caso di delitto, o sospensione, nei casi di contravvenzione) la stessa avrebbe natura limitata ad un determinato periodo.
Ho letto su Internet che queste misure possono essere anche perpetue, a seconda della vicenda. Quindi lei intende che la durata sarebbe limitata nel mio caso specifico, giusto?
Veramente io intendo che nel suo “caso” non sia possibile infliggere nessuna pena accessoria e nell’astratta ipotesi che ciò accadesse credo che sarebbe (il condizionale è d’obbligo) a tempo limitato.
Poi certamente ci sono misure non a tempo come l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, ad esempio nei reati peculato, corruzione e concussione.
Ricevuto, grazie. Tornando un attimo alla prescrizione, ho letto su siti giuridici che, se si riesce a dimostrare che la tesi è stata scritta da un’altra persona, i titoli di studio possono essere perduti anche se il reato va in prescrizione. Per il resto, raggiunta tale prescrizione, non potrà esserci nessun’altra conseguenza, non potrà esserci nessuna pena (né principale, né accessoria), giusto?
Dipende da quando si prescrive il reato. Certamente con la prescrizione non può essere inflitta nessuna pena, nè principale e nè accessoria.
In che senso dice da quando si prescrive il reato? Comunque, credo che per questi tipi di reati la prescrizione scatti a sei anni dal fatto. Il fatto che mi sia esposto pubblicamente su questo sito per chiederle questa consulenza non può costituire un atto interruttivo della prescrizione, giusto?
La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione. Il fatto di scrivere su tale piattaforma non costituisce atto interruttivo della prescrizione, anche perchè non è mai stato aperto un processo.
Grazie per la cortese e celere risposta. Quindi, se ne sta parlando nelle sedi opportune?!
Dunque, non condivide le tesi del Suo collega Prisco menzionate nel link, in merito al discorso delle mascherine come TSO?
Inoltre, la norma fa riferimento al fatto che la mascherina va portata anche all’aperto
“a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi”
Questo si presta a interpretazione varie…
Nelle Faq viene anche detto che la si può evitare se si è soli o coi propri conviventi e già qui mi pare una contraddizione con la prescrizione precedente…
Leggendo un giornale online, poi, mi fanno sapere che la camminata veloce non è considerata attività sportiva…
All’inizio ricordo che gli unici luoghi esclusi erano boschi, montagne, spiagge isolate ma ci sono delle zone in città dove, pur essendoci abitazioni, non c’è esattamente assembramento o vicinanza con le persone. Come mi deve regolare concretamente in questi casi?
Credo che si sia superata la soglia del ragionevole, sono per me norme vergognose.
Grazie infinite per la disponibilità.
Un cordiale saluto.
Gentile Signora
certamente si è detto tutto e poi il contrario! Credo che ciò dipenda dall’eccezionalità della situazione epidemiologica e dalla “fragilità” del nostro sistema sanitario (oltre che economico). Io ritengo che le norme relative alle mascherine e al distanziamento, ecc… siano in linea con i principi costituzionali oltre che con le esigenze fattuali. Io attuo la regola di portare sempre la mascherina all’aperto indipendentemente si ci siano o meno altre persone nelle vicinanze (togliendola solo in casa con persone conviventi) e mantenendo con le altre persone, non conviventi, il distanziamento sociale. Il Covid19 è un virus altamente contagioso e come tutti virus colpisce la socialità e l’aggregazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie ma quel che mi preme sapere è se ho la possibilità di fare una camminata senza mascherina da qualche parte oppure no. Basta seguire con buon senso il punto in cui la norma recita “a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi” o non è sufficiente?
Io non ritengo affatto che alcune norme come quella della mascherina all’esterno siano in linea con le esigenze fattuali, poiché ho letto che non vi sono studi scientifici che comprovano una loro effettiva utilità (se poi si è da soli all’aperto, mi sembra anche inutile fare studi!!) e mi pare che non vi sia un’evidenza chiara nemmeno al chiuso!!
Grazie ancora!
Certamente, usando in primis il buon senso, credo che si possa fare una passeggiata all’aria aperta senza mascherina ad esempio in posti desolati o di campagna dove è possibile osservare un notevole distanziamento sociale. La passeggiata anche a passo svelto rientra, secondo le direttive del Consiglio dei Ministra, nell’attività motoria e non nell’attività sportiva.
Grazie molte!
Grazie a lei per averci contattato.
A presto!
Egregio Avvocato,
posseggo un appartamento situato al piano terra di una costruzione degli anni 60′.
Faceva parte di un appartamento più grande articolato su due piani, piano terra e primo piano.Nell 1989 è stato ricavato dal piano terra un appartamento eliminando la scala di collegamento con il piano superiore.
L’altezza del soffitto risale alla costruzione originaria degli anni ’60 ed è inferiore a 2,70 m di 10-15 cm.
Vorrei sapere se in queste condizioni è garantita l’abitabilità dal momento che la costruzione risale agli anni ’60, prima delle leggi del 1975 che regolano l’altezza del soffitto.
Grazie per l’attenzione
Gentile Signora
tra i requisisti di abitabilità di un immobile, ai fini del rilascio del certificato di agibilità, si prevede l’altezza minima di metri 2,70.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Abito in provincia di Latina (zona in cui non è presente alcun vincolo paesaggistico) e nell’ambito della manutenzione straordinaria in corso nel mio appartamento, ho intenzione di apportare modifiche a 2 finestre. Nello specifico il mio appartamento e’ ubicato al sesto piano di un condominio composto da un totale di 7 piani. Nel progetto di ristrutturazione e’ prevista la sostituzione degli infissi esistenti con nuovi infissi, della stessa tipologia e colorazione degli esistenti. Vorrei a tal proposito modificare 2 aperture finestrate esistenti poste sul prospetto ubicato sul retro dell’edificio (quindi non fronte strada ma verso un cortile interno del condominio), andando a trasformare la finestra di tipo a bandiera, ovvero composta da una portafinestra e finestra adiacente, in un’unica portafinestra scorrevole. Il lavoro che si intende realizzare e’ quello di demolire il parapetto della finestra adiacente alla portafinestra creando cosi’ una unica apertura, pertanto la porta finestra modificata avra’ la medesima apertura di quella esistente. Come dichiarato dallo stesso architetto che ha predisposto il progetto post-operam, tale modifica non apporterà sostanziali cambiamenti all’aspetto esterno dell’intero stabile in quanto le aperture risultano coperte dalle ringhiere dei balconi esistenti e oltremodo essendo poste al piano sesto, in prospettiva, e’ improbabile percepire tale cambiamento. Pertanto la modifica degli infissi in questione, come dichiarato dal mio architetto, consentira’ il più completo mantenimento del decoro architettonico dello stabile.
Visto che qualche condominio ha manifestato la propria contrarietà a questo tipo di intervento, in quanto, a detta dello stesso, potrebbe compromettere il decoro del palazzo, vorrei sapere se:
– e’ necessario chiedere autorizzazione preventiva al condominio oppure posso procedere ad effettuare i lavori senza acquisire alcuna autorizzazione.
– se è opportuno interpellare il condominio, qual e’ la maggioranza necessaria in assemblea per ottenere il nulla osta?
– nel caso non ottenessi l’autorizzazione dal condominio ed effettuassi comunque i lavori di modifica delle finestrature, a quali rischi andrei incontro?
Preciso che oltre ai suddetti interventi, vorrei modificare una terza finestra da tre a due ante. A tal proposito specifico che nel palazzo ci sono due precedenti, ossia due inquilini che in passato hanno apportato la medesima modifica, senza chiedere alcuna autorizzazione preliminare.
Faccio presente altresì che il regolamento condominiale non prevede divieti o particolari limitazioni alla trasformazione delle finestre.
Resto in attesa di cortese riscontro e ringrazio per l’attenzione e disponibilità.
Egregio Signore
da quello che lei narra ritengo che non sia necessaria l’autorizzazione dell’assemblea dei condomini dal momento che la trasformazione della portafinestra e finestra adiacente in un’unica portafinestra scorrevole non altera la destinazione e la funzione dell’apertura e non crea un danno alle parti comuni. La questione ruota intorno all’art. 1122 cc. che stabilisce che il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni oppure determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. Se vengono rispettati tali requisiti non credo che vi siano problemi alla realizzazione della sua opera.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentili Avvocati,
Vi chiederei cortesemente se posso ottenere la rimozione di tutti i miei interventi presso un forum pubblico online.
Grazie molte.
Un cordiale saluto.
Credo che dipenda dal regolamento del forum, se preveda o meno la cancellazione degli interventi degli utenti.
Grazie ma se non è indicata alcuna norma in questo senso vale solo il volere del titolare?
Grazie ancora.
Se non è inserita tale clausola vuol dire che tale aspetto non è stato disciplinato da entrambe parti (ovvero anche lei accettando le condizioni del regolamento accetta la mancanza di disciplina sul punto).
Grazie per la gentile risposta ma quindi non potrei pretendere nulla? Cioè, dovrei accettare quel che decide il titolare/moderatore?
In merito alla singolare situazione che stiamo vivendo, l’Avv. Mariafrancesca Carnevale mi aveva scritto che non ravvisava problematiche di legittimità o di incostituzionalità, se non erro, io però sto trovando in rete dei Vostri colleghi che sostengono il contrario… Se non sbaglio, i dpcm non sarebbero legittimi, ci sarebbero problemi di gerarchia delle fonti, problemi di incostituzionalità, l’imposizione delle mascherine sarebbe un TSO ma non rispetterebbe i requisiti di tale istituto… Ci sono anche due pronunce…
Leggo anche che l’imposizione di un obbligo vaccinale sarebbe contrario al diritto nazionale ed internazionale. A livello nazionale, leggo che sarebbe possibile attuarlo in realtà, tramite una Legge.
Grazie molte per la disponibilità.
Un cordiale saluto.
Quanto alla prima questione fa fede quanto stabilito nel regolamento, al di fuori del quale dovrebbe agire in via giudiziale. Mentre per quanto riguarda l’obbligo di mascherine ecc. ecc. a seguito dell’epidemia da Covid 19 e in relazione ai diversi DPCM susseguitisi nel tempo (sebbene alcuni discutibili) riteniamo che tali norme siano comunque conformi al dettato costituzionale e in primis all’art. 32 Cost.
“Mentre per quanto riguarda l’obbligo di mascherine ecc. ecc. a seguito dell’epidemia da Covid 19 e in relazione ai diversi DPCM susseguitisi nel tempo (sebbene alcuni discutibili) riteniamo che tali norme siano comunque conformi al dettato costituzionale e in primis all’art. 32 Cost.”
Peccato che il TAR del Lazio non la pensi così… E tutti i giuristi che propongono ricorsi sarebbero dei folli allora? E il Giudice di Pace di Frosinone?
Gentile Signora
certamente possono essere impugnati, e vi sono varie teorie che sostengono l’impugnazione per profili di legittimità (sebbene ogni caso ha una sua valenza specifica in quanto basato su determinati elementi fattuali). Io, personalmente, ritengo che di fronte alla tutela del diritto di salute, tutela di rango costituzione ex art. 32, non possano essere dichiarati incostituzionali (sebbene, come precedentemente affermato, discutibili sotto vari punti di vista). Una cosa è metterli in discussione e avanzare delle critiche anche di un certo spessore altra cosa è affermare l’incostituzionalità a priori.
Le auguro un Buon Natale
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Io non ho certo le risposte.
Ora vado a leggermi la recente notizia che concerne il Tribunale di Roma…
Grazie mille e buon Natale anche a Voi.
Buonasera, in settimana ho chiesto in Line una carta di credito revolving (premesso che ne ho già possedute regolarmente alcune), e con mia somma sorpresa mi hanno rifiutato la richiesta. Ora siccome non ho alcun tipo di problemi di protesti ne tantomeno di affidabilità economica (tra l’altro confermato dall’ufficio relazione clienti della finanziaria), mi domando se esiste una legge o piglio giuridico, al quale possa ottenere una liberatoria dal momento che sicuramente la finanziaria ha censito in banca dati il mio l’esito NEGATIVO. Allego risposta della finanziaria: Salve,
In merito alle motivazioni del mancato accoglimento della sua richiesta di finanziamento, precisiamo che tale decisione è legata alla possibilità di valutare le singole domande sulla base di criteri elaborati discrezionalmente.
Tali criteri non si basano solo sull’analisi dei suoi dati personali, ma anche su altri numerosi parametri che riguardano scelte operative e strategiche interne all’azienda, che non possono essere divulgate all’esterno.
Quindi il mancato accoglimento della sua domanda, non comporta necessariamente una valutazione negativa sul suo profilo personale o sul suo merito creditizio.
Saluti
Egregio Signore
come sottolineato anche dalla stessa finanziaria il motivo di rigetto della richiesta della carta di credito revolving non è legato ad un problema di affidabilità economica. Spesso le finanziarie prendono in considerazione altri parametri, che sono purtroppo interni alle società e pertanto, non di mia diretta conoscenza. In alcuni casi si valuta anche la convenienza in relazione all’entità del credito richiesto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno;
Innanzitutto la ringrazio per aver dato udienza alla mia richiesta ed avere speso il suo prezioso tempo; certamente posso comprendere tutte le loro indagini e valutazioni burocratiche, ma non posso di certo GIUSTIFICARE l’avere posto i miei dati sensibili in “cattiva luce”.
A me non intesa se la FINANZIARIA non mi conceda un plafond, fortunatamente c’è concorrenza; la domanda era se (visto le loro motivazioni per me al quanto futili), purtroppo non posso fare alcuna richiesta presso altre finanziare essendo stato censito in banca dati “ negativamente”, ed era questo il motivo della mia domanda nel richiedere una sorta di LIBERATORIA.
Grazie ancora per la sua cortesissima attenzione e professionalità in merito alla mia istanza.
Sentitamente Ringrazio
MASSIMO
Non credo che ci sia stato un censimento negativo dei suoi dati, in quanto la sua richiesta è stata respinta non per un problema di affidabilità economica o di insolvenza ma per ragioni interne alla società finanziaria. Non essendo stato classificato come “cattivo pagatore” credo che possa fare tranquillamente richiesta ad altra società finanziaria.
Grazie sentitamente Egr. Avv Francesco, in merito alla sua cortesissima è confortante risposta al mio quesito posto; ora mi sento più tranquillo e sereno almeno per quanto concerne la mia solvibilità ed esposizione debitoria.
Complimenti per il servizio che rendete ai cittadini attraverso questo ottimo e funzionale blog.
Distintamente
L. Massimo
Grazie a lei per averci contattato.
Rimaniamo a sua disposizione per ogni altro consiglio, ove necessario.
Cogliamo l’occasione per augurale buone feste.
Ho un quesito nell’ipotesi che la mia fidanzata venisse bannata dall’area Schengen nel viaggio di ritorno verso il suo Paese natale (extra UE) perché non ha rispettato i termini di permanenza.
Celebreremo a breve il nostro matrimonio in un paese extra UE e vorrei sapere se al nostro ingresso in Schengen è sufficiente presentare il certificato di matrimonio alle autorità per permetterle di rientrare in mia compagnia qualora venisse fermata ad un controllo aeroportuale. Questo certificato deve essere apostillato/tradotto dallo spagnolo perché le sia garantito il diritto di ingresso in Schengen?
Grazie in anticipo.
Egregio Signore
la questione che lei sottopone dipende dalla presenza di una eventuale segnalazione del cittadino nel Sistema Informativo Schengen in relazione ad un problema di pubblica sicurezza.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno avvocato
nell’eventualità che la mia fidanzata sia segnalata al Sistema Informativo Schengen durante il suo viaggio di ritorno al suo Paese natale, al nostro ritorno il certificato di matrimonio emesso in spagnolo da un Paese extra UE è sufficiente a garantirle l’ingresso in Schengen qualora fosse fermata dalle autorità aeroportuali?
Grazie in anticipo.
Credo che non sia sufficiente per l’ingresso in Schengen.
Salve,
Mio padre aveva dalla Commissione Medica Asl una diagnosi di demenza vascolare multinfartuale con importante decadimento cognitivo (MODA 45%). Tre anni dopo questa diagnosi fa testamento olografo. Il testo pur contenendo qualche lettera omessa(3), qualche ripresa(4), qualche tremolio, è ben strutturato comprensibile, rispetta gli spazi ed il rigo. Ho letto che in questo tipo di demenza la capacità di scrittura si mantiene più a lungo. Nel testo utilizza parole “importanti” per il suo stato quali elargizione di denaro, quota di legittima, quota di riserva. Mi domando se sia stato possibile il lucido intervallo nel suo stato essendo la patologia cronica ed irreversibile. In altre parole come può provare la capacità di intendere e volere la parte che sostiene il lucido intervallo? Grazie per la risposta
Gentile Signora
Il testamento olografo (ex art. 602 C.c.) deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore L’onere della prova che il testamento sia stato redatto in un momento di lucido intervallo spetta a chi ne afferma la validità, mentre, per converso, chi impugna il testamento deve dimostrare l’incapacità del testatore. Partiamo dal presupposto che non è facile valutare pienamente il processo di volontà del testatore nella redazione del testamento, soprattutto quando quest’ultimo è affetto da una malattia o in relazione all’incapacità di testare; tale problema si riversa su entrambi le parti, e anche sul giudice investito della controversia. Le prove avvengono, in tali casi, mediante presunzioni sia con riferimento alla tipologia di malattia del testatore, ovvero più specificatamente, se la stessa consenta o meno momenti di “lucido intervallo”, e sia in relazione alle condizioni mentali del testatore anteriori o posteriori al testamento. Inoltre altre presunzioni possono derivare dal contenuto dello stesso testamento, che può essere valutato sia sotto il profilo materiale, in merito alle disposizioni in esso contenute e sia sotto il profilo soggettivo, in relazione all’animus del testatore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio per la pronta e professionale risposta. Uno dei dubbi che mi resta è proprio se la demenza vascolare ammetta il lucido intervallo. Secondo lei? Grazie ancora e buona feste
Sinceramente non riesco a darle una risposta. Occorrerebbe una valutazione sotto il profilo medico per capire se la demenza vascolare possa ammettere o meno il lucido intervallo.
La scrivente ha acquistato un ufficio locato ad Agosto 2015, Contratto di Locazione non visionato in quanto ricevuto dal Notaio il giorno stesso dell’Atto, risulta troppo sbilanciato a favore dei conduttori: “Nuovo” stipulato a Febbraio 2015, rinuncia al recesso del conduttore al termine dei 6 anni, fitto vile. Ha più volte chiesto l’esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali con numerosi solleciti Verbali e non, e-mail, Pec, 1 Ingiunzione di Pagamento 07/2019 ante-Covid, sperando che cambiaste atteggiamento, ciò nonostante risultate essere inadempienti rispetto agli obblighi contrattuali assunti ed in esso contenuti, il termine per l’esatto pagamento del canone locativo, come convenzionalmente stabilito ha carattere essenziale per la parte locatrice entro e non oltre il giorno 1 di ogni mese parte conduttrice non potrà in alcun modo ritardare il pagamento del canone e degli oneri accessori oltre i termini convenuti nel presente contratto (ART.3 – ART.5). Ha rischiato di avere un’ingiunzione di pagamento con una e-mail del 13 Novembre 2020 dall’Amministratore del Condominio per quota del conguaglio ordinario dell’anno 2019, quota per la Guardiana estiva 2020 ed anche anche degli oneri ordinari mensili arretrati. Avete scritto all’invio dei Bonifici “ci scusiamo per il ritardo legato all’assenza dallo studio di alcuni di noi per problematiche covid” ma questo non giustifica il Vs inadempimento, se eravate in difficoltà avevate l’obbligo di contattarmi ed insieme potevamo stabilire tempi e modi per superare la difficoltà. La regola generale prevede che il conduttore non possa astenersi dalla corresponsione del canone unilateralmente; infatti, tra le obbligazioni gravanti sull’inquilino, v’è quella di versare il corrispettivo (art. 1587 n. 2 c.c.). Obbligo di correttezza e buona fede delle parti di contattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.). Con questo avete rotto l’equilibrio già instabile per i Vs continui inadempimenti, costituendo un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti, l’importanza dell’inadempimento è tale da non essere interessata a portare avanti un contratto che crea più danni che benefici.
Quando avete comunicato la variazione dei conduttori ho più volte richiesto e mai ricevuto un Documento da poter esibire all’Agenzia delle Entrate per effettuare la variazione, un estratto dal Registro Imprese della CCIAA e sul quale controllare che siano stati rispettati gli obblighi contrattuali dal quale si evinca: SCHEDA PERSONA COMPLETA -DATI ANAGRAFICI -SOGGETTO IN CIFRE. N. imprese in cui è titolare di almeno una carica -N. imprese in cui è Rappresentante- Informazioni storiche- Dipendenti, di tutti i conduttori e dei signori X e Y e/o società partecipate, non so chi sia presente nell’ufficio né se possa esserci. (ART.6)……… potete sublocare parzialmente e/o ospitare a titolo gratuito l’unità immobiliare locata esclusivamente ai signori X e Y e/o società partecipate dai conduttori e da quest’ultimi, dandone formale notizia alla parte locatrice con l’indicazione delle generalità complete del sublocatore e/o della ragione sociale delle società, quest’ultimo potranno subentrare nel rapporto locatizio con il consenso di entrambi i conduttori/conduttore recedente/recedenti se il subentro riguarderà uno solo di essi. Le costituite parti convengono espressamente che il contratto si risolverà in caso di mancato adempimento da parte del conduttore anche ad una sola delle obbligazioni previste nel presente Atto, ai sensi e per gli effetti dell’ART. 1456 c.c. (ART.16 – ART.3 – ART.5)
A norma degli art. 1341 e 1342 del c.c le parti previa lettura di ogni clausula e e rilettura di quelle del presente contratto di cui gli articolo (2-3-4-5-6-7-8-9-10-11-12-13-14-15-16-17-18) dichiarano espressamente di approvarle ciascuna specificatamente. Non Vi ho messi io in questa condizione, Vi siete messi da soli, è vero che anche altri condomini nel palazzo non hanno pagato il condominio ma loro sono proprietari, rischiano su se stessi, Voi invece siete inquilini se non pagate l’amministratore l’ingiunzione di pagamento va al proprietario.
CON QUESTI PRESUPPOSTI DEVO INVIARE UNA LETTERA DI DIFFIDA X INADEMPIMENTO. A QUESTO PUNTO VORREI MANDARLI VIA POSSO CHIEDERE LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER INADEMPIMENTO GRAVE CON GLI ART. DEL CONTRATTO? OPPURE FARE UNA SCRITTURA PRIVATA X RICHIEDERE PAGAMENTO CANONE E ONERI CONDOMINIALI ORDINARI IN UN’UNICA SOLUZIONE ANNUA SPERANDO CHE VADANO VIA? O ADDIRITTURA UNA PERMUTA IMMOBILIARE? ALTRO?
HO OMESSO DI DIRE CHE NEL FRATTEMPO MI HANNO PAGATO, MA SE LO RIFANNO CONTRATTO COMMERCIALE UFFICIO 6+6, BASTAVA L’ INGIUNZIONI DI PAGAMENTO VISTO CHE L’AVVOCATO NON E’ ANDATO OLTRE?QUANTE SE DEVONO FARE AFFINCHE’ CI SIA UNO SFRATTO X MOROSITA’ VELOCE. VI PREGO DI COMUNICARMI ANCHE I TEMPI MEDI ED I COSTI DELLE VARIE ALTERNATIVE.
Gentile Signora
mi pare di capire che si tratta di un contratto di locazione ad uso commerciale 6+6 rispetto al quale lei, in qualità di locatore, ha avuto una serie di problemi nel corso degli anni nei confronti del conduttore o dei conduttori in ordine al pagamento del canone, nella puntualità nel versamento della somma come stabilito dal contratto, e in ordine al pagamento delle rate condominiali. La situazione ha subito un notevole peggioramento a seguito dell’emergenza Covid 19; mi pare di capire che nel frattempo il canone di locazione arretrato sia stato versato. Detto ciò se si verifica nuovamente il mancato pagamento del canone di locazione può agire con la risoluzione per inadempimento (sfratto per morosità). E’ necessario che l’inadempimento deve essere grave e valutato alla stregua dell’art. 1455 c.c. ovvero non deve essere di scarsa importanza da valutare di volta in volta nel quadro dell’economia generale del contratto. Per quanto concerne i costi della procedura, non esistendo costi standard, gli stessi devono essere concordati con il suo avvocato di fiducia in relazione alle problematiche della singola fattispecie.
Colgo l’occasione per augurale un Buon Natale
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve Avvocato, ho acquistato un ufficio a reddito ad Agosto 2015, con contratto non visionato in quanto arrivato dal Notaio lo stesso giorno dell’Atto di Acquisto, credo volutamente da parte del venditore, “contratto nuovo” di febbraio dello stesso anno. Questo contratto è sbilanciato a favore del conduttore, con un fitto notevolmente inferiore alla media ed alla rendita catastale su cui pago le tasse, rinuncia da parte del locatore a recedere alla prima scadenza dei 6 anni,
In più i 2 locatari sono perennemente in ritardo, nonostante i miei solleciti tramite e-mail pec, mi attaccano perchè vorrebbero che pagassi per la loro manutenzione ordinaria, e pretendono di dettare legge sui tempi/modi unilateralmente su quella straordinaria, tanto mi hanno irritato che nel 2019, anzichè inviargli il solito sollecito bonario che non prendono in considerazione, gli ho inviato affidandomi ad un avvocato un Ingiunzione di Pagamento, ma l’avvocato si è fermato lì. Hanno omesso di pagare il condominio che ho dovuto pagare al posto loro per evitare un’ingiunzione di pagamento a mio nome, il 13/12 richiesta il 19/12 bonifico Mi sono innervosita è non poco, il 24/12 mi hanno inviato i bonifici del fitto e del condominio arretrati scrivendo causa Covid. Tutti abbiamo subito slittamenti nei pagamenti, la persona corretta a monte si mette in contatto e d’accordo col creditore sui i tempi per il rientro economico, quella scorretta la usa come scusa postuma . Così mi sono messa a rileggere il contratto il termine per l’esatto pagamento del canone locativo, come convenzionalmente stabilito ha carattere essenziale per la parte locatrice entro e non oltre il giorno 1 di ogni mese, la parte conduttrice non potrà in alcun modo ritardare il pagamento del canone e degli oneri accessori oltre i termini convenuti nel presente contratto” e io aggiungo come scritto negli ART.3 e ART.5. Le costituite parti convengono espressamente che il contratto si risolverà in caso di mancato adempimento da parte del conduttore anche ad una sola delle obbligazioni previste nel presente Atto ai sensi e per gli effetti dell’ART. 1456 c.c. ed io aggiungo come citato negli ART.16 – ART.3 – ART.5 A norma degli art. 1341 e 1342 del c.c le parti previa lettura di ogni clausula e e rilettura di quelle del presente contratto di cui gli articolo (2-3-4-5-6-7-8-9-10-11-12-13-14-15-16-17-18) dichiarano espressamente di approvarle ciascuna specificatamente. PREMESSO CHE DEVO INVIARGLI UNA LETTERA DI DIFFIDA PER L’ESATTO ADEMPIMENTO, LE CLAUSULE INSERITE ALL’INTERNO DEL CONTRATTO SONO VALIDE? POSSO RICHIEDERE LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO? TEMPISTICHE E COSTI DI QUEST’OPERAZIONE, o MEGLIO OPTARE PER UNO SFRATTO PER MOROSITA?’ DI QUANTE INGIUNZIONI ABBIAMO BISOGNO AFFICHE’ I TEMPI SIANO RAPIDI? TEMPISTICHE E COSTI DI QUEST’OPERAZIONEMOROSITA’, PERMUTA IMMOBILIARE IN QUANTO PRIVA DI PRELAZIONE? ALTRO DA VOI CONSIGLIATO. Ho consultato 2 AVVOCATI UNO LA FA SEMBRARE UNA PASSEGGIATA L?ALTRO UN’ODISSEA PER CUI HO PERSO LA BUSSOLA L?ORIENTAMENTO.
Buonasera Avv.,
Vi illustro la situazione nel dettaglio.
Nel dicembre del 2019 mia madre, intestataria del contratto di locazione regolarmente registrato, purtroppo viene a mancare. il 30/12/2019 inviamo (io e mia sorella) al proprietario la disdetta del contratto di locazione avvalendoci della facoltà di recesso per gravi motivi (art.3 comma 6 L. 431/98) con un preavviso di 4 mesi.
Tale preavviso scadeva lo scorso Aprile in pieno lockdown (non dandoci la possibilità di cercare un’altra sistemazione) e, insieme al proprietario, siamo arrivati ad un accordo (dimostrabile con messaggi scritti dove veniva richiesto il pagamento) di x euro al mese, tutti pagati tramite bonifico. Tale ammontare x era ovviamente, per la situazione, inferiore al canone del precedente contratto. Il proprietario comunicava che per accettare tali condizioni lo si doveva fare solo in presenza di un “vantaggio fiscale” da parte sua.
Questi pagamenti avvengono regolarmente dal 04/19 al 11/20. il giorno 13/01 mi viene notificato, per la prima volta e senza aver ricevuto nessuna diffida precedente, dall’ufficiale giudiziario che eravamo stati citati dal proprietario per morosità e sfratto con causa preliminare fissata per il prossimo 25/02.
La mie domande sono:
Se abbiamo inviato la disdetta quando è mancata mia madre e non siamo quindi subentrati in alcun tipo di contratto, e non ne abbiamo stipulato uno in forma scritta, come può farci una causa di sfratto per morosità? Non si è estinto il contratto in capo a mia madre? Non ci troviamo nella situazione di “affitto in nero”?
Grazie per la disponibilità.
Egregio Signore
per dare una risposta occorrerebbe leggere gli atti, anche perchè mi sembra, sulla base di quello che lei afferma, molto difficile poter agire attraverso una procedura di sfratto per morosità. Quest’ultimo presuppone, nelle locazioni ad uso abitativo, l’esistenza di un valido contratto (scritto) tra le parti e il mancato pagamento di almeno una mensilità del canone di locazione ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l’importo non pagato superi quello di due mensilità del canone. Le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia il quale, previo esame della documentazione, può assisterla in maniera opportuna.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Vorrei un consulto per una disdetta di contratto d’affitto. Nel contratto di affitto 4+4 con prima scadenza tra 3 mesi io e il mio coinquilino risultiamo conduttori in solido dell’abitazione. Il mio coinquilino vorrebbe (giustamente) rimanere in casa mentre io ho necessità di lasciare l’abitazione poiché andrò via da Milano causa cambio lavoro.
Abbiamo pensato a una possibilità di subentro, che però verrebbe resa molto difficile dalla attuale situazione covid e per me, essendo distante, sarebbe impossibile seguire il subentro. Per questi motivi pensavo ad una disdetta parziale del contratto da parte mia, fermo restando che darei aiuto per la ricerca di una nuova persona che possa subentrare al mio posto.
Il contratto prevede la possibilità di recedere con tre mesi di preavviso, tuttavia vi è una clausola che rende la disdetta valida solo se sono entrambi gli inquilini a sottoscriverla, rendendo apparentemente possibile una rescissione parziale e tenendomi, di fatto, legato a questo appartamento contro la mia volontà.
La clausola cita:
“2) RECESSO ANTICIPATO. Il conduttore può recedere dal contratto in qualsiasi momento con preavviso di mesi tre, che dovrà essere comunicato al locatore con lettera raccomandata AR. Il recesso avrà effetto solo qualora sia esercitato dalla totalità dei signori denominati “conduttore”.”
Come posso comportarmi? È legale e ha valenza giuridica questa clausola?
Grazie mille
Egregio Signore
la clausola di recesso con preavviso di tre mesi prevede la sottoscrizione di entrambi gli inquilini, in quanto obbligati in solido al pagamento del canone di locazione ed oneri accessori. Dal momento che lei deve lasciare l’immobile e, a quanto mi pare di capire anche la città, le consiglio di parlare con il proprietario dell’immobile spiegando la situazione ed esercitare entrambi la clausola di recesso (con raccomandata a/r) con conseguente scioglimento del vincolo contrattuale, per poi stipulare un nuovo contratto a favore del suo coinquilino (ad un prezzo più favorevole) e lasciando la possibilità di subentro ad un nuovo locatario il prima possibile. D’altronde in relazione all’attuale situazione epidemiologica ed economica mi sembra la soluzione più congeniale anche per il locatore, che comunque percepirebbe una parte dell’affitto nell’attesa del subentro di un nuovo inquilino.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, abbiamo stipulato un preliminare di vendita di un immobile di nuova costruzione che verrà ultimato in data 31 luglio 2021 con relativa piantina e pertinenze allegate al contratto medesimo. Oggi ci è stato comunicato che la Direzioni Lavori, a seguito di accertamenti tecnici, ha provveduto a spostare il cavedio allargandolo occupando metà muro e rientrando verso il centro della stanza. Ci è stato comunicato che l’accettazione per presa visione di tale modifica è una necessità impiantistica imprescindibile e che dobbiamo accettarla per forza. Tuttavia adesso la piantina è diversa da quella che noi abbiamo accettato con la stipula del preliminare e oltretutto non ci è stata chiesta alcuna opinione in merito al ridimensionamento del cavedio. E’ possibile opporsi? che tutele abbiamo? può essere considerato come un vizio o difformità del bene pattutito? Grazie
Gentile Signora
il contratto preliminare pone a carico delle parti, l’obbligo di stipulare il contratto definitivo entro una determinata data. Trattandosi di un contratto che ha natura obbligatoria non è facile, in via generale, far valere la nullità dello stesso mentre con riguardo al caso specifico occorrerebbe analizzare e capire se c’è stata una difformità catastale dell’immobile e soprattutto fino a che punto tale modifica era necessaria “tanto da doverla accettare per forza”. Per fare ciò è necessario una esame nel merito che può fare solo un legale di sua fiducia previo esame della documentazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve Avvocato, ho acquistato un ufficio a reddito ad Agosto 2015, con contratto non visionato in quanto arrivato dal Notaio lo stesso giorno dell’Atto di Acquisto, credo volutamente da parte del venditore, “contratto nuovo” di febbraio dello stesso anno. Questo contratto è sbilanciato a favore del conduttore, con un fitto notevolmente inferiore alla media ed alla rendita catastale su cui pago le tasse, rinuncia da parte del locatore a recedere alla prima scadenza dei 6 anni,
In più i 2 locatari sono perennemente in ritardo, nonostante i miei solleciti tramite e-mail pec, mi attaccano perchè vorrebbero che pagassi per la loro manutenzione ordinaria, e pretendono di dettare legge sui tempi/modi unilateralmente su quella straordinaria, tanto mi hanno irritato che nel 2019, anzichè inviargli il solito sollecito bonario che non prendono in considerazione, gli ho inviato affidandomi ad un avvocato un Ingiunzione di Pagamento, ma l’avvocato si è fermato lì. Hanno omesso di pagare il condominio che ho dovuto pagare al posto loro per evitare un’ingiunzione di pagamento a mio nome, il 13/12 richiesta il 19/12 bonifico Mi sono innervosita è non poco, il 24/12/20 mi hanno inviato i bonifici del fitto e del condominio arretrati scrivendo causa Covid. Tutti abbiamo subito slittamenti nei pagamenti, la persona corretta a monte si mette in contatto e d’accordo col creditore sui i tempi per il rientro economico, quella scorretta la usa come scusa postuma . Così mi sono messa a rileggere il contratto il termine per l’esatto pagamento del canone locativo, come convenzionalmente stabilito ha carattere essenziale per la parte locatrice entro e non oltre il giorno 1 di ogni mese, la parte conduttrice non potrà in alcun modo ritardare il pagamento del canone e degli oneri accessori oltre i termini convenuti nel presente contratto” e io aggiungo come scritto negli ART.3 e ART.5. Le costituite parti convengono espressamente che il contratto si risolverà in caso di mancato adempimento da parte del conduttore anche ad una sola delle obbligazioni previste nel presente Atto ai sensi e per gli effetti dell’ART. 1456 c.c. ed io aggiungo come citato negli ART.16 – ART.3 – ART.5 A norma degli art. 1341 e 1342 del c.c le parti previa lettura di ogni clausula e e rilettura di quelle del presente contratto di cui gli articolo (2-3-4-5-6-7-8-9-10-11-12-13-14-15-16-17-18) dichiarano espressamente di approvarle ciascuna specificatamente.
DEVO INVIARGLI prima di procedere UNA LETTERA DI DIFFIDA PER L’ESATTO ADEMPIMENTO? anche se questo gli darà modo di recuperare evitando procedure legali?
LE CLAUSULE INSERITE ALL’INTERNO DEL CONTRATTO SONO VALIDE?
POSSO RICHIEDERE LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO? dimostrando che sono stati sempre inadempienti fino a farmi rischiare l’ingiunzione di pagamento da parte dell’amministratore per arretrati sul condominio a me questo pare un fatto grave anche se hanno saldato a posteriore e se non avessi letto l’e-mail ? mi sarei trovata morosa inconsapevole.
TEMPISTICHE E Range COSTI DI QUEST’OPERAZIONE,
Si può OPTARE PER UNO SFRATTO PER MOROSITA?’
DI QUANTE INGIUNZIONI ABBIAMO BISOGNO AFFICHE’ I TEMPI SIANO RAPIDI?
TEMPISTICHE e range COSTI DI QUEST’OPERAZIONEMOROSITA’,
PERMUTA IMMOBILIARE IN QUANTO PRIVA DI PRELAZIONE? ALTRO DA VOI CONSIGLIATO.
Ho consultato 2 AVVOCATI UNO LA FA SEMBRARE UNA PASSEGGIATA L’ALTRO UN’ODISSEA
Ad oggi 20/01/2020 non hanno pagato 1/2 fitto dicembre e 1/2 Gennaio, in totale un fitto
Gentile Signora
a quanto mi pare di capire nel contratto è stata inserita la clausola risolutiva espressa ex art. 1456 Codice Civile, che comporta la risoluzione automatica nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. In tal caso la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva. Pertanto, una prima soluzione è quella di avvalersi di tale clausola in caso di mancato adempimento del canone o degli oneri accessori nei termini stabiliti dal contratto. Ulteriore ipotesi da valutare con l’assistenza di un suo legale di fiducia, e previa sussistenza degli elementi necessari, è quello dello sfratto per morosità (art. 5 e 55 della Legge 392/1978: il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l’importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile). Sono entrambe ipotesi che devono essere valutate nel merito e con l’assistenza di un legale di sua fiducia. Per il resto, non avendo contezza del contratto di locazione abitativa, non sono in grado di fornire altre indicazioni utili.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve sto vendendo a 280.000 euro un immobile valutato dal perito della banca erogante il mutuo 240.000 euro, valore corretto ma aumentato a 280.000 euro per il forte interesse del compratore, il quale quindi vuole pagarmi la differenza di 40.000 euro in contanti. Come posso poi versare sul mio conto postale, o altrove, la differenza? Posso fare una vendita fittizia, per esempio arredo e mobilia, facendolo pagare in contanti? Vorrei evitare di tenere i contanti in casa o in cassetta di sicurezza bancaria dati i rischi che entrambe le soluzioni comportano. Non è possibile fare l’atto di vendita per importo superiore a quello valutato dal perito o inserire delle voci nell’atto con le quali si giustificano i soldi di differenza pagati? Che soluzioni posso adottare per non tenere i contanti? Grazie
Egregio Signore
preliminarmente occorre dire che non è possibile pagare una somma così alta in contanti per poi versarla su un conto corrente postale o bancario. Pertanto occorre individuare una soluzione alternativa, e solitamente ciò avviene attraverso l’assistenza del notaio impegnato nella stipulazione del contratto definitivo di compravendita dell’immobile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
la ditta per la quale lavoro mi ha convocato per la visita medica, attualmente sono in cassa integrazione, io non mi sono presentato in quanto convivendo con una paziente oncologica ho preferito evitare di recarmi presso un ambulatorio medico dove erano state convocate varie persone (l’ambulatorio era presso un oratorio e per tutta la giornata con una frequenza di quarto d’ora in quarto d’ora).
Mi è stata contestata la mancata presentazione, preciso che ho segnalato che non sarei andato, ho risposto adducendo le motivazioni di cui sopra ma mi è stato risposto che “come ben sa, il controllo sanitario è tra gli obblighi di legge del datore di lavoro nonché del lavoratore.
La visita medica non può essere evitata per nessun motivo, può essere solo spostata qualora vi sia legittimo impedimento a presentarsi da parte del lavoratore. Tale impedimento ha l’obbligo di essere documentato.
Inoltre, precisiamo che la società ha adottato tutti i protocolli necessari affinchè venga minimizzato il rischio di contagio negli ambienti adibiti all’effettuazione delle visite.
Pertanto, le motivazioni da Lei addotte non possono ritenersi valide al fine di giustificare la mancata presentazione alla visita.
Le confermiamo pertanto che finché Lei non effettuerà i dovuti controlli e finché non verrà rilasciato dal medico competente il certificato di idoneità alla mansione, la Sua attività lavorativa può essere sospesa.
Pertanto, al termine dell’attuale cassa integrazione per sospensione dell’attività c/o l’appalto a Lei assegnato, La invitiamo a prendere contatti con i nostri uffici per fissare quando sarà possibile una nuova visita c/o la sede e nell’orario e giorno che il medico competente ci indicherà”
Come dovrei agire? Grazie
Egregio Signore
è necessario che lei si sottoponga alla visita medica pertanto segua le indicazioni nella missiva per fissare una nuova visita c/o la sede e nell’orario e giorno indicati dal medico competente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
MIA ZIA(NO FIGLI NO CONIUGE NO GENITORI CON 6 FRATELLI DI CUI UNO (F) PREMORTO) HA FATTO TESTAMENTO PUBBLICO IN CUI GLI EREDI SN I FRATELLI. ESSENDO IO FIGLIO DI F PREMORTO PRIMA DELLA STESURA DEL CONTRATTO, SN IO CMQ TITOLARE DELLA SUA PORZIONE DI EREDITA’ DI (F) GRAZIE A ISTITUTO DELLA RAPPRESENTANZA?
Gentile Signora
bisogna capire quali eredi sono stati nominati nel testamento da sua zia, ovvero se tutti fratelli o solo alcuni fratelli. Se suo padre (F) fratello della zia testamentaria non viene nominato dalla stessa nel testamento lei non può essere titolare della quota di eredità.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve avvocato,
l’ avvocato contattato mi diceva che gli inquilini vanno avvisati di dover pagare prima di fare un’ingiunzione di pagamento, non essendo d’accordo con questo in quanto loro dovrebbero pagare a priori rispettando il contratto di affitto sono partita sparata per muovere le cose inviando una e-mail ed una pec dall’indirizzo di mio marito a cui anche loro avevano scritto per inviarmi le variazioni societarie. Ad oggi hanno saldato solo gli arretrati di fitto ma non del condominio. All’invio della copia dei bonifici non hanno risposto o commentato la mia e-mail, come se nulla fosse stato scritto
xxxxxxxx Maria – xxxxxxxxxxx Napoli lì 29//01/2021
Via xxxxxxxxx
80122 Napoli
Spett.le
*1 xxxxxxxxxxxxxxx.
Viale xxxxxxxxxx
Napoli
Cod. Fisc. P. xxxxxxxxxxxxxxx
e
*2 xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
Via xxxxxxxxxx
80122 Napoli
Cod. Fisc. P. xxxxxxxxxxxx
*1 (variazione Societaria comunicata con PEC 21/02/2018, prima Ing. xxxxxxxxx P. IVA: xxxxxxxx Cod Fisc. xxxxxx indirizzo invariato)
*2 (variazione Societaria comunicata con e-mail 27/01/2020, prima xxxxxxxxxxxx Cod. Fisc./P.IVA ed indirizzo invariati)
Oggetto: Diffida all’esatto adempimento delle obbligazioni del Contratto di Locazione, Accettazione Contratto Privato e/o Risoluzione Contratto, Variazione Istat.
La sottoscritta xxxxxxxxx Maria proprietaria dell’Ufficio sito in Napoli in Viale Maria Cristina di Savoia xxx pianox Interno x, da Voi condotta in Locazione con Contratto stipulato il 01/02/2015 e registrato il 06/03/2015 presso l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale I di NAPOLI – al n. xxxx, codice Ufficio TER serie Registrazione 3T,
PREMESSO CHE
ho acquistato l’immobile locato ad Agosto 2015, ho chiesto sin dall’ inizio l’esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali rimarcando che l’esatta data di pagamento aveva carattere essenziale per me e specificando di essere in difficoltà economica in più occasioni, situazione peggiorata ancor più a causa della recessione per Covid, con numerosi solleciti Verbali e non, e-mail, Pec, Ingiunzione di Pagamento FPR xx/19 Studio Legale xxxx del 23/07/2019 ante-Covid, ma risultate essere inadempienti rispetto agli obblighi contrattuali assunti, accettati ed in esso contenuti, ciò nonostante paghiate un fitto vile di 1.123,30 Euro +Bolli mensili per l’Ufficio di 165 mq+ terrazzo semipanoramico in zona Chiaia. Ad oggi risultate essere morosi 1/2 Rata Affitto Dicembre 2020 Euro 561,65; 1/2 Rata Affitto Gennaio 561,15 Euro; + Bolli; se accettato Contratto Privato Canone Annuale Affitto da Febbraio 2021 a Gennaio 2022 Euro 13.459,44 + 134,50 Euro 50% Imposta di Registro Annuale+Bolli , e condominio da verificare.Quando avete comunicato le variazioni dei conduttori ho più volte richiesto e mai ricevuto un Documento da poter esibire all’ Agenzia delle Entrate per effettuare la variazione, un estratto dal Registro Imprese della CCIAA sul quale controllare che siano stati rispettati gli obblighi contrattuali, in parole povere non so chi sia presente nell’ufficio ne se abbia diritto ad esserci, documento che richiedo nuovamente e con forza. Forse, il non aver fatto ingiunzioni di pagamento ogni 2 mesi Vi ha fatto pensare che tollerassi tutto ciò, ma non è così. Scomodare la legge per questioni economiche risolvibili privatamente è un uso eccessivo della legge (divieto di abuso del processo). Non aver pagato il condominio mettendomi in una condizione di morosità “incolpevole” tanto da rischiare un’ingiunzione di pagamento da parte del nuovo amministratore, “entro 5 gg” è stato un fatto grave ed azzera qualsiasi ulteriore tolleranza . Chiederò anche un estratto debitorio all’ amministratore precedente per sapere se ci sono pendenze che riguardano l’ufficio di mia proprietà, in modo da evitare sorprese future. Avete scritto all’ invio dei Bonifici “ci scusiamo per il ritardo legato all’assenza dallo studio di alcuni di noi per problematiche Covid” ma questo non giustifica il Vs inadempimento. Se eravate in difficoltà avevate “l’obbligo” di contattarmi ed insieme potevamo stabilire tempi e modi per superare la difficoltà, concordando il rientro dei pagamenti. La regola generale prevede che il conduttore non possa astenersi dalla corresponsione del canone unilateralmente; infatti, tra le obbligazioni gravanti sull’ inquilino, v’è quella di versare il corrispettivo. Obbligo di correttezza e buona fede delle parti di contattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo nell’ esecuzione del contratto. Correttezza e buona fede che non avete avuto nei miei confronti non considerando le conseguenze che “ovviamente” ricadevano sulla mia persona in quanto proprietaria dell’ufficio su cui rivalersi pertanto Vi comunico di non essere interessata a portare avanti questo contratto così com’è per i Vs continui inadempimenti.
PER DARVI UNA POSSIBILITA’
a garanzia dell’ esatto adempimento per mettermi al riparo da eventuali morosità di pagamento che dovessero insorgere nel corso di esecuzione del contratto sono costretta a chiederVi mio malgrado il pagamento anticipato non più in rate mensili ma in un’unica soluzione anticipata del canone annuale , congiuntamente all’ Imposta di Registro da rimborsare al 50% e anche degli oneri ordinari condominiali da versare direttamente all’Amministratore entro 5 gg dal ricevimento della presente.Restano fuori dalla rata le quote del conguaglio ordinario dell’anno, quota per la Guardiana estiva, varie ed eventuali, da pagare a richiesta.
Si prega firmare e rinviare la scrittura privata di seguito allegata (con firma), lasciandomi la stessa in portineria (firmata in originale),
Se questa lettera dovesse rimanere priva di riscontro
VI COMUNICO SIN DA ADESSO E A CHIARE LETTERE
di volermi avvalere della clausola risolutiva espressa prevista dal contratto stesso all” ART.3 e ART.5 in quanto ad oggi non avete ancora adempiuto secondo termine e modalità indicate nel contratto stesso, nonostante il contratto prevedesse come termine ultimo il 1 di ogni mese e oltretutto, siete nuovamente morosi.
Vi prego pertanto in questo caso di liberare l’immobile durante le vacanze di Pasqua p.v. dal 2 al 6 Aprile 2021.
Tanto Vi Dovevo.
Se sarà necessario ricorrerò all’ autorità competente con ulteriore aggravio di spese a Vs carico per Vs. continui e gravi inadempimenti , bonifici alla mano comprovanti quanto scritto.
Distinti saluti
SCRITTURA PRIVATA PAGAMENTO CANONE E ONERI CONDOMINIALI ORDINARI IN UN’UNICA SOLUZIONE ANNUA (Allegata con Firma ) Imposta di registro per la locazione di fabbricato strumentale € 269,00 al 50%
Canone annuale
€ 13.459,44 oltre Bolli
Gentile Signora,
concordo con quanto affermato dal suo avvocato, e prima di procedere con una ingiunzione di pagamento (o decreto ingiuntivo) occorre inviare un atto di messa in mora in via stragiudiziale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
rispetto all’atto di messa in mora in via stragiudiziale, la mia lettera contenente Diffida all’esatto adempimento delle obbligazioni del Contratto di Locazione – morosità -PER DARE UNA POSSIBILITA’ Scrittura Privata e/o Risoluzione Contratto – Variazione Istat (in – quest’anno),
CHE COSA PUO’ GENERARE
Sono due atti distinti, ma al primo può seguire (nell’ipotesi in cui situazione resti invariata) l’atto di messa in mora, che preannuncia una successiva azione esecutiva.
Salve,
il mio atto non potrebbe dare origine alla risoluzione del contratto “di diritto”
Si se si tratta di clausola risolutiva espressa; ma in tali casi viene valutata anche la buona fede della controparte. Ne consegue che la clausola risolutiva espressa, se specificatamente prevista dal contratto, opera solo a determinate condizioni.
e che buona fede possono avere, quando hanno comunicato le variazioni dei conduttori ho più volte richiesto e mai ricevuto un Documento da poter esibire all’ Agenzia delle Entrate per effettuare la variazione, un estratto dal Registro Imprese della CCIAA sul quale controllare che siano stati rispettati gli obblighi contrattuali, in parole povere non so chi sia presente nell’ufficio ne se abbia diritto ad esserci, documento che ho richiesto nuovamente e con forza e non ancora ottenuto, ho chiesto sin dall’ inizio l’esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali rimarcando che l’esatta data di pagamento aveva carattere essenziale per me e specificando di essere in difficoltà economica in più occasioni, situazione peggiorata ancor più a causa della recessione per Covid, con numerosi solleciti Verbali e non, e-mail, Pec, Ingiunzione di Pagamento FPR xx/19 Studio Legale xxxx del 23/07/2019 ante-Covid, ma risultate essere inadempienti rispetto agli obblighi contrattuali assunti, accettati ed in esso contenuti, ciò nonostante paghino un fitto vile di 1.123,30 per 165 mq+ terrazzo in zona prestigiosa, sono morosi e non aver pagato il condominio mettendomi in una condizione di morosità “incolpevole” tanto da rischiare un’ingiunzione di pagamento da parte del nuovo amministratore, “entro 5 gg” è stato un fatto grave ed azzera qualsiasi ulteriore tolleranza. Questo contratto è sbilanciato a favore degli affittuari in modo lampante e loro se ne approfittano, non so cosa potrebbero fare di più per dimostrare la loro cattiva fede
Gentile Signora
La buona è uno dei requisiti previsti dalla legge e necessita di una congrua valutazione in relazione alla singola fattispecie specifica. Credo che nel suo caso sia difficile che la buona fede sussiste.
Scusi del ritardo nella risposta.
Cordialmente
AVV. Mariafrancesca Carnevale
Mi hanno fatto inviare questa dal loro avvocato Gentile sig.ra xxxxxx
In nome e per conto della xxxxxxxx S.a.s. e dell’Ing. xxxxxx, che insieme sottoscrivono, Le comunico che a tutt’oggi, nonostante il periodo di forte crisi economica e sanitaria, i canoni di locazione mensili relativi al fitto dell’immobile di cui all’oggetto, di Sua proprietà e condotto in locazione dai miei clienti, risultano completamente saldati così come gli oneri condominiali.
A tal riguardo i miei clienti hanno anche inviato una comunicazione a mezzo mail all’amministrazione condominiale, chiedendo di essere informati circa l’esistenza di eventuali arretrati e/o conguagli pregressi, allo stato da loro non conosciuti, con espressa richiesta di utilizzare tale canale (mail) per la trasmissione degli avvisi di pagamento e delle relative ricevute anche per il futuro, onde consentire a tutti di poter aver contezza della documentazione inviata e ricevuta.
Per quanto riguarda l’aggiornamento ISTAT e l’imposta di registro, i miei assistiti si dichiarano, come sempre, disponibili a corrispondere quanto dovuto, per cui rimangono in attesa di una comunicazione circa gli importi, in modo da adempiere prontamente.
Quanto infine alla Sua richiesta di corrispondere i canoni di locazione mensili e gli oneri condominiali in un’unica soluzione annua anticipata, ci dispiace, non poter accettare la sua proposta che quindi purtroppo deve ritenere rigettata.
Con l’occasione, (nel 2019 ai primi giorni di gennaio mi diedero 5 gg per fare convertire l’impianto di termosifoni a fronte della dismissione di quello centralizzato in autonomo, visto l’esiguo tempo pensando stessero al freddo, ma così non era avevano i condizionatori che utilizzavano da sempre in quanto il riscaldamento centralizzato era acceso in orari in cui l’ufficio era chiuso, acquistai pannelli riscaldanti e scaldino bagno a basso consumo oltre a caminetti a bioetanolo per evitare di sovraccaricare l’impianto elettrico, dopo 1/2 consegna del materiale decisero di non accettare il materiale e lo misero fuori al pianerottolo, dopo un mese l’ho ritirato per richiesta dell’amministratore del condominio, a quel punto hanno provveduto autonomamente a mettere la Caldaia) Le significo che i miei clienti aspettano ancora un Suo riscontro, circa la richiesta di restituzione di quanto da loro anticipato per gli interventi di straordinaria manutenzione all’impianto di riscaldamento.
Distinti saluti xxxxxxxxxxxxx S.a.s
Ing. xxxxxxxxxxxx
Avv. xxxxxxxxx
Salve avvocato,
l’ avvocato contattato mi diceva che gli inquilini vanno avvisati di dover pagare prima di fare un’ingiunzione di pagamento, non essendo d’accordo con questo in quanto loro dovrebbero pagare a priori rispettando il contratto di affitto sono partita sparata per muovere le cose inviando una e-mail ed una pec dall’indirizzo di mio marito a cui anche loro avevano scritto per inviarmi le variazioni societarie. Ad oggi hanno saldato solo gli arretrati di fitto ma non del condominio. All’invio della copia dei bonifici non hanno risposto o commentato la mia e-mail, come se nulla fosse stato scritto
xxxxxxxx Maria – xxxxxxxxxxx Napoli lì 29//01/2021
Via xxxxxxxxx
80122 Napoli
Spett.le
*1 xxxxxxxxxxxxxxx.
Viale xxxxxxxxxx
Napoli
Cod. Fisc. P. xxxxxxxxxxxxxxx
e
*2 xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
Via xxxxxxxxxx
80122 Napoli
Cod. Fisc. P. xxxxxxxxxxxx
*1 (variazione Societaria comunicata con PEC 21/02/2018, prima Ing. xxxxxxxxx P. IVA: xxxxxxxx Cod Fisc. xxxxxx indirizzo invariato)
*2 (variazione Societaria comunicata con e-mail 27/01/2020, prima xxxxxxxxxxxx Cod. Fisc./P.IVA ed indirizzo invariati)
Oggetto: Diffida all’esatto adempimento delle obbligazioni del Contratto di Locazione, Accettazione Contratto Privato e/o Risoluzione Contratto, Variazione Istat.
La sottoscritta xxxxxxxxx Maria proprietaria dell’Ufficio sito in Napoli in Viale Maria Cristina di Savoia xxx pianox Interno x, da Voi condotta in Locazione con Contratto stipulato il 01/02/2015 e registrato il 06/03/2015 presso l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale I di NAPOLI – al n. xxxx, codice Ufficio TER serie Registrazione 3T,
PREMESSO CHE
ho acquistato l’immobile locato ad Agosto 2015, ho chiesto sin dall’ inizio l’esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali rimarcando che l’esatta data di pagamento aveva carattere essenziale per me e specificando di essere in difficoltà economica in più occasioni, situazione peggiorata ancor più a causa della recessione per Covid, con numerosi solleciti Verbali e non, e-mail, Pec, Ingiunzione di Pagamento FPR xx/19 Studio Legale xxxx del 23/07/2019 ante-Covid, ma risultate essere inadempienti rispetto agli obblighi contrattuali assunti, accettati ed in esso contenuti, ciò nonostante paghiate un fitto vile di 1.123,30 Euro +Bolli mensili per l’Ufficio di 165 mq+ terrazzo semipanoramico in zona Chiaia. Ad oggi risultate essere morosi 1/2 Rata Affitto Dicembre 2020 Euro 561,65; 1/2 Rata Affitto Gennaio 561,15 Euro; + Bolli; se accettato Contratto Privato Canone Annuale Affitto da Febbraio 2021 a Gennaio 2022 Euro 13.459,44 + 134,50 Euro 50% Imposta di Registro Annuale+Bolli , e condominio da verificare.Quando avete comunicato le variazioni dei conduttori ho più volte richiesto e mai ricevuto un Documento da poter esibire all’ Agenzia delle Entrate per effettuare la variazione, un estratto dal Registro Imprese della CCIAA sul quale controllare che siano stati rispettati gli obblighi contrattuali, in parole povere non so chi sia presente nell’ufficio ne se abbia diritto ad esserci, documento che richiedo nuovamente e con forza. Forse, il non aver fatto ingiunzioni di pagamento ogni 2 mesi Vi ha fatto pensare che tollerassi tutto ciò, ma non è così. Scomodare la legge per questioni economiche risolvibili privatamente è un uso eccessivo della legge (divieto di abuso del processo). Non aver pagato il condominio mettendomi in una condizione di morosità “incolpevole” tanto da rischiare un’ingiunzione di pagamento da parte del nuovo amministratore, “entro 5 gg” è stato un fatto grave ed azzera qualsiasi ulteriore tolleranza . Chiederò anche un estratto debitorio all’ amministratore precedente per sapere se ci sono pendenze che riguardano l’ufficio di mia proprietà, in modo da evitare sorprese future. Avete scritto all’ invio dei Bonifici “ci scusiamo per il ritardo legato all’assenza dallo studio di alcuni di noi per problematiche Covid” ma questo non giustifica il Vs inadempimento. Se eravate in difficoltà avevate “l’obbligo” di contattarmi ed insieme potevamo stabilire tempi e modi per superare la difficoltà, concordando il rientro dei pagamenti. La regola generale prevede che il conduttore non possa astenersi dalla corresponsione del canone unilateralmente; infatti, tra le obbligazioni gravanti sull’ inquilino, v’è quella di versare il corrispettivo. Obbligo di correttezza e buona fede delle parti di contattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo nell’ esecuzione del contratto. Correttezza e buona fede che non avete avuto nei miei confronti non considerando le conseguenze che “ovviamente” ricadevano sulla mia persona in quanto proprietaria dell’ufficio su cui rivalersi pertanto Vi comunico di non essere interessata a portare avanti questo contratto così com’è per i Vs continui inadempimenti.
PER DARVI UNA POSSIBILITA’
a garanzia dell’ esatto adempimento per mettermi al riparo da eventuali morosità di pagamento che dovessero insorgere nel corso di esecuzione del contratto sono costretta a chiederVi mio malgrado il pagamento anticipato non più in rate mensili ma in un’unica soluzione anticipata del canone annuale , congiuntamente all’ Imposta di Registro da rimborsare al 50% e anche degli oneri ordinari condominiali da versare direttamente all’Amministratore entro 5 gg dal ricevimento della presente.Restano fuori dalla rata le quote del conguaglio ordinario dell’anno, quota per la Guardiana estiva, varie ed eventuali, da pagare a richiesta.
Si prega firmare e rinviare la scrittura privata di seguito allegata (con firma), lasciandomi la stessa in portineria (firmata in originale),
Se questa lettera dovesse rimanere priva di riscontro
VI COMUNICO SIN DA ADESSO E A CHIARE LETTERE
di volermi avvalere della clausola risolutiva espressa prevista dal contratto stesso all” ART.3 e ART.5 in quanto ad oggi non avete ancora adempiuto secondo termine e modalità indicate nel contratto stesso, nonostante il contratto prevedesse come termine ultimo il 1 di ogni mese e oltretutto, siete nuovamente morosi.
Vi prego pertanto in questo caso di liberare l’immobile durante le vacanze di Pasqua p.v. dal 2 al 6 Aprile 2021.
Tanto Vi Dovevo.
Se sarà necessario ricorrerò all’ autorità competente con ulteriore aggravio di spese a Vs carico per Vs. continui e gravi inadempimenti , bonifici alla mano comprovanti quanto scritto.
Distinti saluti
SCRITTURA PRIVATA PAGAMENTO CANONE E ONERI CONDOMINIALI ORDINARI IN UN’UNICA SOLUZIONE ANNUA (Allegata con Firma ) Imposta di registro per la locazione di fabbricato strumentale € 269,00 al 50%
Canone annuale
€ 13.459,44 oltre Bolli Mi hanno fatto inviare questa dal loro avvocato Gentile sig.ra xxxxxx
In nome e per conto della xxxxxxxx S.a.s. e dell’Ing. xxxxxx, che insieme sottoscrivono, Le comunico che a tutt’oggi, nonostante il periodo di forte crisi economica e sanitaria, i canoni di locazione mensili relativi al fitto dell’immobile di cui all’oggetto, di Sua proprietà e condotto in locazione dai miei clienti, risultano completamente saldati così come gli oneri condominiali.
A tal riguardo i miei clienti hanno anche inviato una comunicazione a mezzo mail all’amministrazione condominiale, chiedendo di essere informati circa l’esistenza di eventuali arretrati e/o conguagli pregressi, allo stato da loro non conosciuti, con espressa richiesta di utilizzare tale canale (mail) per la trasmissione degli avvisi di pagamento e delle relative ricevute anche per il futuro, onde consentire a tutti di poter aver contezza della documentazione inviata e ricevuta.
Per quanto riguarda l’aggiornamento ISTAT e l’imposta di registro, i miei assistiti si dichiarano, come sempre, disponibili a corrispondere quanto dovuto, per cui rimangono in attesa di una comunicazione circa gli importi, in modo da adempiere prontamente.
Quanto infine alla Sua richiesta di corrispondere i canoni di locazione mensili e gli oneri condominiali in un’unica soluzione annua anticipata, ci dispiace, non poter accettare la sua proposta che quindi purtroppo deve ritenere rigettata.
Con l’occasione, (nel 2019 ai primi giorni di gennaio mi diedero 5 gg per fare convertire l’impianto di termosifoni a fronte della dismissione di quello centralizzato in autonomo, visto l’esiguo tempo pensando stessero al freddo, ma così non era avevano i condizionatori che utilizzavano da sempre in quanto il riscaldamento centralizzato era acceso in orari in cui l’ufficio era chiuso, acquistai pannelli riscaldanti e scaldino bagno a basso consumo oltre a caminetti a bioetanolo per evitare di sovraccaricare l’impianto elettrico, dopo 1/2 consegna del materiale decisero di non accettare il materiale e lo misero fuori al pianerottolo, dopo un mese l’ho ritirato per richiesta dell’amministratore del condominio, a quel punto hanno provveduto autonomamente a mettere la Caldaia) Le significo che i miei clienti aspettano ancora un Suo riscontro, circa la richiesta di restituzione di quanto da loro anticipato per gli interventi di straordinaria manutenzione all’impianto di riscaldamento.
Distinti saluti xxxxxxxxxxxxx S.a.s
Ing. xxxxxxxxxxxx
Avv. xxxxxxxxx
Gentile Signora
Dopo aver letto la sua comunicazione agli inquilini e la risposta mediante legale da parte degli stessi credo che sia necessario affidare questione ad un avvocato di sua fiducia anche per una verifica attenta della sussistenza o meno di eventuali morosità dei canoni di locazione e delle rate condominiali. All’uopo è possibile verificare meglio anche la questione della clausola risolutiva.
Cordialmente
AVV. Mariafrancesca Carnevale
Salve, inserire delle false generalità su un sito, dove tali dati possono essere visibili solo da tutti coloro che gestiscono il sito, è un reato di sostituzione di persona. Ma in questo reato non ci sarebbe l’aggravante della lesione alla fede pubblica, giusto? Grazie.
Nel caso che le ho esposto quale sarebbe la pena massima? Grazie.
Egregio Signore
La pena massima, salvo aggravanti, è quella della reclusione fino ad un anno (art. 494 con).
Egregio Signore
La pena massima, salvo aggravanti, è quella di un anno di reclusione (art. 494 con)
Egregio Signore
Il reato di sostituzione di persona non si concretizza soltanto con l’utilizzo di un nome o cognome falso o di fantasia ma è necessario utilizzare l’identità completa (nome e cognome) di una altra persona reale con lo scopo di ingannare i terzi. Il reato implica una lezione della fede pubblica, che è un requisito dello stesso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
E’ reato utilizzare nome, cognome e città di nascita di una persona per accedere a un servizio gratuito online col consenso di tale persona?
E se si accede a tale servizio gratuito col nome, cognome e città di nascità di un’altra persona che ha dato il consenso per poterli utilizzare perché si esaurisce la possibilità di accedere a tale servizio con le proprie generalità? Grazie.
Parlo di un servizio online gratuito
Certo, anche in caso di servizio gratuito.
Non so, credo sia una questione informatica/telematica.
Egregio Signore
di per sè non è reato, soprattutto se vi è il consenso della persona. Il reato si realizza qualora si utilizzano i dati di una altra persona per ingannare i terzi e trarre dall’operazione un vantaggio economico proprio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
In quali casi possono essere sequestrati i diritti di utilizzazione economica di un’opera? Solo nel caso in cui l’autore dell’opera sia debitore verso qualcuno e possa ripagare così il suo debito e nel caso in cui l’autore abbia copiato l’opera di qualcun altro macchiandosi del reato di plagio? Grazie.
Ho un’altra domanda, in qualche modo collegata, se può aiutarmi. Nell’art. 111 della legge del diritto d’autore è scritto “I diritti di pubblicazione dell’opera dell’ingegno e di utilizzazione dell’opera pubblicata non possono formare oggetto di pegno, pignoramento e sequestro, né per atto contrattuale, né per via di esecuzione forzata, finché spettano personalmente all’autore.” Cosa vuol dire, esattamente? Io credo che dica che i diritti di utilizzazione economica di un’opera pubblicata non possono essere oggetto di pegno, pignoramento e sequestro solo nel caso in cui l’opera non sia nata in un rapporto di committenza o di lavoro subordinato, quando cioè la titolarità dei diritti di utilizzazione economica non spetta a colui che l’ha commissionata, ma all’autore che ha creato l’opera liberamente e poi ha ceduto i diritti di utilizzazione economica a un editore. E’ corretta la mia interpretazione? Grazie.
Scusi, eccomi di nuovo. Ho trovato un’altra possibile interpretazione all’art. 111 della legge sul diritto d’autore. I diritti di utilizzazione economica di un’opera pubblicata non possono essere oggetto di pegno, pignoramento e sequestro né per atto contrattuale, né per via di esecuzione forzata, finché spettano personalmente all’autore, quando cioé l’autore abbia sottoscritto con l’editore un contratto di licenza, che, pur prevedendo l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica da parte dell’editore, lascia all’autore la titolarità dei diritti di utilizzazione economica, diversamente da quanto accade coi contratti di cessione, quando i diritti di utilizzazione economica sono ceduti a tutti gli effetti all’editore. Quindi in caso di sottoscrizione di un contratto di cessione, non solo all’autore possono essere pignorati, presi in pegno o sequestrati i proventi ricavati dall’esercizio dei diritti di utilizzazione economica e/o gli esemplari dell’opera (come prevede la seconda parte dell’art. 111 che però non ho riportato), ma anche gli stessi diritti di utilizzazione economica su quell’opera. Quale interpretazione è corretta? La prima o la seconda? Grazie mille.
La prima parte dell’art. 111 mi manda in confusione. Quando un’opera è pubblicata vuol dire che l’autore ha ceduto i diritti di utilizzazione economica a un editore, quindi non spettano più personalmente a lui. Ciò vuol dire che dopo la pubblicazione tali diritti possono essere sempre pignorati, sequestrati o formare oggetto di pegno, così come i proventi dell’utilizzazione e/o gli esemplari dell’opera (come prevede la seconda parte dell’art. 111)?
solo i diritti patrimoniali dell’opera possono essere oggetto di pegno, pignoramento o sequestro. Se tali diritti patrimoniali vengono ceduti ad un terzo possono essere pignorati presso il terzo-
quest’ultima
L’art. 111 legge sul diritto di autore afferma che i diritti di pubblicazione … e di utilizzazione dell’opera pubblicata non possono formare oggetto di pegno, pignoramento, sequestro, … finchè spettano personalmente all’autore.
Ciò significa che alcuni diritti dell’autore come il diritto alla paternità dell’opera non può essere oggetto di pegno, pignoramento o sequestro, mentre altri diritti che concernono il profilo patrimoniale dell’opera, come i proventi derivanti dall’utilizzazione e dalla riproduzione e vendita dell’opera, possono essere oggetto di pegno, pignoramento e sequestro, in quanto cedibili a terzi.
Perfetto. Quindi solo dopo che un’opera è pubblicata e tali diritti di utilizzazione economica non sono più miei, ma dell’editore che l’ha pubblicata, tali diritti possono essere sottoposti a pegno, pignoramento e sequestro, giusto? Quindi questo accadrebbe nel caso in cui l’editore abbia un debito, non io autore. A me, in quanto autore, si possono sottoporre a pegno, pignoramento e sequestro solo i proventi derivanti dall’esercizio dei diritti patrimoniali e gli esemplari dell’opera. Ho capito bene? Grazie.
I diritti di utilizzazione economica sono diritti patrimoniali e spettano all’autore dell’opera e possono essere ceduti a terzi dietro corrispettivo. Possono essere sottoposti a pegno, pignoramento e sequestro solo i proventi derivanti dall’utilizzazione economica dell’opera pubblicata, anche nei confronti dell’autore (nel caso di cessione a terzi avviene attraverso un pignoramento presso terzi).
Quindi tali diritti spettano ancora all’autore dopo la pubblicazione di un’opera, cioè all’autore spetta una percentuale delle vendite. Se l’autore rinuncia anche a quella percentuale, cedendola a un’altra persona, che può essere lo stesso editore oppure qualcun altro, in quel caso tali diritti non spetterebbero più all’autore e sarebbero oggetto di pegno, pignoramento o sequestro. E’ così?
I diritti di utilizzazione economica dell’opera, il diritto di pubblicazione dell’opera, il diritto di riproduzione dell’opera, il diritto di distribuzione dell’opera, …. (ogni diritto è indipendente dall’altro) spettano all’autore, il quale può operare una cessione a favore di terzi di uno o più diritti, attraverso un accordo avente forma scritta. Possono essere oggetto di pegno, pignoramento e sequestro non i diritti ma i proventi derivanti dallo sfruttamento economico dell’opera pubblicata.
I diritti di pubblicazione e di utilizzazione dell’opera non possono essere oggetto di pegno, pignoramento e sequestro. Possono essere oggetto di pegno, pignoramento e sequestro i proventi derivanti dall’utilizzazione economica e gli esemplari dell’opera pubblicata (art. 111 legge sul diritto di autore).
Grazie.
Ricevuto a marzo 2020 (inaspettatamente direi, ma lascio perdere) notifica di Richiesta proroga dei termini indagini preliminari per art 615 ter ( RNGR non mod. 21 quindi non sono indagato ancora?)
Nel foglio., il PM scrive al GIP ( Procura Rep. preso Trib ) dicendo che “alla data del 01.03.2020 scadrà il termine dei 6 mesi dall’iscrizione e si necessita di la proroga delle indagini preliminari di ulteriori 6 mesi”.
Quindi si arriverebbe a settembre 2020…… ma io da questa notifica di Marzo 2020, non ho ricevuto nient’altro.
Sapevo che le indagini preliminari potessero durare al max 18 mesi….. capisco il covid….ma non ho ricevuto notifiche di ulteriori richieste di proroga….nessun’altra notifica.
E’ normale la tempistica e la mancata comunicazione? Oppure dovevano comunque notificarmi le proroghe richieste, ogni 6 mesi ( settembre 2020, Marzo 2020 ?
Mi scuso se ho fatto confusione. Grazie per l’aiuto nel capire.
Mario
Si, viene notificato solo la richiesta di proroga delle indagini preliminari, quale atto necessario per l’avvio del processo penale. Lei, allo stato dei fatti, è persona indagata.
Grazie…. molto gentile Avvocato….
Grazie a le per averci contattato.
Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Salve. Ho una curiosità. Leggo spesso che per dei reati sono previste, oltre che delle sanzioni penali, anche delle sanzioni civili. Questo cosa significa? Che quei reati hanno una doppia natura, sono cioè sia reati che illeciti civili? Oppure vanno semplicemente considerati come reati?
I reati sono illeciti penali e prevedono come sanzione una pena detentiva e/o pecuniaria. L’illecito civile prevede una sanzione civile con funzione risarcitoria.
Bè, prendendo ad esempio il reato di plagio letterario, sono previste sia sanzioni civili (l’inibitoria, l’eliminazione dello stato di fatto lesivo e il risarcimento del danno subito) sia sanzioni penali (un anno di detenzione + pena pecuniaria). Per questo mi chiedevo se un reato come questo sia semplicemente un reato o se sia allo stesso tempo anche un illecito civile. Come funziona?
Il plagio letterario viene disciplinato sia sotto il profilo civile che penale (legge sul diritto d’autore) ed è per questo che prevede sanzioni civili e sanzioni penali. Non tutti i reati hanno però questa doppia tutela.
Abbiamo sottoscritto un contratto con oggetto “UNITÀ IMMOBILIARE”. Nessuna esclusione delle pertinenze o quant’altro. Dopo la firma ma prima dell’inizio dell’affitto il locatore ha bloccato il vano scala presente al piano terra con le tavole di legno, ovvero l’unica via per accedere allo scantinato situato all’interno dove abita la mia famiglia.
Non potendo più raggiungere più lo scantinato il proprietario ha “segato” la ringhiera nel retro dell’immobile posta a protezione dalla caduta delle persone verso il cortiletto a cielo aperto a circa tre metri sotto terra. Una volta creata questa apertura, ha costruito una scala di legno altamente pericolosa per raggiungere lo scantinato dove ha realizzato contro legge un appartamento.
Possiamo asserire che il proprietario ogni volta che varca il cancello esterno viola il domicilio? Oppure è legittimato ad entrare all’interno della proprietà immobiliare solo perchè ha creato contro legge un secondo accesso allo scantinato?
Grazie
Egregio Signore
credo che la questione ruoti intorno alla legittimità o meno del nuovo accesso allo scantinato dove si trova la sua abitazione. Previo esame dello stato dei luoghi credo che la realizzazione della scala di legno esterna sia illegittima soprattutto se pericolosa. Sul punto l’art. 1122 C.c. afferma che “Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio”. Ma su tale circostanza sarebbe necessaria un esame dei luoghi, e, qualora la situazione continui senza interruzioni, le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che potrà assisterla nelle sedi opportune e agire come intermediario con il proprietario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
più di un anno fa ho tamponato un auto a livello di una rotonda (dovuta oltretutto a un tamponamento a catena), ho fatto la constatazione amichevole con la controparte e tutto sembrava risolto. Ora ricevo una raccomandata da un avvocato facendo causa davanti al giudice di pace a me e alla mia assicurazione per danni fisici e morali per circa 10.000,00 euro.
Vi chiedo cortesemente come mi devo comportare in questa circostanza?
Grazie
Egregio Signore
se vi è stata una costatazione amichevole all’epoca del tamponamento e successivamente viene instaurata una richiesta di risarcimento danni davanti al giudice di pace non è proprio corretto a meno che la situazione sia successivamente mutata. Pertanto credo che siano stati riportati danni fisici poi da quantificare in sede giudiziaria. Dal momento che lei ha ricevuto una raccomandata dalla controparte a firma di un avvocato è necessario rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che potrà assisterla nelle sedi opportune.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Buongiorno. Nel 2003 mio padre e mia mamma volevano acquistare casa ma poiché avevano 60 e 61 anni, la banca si rifiutava di accordare il mutuo anche se erano impiegati statali e comunali. L’unica soluzione proposta è stata quella di intestare la casa a mio fratello(io ancora studiavo) e mio padre ha fatto da garante per il mutuo. Di fatto il mutuo e tutte le spese di manutenzione della casa sono state e ancora sono a carico dei miei genitori(mio padre è deceduto nel 2016). Mio fratello ha vissuto in casa solo due anni per poi andare a convivere con la sua fidanzata ora ex moglie. Mia madre sta ancora pagando il muto. Volevo sapere se oltre alla compravendita (non fattibile per i costi) e la donazione esiste un modo per trasferire la proprietà a mia madre per proteggerla dalla causa di divorzio di mio fratello.
Gentile Signora
come già da lei affermato, oltre alla compravendita e alla donazione non esistono (almeno secondo il mio parere) altri modi per trasferire la proprietà dell’immobile all’interno della stessa famiglia. Se suo fratello e la sua ex moglie non hanno avuto figli è molto difficile che la casa venga assegnata alla donna, soprattutto se si tratta di immobile acquistato prima del matrimonio. Certamente il problema si risolve con il divorzio che scioglie completamente e definitivamente il vincolo matrimoniale, e sempre in assenza di figli, la ex moglie non potrebbe avanzare nessuna pretesa sull’immobile in futuro.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Nel mio condominio, in data 13-12-2019, sono stati approvati dei lavori straordinari per infiltrazioni nell’area cortilizia. Successivamente, in data 19-06-2020 sono state approvate le nuove Tabelle Millesimali resesi necessarie in seguito all’aumento di volume di alcune unità abitative per sopraelevazione di sottotetti. In data 12-02-2021 è stato deliberato l’appalto dei lavori da parte di una ditta specializzata. In questi giorni l’amministratore ha compilato la ripartizione della spesa basandosi sulle nuove Tabelle Millesimali, che dovrà essere approvata nella prossima assemblea. Il mio quesito è se la ripartizione spese non andasse fatta con le vecchie tabelle millesimali, in vigore all’epoca dell’approvazione dei lavori e per me più convenienti. Grazie
Egregio Signore
come da lei specificato nel 2019 l’assemblea condominiale approva lavori straordinari; nel 2020 vengono approvate le nuove tabelle millesimali e nel 2021 viene approvato l’appalto dei lavori ad una ditta specializzata. E’ in questo ultimo caso che vengono ripartite le spese in occasione dell’inizio dei lavori ed è necessario fare la suddetta ripartizione tra condomini basandosi sulle nuove tabelle millesimali, approvate in data precedente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Buonasera,
ho acquistato dei cerchi auto da un privato su subito.it. Avevo risposto al suo annuncio in cui compariva la foto di un solo cerchio montato sull’auto.
Ho chiesto se le condizioni dei cerchi erano buone o se avevano graffi/segni e mi è stato risposto: “perfetti, zero graffi” (si vede nella chat e ho realizzato screenshot). Abbiamo quindi concluso la contrattazione e ho pagato tramite bonfico specificando “cerchi condizioni perfette” nell’oggetto.
Mi sono arrivati 4 cerchi con vari graffi e segni di usura: ho protestato, sempre tramite la chat di subito e il venditore mi ha detto che essendo merce usata avrei dovuto chiedere io delle foto per verificare lo stato e che lui non è in difetto. Ha ammesso che i graffi ci sono ma che per lui sono normale usura: ho fatto vedere uno dei miei cerchi con un tempo di utilizzo triplo rispetto a quello dichiarato da lui e meno graffi, per dimostrare che non è un’usura normale.
Ha ragione lui e non avendo chiesto foto non posso avanzare richieste o la sua dichiarazione zero graffi è vincolante? Ha senso intentare un’azione legale?
Non so se ha valore ma ho scoperto che i cerchi sono stati spediti da un negozio di ferramenta che si occupa anche di particolari di auto/moto (pur avendo parlato sempre, almeno teoricamente, con un privato)
Grazie per l’eventuale consiglio
Egregio Signore
il problema fondamentale non è stabilire con assoluta certezza chi ha ragione, se lei o il venditore. Certamente da parte di quest’ultimo vi è stata una mancanza di correttezza, in quanto comunicare e scrivere all’altra parte “condizioni perfette” significa che il prodotto, sebbene usato, è esente da vizi apparenti, anche relativi alla normale usura. Sarebbe stato più giusto comunicare i suddetti graffi proprio in conseguenza dell’usura e del trascorrere del tempo, e consentire all’altra parte di autodeterminarsi sulla conclusione o meno della vendita in relazione anche al profilo economico. Detto ciò non credo che sia “conveniente” intraprendere una azione legale con i suoi relativi costi, molto più elevati rispetto alla somma pagata al venditore. Al massimo, se ha una avvocato di fiducia può inviare una missiva alla controparte per l’annullamento dell’accordo e la restituzione merce/somma di denaro pagata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Buongiorno. In seguito alla realizzazione di una mansarda sul lastrico solare di mia esclusiva proprietà sul piano superiore a quello dove possiedo un appartamento, sono state modificate le tabelle millesimali. Le valutazioni in Millesimi Generali secondo le nuove tabelle sono di 15,03 millesimi per l’appartamento sottostante che ha una superficie totale di 118 mq. (terzo piano con ascensore, 4 vani, doppi accessori, due balconi) mentre per la mansarda che ha una superficie totale di 83 mq. sono stati assegnati 13,7 millesimi (quarto piano senza ascensore, salone angolo cottura, stanzetta, bagno, terrazzo a livello). Il mio quesito è se la valutazione attribuita alla mansarda (di poco inferiore a quella dell’appartamento) non sia eccessiva considerando che si tratta di un appartamento più piccolo rispetto a quello principale al piano inferiore, che non è servito dall’ascensore e che, essendo una mansarda, ha le pareti più basse e in pendenza. Grazie
Gentile Signora
le consiglio di rivolgere il suddetto quesito, assolutamente plausibile, all’amministratore del condominio, e sollecitare una verifica sulla corretta attribuzione dei millesimi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Salve, a ottobre 2019 ho terminato una lunga convivenza, con acquisto da parte mia della casa comune e accollo del restante mutuo. Ho anche accettato di portare a termine il pagamento di un finanziamento fatto dalla madre di lui nel 2013 per aiutarci con la casa, in quanto bonificato sull’allora conto comune con la dicitura “prestito”. Adesso lui e la madre si rifanno vivi chiedendomi un forfait -importo deciso da loro- per rimborsare in parte un regalo fatto sempre nel 2013 dalla madre di lui: acquistò e ci regalò delle tende da balcone. Vorrei sapere se hanno qualche titolo tali pretese e se possono avanzare delle richieste. Dopotutto questo era proprio un regalo. Sono in ansia perchè temo vogliano tormentarmi. Grazie mille
Gentile Signora
credo che non vi sia nessun titolo per avanzare la richiesta di pagamento della tenda del balcone, in quanto un regalo dell’epoca. Ne consegue che lei non è obbligata a rimborsare l’acquisto della ex suocera. L’eventuale versamento della somma è soltanto rimessa alla sua discrezionalità (ed educazione).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Salve,
vorrei ricevere un suggerimento su come meglio procedere in questa situazione.
Ho sottoscritto a Novembre 2020 un contratto per l’acquisto di una nuova auto, con data stimata di consegna riportata sul contratto fissata per Gennaio 2021.
Nella prima settimana di Aprile mi è stato comunicato l’arrivo dell’auto presso il concessionario. Auto che sono andato a visionare facendomi rilasciare numero di telaio.
Attualmente sono quindi in attesa che il concessionario emetta la fattura per poter saldare l’auto, ma è sorto un problema sul prezzo finale, che risulterebbe da loro riconteggi superiore rispetto a quanto riportato sul contratto, di circa 300€.
Al di là del fatto che, vista la cifra non elevata rispetto anche al totale del prezzo dell’auto, potrebbe in qualche modo essere assorbita dal concessionario, trattandosi presumibilmente di un loro errore, la cosa sta protraendo oltremodo la conclusione della vendita. Considerando tra l’altro che il ritardo nell’arrivo della macchina (superari i 60gg dalla data stimanta), mi ha già causato dei danni economici, avendo perso un’opportunità di acquisto dell’usato, non è mia intenzione venire incontro al concessionario sborsando la differenza e vorrei attenermi al prezzo fissato sul contratto, senza però far prolungare ulteriormente i tempi.
Come posso agire nel modo migliore? E’ possibile inviare raccomandata AR con diffida al concessionario a modificare il prezzo del saldo e chiedendo un termine ultimo per l’invio della fattura con il saldo riportato sul contratto, avvalendomi eventualmente della possibilità di recedere dal contratto con la restituzione del doppio della caparra nel caso in cui questo non avvenisse nei termini concessi? Sarebbe una valida motivazione di recesso?
Egregio Signore
escluderei la possibilità di esercitare il recesso, salvo che tale possibilità non sia stata espressamente prevista nel contratto, ed inserita in una apposita clausola. Con l’esercizio del diritto di recesso potrebbero sorgere problemi in ordine alla caparra versata. Le consiglio di inviare una missiva al concessionario affinchè lo stesso si attenga alle disposizioni contenute nel contratto e al prezzo in esso stabilito. Nel caso in cui la consegna dell’automobile superi notevolmente il periodo concordato dalle parti tanto crearle dei problemi può agire con l’azione di risoluzione per inadempimento del contratto e in tale caso chiedere la restituzione di quanto già versato a titolo di acconto sul prezzo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Salve avvocato, scrivo dalla puglia ed ho un problema riguardo alle quote volumetriche in una società s.r.l. ereditate da mio padre defunto in comproprietà con i miei due fratelli. Di questa società si è disposto lo scioglimento ed ognuno dei soci ha creato altra società per trasferire le quote di appartenenza. Io ho creato la mia società ma trovo opposizione da parte dei miei fratelli a dividere la quota ereditata. Possono rifutarsi e portare tale quota in una società che abbiamo in tre anche senza il mio consenso? Posso fare qualcosa perchè tali quote possano essere divise e portarmi ciò che mi spetta nella mia società? La prassi per eredità è già chiusa ma siamo comproprietari in tante proprietà ma questa è quella che mi preme comprendere cosa posso fare per salvaguardarmi. Mi dicono i fratelli che non posso farci nulla perchè parte di un asse ereditario ecc. ecc… non so se crederci. la ringrazio per il tempo e per una delucidazione a riguardo.
Vene Paolo
Egregio Signore
non mi occupo di diritto societario e pertanto posso avanzare solo alcune generiche perplessità in merito alla divisione delle quote in una srl in relazione al suo caso specifico. Credo che nonostante la divisione può avvenire sia per atto tra vivi o per successione a causa di morte, molto dipende da quanto stabilito nell’atto costitutivo (in caso positivo le quote possono essere divise tra i diversi soggetti o eredi, mentre in caso negativo si realizzerà una comunione indivisa tra i soggetti-eredi). Pertanto, secondo la mia limitata esperienza nel diritto societario, molto dipende da quanto stabilito nell’atto costitutivo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Buongiorno.
Sono il titolare di un fondo agricolo che, per vicinanza ad altri fondi regolarmente concimati con presenza di ammassi di letame, un torrente ed un bosco annesso, quest’anno è stato assaltato da topi. Un mio vicino confinante che ha abitazione residenziale a differenza dei fondi circostanti, notando i roditori aggirarsi nei pressi del mio pollaio (distante almeno 3 volte quanto previsto dalla legge), mi ritiene responsabile della loro presenza e minaccia rivalse se dovesse trovare uno dei suddetti nel suo giardino; tengo a precisare che egli stesso ha orto e compostiera. Premesso che mi sono attrezzato per cercare di arginare il problema sul mio fondo (e che il mio pollaio è curato giornalmente, ma le galline dovranno pur avere il cibo per mangiare), può costui ritenermi responsabile della fauna della zona? Perché la responsabilità sarebbe mia (con i quali ci sono stati in passato screzi) e non degli altri coltivatori? Può dire che un eventuale topo trovato sul suo fondo sia di mia responsabilità e non dipenda dal suo orto, dalla sua compostiera o semplicemente dal fatto di essere a 150mt da un torrente e circondato da campi di granoturco? Nel caso invece io abbia delle responsabilità dirette sulla presenza di questi roditori, cosa dovrei fare perché “oltre quello” la cosa non dipenda più da me (immagino che disinfestare il bosco circostante vada oltre le mie possibilità)? Grazie
Egregio Signore
non vedo responsabilità a lei imputabili, in quanto come ben sottolinea la presenza dei topi è collegata alla fauna della zona, soprattutto a seguito della vicinanza ad un torrente. Ne consegue che la circolazione dei topi tra i fondi vicini non dipende da eventuali suoi comportamenti, come possedere il pollaio e dar da mangiare alle galline. Consiglio di comunicare il problema al comune del luogo, sollecitando un sopralluogo ed una derattizzazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Salve, può rispondere a questa domanda? Quando si viene condannati per qualcosa può venire applicato il divieto di comunicazione con l’esterno, che può essere generale (ossia, un divieto di comunicare con qualsiasi persona al di fuori della propria famiglia e con qualunque mezzo di comunicazione) o più specifico (ossia, un divieto di comunicare con alcune specifiche persone al di fuori della propria famiglia e/o con alcune specifiche modalità). In ogni caso tale divieto cessa una volta scontata la condanna?
Egregio Signore
il divieto di comunicare con persone diverse da quelle della famiglia o di comunicare con l’esterno con mezzi tecnologici come i social è oggetto di una misura cautelare e dura per il tempo della misura in relazione al tipo di reato oggetto dell’imputazione e al massimo della pena in esso stabilito: due anni se si tratta di delitto punibile con pena nel massimo non superiore a sei anni; quattro anni nel caso in cui si proceda per delitto con pena massima non superiore a venti anni; sei anni qualora si verta nel caso di delitto punito con la pena superiore nel massimo ad anni venti o con l’ergastolo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
So che tale divieto si applica anche nella detenzione domiciliare a tutti gli effetti, quindi anche nel caso in cui si arrivi a una condanna vera e propria. Me lo conferma? Nel caso di detenzione domiciliare, il divieto cessa una volta che sia stata scontata la pena?
Si tale divieto opera nel caso di applicazione di una misura cautelare, come gli arresti domiciliari, e nel caso di detenzione domiciliare a seguito della condanna ad una pena. L’obbligo cessa, in tale ultimo caso, con l’espiazione della pena.
Buongiorno,
volevo un parere legale riguardante la mia situazione. Sono convivente con la mia compagna dalla quale abbiamo avuto da 8 mesi un bambino. Lei ha sempre dimostrato incapacità di controllo della rabbia e capacità di manipolare le idee, io essendo una persona di per se fragile mi sono lasciato travolgere da tutto questo e ora mi ritrovo in continue discussioni pesanti con lei. Io sinceramente torno a casa mia solo perchè voglio stare con mio figlio, solo che vedo che lei ogni volta che discutiamo si fa accecare dalla rabia e non pensa più a nulla. Una volta è arrivata a lasciare nostro figlio quasi lanciandolo sulla sdraietta per venire verso me e aggredirmi con schiaffi e pugni (cosa che ho segnalato a Dicembre anche a un centro antiviolenza). Io non dico che lei non voglia bene al nostro bambino, ma non voglio nemmeno che lo cresca con sentimenti di odio e soprattutto parlandogli male della mia famiglia. Qualche giorno fa è venuta a mancare la madre della mia compagna, ora è peggiorato tutto, ce lha con tutti, è arrivata a dire che se io e nostro figlio non c eravamo lei poteva badare alla madre. Io sono stato vicino a lei in tutto il periodo di sofferenza, lei questo non lo vede o fa finta di non vederlo. E’ un continuo urlarmi in faccia anche dopo che le faccio notare che non deve urlare in presenza del bambino e continua ugualmente a fare quello che vuole. Io sono arrivato al punto di non farcela più, ma la mia paura è troppa di lasciare crescere solo a lei il bambino vedendo come si rapporta con tutti e come si fa accecare da rabbia e rancore. Legalmente volevo chiedere, se in caso di separazione queste cose potevano essere fatte presenti, allegando anche registrazioni audio, chiamate e messaggi al tutto, e soprattutto visto i presupposti se lei puo essere considerata capace di badare a nostro figlio. Io non vorrei per nessuna ragione al mondo allontanarlo dalla madre perchè so il legame che c’è tra di loro, ma ho realmente paura di come possa crescere con una persona cosi che in 3 anni è riuscita ad annientarmi psicologicamente. Spero qualcuno mi possa dare un parere legale, se viste anche queste cose, lei sarebbe ritenuta idonea a crescere il bambino. Grazie mille.
Egregio Signore
la situazione che lei descrive è abbastanza grave per la sua salute psicologica e anche del vostro bambino, che, come tutti i bambini, ha il diritto di crescere in un ambiente salubre.
Detto ciò, io non posso stabilire se la sua compagna sia idonea o meno a fare la mamma e a crescere il bambino, e soprattutto non è possibile farlo per via telematica. Certamente, da quello che lei mi scrive, credo che la sua compagna abbia bisogno di un sostegno psicologico, anche con urgenza, che possa aiutarla nel suo percorso di vita, principalmente come essere umano, come donna e poi come mamma.
Nell’ipotesi in cui lei decidesse di separarsi potrà far valere tutte queste cose dinanzi al giudice, il quale provvederà ad adottare tutti i provvedimenti idonei nell’interesse del minore. La prova può avvenire anche depositando il materiale di cui lei parla, e sul quale, un avvocato di fiducia, saprà ben indirizzarla. Poi è il Giudice a valutare tutte le prove, in relazione all’interesse principale del minore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Gentile avvocato, sono comproprietario di un immobile insieme ad altri 3 fratelli. Qualche giorno fa abbiamo firmato un contratto preliminare di compravendita. Gli acquirenti hanno versato la caparra confirmatoria tramite assegno circolare. La mia domanda è la seguente: esiste un modo per annullare il procedimento senza versare il doppio della caparra? Può uno dei comproprietari, arrivati a questo punto, “tirarsi indietro”?
La ringrazio per la sua disponibilità.
Cordiali saluti
Egregio Signore
la caparra confirmatoria (ex art. 1385 Codice civile) è “solitamente” la somma di denaro che al momento della conclusione di un contratto (nel caso di specie il preliminare di compravendita) una parte dà all’altra a titolo di caparra. Si tratta, in sostanza, di una somma versata a garanzia dell’adempimento della prestazione contrattuale.
In caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta (ovvero viene scalata dal prezzo).
In caso di inadempimento si verificano due ipotesi a seconda su quale parte grava l’inadempimento: “Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra”.
La seconda ipotesi rischia di verificarsi nel caso suindicato.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Buongiorno Avvocato,
sono divorziata e mio figlio a compiuto da poco 18 anni. Per quanto riguarda i 15 giorni nel periodo estivo che mio figlio dovrebbe trascorrere con suo padre e che fino ad oggi abbiamo deciso noi genitori, essendo maggiorenne è sempre valida la cosa come da sentenza del giudice oppure dovrà essere il figlio a decidere SE, COME E QUANDO TRASCORRERE UN PO DI GIORNI CON IL PADRE?
Grazie per la risposta che mi vorrà dare.
Francesca
Gentile Signora
rimane ancora valida la statuizione del giudice, quindi è necessario un accordo tra i genitori.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Buongiorno Avvocato,
ho vinto recentemente una causa in primo grado come attore, nella quale il giudice ha dichiarato la risoluzione contrattuale di un contratto di compravendita immobiliare, per grave inadempimento, con conseguente condanna della convenuta alla restituzione degli importi corrisposti oltre interessi legali. Vorrei sapere se la sentenza è immediatamente e provvisoriamente esecutiva riguardo la condanna alla restituzione delle somme ,oppure, se devo aspettare il giudicato con l’eventuale sentenza d’appello. Grazie
Egregio Signore
la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti (così come disposto dall’art. 282 C.p.P.) indipendentemente dall’appello.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Ps. Ci scusiamo del ritardo nella risposta ma il suo quesito era nella cartella spam.
PS 2. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Buona sera
Ho un locale ereditato. Nel rogito del 1952 si legge che la società venditrice trasmette “ i diritti possibilmente spettanti” sullo spazio antistante il locale. Il condominio contesta il diritto di proprietà. Ho affittato il locale ad un bar che ha occupato lo spazio antistante che considero afferente alla proprietà del mio locale.
Vorrei sapere se l’espressione citata configura la trasmissione di un diritto di proprietà e se tale diritto può essere contestato dal condominio e in che modo.
Grazie per l’attenzione
Gentile Signora
se nel rogito le viene attribuita la proprietà dello spazio antistante al locale non credo il condominio possa vantare eventuali diritti di proprietà e di utilizzazione della cosa. In caso vi sia una decisione da parte del condominio sullo spazio antistante il locale potrà agire mediante opposizione motivata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Grazie avvocato
Il condominio contesta la validità dell’espressione che figura nel rogito del 1952 in cui la società immobiliare trasmette “i diritti che possono competere sullo spazio antistantre il locale”. Sostengono che è un’espressione che non confugura un diritto di proprietà anche in considerazione del fatto che la società immobiliare aveva la proprietà degli 856 mq su cui è stato edificato lo stabile e non dello spazio antistante il locale che probabilmente apparteneva al demanio.
Che tipo di accertamento occorre fare per verificare se tale spazio apparteneva al demanio o alla società immobiliare venditrice?
Grazie ancora
Gentile Signora
le consiglio una verifica notarile e una seconda verifica presso il catasto.
Gentile avvocato, le scrivo in merito ad una lamentela ricevuta dal vicino che abita sotto l’appartamento di mia madre. Mia madre a 100 anni, soffre di demenza senile e spesso la notte non dorme, rimane nel suo letto e mi chiama di continuo chiedendomi acqua, latte o merendine. Una o due volte per notte la porto al bagno, e per questa operazione devo togliere la banda laterale di contenimento che serve ad evitarle che rigirandosi nel sonno possa cadere dal letto, devo farla sedere sulla carrozzina e portarla al gabinetto. Chiaramente mia madre segue un piano terapeutico indicato dal geriatra privato e della ASL, ed è titolare dell’indennità di accompagnamento in quanto ritenuta invalida al 100% per questa sua demenza. Il vicino citato all’inizio della presente, si lamenta dei rumori provocati da questa attività indispensabile per i bisogni fisiologici di mia madre, non che del suo vociare. Si è lamentato con l’amministratore e minaccia di rivolgersi alle autorità competenti, intimandomi di cambiar stanza da letto a mia madre perché quella in cui sta ora e sopra la sua. Cosa possono farci, cosa rischiamo? Come posso comportarmi? Questo vicino è l’unico a lamentarsi.
Egregio Signore
la questione che lei mi sottopone riguarda un problema di immissioni ex art. 844 C.c. (nel caso specifico di suoni e rumori). Le immissioni possono diventare una “questione giuridica” solo se superano la normale tollerabilità avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Credo, pertanto, che non vi siano grossi rischi a suo carico, dal momento che i rumori, del genere del quale lei descrive, rientrano nella normale tollerabilità tra condomini e vicini di casa, tenuto conto della grave condizione di salute di sua madre.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Contate pure sul mio cinque per mille e su quello di mia madre. Vi ringrazio infinitamente, Vi auguro un buon lavoro e porgo distinti saluti.
Gianfranco
Grazie a lei per averci contattato.
Rimaniamo a sua disposizione per qualsiasi ulteriore questione; non esiti a contattarci.
Inviamo i nostri migliori auguri per sua madre.
Buona giornata
Egregio Avvocato,
ho un immobile con ingresso indipendente in un paese della Puglia.
Mio padre fece coprire parte del terrazzo con una veranda negli anni 1970 circa.
Nel 2011 ho sostituito la struttura in ferro datata con una struttura ad isolamento termico.
I lavori si sono svolti regolarmente e hanno dato accesso ad un bonus fiscale.
La veranda non è stata mai condonata.
Ora vorrei vendere l’immobile.
Come devo procedere? Devo considerare la pianta originaria di accatastamento in cui figura solo il terrazzo o devo riaccatastare l’immobile con la veranda?
L’abuso edilizio è passato in prescrizione (sono passati 5 anni dalla data di fine dei lavori).
Grazie per l’attenzione
Gentile Signora
le consiglio di procedere alla regolarizzazione della veranda mediante una sanatoria, laddove possibile secondo il piano urbanistico, prima di vendere l’immobile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Egregio Avvocato
ho presentato domanda di riscatto della specializzazione biennale e del dottorato rispettivamente nel 1987 e nel 1990 ai fini della pensione e buona uscita. Ho confermato nel 2004 la domanda di riscatto.
Queste domande sono anteriori alla legge del 1997 che permette il riscatto anche di titoli universitari non necessari all’ammissione in servizio.
Specializzazione e dottorato producono punteggio nella graduatoria interna dell’Istituto, ma non sono titoli necessari all’ammisione in servizio.
Le domande originarie del 1987 e 1990 sono valide oppure no?
Grazie per l’attenzione
Gentile Signora
per quanto a mia conoscenza entrambi i periodi di riscatto rimangono validi.
Buongiorno, vi espongo subito il problema a cui non trovo soluzione, cercando di sintetizzare:
Condominio composto da 4 appartamenti privati, 1 appartamento è rimasto di proprietà dell’ente “case popolari” e vi abita un sig. che si comporta in modo incivile: Forti rumori tipo colpi sul pavimento, sbattere porte ecc.. alle 5 di mattina e la sera alle 22-23 tardi quando rientra a casa. Parcheggia l’auto male e ci crea problemi nelle manovre, occupa senza chiedere gli spazi condominiali aderenti al muro di casa con bancali di legna e altro materiale, sporcando le aiuole dove prima mettevamo i fiori, getta sporcizia dal terrazzo sopra le ns. auto, non lava le scale condominiali, ecc ecc… Noi stiamo subendo ciò da 2 anni senza trovare una soluzione. Impossibile dialogare perchè si mette a riderci in faccia (evidentemente è una persona con qualche problema), le forze dell’ordine sono a conoscenza ma non possono fare nulla, l’ente proprietario del suo appartamento risponde che fin che riceve l’affitto non possono fare niente nemmeno loro. Non so più cosa fare e non posso andare avanti con calmanti per dormire. Vi ringrazio molto per un Vs. consiglio, in modo da sapere come posso procedere. Cordiali saluti!
p.s. non abbiamo l’amministratore.
Egregio Signore
la problematica di cui le narra, molto comune in ambito condominiale, solitamente non è di facile soluzione, soprattutto in assenza di un amministratore che potrebbe agire in nome e per conto dei condomini, senza creare altri attriti tra gli stessi. Le consiglio, preliminarmente, di chiedere la risoluzione della questione (preferibilmente tutti insieme) all’ente proprietario dell’immobile del condomino “incivile” il quale è l’unico che potrebbe agire contro il locatore, anche solo con un richiamo verbale. Si tratta di una attività di “mediazione” che normalmente ha dei tempi lunghi e necessita di una buona dose di tolleranza (rispetto alla quale potete farvi assistere anche da un avvocato di fiducia). In subordine non rimane che l’azione legale, con l’assistenza di un avvocato di fiducia, collettivamente tra i condomini, da esperire sia contro l’ente proprietario dell’immobile e sia contro il condomino “incivile”.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
La ringrazio molto per l’ottimo consiglio che seguiremo senz’altro. Complimenti per il servizio e volentieri devolveremo il 5% alla Vs. associazione.
Grazie a lei per averci contattato.
Rimaniamo a sua completa disposizioni per ulteriori questioni.
Buona estate!
Gentilissimo avvocato, un mio vicino di casa sta effettuando dei lavori di ristrutturazione in un’area sottoposta ad un vincolo paesaggistico (centro storico). Vorrei segnalare l’abuso edilizio (presunto) alle autorità preposte (polizia municipale? O procura della Repubblica), ma temo per eventuali conseguenze che questo potrebbe avere. Sono sicuro che gli interventi che stanno eseguendo non sono assolutamente ammessi in quell’area senza titolo edilizio e senza parere positivo delle Soprintendenza. Resto in attesa di un suo prezioso riscontro.
Egregio Signore
può procedere con un semplice esposto (generico) di lavori in quella zona sottoposta ad un vincolo paesaggistico. In tal caso non si espone alle conseguenze di una denuncia verso terzi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
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IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Buongiorno! Martedì scorso ho ricevuto dalla TIM una email nella quale mi avvertivano che: ” … a fronte delle attivitá di controllo di sicurezza sui nostri sistemi, sono state rilevate attivitá anomale, svolte da parte di soggetti terzi ignoti, che potrebbero avere consentito l´acquisizione di dati relativi al tuo documenti di identitá. La compromissione dei dati relativi al tuo documento di identitá potrebbe comportare il rischio di furto di identitá. …” Io ho pensato ad una email truffa e allora l’ho inoltrata al servizio di segnalazioni abusi del portale di TIM, i quali il giorno dopo mi hanno risposto dicendo: ” … confermiamo l’autenticità’ della comunicazione in seguito al possibile furto di credenziali/dati avvenuto nei giorni scorsi per alcuni clienti. Come indicato puo’ chiedere assistenza ai normali canali del customer care. …”. A quel punto ho chiamato il 187, e pure loro mi hanno dato conferma del fatto, dicendomi però che l’unica cosa che potevo fare era cambiare la password che uso per accedere al mio account sul sito TIM (cosa che feci subito). Non accontentandomi di ciò, e sapendo quanti casi di furto di identità avvengono, mi sono rivolto alla Polizia Postale e ai Carabinieri, i quali mi hanno detto che non era possibile fare niente preventivamente, e che solo dopo aver subito gli effetti di un reato avrei potuto sporgere denuncia (chiudere il recinto dopo la fuga dei buoi). Ora volevo chiedere a voi se davvero non posso fare niente di preventivo per tutelarmi da questo rischio. Grazie anticipatamente per l’eventuale risposta.
Egregio Signore
mi pare di capire, dal tenore delle sue parole, che l’acquisizione dei suoi dati anagrafici e l’eventuale furto di identità non si sia (per il momento) concretizzato, ovvero è rimasto solo una mera ipotesi delittuosa che non si è consumata. Se così stanno le cose confermo pienamente il parere fornito dalla Polizia Postale e dai Carabinieri in quanto è possibile sporgere denuncia solo in presenza di un reato consumato (o tentato).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Sono destinatario di una cartelle esattoriale inevasa per un totale di € 18.500 relativa al 2018.
Di seguito riporto parzialmente il testo di una mail con cui chiedo all’Esattoria dello Stato una trattativa.
…………….mi rivolgo a codesta Direzione per ottenere indicazioni utili al raggiungimento di un accordo che mi consenta di far fronte al mio debito che non sono in grado di estinguere secondo i modi indicati dalla cartella stessa.
Il nocciolo della questione è che non ho, ne’ a breve, ne’ secondo le rateizzazioni previste in cartella, la liquidità necessaria per soddisfare il debito che pur riconosco di avere.
Le mie entrate derivano esclusivamente dall’assegno sociale che percepisco da febbraio 2020 e non è prevedibile alcuna variazione futura a questo dato di fatto. (ho 7a anni).
La liquidità di cui dispongo è, di conseguenza, piuttosto modesta.
Sono, insieme a due miei fratelli, proprietario della casa in cui vivo e di cui sono usufruttuario.
Il mio patrimonio è tutto qui ed è facilmente accertabile.
Immagino ci sia un modo per sanare la mia posizione in maniera accettabile per entrambe le parti, e resto quindi in attesa di indicazioni in questo senso.
Fine della mail.
Quello che mi preme di sapere prima dell’incontro con l’AE è:
– Come può agire l’AE sulla mia casa?
– Che danni potrebbero subire i mia fratelli comproprietari della casa di cui sono usufruttuario?
Grazie per la sua consulenza.
Egregio Signore
preliminarmente le consiglio di chiedere un parere presso un commercialista di sua fiducia, che su alcuni aspetti può essere più preciso della sottoscritta. Detto ciò, per quanto di mia conoscenza l’Agenzia delle Entrate può agire, attraverso pignoramento, sulla abitazione principale solo in determinate situazioni (ovvero il debitore deve essere proprietario di altri immobili oltre a quello principale) e a determinate condizioni (ovvero il debito deve essere superiore ai 120 mila euro). Nel suo caso non sussiste l’intera proprietà dell’unico immobile di appartenenza, ma lo stesso è cointestato con i suoi fratelli, rispetto ai quali lei ha l’usufrutto. Pertanto, non intravedo, almeno per il momento, eventuali danni a loro carico.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Gentilissimo avvocato, un immobile di cui ero comproprietario è stato purtroppo venduto (contro la mia volontà). Per evitare controversie varie tra gli altri eredi e gli acquirenti ho acconsentito. Ora, però, vorrei comunicare ai nuovi acquirenti che l’immobile è sottoposto ad un vincolo paesaggistico ambientale, poiché sito in un centro storico. È possibile inviare una comunicazione per avvertirli che in caso di inosservanza della legge e dei regolamenti comunali non si esiterà a comunicare gli abusi edilizi alle autorità competenti e alla procura? Potrebbero avanzare una azione legale nei miei confronti? O la mia azione sarebbe “lecita”? La ringrazio per il tempo dedicatomi.
Egregio Signore
certamente può comunicare in modo informale ai nuovi acquirenti che l’immobile è sottoposto ad un vincolo paesaggistico ambientale, poiché sito in un centro storico mentre la parte “in caso di inosservanza della legge e dei regolamenti comunali non si esiterà a comunicare gli abusi edilizi alle autorità competenti e alla procura” io personalmente non la inserirei in una missiva, a meno che la stessa non sia a firma di un legale. In ogni caso anche se tale ultima parte non viene inserita espressamente nella missiva si presuppone per legge.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Salve, grazie in anticipo per la vostra attenzione, vi vorrei sottoporre il mio caso relativo all’eredità che vogliono lasciare i miei genitori.
Premetto, che l’intenzione non è fare testamento ma sistemare la distribuzione dei beni prima della morte.
Il quadro familiare è questo:
Mio padre e mia madre hanno me come unico figlio (maggiorenne) ma mia madre ha un altro figlio nato da un precedente matrimonio (anch’esso maggiorenne). Non ci sono altri figli altrove.
Attualmente vivo in casa con i miei genitori (ma presto andrò in affitto altrove) e il mio fratellastro no, ha un suo nucleo familiare e vive in un’altra abitazione.
Mio padre possiede la casa dove viviamo e alcuni terreni agricoli-seminativi mentre mia madre possiede una seconda abitazione ed altri terreni agricoli-seminativi.
La suddivisione che vorrebbero fare è la seguente:
Lasciare a me l’abitazione principale e restare loro usufruttuari fino alla morte.
Lasciare l’abitazione di mia madre e tutti i terreni (sia di mio padre che mia madre) al mio fratellastro.
La loro volontà è di restare comunque usufruttuari fino alla morte per quanto concerne l’abitazione principale.
Domande:
Dato che siamo tutti d’accordo in questo, per quanto riguarda la mia parte, qual è la formula migliore per eseguire questo passaggio oggi ? Opterei per la donazione con usufrutto, ma poi questa non implica una serie di problemi all’atto di una ipotetica rivendita futura dell’immobile ?
Nel caso di morte prematura di mio padre, deduco che in presenza di una donazione, mia madre continuerà ad essere usufruttuaria ma non potrebbe a quel punto il mio fratellastro richiedere la legittima quota dell’immobile principale ?
Come posso tutelare le disposizioni dei miei genitori ed, indipendentemente da chi purtroppo verrà meno, garantire l’inattaccabilità di tali disposizioni?
E’ opportuno fare una scrittura privata tra me e mio fratellastro ?
Egregio Signore
la situazione che narra necessita di una serie di approfondimenti che le consiglio, in via preliminare, di affrontare con un legale di sua fiducia. Orbene, per rispondere al suo quesito, procedo con ordine. Per trasferire la proprietà di un immobile con atto tra vivi si ricorre a due istituti: la compravendita o la donazione (anche con riserva di usufrutto). La principale differenza è che la compravendita è a titolo oneroso, quindi comporta il pagamento del corrispettivo in denaro, mentre la donazione è a titolo gratuito (nel caso di specie entrambi i suoi genitori donerebbero l’immobile a lei, riservandosi l’usufrutto). Ne consegue che nel caso di morte prematura di suo padre (o dell’altro genitore) sua madre continuerà ad essere usufruttuaria. Alla morte di sua madre avviene il c.d. ricongiungimento di usufrutto, ovvero quest’ultimo viene cancellato e ricongiunto alla nuda proprietà. Il nodo della questione riguarda la eventuale vendita dell’immobile ricevuto in donazione, in quanto il suo fratellastro, (figlio di sua madre nato da un precedente matrimonio) riveste la qualità di legittimario che per legge ha diritto ad una quota minima di eredità, c.d. quota di legittima. Nell’ipotesi in cui tale quota di legittima sia stata violata attraverso la donazione, il legittimario può agire anche contro l’acquirente. Ne consegue che andrebbe approfondita quest’ultima questione con un avvocato di sua fiducia o, ancora meglio, con il notaio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Sono il tutore di mia sorella cerebrolesa, con me convivente, invalida al 100% ,non autosufficiente e non in grado di deambulare. Avendo bisogno di assistenza continua anche durante le ore notturne posso assumere come badante mia moglie?
Nel ringraziare per la risposta, porgo distinti saluti.
Egregio Signore
nell’ipotesi di assunzione come badante di parenti o affini entro il terzo grado (in tal caso parenti anche conviventi) sono richieste verifiche maggiori da parte dell’INPS. Le consiglio di rivolgere il suo quesito ad un caf (o commercialista di fiducia) prima di procedere all’assunzione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Salve, ho acquistato una casa all’asta, è stato concordato un mese all’ex proprietario per portare via le sue cose. L’ex proprietario è venuto alcune volte a prendere poche cose, ha sempre detto di non osare a toccare qualcosa. Mi ha detto che aveva organizzato con un due furgoni e una squadra per il 29 per portare via tutto, oggi invece si inventa che con le feste non ha trovato nessuno, quindi ha mentito, come sempre su tutto.
Alla scadenza del mese, come mi devo comportare? Lui dice di non osare toccare le sue cose che verrà a prenderle. Ma ovviamente vuole solo tirare avanti all’infinito. Sono 3 persone maggiorenni che lavorano.
Alla scadenza del mese posso buttare via tutto? O devo aspettare o devo chiamare qualcuno? Cosa posso fare per entrare in possesso e uso della mia nuova casa?
Saluti
Egregio Signore
le consiglio di effettuare una mediazione con l’ex proprietario che a quanto mi pare di capire ha cominciato a portare via qualcosa ed è comunque suo interesse liberare l’immobile. Attenda con pazienza un altro pò, ma se nell’arco di una settimana/dieci giorni nulla è cambiato, le consiglio di agire in via giudiziale che porta alla liberazione forzata dell’immobile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Salve, avrei bisogno di un parere legale inerente all’eredità.
Mio marito ed io siamo sposati in comunione di bene. Adesso viviamo nella casa che lui ha comprato prima di sposarci. Non abbiamo figli al momento. Con la famiglia di origine di mio marito non c’è un buon rapporto e vorremmo evitare che possano subentrare in questioni di eredità. Le nostre domande sono le seguenti:
– in quali casi la famiglia di origine del marito può subentrare nell’eredità della casa?
– in quale modo si può eventualmente evitarlo?
Vi ringrazio molto per una vostra risposta.
Cari saluti,
Valentina
Gentile Signora
in caso di successione legittima (senza testamento) di una coppia di coniugi senza figli, l’eredità è devoluta all’altro coniuge o coniuge superstite, se non ci sono altri parenti prossimi come i genitori o i fratelli e le sorelle. Se vi sono parenti prossimi come i genitori o i fratelli e le sorelle l’eredità è devoluta per 2/3 all’altro coniuge o coniuge superstite e per 1/3 ai fratelli e le sorelle. Il consiglio legale che possa avanzare è quello di redigere entrambi testamento (anche olografo) in modo che ognuno dei coniugi disponga di devolvere l’intero patrimonio all’altro coniuge. Le consiglio comunque di sentire un notaio di fiducia che sul punto sarà più preciso della sottoscritta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Nel mio ufficio c’è un pc a cui chiunque può accedere con una pw comune conosciuta da tutti. Alcuni colleghi lo utilizzano per scopi personali, ad esempio per fare acquisti su amazon, in maniera continuativa. Lo testimonia la cronologia, nella quale compare anche il nome del “navigatore” di turno e, quando questa viene cancellata, il cmd. Ho fatto delle riprese video della cronologia e della schermata cmd. Ho anche stampato alcune schermate. Vorrei denunciare, evitando però rischi di reati informatici. Se nulla osta è più efficace rivolgersi al dirigente della struttura (che è pubblica), o alle forze dell’ordine? Grazie.
Egregio Signore
le consiglio di rivolgersi al dirigente della struttura che è la persona più diretta al controllo ed eventualmente ad irrogare sanzioni disciplinari.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Buon giorno egregio Avvocato
Negli esami di maturità il presidente ha nominato segretario per la redazione dei verbali un professore. Ma i verbali compilati sul web sono redatti da un altro professore con funzione di vicepresidentee e dal presidente della commissione, il professore nominato segretario si limita a firmare i verbali.
Vorrei sapere se questa procedura è lecita e se non lo è quale illecito si configura.
Inoltre vorrei sapere se il presidente può rifiutarsi di far mettere a verbale la dichiarazione di un docente.
Grazie per l’attenzione
Gentile Signora
a mio personale parere, trattandosi di situazioni particolari e sui generis, credo che la procedura sia lecita purchè il presidente di commissione sia presente alle operazioni collegiali in modo da garantire la correttezza della procedura.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Aggiungo alla precedente email.
Se il presidente di una commissione di maturità si rifiuta di mettere a verbale una dichiarazione di un commissario cosa si può fare?
Gentile Signora
anche questa situazione essendo particolare e sui generis andrebbe valutata più nel merito. Mi limito a dire che il rifiuto da parte del presidente di commissione di mettere a verbale una dichiarazione di un commissario potrebbe rientrare nei suoi poteri, in quanto lo stesso deve “orientare la commissione verso scelte corrette sul piano pedagogico, metodologico e della valutazione” e “promuovere un clima di serenità e collaborazione tra membri interni ed esterni”.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve. Tutti i concorsi letterari, pure quelli che vengono organizzati da città e comuni, non possono essere considerati “concorsi pubblici”, vero? Sono un’altra cosa, giusto?
Chi ha subito condanne penali (con pene accessorie che non sono ancora estinte o che sono di durata perpetua) e non si è riabilitato non può partecipare a concorsi pubblici, ma può partecipare a concorsi letterari?
Il destinatario di ogni concorso di solito viene indicato nel bando, ma mentre nei bandi dei concorsi pubblici si fa riferimento al fatto che è vietata la partecipazione a chi abbia subito condanne penali, nei bandi dei concorsi letterari non c’è alcun riferimento al destinatario o al massimo viene indicato che il concorso è rivolto a tutti i cittadini italiani. La ringrazio se può sciogliermi questo dubbio.
Egregio Signore,
esattamente tra un concorso letterario e un concorso pubblico vi è una netta differenza, in quanto nel primo l’oggetto è costituita dall’opera intellettuale secondo le condizioni indicate nel singolo avviso. Ne deriva che non ha rilevanza la condotta penale del partecipante.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, io ho un quesito che concerne sia il diritto penale sia il diritto amministrativo. A una persona condannata al 41-bis che finisce di scontare la pena detentiva (e che magari ha ancora pene accessorie da finire di scontare) e che riceve un avviso orale con prescrizioni dal Questore si può impedire di inviare lettere o altro materiale per posta? Io so che fra le varie prescrizioni/divieti previsti dall’avviso orale ci sono quelli che impediscono il possesso e l’uso del cellulare, dei computer e di Internet, ma non mi risulta che non si possa inviare lettere o altro materiale per posta tradizionale. In particolare, tra i materiali da inviare – ad editori o a qualsiasi altra persona – ci sarebbero romanzi, racconti, articoli e saggi scritti dalla persona in questione a carta e penna e poi fotocopiati, non potendo disporre di computer. Qualcuno mi aveva suggerito che ci fosse un legame particolare fra 41-bis e avviso orale con prescrizioni, per cui una volta scontata la pena detentiva, una volta tornato libero (anche se magari con delle pene accessorie da finire di scontare), a tale soggetto si può impedire anche di mandare lettere e altri materiali per posta tradizionale, ma non so sia vero. Forse qualcuno mi ha detto questa cosa basandosi sulla giurisprudenza, su sentenze passate.
Inoltre, non so se si può vietare l’invio di lettere e altri materiali per posta anche qualora l’avviso orale sia scattato prima della condanna al 41-bis (o durante la condanna al 41-bis) o nel caso in cui sia scattato prima, durante o alla fine del 41-bis come misura cautelare. Inoltre, so che le conseguenze dell’avviso orale non vengono subite durante la pena detentiva o durante la misura cautelare, ma solo dopo che sia finita la pena detentiva o la misura cautelare.
Insomma, mi interessa sapere se ci sia un qualsiasi tipo di legame fra 41-bis e avviso orale con prescrizioni che comporti il divieto di inviare lettere e altri materiali per posta.
Se pure questo divieto esistesse per davvero, 41 bis e avviso orale con prescrizioni non potranno mai impedire a qualcuno fuori dal carcere di possedere carta e penna, di scrivere (romanzi, racconti, articoli, testi di altro tipo), di fotocopiare i propri testi (come dicevo, romanzi, racconti, articoli, eccetera…) e consegnare le fotocopie di questi testi a chiunque di persona, giusto?
Egregio Signore
preliminarmente occorre affermare che l’avviso orale è una misura di prevenzione di competenza del questore disciplinata dall’art. 3 comma 4 d.lgs. n. 159/2011 (codice antimafia): “Con l’avviso orale il questore, quando ricorrono le condizioni di cui al comma 3, può imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, …”. E in tal senso si fa esclusivo riferimento all’utilizzo del telefono cellulare e l’accesso ad internet. Per converso il 41 bis è un regime carcerario (c.d. carcere duro) introdotto allo scopo di evitare contatti tra il detenuto ed altri detenuti all’interno del carcere e le altre persone (facenti parte del suo “entourage”) all’esterno del carcere. Il detenuto in regime di 41 bis gode del diritto alla corrispondenza, così come previsto dall’ordinamento penitenziario. Soltanto in alcuni casi la corrispondenza del detenuto in regime di 41 bis può essere limitata o controllata previa sussistenza di determinate esigenze. Tale limitazione e/o controllo viene disposta con decreto motivato dell’autorità giudiziaria competente.
Ne consegue che sono due piani separati, in quanto il primo ovvero l’avviso del questore è un provvedimento amministrativo ed è applicabile soltanto nei confronti di : a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all’articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
Il secondo ovvero il 41 bis è un regime carcerario regolato dall’ordinamento penitenziario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Okay, quindi se un soggetto che era al carcere duro è tornato in libertà e ha ricevuto un avviso orale con prescrizioni (il divieto di possedere e utilizzare qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, il divieto di possedere e utilizzare radar e il divieto di possedere e utilizzare programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi), può tranquillamente possedere carta e penna, scrivere con carta e penna (lettere, romanzi, raccolte di racconti, eccetera…), fare fotocopie di tutte le cose che scrive (la fotocopiatrice è un hardware, non un programma informatico, quindi non ci dovrebbero essere problemi) e inviare per posta tali fotocopie a chiunque (se invece fare fotocopie non fosse consentito, tale soggetto ricopierebbe i libri e i testi sempre a mano, con carta e penna, e poi invierebbe a chiunque per posta queste copie realizzate a mano, con carta e penna), perché non c’è nessuna prescrizione o divieto dell’avviso orale che proibisca di fare tutto ciò, giusto?
La norma parla di qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente o apparato informatico (solitamente si fa riferimento a cellulari, ecc….); ne consegue che carta e penna non rientrino in tale categoria.
Salve. Questi divieti (in particolare, quello di possedere e utilizzare programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi), anche se venissero dati con la misura di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, riguarderebbero solo ed esclusivamente l’ambito informatico e tecnologico, giusto? L’unica differenza fra divieti legati alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e divieti legati all’avviso orale è che quelli legati alla sorveglianza speciale scadono con essa (e la sorveglianza non può durare più di 5 anni), mentre quelli legati all’avviso orale possono durare anche per sempre (non essendoci termine di durata per l’avviso orale), giusto?
Ah, scusi. Rileggendo mi sembra il caso di fare una precisazione: nel mio ultimo commento, quando esordivo con “Salve. Questi divieti (in particolare…”, con “questi divieti” intendevo i divieti di cui lei ho parlato e che mi interessano, non tutti quelli che possono essere dati con l’Avviso orale (quindi mi riferivo a: il divieto di possedere e utilizzare qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, il divieto di possedere e utilizzare radar e il divieto di possedere e utilizzare programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi). Questi divieti, che possono essere dati con l’avviso orale o con la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, riguardano solo ed esclusivamente l’ambito informatico e tecnologico, giusto?
Si, ambito delle comunicazioni tecnologiche.
Okay, grazie. Le avevo riscritto per sapere se questa cosa valesse anche qualora i divieti e le prescrizioni fossero dati con la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, invece che con l’avviso orale. Di questi divieti e prescrizioni, mi preoccupava in particolare il riferimento a “strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi” e non so se si potesse arrivare addirittura a proibire l’acquisto, il possesso e l’uso di carta e penna e tutte le altre cose e attività che le avevo menzionato. Però, da quanto mi dice, questo non è possibile.
Quindi l’unica differenza fra divieti legati alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e divieti legati all’avviso orale è che quelli legati alla sorveglianza speciale scadono con essa (e la sorveglianza non può durare più di 5 anni), mentre quelli legati all’avviso orale possono durare anche per sempre (non essendoci termine di durata per l’avviso orale), giusto?
Scusi, le avevo posto questa domanda nel penultimo commento, ma non ha risposto, non so se le sia sfuggita. E la ringrazio per le informazioni che potrà darmi.
si, mi scusi avevo risposto ma credo che il sistema non abbia registrato.
Ora riscrivo tutto
Esattamente, come lei afferma. La sorveglianza speciale di pubblica sicurezza è una misura di prevenzione, così come l’avviso orale (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159) la cui competenza spetta al questore, e sebbene non abbiano la valenza di una norma penale sono intese a prevenire la commissione di reati a tutela della sicurezza pubblica.
Il questore invita la persona a tenere una condotta conforme alla legge e successivamente, nell’ipotesi in cui tale invito non sia stato rispettato, può avanzare al Presidente del Tribunale l’applicazione di sorveglianza speciale.
In merito alla durata occorre affermare che la sorveglianza speciale può durare da uno a cinque anni (dieci anni se con obbligo di dimora), ma può essere revocata in ogni momento ovvero rinnovata qualora ne sussistono i presupposti.
L’avviso orale non ha una durata massima prestabilita, (e questo a mio parere è una grave mancanza legislativa, in quanto un eventuale termine presupporrebbe una verifica sulla persone interessata) e può essere revocato su richiesta dell’interessato.
Scusi, spero di non approfittarne troppo, ma lei mi sa dire se è possibile chiedere la revoca dell’avviso orale e delle prescrizioni più di una volta? Mi spiego: ho letto il decreto legislativo del 2011 e ho letto che esiste la possibilità di chiedere la revoca, e se la richiesta di revoca venisse rifiutata poi ci si potrebbe rivolgere al Prefetto, al Tribunale e al Tar Regionale. Se però neanche loro facessero qualcosa, ci si può rivolgere nuovamente al questore, passato un po’ di tempo? E’ possibile che il Questore decida di eliminare avviso orale e prescrizioni dopo che abbia inizialmente rifiutato la richiesta di revoca? O bisogna rassegnarsi a quelle prescrizioni a vita?
In ogni caso, so che è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale e che presto la Corte Costituzionale dovrà esprimersi sulla mancanza di termine di durata delle prescrizioni. Se la Corte ne riconoscerà l’incostituzionalità, il Decreto Legislativo del 2011 dovrà essere modificato e chi abbia subito avviso orale e prescrizioni vedendosi rigettata la richiesta di revoca, senza che Prefetto, Tribunale e Tar Regionale abbiano fatto nulla, potrà avere giustizia e farsi stabilire una durata per le prescrizioni, giusto?
In merito all’avviso orale può essere revocato su richiesta dell’interessato. In caso di diniego del questore il provvedimento può essere impugnato agli organi competenti. In caso di diniego di quest’ultimi e in mancanza di termine di durata dell’avviso orale può essere avanzata nuovamente richiesta di revoca al questore allo scopo di una successiva verifica della situazione. Nell’ipotesi di una modifica al Decreto Legislativo del 2011 tutte le situazioni in materia di avviso orale dovranno essere valutate in relazione ai termini e alle prescrizioni stabilite dalle eventuali modifiche. Certamente la mancanza di un termine pone un problema legislativo e giudiziario allo stesso tempo, oltre a comprimere i diritti e le libertà dei soggetti interessati.
Ho capito, grazie. Quindi si potrebbe avanzare di nuovo una richiesta di revoca per cancellare l’Avviso Orale e le prescrizioni ogni volta che viene rifiutata, insomma finché il Questore non decide di accettarla, giusto? E’ sicuro di questa cosa?
beh la norma non è chiara sul punto ovvero non indica prescrizioni in senso negativo, di conseguenza nulla vieta che possa essere richiesta. A mio parere il problema non è sulla possibilità di richiesta ma sui motivi posti a fondamento della richiesta di revoca.
Buongiorno,
Mio papà, 89 anni, da’ segni inequivocabili di demenza senile (cambiamento radicale di personalità, perdita della memoria breve, manie di persecuzione proprie a un atteggiamento paranoico, irritabilità persistente, comportamenti aggressivi e violenti nei confronti di mia mamma, 83 anni e se stima che io protegga mia mamma anche nei miei confronti). Tuttavia rifiuta qualsiasi tipo di intervento medico visto che fisicamente si sente bene ; nessuna visita dal medico curante, il quale non si è mai recato al domicilio dei miei genitori malgrado le sollecitazioni di mia mamma. In seguito a un’ennesima aggressione, mia mamma ha chiamato la polizia. I due agenti hanno constatato lo stato alterato di mio papà; a nulla sono valsi gli inviti dei due agenti e del medico chiamato dalla polizia per far ricoverare mio papà e poter così effettuare tutti gli esami necessari per un esame geriatrico e diagnosticare precisamente il tipo di problema. L’assistente sociale, consultata pochi giorni dopo, propone di inoltrare una domanda alla cancelleria del tribunale per la nomina di un amministratore di sostegno. Ma dopo aver letto la documentazione, vedo che mio papà deve dare il suo accordo per questo. Cio’ che non farà mai. Mia mamma mi chiede di essere l’amministratore di sostegno anche se io vivo all’estero (a 400 km dal domicilio dei miei genitori) da oramai trent’anni.
Tre domande :
– Posso diventare amministratore di sostegno risiedendo all’estero?
– L’accordo di mio padre è necessario per avere questo aiuto sapendo che non lo accorderà né a me né a nessun altro?
– Quali altri soluzioni possono essere adottate per curare mio papà e per proteggere mia mamma dagli attacchi fisici e verbali di mio papà?
Ringrazio per il vostro gentile riscontro.
Gentile Signora
preliminarmente ci scusiamo per il ritardo nella risposta ma il sito ha avuto circa dieci giorni di manutenzione e pertanto alcune aree della piattaforma non erano accessibili. Con riguardo alla sua situazione e in particolare alla richiesta di amministrazione di sostegno per suo padre, di cui alla legge 9 gennaio 2004, n. 6, la stessa, trattandosi di una misura di protezione, può essere richiesta per una menomazione fisica o psichica della persona (tra le patologie si annovera anche la malattia della demenza senile), e l’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi. Sul punto, entrambi i requisiti risultano presenti, almeno in via generale, nel caso di suo padre, e credo che per tali motivi l’assistente sociale abbia optato per tale istituto. La richiesta al giudice può essere avanzata dal coniuge o da un parente entro il quarto grado, ovvero nel caso di specie da sua madre quale coniuge convivente, al Giudice tutelare competente per territorio. E’ prevista l’audizione del beneficiario, ovvero di suo padre, a meno che non risultano particolari ragioni d’urgenza, e quindi il giudice tutelare provvede “d’urgenza” e d’ufficio. Con riguardo alla scelta dell’amministratore di sostegno, è sempre il giudice tutelare che provvede alla scelta e alla nomina e solitamente la scelta ricade sul coniuge convivente o parente entro il quarto grado. In tale contesto è sempre preferibile una persona che sia molto vicina al beneficiario, in quanto l’oggetto dell’amministrazione di sostegno riguarda sia aspetti quotidiani della vita del beneficiario sia aspetti patrimoniali e di gestione del reddito e del patrimonio.
Soltanto in alcuni casi il Giudice Tutelare può nominare un soggetto terzo.
Se l’amministrazione di sostegno può essere un ausilio, a mio personale parere, non può costituire la soluzione definitiva ed esaustiva per il problema di suo padre e per la tutela di sua madre. Io le consiglio di coinvolgere in tale problematica il medico curante, anche ai fini di una diagnosi (neurologica, psicologica o psichiatrica) e i come supporto anche i servizi sociali territoriali. A mio parere (personale) è necessario preliminarmente capire la patologia o le patologie di suo padre e poi effettuare eventuali interventi sotto il profilo giuridico e sociale.
Rimango a sua disposizione per ulteriori pareri.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera Avvocato
In una casa da me affittata gli inquilini hanno causato per due volte un guasto alla presa elettrica a cui è collegata la cucina elettrica. La prima volta hanno provveduto a riparare la presa, la seconda non è stato possibile perchè, come dichiarano, si è bruciato un filo interno alla presa. Ho chiesto ad un tecnico un preventivo per collegare la presa della cucina all’impianto elettrico tramite condutture esterne (canaline).
Vorrei sapere se devo sostenere la spesa oppure se gli inquilini devono contribuire, visto che il guasto l’hanno causato loro.
Grazie
Gentile Signora
trattandosi di spese di ordinaria manutenzione spettano al conduttore/inquilino.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Inquilino occupa spazi condominiali comuni, atrio, pianerottolo, cortile, con oggetti personali. scarpe mobili borse
ecc. avvertimenti verbali e scritti dell’Amministratore sono completamente ignorati.
Si chiede, quale pratica ,veramente efficace,intraprendere al fine di risolvere definitivamente questa prepotenza,
Cordiali saluti
Egregio Signore
spesso la problematica indicata è una delle principali cause di conflitto e di attrito nei condomini, e spesso non è facile la soluzione proprio perchè interferisce nei rapporti tra condòmini alterandone gli equilibri. Fatta questa doverosa premessa e dal momento che, secondo quello che lei scrive, sono rimaste inadempiute gli avvertimenti, scritti e orali, dell’amministratore, l’unica soluzione che posso suggerire è quella di porre la questione all’assemblea condominiale, indicandola all’ordine del giorno, in merito alla cessazione di tali attività abusive. L’assemblea, che è l’organo decidente, può votare la questione e adottare le misure necessarie per far cessare la violazione, anche attraverso il ricorso all’azione giudiziaria.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
BUONA SERA, GRADIREI UN VOSTRO PARERE SUL SEGENTE QUESITO:
CONDUTTORE,STRANIERO, DA CIRCA UN ANNO ESPTRIATO LASCIANDO RESIDENZA IN ITALIA E LA FIGLIA UNIVERSITARIA.
NELL’IPOTESI CHE IL CONDUTTORE INTESTATARIO DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE DECIDESSE DI RIMANERE ALL’ESTERO E CHIEDESSE DI INTESTARE IL CONTRATTO ALLA FIGLIA NULLATENENTE IL LOCATORE POTREBBE RIFIUTARE IL CAMBIAMENTO E CHIEDERE LA COCLUSIONE DEL CONTRATTO NEI TERMINI PREVISTI DALLA LEGGE?
GRAZIE CORDIALI SALUTI
Egregio Signore
il locatore è libero di scegliere il conduttore dell’immobile, pertanto o il contratto di locazione si risolve alla scadenza prevista nello stesso, sciogliendo entrambe le parti dal vincolo contrattuale, oppure si parla di risoluzione del contratto se il rapporto tra le parti è interrotto prima della scadenza naturale. Più specificatamente, nel caso di specie, “NELL’IPOTESI CHE IL CONDUTTORE INTESTATARIO DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE DECIDESSE DI RIMANERE ALL’ESTERO E CHIEDESSE DI INTESTARE IL CONTRATTO ALLA FIGLIA NULLATENENTE IL LOCATORE POTREBBE RIFIUTARE IL CAMBIAMENTO E CHIEDERE LA COCLUSIONE DEL CONTRATTO NEI TERMINI PREVISTI DALLA LEGGE?” nell’ipotesi in cui il locatore decidesse di stipulare il contratto di locazione a favore della figlia del conduttore, occorre precisare che il precedente contratto di locazione non si trasmette alla figlia del conduttore, ma dovrebbe essere risolto con la stipula di un nuovo contratto di locazione dell’immobile a favore della figlia del conduttore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Ieri ho posto un quesito che non vedo più on line, Forse ho sbagliato qualche passaggio? Ho letto le risposte ai quesiti on line ma non ho trovato nulla di silile a quanto richiesto. Lupi Mario mi chiede credenziali compreso il mio numero ci conto corrente, è corretto? perchè?
Ringrazio per un chiarimento
Cordiali saluti
Salve il suo quesito è in lavorazione. Noi non chiediamo nessun numero di conto corrente e/o credenziali e soprattutto non conosciamo tale soggetto.
Cordialmente
Ass. Aletes Onlus
Egregio Avvocato Maetta
trascrivo quanto appare nella finestra prima di avviare il messaggio:
Ditta/ per eseguire un ricerca tra le informazioni salvate (segue nome cognome di chi chiede consulenza e relativa e.mail), e il nome MARIO LUPI.
Ultima riga: Gestisci sito personale, (cliccandoci sopra si chiede dati personali indirizzo conti ecc.
Quanto sopra ha provocato quanto Le ho scritto il 21 gennaio scorso, volevo solo informaraLa di ciò che mi sembrava una anomalia.
La prego di gradire Cordiali saluti
Ok grazie mille
Verificheremo nell’immediatezza.
Salve, vorrei due informazioni, se possibile. La riabilitazione penale cancella tutte le pene accessorie (anche perpetue) del Codice Penale e delle leggi speciali, giusto? Inoltre, volevo sapere cosa accade qualora la riabilitazione venisse revocata, ripristinando tutte le pene accessorie, perché a qualche anno di distanza è stato commesso un nuovo reato: è possibile, a quel punto, richiedere di nuovo la riabilitazione per il vecchio reato e richiedere la riabilitazione per il nuovo reato?
Grazie mille.
Egregio Signore
la riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, secondo determinate condizione dettate dall’art. 179 C.p. La sentenza di riabilitazione è revocata di diritto se la persona riabilitata commette entro sette anni un delitto non colposo, per il quale sia inflitta la pena della reclusione per un tempo non inferiore a due anni, od un’altra pena più grave. Trattandosi di un beneficio è sempre sottoposta al vaglio del giudice della sorveglianza e nel caso del secondo reato può essere avanzata richiesta solo se sussiste la buona condotta, decorrenza di almeno 3 anni dalla pena e pagamento delle obbligazioni civili.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la risposta, ma non mi è chiaro cosa succede per il reato vecchio: una volta revocata la riabilitazione c’è la possibilità di richiederla di nuovo dopo qualche anno?
Per il reato vecchio è già stata chiesta la riabilitazione e se la stessa viene revocata non è possibile fare più nulla.
Ho ancora un dubbio su questa questione, se può aiutarmi a scioglierlo. Lei ha detto che qualora si commettesse un nuovo reato dopo la riabilitazione ottenuta per un primo reato questa potrebbe venire revocata, e in modo definitivo.
Il mio dubbio quindi è: il secondo reato che potrebbe comportare la revoca andrebbe quindi commesso dopo aver ottenuto la riabilitazione per il primo reato oppure a determinare la revoca della riabilitazione per il primo reato può essere anche un secondo reato commesso prima della condanna definitiva per il primo reato e di cui si venisse a conoscenza solo molti anni dopo, e appunto dopo la riabilitazione per il primo reato? Se fosse così, come in questo secondo caso, vorrei sapere se quando il secondo reato va in prescrizione non può più causare la revoca della riabilitazione per il primo reato.
Egregio Signore
la riabilitazione è revocata di diritto “se la persona riabilitata commette entro sette anni un delitto non colposo, per il quale sia inflitta la pena della reclusione per un tempo non inferiore a due anni, od un’altra pena più grave”. Ne consegue che il secondo reato che potrebbe comportare la revoca della riabilitazione deve essere commesso dopo la riabilitazione per il primo reato (ovvero entro sette anni dal primo reato).
Per determinare il tempo necessario a prescrivere un reato si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato (consumato o tentato), senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Quanto alla prescrizione del secondo reato forse non mi sono spiegato bene. Intendevo questo: se dopo avere ottenuto la riabilitazione per un primo reato si commette entro 7 anni un secondo reato, ma questo secondo reato nel frattempo va in prescrizione e solo dopo che sia andato in prescrizione viene scoperto, tale secondo reato ormai prescritto non può più provocare la revoca della riabilitazione del primo reato, giusto?
Se il secondo reato si prescrive, si estingue quindi non è collegabile alla riabilitazione, in quanto la prescrizione impedisce di fatto un accertamento di quel (secondo) reato. Ovvero il (secondo) reato essendo prescritto non può condurre ad una sentenza di condanna o di assoluzione.
Quindi se il secondo reato si prescrive, non può più provocare la revoca della riabilitazione del primo reato. E’ questo che intende? (Specifico onde evitare fraintendimenti). La ringrazio per le risposte.
Esatto
Buon giorno
Posseggo un immobile che faceva parte di una proprietà che è stata venduta divisa in diverse unità. Non si tratta di un condominio.
L’immobile confinante con il mio faceva parte di una proprietà comune. Tale immobile è stato demolito e ricostruito. Il mio ha conservato l’assetto originario.
Dalla precedente proprietà deriva una servitù di passaggio della rete fognaria. Il mio fondo è servente, quello del vicino dominante. Il pozzetto di scarico è comune alle due proprietà.
Visto che l’immobile confinante è stato ricostruito con l’aggiunta di servizi che non c’erano nella proprietà originaria la servitù di passaggio della rete fognaria sussiste ancora o si è estinta a seguito dell’aggiunta di impianti?
Il proprietario dell’immobile confinante ha un problema con la rete fognaria intasata e mi chiede di fare interventi nella mia proprietà.
Esiste un obbligo a concedere il consenso oppure no?
Grazie
Gentile Signora
da quello che lei afferma credo che la servitù di passaggio sussiste ancora. La servitù di passaggio si estingue di diritto per prescrizione ovvero quando non viene usata per venti anni, o per confusione, quando in una sola persona si riunisce la proprietà del fondo dominante con quella del fondo servente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, volevo un’informazione. Chi consegue una laurea triennale con una tesi di laurea che si è fatto scrivere da un’altra persona dietro pagamento commette il reato di “falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree”, un reato punito con massimo un anno di reclusione, una sanzione pecuniaria e il ritiro del titolo di studio. Se con una laurea triennale presa in questo modo ci si iscrive a una laurea specialistica e/o a un master o ci si iscrive a un albo professionale o si trova lavoro, si commette un ulteriore reato? E si commette un ulteriore reato a dire o scrivere di avere questa laurea triennale e tutti i titoli di studio presi sulla base di tale laurea triennale e di aver fatto lavori che richiedessero tale laurea triennale? E si commette un ulteriore reato a tenere sul curriculum vitae tale laurea triennale e i titoli di studio di laurea specialistica e di master ottenuti sulla base di quella laurea triennale, e così pure i lavori e le iscrizioni ad albi ottenuti sulla base della laurea triennale? A dire la verità, ho già consultato un sacco di avvocati per questa vicenda, ma tutti mi hanno detto che potrei perdere la laurea triennale e i titoli di studio successivi e che potrei perdere lavori e iscrizioni ad albi, ma nessuno mi ha detto se rischierei un reato aggiuntivo oltre alla “falsa attribuzione di lavori altrui”. Io facendo qualche ricerca online ho scoperto che si può venire condannati per “falso ideologico in atto pubblico” o per “truffa”, ma entrambi questi reati riguardo persone che mentono a un ufficio pubblico (per un concorso pubblico) o a un’azienda privata sul possesso di un titolo di studio che non è mai esistito perché non è mai stato preso, quindi non so se sia il caso mio.
Egregio Signore
io mi fermerei all’ipotetica contestazione del reato di “falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree”. Per le altre e successive domande che lei formula nel quesito non vi è una automatica e conseguenziale ipotesi delittuosa. Permane la decadenza dal titolo di laurea triennale e dai titoli di studio successivi e ad essa correlati.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve Avv.to
sul contratto di locazione a canone concordato 3+2 (senza cedolare secca) non è indicato l’adeguamento Istat del canone di locazione ma all’ultimo articolo del contratto è scritto: “Per quanto non previsto dal presente contratto le parti rinviano a quanto in materia disposto dal Codice Civile, dalle leggi n. 392/78 e n. 431/98 o comunque dalle norme vigenti e dagli usi locali nonché alla normativa ministeriale emanata in applicazione della legge n. 431/98 ed all’Accordo Territoriale del 29/05/2018 del Comune di Taranto”.
L’Accordo Territoriale del 29/05/2018 del Comune di Taranto prevede all’articolo 6: ” Il canone di locazione previsto nel contratto di locazione potrà essere aggiornato annualmente, a partire dal secondo anno, su richiesta scritta del locatore, in misura contrattata e comunque non superiore al 75% della variazione Istat dell’indice dei prezzi al consumo f.o.i. verificatosi nell’anno precedente”.
Il contratto è stato sottoscritto il 01/05/2021.
Domanda: posso chiedere con racc. a.r. l’adeguamento del canone dal 01/05/23 anche se non specificato direttamente nel contratto ma rimandato all’accordo territoriale?
Grazie
Egregio Signore
si può chiedere la rivalutazione annuale pari al 75%, dopo due anni dalla sottoscrizione del contratto di locazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
in merito alla pubblicazione in G.U. del Decreto legislativo n. 26 del 7 marzo 2023, riguardante il recepimento della Direttiva Europea 2019/2161 sulla maggiore tutela dalle pratiche commerciali scorrette, all’art.1 comma 7 lettera d del suddetto decreto, si parla dei rimedi individuali esperibili dal consumatore leso da tali pratiche. Potreste argomentare meglio questo aspetto? . Grazie.
Il Decreto legislativo n. 26 del 7 marzo 2023ha apportato modifiche al Codice del Consumo – “Attuazione della direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori”. Una parte della modifica riguarda le sanzioni (art. 7) ove si prevede l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 22, c. 3, d.lgs. n. 114/1998, da irrogare con le modalità ivi previste e tenuto conto di una serie di criteri (lettera d: i benefici finanziari conseguiti o le perdite evitate dal professionista in conseguenza della violazione, se i relativi dati sono disponibili). Si tratta di un parametro generale a carico del professionista, che, in base al caso specifico, può influire o meno sulla determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria, sempre che i relativi dati siano disponibili.
In relazione al quesito precedente, nel mio caso, sono stato oggetto di una pratica scorretta ingannevole e aggressiva posta in essere da una società attiva nella vendita di multiproprietà. Tale società è stata destinataria di un provvedimento sanzionatorio da parte dell’AGCM successivamente confermato dal Tar del Lazio e in ultimo dal Consiglio di Stato. A fronte di tutto ciò, posso chiedere la risoluzione del contratto sulla base di quanto previsto dal suddetto Decreto Legislativo? Secondo lei, la norma in questione, ha un carattere vincolante per il giudice? Grazie.
Credo che la risoluzione del contratto possa essere fatta valere a prescindere dal decreto legislativo suindicato, sebbene quest’ultimo vada a rafforzare l’apparato generale in materia di Codice del Consumo.
Buonasera Avvocato,
Mi è stato notificato un atto di pignoramento per un debito ereditato. Nell’atto è stata fissata una udienza per il 10 maggio 2023 per eventuale opposizione. Io però vorrei pagare il debito senza arrivare in tribunale così da evitare ulteriori aggravi di spese. Ho provato a contattare, anche via pec, l’avvocato che mi ha ingiunto ( e con cui ho avuto alcuni screzi per addebiti non dovuti ) per capire in che modo adempiere, ma lui non risponde perché credo voglia arrivare al 10 maggio così da addebitare altre spese. Cosa posso fare? Posso pagare quanto riportato nell’atto di pignoramento e poi inviare attestazione del pagamento all’avvocato della controparte.
Grazie anticipatamente
Gentile Signora
le consiglio di procedere con un accordo col creditore manifestando la sua volontà di pagare quanto previsto nell’atto di pignoramento.
Il creditore non può sottrarsi alla ricezione del pagamento del debito.
Pertanto provi a ricontattare nuovamente il creditore manifestando espressamente la sua intenzione di pagare quanto previsto nell’atto di pignoramento e poi eventualmente mi faccia sapere.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Inquilino con contratto di locazione 3+w2, marito mog,lie 2 figli, rinnovato più volte,prossima scadenza giugno 2023, scoperto che da 31-12-2022 non è più residente in Itakia perche espatriati in Austria con moglie e un figlio lasciando la figkia in Italia dove ha preso la residenza. Vista detta situazione il Lolcaore come deve muoversi per riparare le irregolarità venutesi a verificare al fine di regolarizzare fiscalmente la pratica e diffendere i pripri interessi da eventuali future fughe? graziel
ripeto testo precedente pieno di errori chiedo scusa.
Inquilino con contratto di locazione 3+2, marito moglie 2 figli, rinnovato più volte, prossima scadenza giugno 2023, scoperto che da 31-12-2022 non è più residente in Italia perché espatriati in Austria con moglie e un figlio lasciando la figlia in Italia dove ha preso la residenza. Vista detta situazione il Locatore come deve muoversi per riparare le irregolarità venutesi a verificare al fine di regolarizzare fiscalmente la pratica e difendere i propri interessi da eventuali future fughe? Grazie
Egregio Signore
indipendentemente dalla residenza, del marito e della moglie, credo che vista la prossima scadenza del contratto o può procedere alla disdetta (dopo i primi 3 anni del contratto) oppure può stipulare un nuovo contratto alla figlia rimasta a vivere nella casa. Dipende dalle sue esigenze e dalle esigenze dei conduttori.
Buongiorno Avvocato,
Le pongo il mio quesito:
sono divorziata ed ho due figli grandi e indipendenti economicamente. Il mio compagno è vedovo ed ha anche lui 2 figli economicamente indipendenti. Dopo 9 anni di convivenza (anche se lui ha la residenza in un’altra abitazione), vorremmo sposarci, ma tutelare allo stesso tempo i rispettivi figli un domani per quanto riguarda l’eredità. Cioè, vorrei sapere se, magari facendo un atto scritto prima, un domani, se io venissi a mancare, la parte di eredità vorrei che spettasse tutta ai miei due figli, e viceversa, se venisse a mancare lui, l’eredità andasse solo ai suoi figli (proprio per tutelarli). A me invece, come eventuale moglie, oltre ad una parte di pensione (che tanto non andrebbe ai figli), credo spetterebbe la cosiddetta “legittima”. Potrei, sempre con un atto, rifiutarla già in vita? E se si, quella parte che rifiuto a chi andrebbe? Ai sui figli oppure andrebbe divisa anche con i miei figli?
La ringrazio anticipatamente per la risposta che vorrà darmi, e La saluto cordialmente.
Francesca
Gentile Signora
preliminarmente occorrerebbe capire a quanto ammonta il patrimonio dell’uno e il patrimonio dell’altro. In particolare se sono presenti beni immobili oppure no. In presenza di beni immobili occorrerebbe agire attraverso la predisposizione di un testamento (nella fattispecie entrambi dovreste fare testamento olografo o per atto di notaio). Ma per dare una risposta esaustiva occorrerebbe capire la quantità dei beni presenti nel patrimonio. Più complessa sarebbe la donazione.
In presenza di figli (due o più figli) la quota di legittima a favore del coniuge è di 1/4 (ai figli 1/2). Si può rinunciare alla quota di legittima attraverso un apposito atto, dal notaio o presso il Tribunale di competenza territoriale. Non ha nessuno effetto una rinuncia preventiva (art. 458 Cc. è nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi)
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato
Ho affittato un appartamento a due inquilini. Uno dei due inquilini ha comunicato il recesso per il 15-4-2023 e sottoscritto il verbale di riconsegna dell’immobile e delle chiavi, ma ha continuato ad occupare l’immobile per altri 15 giorni fino alla fine di aprile 2023, senza trasmettere nessuna comunicazione in merito. Ne sono venuta a conoscenza accedendo all’immobile per far effettuare un intervento tecnico di riparazione.
L’inquilino, che ha comunicato il recesso, ha ceduto con il mio consenso il suo contratto ad un’altra persona che è subentrata a partire dal 16-4-2023.
La cessione del contratto è stata registrata.
Vorrei sapere se è corretto ai sensi dell’art. 1591 del C.C. trattenere dal deposito cauzionale dell’inquilino, che ha comunicato il recesso, l’importo dovuto per i giorni in cui ha continuato ad occupare l’immobile senza il mio consenso. Pensavo di dividere l’importo dovuto per tre, visto che gli occupanti effettivi per 15 giorni sono stati tre e non due, e di trattenere l’importo dal deposito cauzionale.
Grazie
Gentile Signora
il deposito cauzionale può essere trattenuto dal locatore solo se e quando nell’appartamento locato si sono verificati danni a carico del conduttore e quest’ultimo non adempie spontaneamente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
mio padre possiede 1/4 con i suoi fratelli di un appartamento in cui vive con uno dei suoi 3 fratelli il quale sulla visura ha il “diritto di abitazione”.
Alla morte del fratello coinquilino, mio padre potrà continuare ad abitarci o gli altri 2 fratelli potranno vendere e quindi mandarlo via?
Egregio Signore
in caso di morte del fratello con il “diritto di abitazione” si apre la successione ereditaria e l’immobile entra a far parte della successione. Quindi, fatto salvo diverso accordo tra le parti che consentono a suo padre di continuare ad abitare l’immobile, lo stesso, a seguito dell’apertura della successione, potrebbe essere venduto e conseguente divisione pro quota tra le parti del ricavato della vendita.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
So che chi scrive e pubblica (con degli editori o su Internet) racconti, romanzi, sceneggiature o scritti di altro tipo dove siano presenti relazioni e/o rapporti sessuali fra adolescenti e adulti o solo fra adolescenti potrebbe essere accusato del reato previsto all’art. 414-bis del Codice Penale. Per questo reato scattano in automatico le pene accessorie previste dall’art. 600-septies.2 del Codice Penale. Fra queste pene accessorie è prevista questa pena accessoria: “In ogni caso è disposta la chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione, nonché la revoca della licenza di esercizio o della concessione o dell’autorizzazione per le emittenti radiotelevisive”. Questa pena accessoria può impedire di continuare a pubblicare libri (romanzi, saggi, raccolte di racconti, raccolte di articoli…) con degli editori e di guadagnare con tali pubblicazioni e può impedire di continuare a pubblicare articoli, sceneggiature, romanzi e scritti di qualunque altro tipo su Internet (blog, social network, giornali online…)? Preciso che per pubblicare libri e scritti di qualunque tipo con editori e su Internet non è necessaria la Partita IVA o una licenza/autorizzazione, e mi piacerebbe sapere cosa accadrebbe a chi non è in possesso di Partita IVA (e l’attività di scrittura e pubblicazione di romanzi, racconti, saggi, articoli, eccetera senza partita IVA non credo che possa essere qualificata come esercizio commerciale), ma anche a chi invece possiede la Partita IVA. Inoltre, voglio ricordare che c’è in gioco la libertà di espressione garantita dall’art. 21 della Costituzione, come saprà meglio di me, quindi mi sembrerebbe strano se si ponessero forti limiti alla libertà espressiva di qualcuno: se pure si arrivasse a porre dei limiti con la pubblicazione di libri con degli editori (il che mi sembra strano), si potrebbe sempre continuare a scrivere e pubblicare articoli, opinioni, racconti e romanzi sui social network e i blog, giusto?
Egregio Signore
la pena accessoria di cui all’art. 600 septies 2 Codice Penale è prevista solo in seguito alla sentenza di condanna qualora l’attività illecita avviene in danno di minorenni ex art. 414 bis Codice Penale (che richiama la Convenzione di Lanzarote e all’ultimo comma recita “Non possono essere invocate, a propria scusa, ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume.”). Ne consegue che l’art. 21 della Costituzione non può operare. L’esercizio della libertà di espressione comporta “doveri e responsabilità” anche pe i media e giornalisti.
Okay, si viene puniti per il libro, l’articolo o il film in cui si raccontano storie che coinvolgono i minori in questo modo. Ma quello che volevo sapere è se una pena accessoria come questa (“In ogni caso è disposta la chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione, nonché la revoca della licenza di esercizio o della concessione o dell’autorizzazione per le emittenti radiotelevisive”) possa impedire a qualcuno in modo definitivo (per tutta la vita) di esprimersi attraverso la scrittura, fosse anche con un semplice blog o un social network. Anche la persona condannata avrà pur sempre il diritto di esprimersi attraverso la scrittura, no? E io mi chiedevo se possa tornare a pubblicare romanzi, storie e testi di diverso tipo che non coinvolgano i minori.
La revoca della licenza di esercizio …. per le emittenti radiotelevisive è relativa alla prima parte ovvero alla “chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione”. Questo non impedisce in generale al soggetto di esprimersi attraverso la scrittura, o qualsiasi altra forma di espressione e comunicazione, in quanto l’art. 21 è un diritto costituzionale.
Non ho capito bene la parte iniziale del suo ultimo commento. L’unica parte della pena accessoria che mi interessa è quella della “chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione”, visto che parliamo di uno scrittore di romanzi, saggi, racconti e sceneggiature e non di una rete televisiva la cui licenza potrebbe venire revocata. Mi conferma che lo scrittore condannato avrà pur sempre il diritto di esprimersi attraverso la scrittura e quindi di pubblicare libri, articoli, eccetera… O almeno di scrivere su blog e social network?
Si certo la parte condannata o scrittore condannato avrà pur sempre il diritto di esprimersi attraverso la scrittura.
Perfetto, grazie mille. Era chiaro che lo scrittore cui facevo riferimento ipoteticamente avrebbe commesso il reato dell’articolo 414-bis del Codice Penale proprio attraverso la scrittura (cioè pubblicando romanzi, racconti, sceneggiature, articoli e scritti di altro tipo)? Era chiaro tutto quello che ho scritto? Chiedo per essere sicuro al 100% delle risposte che mi ha dato.
Si si tutto chiaro. Tenga presente sempre il regime di operatività di una pena di accessoria, strettamente collegata alla pena principale.
Quindi, in definitiva, la pena accessoria della chiusura degli esercizi non può in alcun modo essere applicata a uno scrittore? A me viene in mente che potrebbe colpire uno scrittore che abbia una partita IVA, perché appunto in quel caso si tratterebbe di esercizio commerciale, ma se anche lo scrittore dovesse chiudere la partita IVA per la pena accessoria, esistendo l’art. 21 della Costituzione, avrebbe comunque il diritto di pubblicare i suoi romanzi, i suoi libri, i suoi articoli, giusto?
Mentre uno scrittore senza partita IVA non avrebbe alcun tipo di problema, vero?
La pena accessoria della chiusura degli esercizi viene applicata a quell’esercizio commerciale in collegamento con la pena principale, indipendentemente dalla partita iva del soggetto interessato.
Non ne capisco molto a questo riguardo, ma pensavo che esercizi commerciali e partita IVA fossero strettamente legati, nel senso che per aprire un esercizio commerciale ci fosse bisogno della partita IVA e che quindi chi ha una partita IVA svolge un esercizio commerciale.
Per fare chiarezza, uno scrittore con o senza partita IVA che venisse colpito dalla pena prevista dall’art. 414-bis del Codice Penale può venire colpito dalla pena accessoria della “chiusura degli esercizi”? E se venisse colpito da tale pena accessoria può continuare a scrivere, pubblicare e guadagnare con le proprie pubblicazioni?
Per esempio, se uno scrittore di romanzi e di blog avesse (o non avesse) la partita IVA e venisse colpito dalla pena accessoria, potrebbe continuare a pubblicare romanzi con degli editori e a scrivere sui blog, visto che sono attività che si possono fare anche senza partita IVA?
Altrimenti, se la pena accessoria della “chiusura degli esercizi” fosse di ostacolo a uno scrittore, esiste un nucleo minimo di libertà di scrivere e pubblicare che nessuno gli può togliere, visto l’art. 21 della Costituzione? Per esempio, scrivere su un blog?
In precedenza mi riferivo al fatto che non tutti gli scrittori o romanzieri hanno la partita iva. La pena accessoria non è collegabile all’aspetto fiscale della persona.
La norma fa riferimento alla “chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti …” nella norma in esame.
Nel mio ultimo commento, ho fatto riferimento a uno scrittore di romanzi e di blog. In realtà mi interessa sapere di uno scrittore che scrive e pubblica di tutto: libri di ogni tipo, sceneggiature, blog, articoli…
Nel caso di blog o di libri/romanzi è normale che tale attività può essere espletata. Diverso è il caso del giornalista.
Mi scusi se riepilogo ancora, ma è una questione che a me pare complessa, e le risposte sono frammentate in vari commenti, quindi voglio assicurarmi di aver capito bene. Se uno scrittore commettesse il reato previsto dall’art. 414-bis del Codice Penale raccontando e descrivendo storie d’amore e rapporti intimi fra adolescenti e adulti in un romanzo, in una sceneggiatura, in un racconto o in qualunque altro tipo di testo (e parlo di romanzi, sceneggiature, racconti e testi pubblicati con degli editori o pubblicati sui blog o sui giornali o sui social network) e questo scrittore avesse una partita IVA, non gli si potrebbe impedire, con la pena accessoria della “chiusura degli esercizi”, di continuare a scrivere sui blog e di continuare a pubblicare romanzi e libri di altro tipo con degli editori e a guadagnare con tali pubblicazioni: è tutto giusto? Mi faccia sapere, gentilmente. La ringrazio.
Esatto potrebbe continuare a scrivere
Ottimo, grazie. In questo mio riepilogo ho parlato di uno scrittore con la partita IVA ma immagino sia lo stesso per lo scrittore che non ce l’abbia, giusto?
Esattamente, come dicevo in precedenza non è un problema fiscale (partita iva o non)
Nella domanda finale della richiesta di consulenza che le ho appena inviato ho commesso un errore. In realtà, non intendevo limitazioni solo coi libri pubblicati con gli editori, ma un po’ in generale. Per cui la riformulo: se pure si arrivasse a porre dei limiti (il che mi sembra strano), si potrebbe sempre continuare a scrivere e pubblicare articoli, opinioni, racconti e romanzi sui social network e i blog, giusto?
Buongiorno il mio quesito è questo: ho venduto appartamento il 30 settembre 2022. A giugno 2022 in assemblea straordinaria è stato deliberato il 110% superbonus. A settembre l’impresa incaricata si è ritirata.
Il 29/5 scorso è stata fatta una nuova assemblea straordinaria per decidere ancora sul 110%, io non ho partecipato. Mi dicono che per poter procedere alla pratica si fa riferimento alla delibera del giugno 2022. E procedono ad incaricare una nuova impresa. Mi hanno riferito che siccome si fa riferimento alla delibera precedente i lavori sarebbero a carico mio, ma la nuova impresa non ha presentato ancora nè un preventivo e nè hanno eseguito un sopralluogo. La mia domanda è sono a carico mio questi lavori, non potendo neanche decidere sul nuovo preventivo? Attendo vs e ringrazio.
Gentile Signora
per le spese straordinarie si fa riferimento alla delibera dell’assemblea, e pertanto le spese ricadono su colui che era condomino (tra acquirente e venditore) al momento dell’approvazione dei lavori straordinari, salvo deroghe inserite nel rogito notarile in merito alla ripartizione di tali spese. Però dal momento che l’impresa incaricata si è ritirata è necessario nominare una nuova impresa con conseguente indicazione dei lavori da realizzare ed il prezzo degli stessi. Quindi credo che sia necessario fare una nuova assemblea che qualora vada a sostituire la prima (dal momento che molti elementi della prima assemblea sono cambiati, in primis ditta e prezzo) potrebbe accordarsi con l’acquirente in merito al pagamento di tali lavori. Sarebbe necessario capire questo passaggio per poter dare una risposta più corretta ed esaustiva. Le consiglio comunque di valutare attentamente tali aspetti e di trovare un accordo con l’acquirente, magari con l’ausilio dell’amministratore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
Quesito: contratto affitto abitativo in Italia,con cittadino Romeno, dove prende residenza, si scopre che da mesi non è più residenten in Italia e che è espatriato in Austria. In Italia è rimasta la figla nell’appartamento di cui detto contratto, si presume temporaneamente, pagando regolarmente le rate.
Nell’ipotesi di eventuale morosità, ci si dovesse rivolgersi al Tribunale,le eventuali notifiche ricevute dalla figlia sarebbero valide ed operative o no.
Preciso che la figlia ha tergiversato alla richiesta di comunicare l’indirizzo Austriaco del padre.
Gradirei il Vostro parere in merito. Cordiali saluti
Egregio Signore
le comunicazioni e le notifiche devono essere indirizzate al conduttore indicato nel contratto di locazione, nell’ipotesi di morosità o anche disdetta o risoluzione del contratto.
Buongiorno,
ecco il mio quesito: sono proprietario di locali fino a sei mesi fa adibiti a laboratorio produzione e vendita pane e prodotti da forno. L’affittuario ha rescisso anzitempo il contratto di locazione per motivi economici ed io ho accettato. Attualmente i locali sono occupati da attrezzature di panificazione e materie prime alimentari in giacenza. Il termine per la rimozione di attrezzature e prodotti è fissato, con scrittura privata tra le parti, al 30 giugno 2023. Se non adempie a tale obbligazione, finalizzata a consentire il riutilizzo dei miei locali, quali strumenti legali posso utilizzare per rivalermi? Cortesemente ringrazio.
Egregio Signore
il conduttore ha l’obbligo di restituire l’immobile locato vuoto di ogni arredo o attrezzatura, in modo che il locatore ne possa acquisire non solo il possesso ma anche la disponibilità totale e l’agibilità dello stesso, privo da qualsiasi vincolo. Cosa succede nell’ipotesi in cui il conduttore lasci all’interno dell’immobile locato mobili o attrezzature di sua proprietà? In tal caso l’immobile non è totalmente agibile, anche se il locatore/proprietario ne ha conseguito il possesso, ad esempio sono state riconsegnate le chiavi. Nell’ipotesi, infatti, in cui il locatore/proprietario voglia procedere ad un nuovo affitto dell’immobile la presenza di beni o strumenti al suo interno ne impedisce la fattibilità.
Ne consegue che il conduttore continua ad essere obbligato del pagamento del canone di locazione oltre all’eventuale risarcimento del danno a favore del locatore.
Nel caso da lei esposto è stato concordato un termine per la rimozione di attrezzature e prodotti, con scrittura privata tra le parti. Se il conduttore non adempie entro tale termine il locatore può agire attraverso una formale diffida ad adempiere, a mezzo di ufficiale giudiziario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, avevo contattato un tecnico per seguire l’attività di manutenzione straordinaria dell’appartamento. Dopo qualche settimana che avevo chiesto il preventivo, questo non mi veniva consegnato, solo dopo un mese dal contatto mi è stato consegnato. Ho dato cosi l’ok per svolgere solo l’attività di richiesta CILA e coordinamento alla sicurezza, anche se non ho firmato nessun contratto. Dopo un mese avevo delle scadenze con le ditte che dovevano eseguire i lavori , ma la CILA non era arrivata, poi vista il modo saccente del tecnico gli ho scritto dicendo che volevo chiudere con lui. Mi aveva consegnato solo una planimetria tra le altre cose con alcune misure non corrette; Gli così detto che avrei pagato la planimetria in base al suo preventivo. Invece lui mi ha presentato un conto molto salato, poco meno di 4000€. Ho cercato di contrattare ma lui usava anche nello scritto toni molto vicini all’avvocatesco a mo’ di minaccia. Alla fine esasperato gli detto che gli potevo dare al massimo poco meno di 2000€. Lui mi ha dato un ultimatum se no sarebbero aumentati alla prima cifra richiesta. Cosa posso fare? Se il testo sarà pubblicato si può mantenere non tutto in chiaro. Grazie
Egregio Signore
prima di poter dare un consiglio avrei bisogno di capire a quali voci di spesa sia collegato il conto di circa €. 4.000,00 e se oltre alla planimetria è stata effettuata ed ultimata la CILA da parte del tecnico.
eventualmente può scrivere anche sulla casella mail dell’associazione, in modo che le somme e altre indicazioni rimangono private
Buongiorno, vi sarei grato se mi poteste fornire una delucidazione in merito a quanto segue.
– guida in stato di ebbrezza, tasso alcolemico 1,3 (in ore notturne + incidente stradale);
– cautelarmente il Prefetto, in seguito all’elezione di domicilio, mi aveva sospeso la patente per la durata di mesi 4 (fino al 5.9.23);
– decreto penale di condanna (1525 euro + sospensione della patente per 1 anno);
– ammesso alla messa alla prova, verosimilmente si concluderà positivamente e il reato sarà estinto;
la domanda è la seguente: in data 5 settembre, da provvedimento della Prefettura, mi sarà riconsegnata la patente, ma subirò una nuova sospensione, all’esito della sentenza di estinzione del reato, per i restanti 8 mesi di sospensione della patente (4 mesi già sofferti + 8 mesi = 1 anno come da decreto penale di condanna)???
Egregio Signore
preliminarmente occorre affermare che nel decreto penale di condanna, oltre alla sanzione pecuniaria, viene applicata la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida. Ne consegue che nel decreto penale di condanna il giudice penale conferma, con riferimento alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, quanto precedentemente anticipato dal prefetto con la sospensione “provvisoria”. Il compito di applicare la sospensione della patente nel caso di declaratoria di estinzione del reato appartiene sempre al Prefetto al quale è comunicato il provvedimento del giudice penale. Il prefetto dispone ordinanza con la quale detrae il periodo di sospensione presofferto in via provvisoria.
Si precisa, per mera completezza espositiva, che tale consiglio ha carattere generico in quanto ogni caso è specifico.
Buongiorno,
ecco il mio quesito: sono proprietario di un alloggio di tre camere posto all’ultimo piano di una casetta a due livelli. Per questo alloggio, tramite Agenzia immobiliare, ho stipulato mesi fa un preliminare di compravendita con il futuro acquirente, preliminare regolarmente sottoscritto dalle parti, registrato secondo legge e con versamento di caparra confirmatoria da parte del compratore. Ora nell’imminenza della stesura del rogito finale si sono verificati degli inconvenienti (stillicidio acque meteoriche) a livello di sottotetto con parziale e modesto coinvolgimento di una camera dell’alloggio sottostante. Il futuro acquirente mi ha sollecitato un intervento di manutenzione del tetto ed io ho interessato tre imprese edili per acquisire preventivi e porvi rimedio. In merito alla questione descritta mi ponevo una domanda che fondamentalmente rappresenta l’oggetto del quesito: il futuro acquirente, che ha stipulato un preliminare di compravendita versando la relativa caparra, è tenuto a compartecipare alla spesa di manutenzione del tetto? Posso io esigere legalmente una compartecipazione di spesa dal futuro acquirente magari dell’ordine del 50% o anche con valori percentuali inferiori? In attesa di riscontro porgo cordiali saluti.
Egregio Signore
in via generale ciò che fa fede nell’ambito dell’istituto della compravendita è il momento del rogito. Il contratto preliminare è il contratto con cui le parti si obbligano a concludere un successivo contratto, … Ne deriva che le spese dell’immobile, oggetto del contratto, gravano sulla parte che è proprietaria al momento in cui i lavori vengono in essere. In deroga a tali principi il venditore e l’acquirente possono redigere un accordo in cui disciplinano diversamente la ripartizione delle spese.
Buongiorno,mi chiamo Massimiliano,e avrei bisogno di una semplice consulenza riguardante il mio contratto di affitto a cedolare secca.
In pratica a fine febbraio del 2020 ho stipulato il mio primo contratto di locazione a cedolare secca(4+4),tra qualche mese quindi scadranno i miei primi 4 anni come locatario,alla scadenza il proprietario mi ha fatto sapere che vorrebbe applicarmi un aumento dell’affitto abbastanza consistente,inviandomi la modifica per iscritto tramite raccomandata entro 6 mesi della scadenza.Potrebbe farlo al primo rinnovo? Dal contratto che ho stipulato pare di no,solo al secondo rinnovo,quindi tra otto anni.In caso come posso rivalermi?
Grazie per un eventuale risposta,cordiali saluti.
Egregio Signore
il contratto di locazione 4+4 è un accordo con il quale una parte (locatore) mette a disposizione dell’altra (conduttore) un immobile per un periodo di tempo di 4 anni, con la possibilità di rinnovo per altri 4. Quindi alla prima scadenza il contratto si rinnova automaticamente per un ulteriore periodo.
Ne consegue che in tale periodo il canone non può subire incrementi fino alla scadenza del contratto ovvero al termine degli 8 anni.
Inoltre credo che con la cedolare secca, il locatore rinuncia alla facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, però su tale punto le consiglio di chiedere ulteriori informazioni ad un commercialista di sua fiducia.
La ringrazio per avermi risposto,era quello che pensavo, Dopo l’ultima discussione con il proprietario,si è reso conto che non può applicare nessun aumento e di conseguenza alla scadenza dei primi 4 anni vorrebbe rifare un contratto nuovo con le sue condizioni,potrebbe farlo?Oppure come credo ci vuole il consenso fra le parti?io vorrei continuare con il contratto già in essere.La ringrazio nuovamente ,buona giornata.
Egregio Signore
il proprietario può non rinnovare il contratto dopo i primi 4 anni solo in alcuni casi previsti dalla legge (ad esempio, quando voglia destinare l’immobile per sé o per i suoi famigliari, a causa della ricostruzione dell’edificio, quando ha intenzione di vendere l’immobile, etc.), comunicando al conduttore la motivazione per iscritto con almeno 6 mesi di preavviso.
Salve
vi contatto per un supporto legale.
Ho lavorato per molti anni, fino a ruoli di responsabilità, nella funzione Finanza di un grande gruppo internazionale, sviluppando molti contatti nel mondo bancario in Italia
Non sono tuttavia un tecnico o specialista e, in particolare, non sono iscritto ad albi come intermediario finanziario, mediatore creditizio, commercialista o consulente.
Con queste premesse, un mio carissimo amico costruttore mi ha proposto un incarico ad aiutarlo nella ricerca di banche che possano acquistare del credito fiscale superbonus che la sua società intende generare con l’esecuzione di alcuni cantieri che ha in programma.
Sostanzialmente mi chiede di condurre delle indagini di mercato, mettermi in contatto con le banche sondando la disponibilità di plafond di acquisto credito e raccogliendo le loro quotazioni e promuovere il primo contatto.
Resterebbero fuori dallo scope del mio incarico: la scelta della strategia finanziaria (già presa a monte) di cedere i crediti alle banche, la gestione di tutte le pratiche con le banche sia per l’apertura del conto corrente che per l’istruttoria/AML, l’invio della documentazione relativa ai singoli crediti per la due diligence della banca. Tutte queste attività verrebbero condotte in autonomia dalla banca.
A mio avviso il lavoro si limiterebbe ad una indagine di mercato, non intravedendo un’attività consulenziale da parte mia. Il valore aggiunto sarebbero i miei contatti.
La relazione di fiducia è tale che vorremmo concordare una remunerazione basata su quello che, alla fine di un primo giro di scouting, risulterà essere un prezzo medio/ragionevole di cessione del credito: in particolare mi verrebbe riconosciuto il 25% della differenza tra il prezzo a cui riuscirà effettivamente a vendere i crediti alle banche da me segnalate ed il prezzo medio/target che avremo concordato dopo il primo giro di scouting.
Vi sarei grato per un supporto sui seguenti dubbi:
Che tipo di attività è quella che vi ho descritto?
È una attività riservata ad operatori autorizzati/iscritti ad albo (i.e. mediatori) o può essere prestata liberamente da chiunque, previa apertura di partita iva?
Data la natura dell’incarico e le modalità di calcolo della remunerazione, è configurabile come una prestazione di un servizio regolabile attraverso una lettera di incarico?
Sto valutando anche, per opportunità (pur non essendo in conflitto di interessi con il mio attuale incarico presso la società dove lavoro), di lasciar svolgere tale incarico a mia moglie (con partita IVA aperta da lei), utilizzando la mia “agenda”: lei condurrebbe l’indagine di mercato in autonomia sfruttando i mei contatti.
Mia moglie però non ha alcun back ground finanziario: ritenete sia una pregiudiziale sulla regolarità dell’incarico (anche da un punto di vista fiscale)?
Grazie mille per tutto il supporto che vorrete darmi
cordiali saluti
Egregio Signore
l’attività di cui lei andrebbe ad occuparsi è una sorta di ricercatore di mercato o analista di mercato (solitamente è una figura professionale che dovrebbe avere competenze anche in materia di marketing aziendale). Può essere svolto sia da una personata diplomata o ancora meglio da una persona munita di laurea, conseguita solitamente in scienze politiche e sociali, scienze statistiche o sociologia. Può essere inquadrato come lavoratore autonomo previa apertura di partita iva o anche come lavoratore dipendente (su tali punti occorrerebbe capire la tipologia delle mansioni e il grado di autonomia a lei attribuita nello svolgimento delle stesse e pertanto le consiglio di rivolgersi ad un commercialista o un consulente del lavoro di sua fiducia per capire meglio anche il livello di remunerazione).
Circa l”opportunità di lasciar svolgere tale incarico a mia moglie” esprimo un pò di scetticismo sul punto dal momento che, mi pare di capire, non avrebbe le “conoscenze professionali” necessarie per l’incarico e questo potrebbe portare, in futuro, ad un problema di remunerazione. Pertanto, anche su tale punto le consiglio di valutarlo attentamente con un commercialista o con un consulente del lavoro di sua fiducia, attraverso una analisi nel merito.
Perfetto,la ringrazio per la risposta.Cordiali saluti.
Buon giorno,
mi chiamo Nazzareno, la mia richiesta sarebbe quella di sapere se posso ancora richiedere dopo
l’acquisto di una palazzina di due appartamenti con altri due fratelli; l’affitto di questi due alloggi nel periodo
di 40 anni. Bisogna sapere che questa palazzina é stata ampliata di due stanze ha loro spese senza mettermi al corrente essendo all’estero ma, ero al corrente ben non essendo ritornato in Italia per non meno di 15 anni.
Penso conoscendoli ,che non facendomi “vivo”,hanno pensato come creduto, che la mia assenza dava loro
una libertà assoluta. In tutti questi anni non ho mai saputo il montante dell’affitto mensile anche perché non
c’era assolutamente nessun dialogo ne telefonico ,ne per iscritto.La chiusura totale era volontaria credevano potesse fare “lavorare” il tempo ha loro favore? Quache anno fa, un contabile in comune ,anche per l’IMU, mi ha contattato per sapere quale sarebbe stata la mia pretesa globale per sdebitare il dovuto affitto.
Sapere quale era la mia pretesa globale del dovuto. Dissi +- 25.000 euro contando 25.000:360 =70.00 eur/m.
Non ebbi mai nessuna risposta!
Ora, sempre tramite intermediari, ho saputo che avrebbero creato un libretto di deposito che non so se é vero
o se é dell’ intox. A questo punto dove l’ultimo accordo é quello di vendere l”immobile dove con sicurezza
pretendero al terzo a me spettante. Ha questo punto posso bloccare la vendita per debito dovuto?
Quid :
1 ) Chi costruisce sulla proprietà di altrui , costrUisce anche per altrui.!
2) Chi non si interessa del proprio avere perde tutti i suoi diritti ?
Vi ringrazio anticipativamente, saluti cordiali
Nazzareno
Egregio Signore
preliminarmente occorre affermare che la situazione che lei rappresenta dovrebbe essere accertata nel merito. Solo in tale caso è possibile dare delle risposte con un elevato grado di certezza.
Innanzitutto rispondo alle sue domande:
1 ) Chi costruisce sulla proprietà di altrui , costrUisce anche per altrui.!
Non è possibile costruire sulla proprietà altrui, perchè qualsiasi opera costruita su un fondo altrui appartiene al proprietario del fondo. Nel caso di specie l’immobile, mi pare di capire, che fosse in comune con i suoi fratelli.
2) Chi non si interessa del proprio avere perde tutti i suoi diritti ?
si può capitare nel caso dell’usucapione, quando, a fronte dell’inerzia del proprietario, un altro soggetto utilizzi il bene come se fosse il reale proprietario. Ciò avviene quando, si compiano i vent’anni di possesso indisturbato del bene.
Le consiglio, pertanto, di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia in modo che previa verifica della situazione, possa adeguatamente tutelare la propria posizione e i propri diritti.
Buongiorno,
Ho acquistato da un’azienda un pacchetto di 4 ore di consulenza erogate da una specifica persona.
Il costo orario della consulenza e di 300€, portato a 250€/h per via dell’acquisto del pacchetto stesso
Il programma di erogazione è stato fissato in un’ora settimanale per 4 settimane consecutive, la consulenza viene erogata tramite zoom e registrata dall’azienda che la fornisce.
Dopo una prima ora di consulenza erogata correttamente alla seconda settimana il servizio viene rimandato causa improvvisa ed urgente riunione, la terza settimana mi collego all’orario prestabilito e mi viene detto che il servizio non è più disponibile perché la persona specifica che doveva fornirlo non lavora più per l’azienda.
Chiedo il rimborso del servizio non goduto, ovvero 750€. dopo alter due settimane circa vengo contattato dal servizio clienti che asserisce: le ore di consulenza costano 500€ cad. lei ha usufruito di un pacchetto che le ha permesso di accedere ad un prezzo agevolato (prima incongrueza il prezzo orario) quindi comunicano che posso risarcirmi solamente 500€, conteggiando l’ora usufruito ad un prezzo che hanno inventato al momento.
Al momento non ho firmato nessun contratto per l’erogazione del servizio. Mi chiedono se sono d’accordo su questo tipo di risarcimento, al telefono non si fanno trovare, hanno sempre riunioni o impegni vari.
Come posso gestire questa situazione senza arrivare a sporggereuna denuncia? quali argomenti posso utilizzare per indurli a ragionare sulla questione prima di prendere una posizione definitiva?
Egregio Signore
il rimborso deve corrispondere ad euro 750,00 ovvero la somma rimanente da quanto acquistato e pagato (tot. euro 1000,00 per quattro ore ad euro 250,00). Detto ciò le consiglio di inviare una pec all’azienda chiedendo il rimborso della suddetta somma e in mancanza affermando che ricorrerà alle vie legali, con maggiore esborso delle spese. Nell’ipotesi in cui l’azienda non pagasse le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia per la redazione e l’invio di un atto di messa in mora all’azienda. Solitamente con un semplice atto di messa in mora la situazione si sblocca considerando che la questione ruoterebbe intorno alla contestazione di 250,00 euro.
Salve,
ho stipulato come conduttore un contratto di locazione parziale ad uso abitativo. La durata specificata nel contratto è 1 anno, tuttavia non è specificato da nessuna parte che il contratto è di tipo transitorio o un eventuale motivazione per la sua transitorietà. Questo contratto è legale? Puo essere in caso denunciato all’Agenzia delle entrate? Quali conseguenze ci potrebbero essere?
Grazie mille
Egregio Signore
per un contratto locativo di natura transitoria è necessario indicare l’esigenza della transitorietà o nel locatore o/e nel conduttore (ex art. 5 della legge n. 431/1998). Le conseguenze sono che tale contratto può essere ricondotto nell’ambito dell’ordinario contratto di locazione, ossia nel contratto meglio conosciuto come 4+4.
Buon giorno ,
tutto é accertatissimo;per l’acquisto della casa ho in mano il rogito notarile. Per gli affitti che non ho mai riscosso per tanti anni non hanno nessuna prova di avermeli versati.
Ho prova di avere saldato tutti i debiti per 1/3 d’ IMU inerenti alla proprietà.
.Ho prova che questi appartamenti sono stati realmente occupati.
La mia richiesta era solo di sapere in linea di massima se potevo iniziare una procedura,secondo il suo giudizio, sui punti:
1)Se ho ancora possibilità richiedere loro affitti addietro per tanti anni.
2)Se loro possono fare valere il fatto di avere ampliato l’immobile ( senza avermi consultato) sottraendo
un certo montante dell’insieme degli affitti “dovuti” ?
3° Nel qual caso non si arrivasse a un accordo,posso bloccare un’evntuale vendita per non risarcimento
del dovuto?
P.S. Penso che nel mio caso non si possa parlare di usocapione poiché ho pagato l’IMU ed anche perché
due lettere raccomandate con prova di ritorno sono state inviate e non distanziate di più di 20 anni.
In ogni maniera é evidente che se c’é procedura ci sarà contatto diretto con legale.
Nel frattempo LA ringrazio infinitamente del suo aiuto.
Cordiali saluti Nazzareno
Egregio Signore
può richiedere la quota di sua spettanza per gli affitti percepiti in questi anni. Il fatto di ampliamento dell’immobile o eventuali lavori al suo interno senza il suo consenso deve essere maggiormente valutato, anche dal punto di vista economico, sulla base anche delle tipologia dei lavori effettuati. Poi, “Nel qual caso non si arrivasse a un accordo, posso bloccare un’eventuale vendita …”: può manifestare la sua opposizione alla stessa, negando il suo consenso, il che induce ad aprire un confronto sul punto, nel quale potrà far valere anche il mancato incasso degli affitti.
Nell’ipotesi in cui ci sia stato il pagamento dell’IMU non si può parlare di usucapione.
La ringrazio molto per la chiarezza nella spiegazione del problema, altresi per la celerita della risposta!
Cordiali saluti.
Nazzareno
Grazie a lei per averci contattato.
Rimaniamo a sua disposizione per altri ed eventuali consigli.
Buongiorno
Ho una proposta d’acquisto con data del rogito fissa ma non perentoria, condizionata alla correzione da parte del venditore di dati catastali entro 90 giorni dalla firma della proposta.
Tuttavia il venditore ha fatto scadere il termine senza avere neanche inoltrato le richieste per le correzioni catastali all’Agenzia delle Entrate, nonostante miei numerosi solleciti durante quei 90 giorni. In più non ha procurato e consegnato neanche uno solo dei documenti necessari per fare il rogito (certificato di agibilità, di conformità degli impianti, licenza edilizia, ecc.).
Quando gli ho fatto presente gli inadempimenti, ha preteso 5.000 euro da me per pagare le suddette correzioni catastali, per poi chiedere invece una proroga di quattro mesi per la data del rogito.
In questo modo, il venditore ha violato la buona fede? I suoi inadempimenti possono essere considerati gravi?
Devo mandare una diffida ad adempiere o posso subito sciogliere il contratto e chiedere il risarcimento dei danni?
Cordiali saluti
Maria
Gentile Signora
precisando sin da subito che la questione che lei rappresenta necessita di un esame nel merito per poter dare delle risposte certe ai fini di un eventuale risarcimento del danno, si può affermare in linea meramente generale che si potrebbe ipotizzare una sorta di responsabilità per culpa in contrahendo o responsabilità precontrattuale per violazione della libertà e autonomia negoziale. In tali casi si verifica una violazione degli articoli 1337 e 1338 c.c. che prescrive che le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede. Nel caso di specie la parte ha fatto affidamento sulla conclusione del contratto, da esempio non ha valutato altre proposte di immobile, …..
Ma come detto precedentemente sarebbe necessario una verifica nel merito per poter dare delle risposte concrete.
Buongiorno, sono l’unico proprietario di una casa che, dopo la morte di mia madre che aveva diritto di usufrutto, ho venduto. Ora ci abita mio fratello che non ha nessun diritto se non un tacito accordo fatto con mia madre di cui nessuno è a conoscenza e ha la residenza. La mia domanda è questa: posso rogitare in modo tale che il nuovo proprietario cambi le serrature e mio fratello è così costretto a lasciare casa? Se sì, gli eventuali oggetti rimasti in casa sarebbero automaticamente di proprietà del nuovo acquirente?
Grazie
Egregio Signore
purtroppo in alcuni casi di compravendita (come ad esempio la compravendita su base d’asta oppure, come nel caso di specie, la compravendita di nuda proprietà) l’immobile può essere occupato senza titolo o abusivamente. In tali casi il problema non riguarda il rogito notarile, ovvero, più specificatamente non è un problema del venditore (il quale può vendere senza problemi) ma investe la figura del compratore che dovrà agire in via giudiziaria per sgomberare l’immobile con tutti i beni personali dell’inquilino. Per gli eventuali oggetti che dovrebbero rimanere la procedura è un pò più complicata. Tali oggetti (molto dipende anche dal loro valore economico) devono essere custoditi dal proprietario, il quale non può impossessarsene automaticamente. Si tratta di una procedura che deve essere attivata presso l’ufficiale giudiziario secondo le disposizione di cui all’art. 609 Codice di procedura civile.
Mi sono spiegato male, io sono proprietario dell’interno immobile, avendo fatto il ricongiungimento di usufrutto dopo la morte di mamma e ho già firmato il preliminare di vendita con relativa caparra confirmatoria, quindi se rogito mio fratello è obbligato ad uscire
Si infatti non ci sono problemi sul rogito notarile e lei essendo proprietario dell’immobile può vendere tranquillamente. In tal caso e in via generale suo fratello dovrebbe liberare l’immobile al momento del rogito. Nell’ipotesi che non ottemperasse a tale obbligo il compratore dovrà agire in via giudiziaria
Sempre che il compratore rogiti sapendo la situazione, oppure è obbligato visto che ha firmato il compromesso dove però c’è scritto che l’immobile deve essere libero
Sarebbe necessario che il compratore conosca la situazione
Due abitazioni confinanti con terreno sul retro.
oltre sessantanni fà un confinante durante una ristrutturazione, sposta la rete che divide le porzioni di terreno accorpandosi cica 20 mq di terreno del confinante.
Ora dopo generazioni, attuale erede dichiara di vole risolvere bonariamente la cosa e chiede di voler rogolare la situazione catastalmente a spese dell’accorpatore.
Si chiede: quale mezzo veloce e poco costoso può sistemare la pratica di cui sopra secondo quanto richiesto
dal confinante?
Grazie per l’aiuto, cordiali saluti
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza tutte le pratiche catastali sono abbastanza laboriose, e necessitano dell’assistenza di un professionista, nella specie un geometra, un ingegnere o un architetto. Questi sono competenti ad indicare la strada più agevole per la regolarizzazione della situazione catastale.
Buongiorno,
molti anni fa, già nel 1971, rogitai l’acquisto di un immobile ben conosciuto anche perché confnante con la mia proprietà.
Vendita effettuata seguito il decesso del padre. Il rogito é stato redatto a nome degli ereditari come venditori.
La proprietà era constituita da due particelle. Una di 400 mq. e una di 60 mq.
Molti anni addietro, 30, ho potuto constatare con certezza che il notaio, deceduto, aveva omesso di inserire la seconda particella di 60 mq. attenente alla principale scambiandola con un reliquo di terreno molto più
piccolo di quello che doveva essere inserito già di mia proprietà.
L’errore é stato rilevato chiedendo una piantina catastale della proprietà. Infatti il terreno di 60 mq. risulta
ancora proprietà del padre dei venditori che non erano al corrente di nulla.
Il figlio di uno dei venditori che é avvocato, non contesta l’errore e mi propone una soluzione semplice
che é di inviare lui una raccomandata tramite avvocato chiedendo la regolarizzazione dell’errore.
Lui non risponde; e l’itrigo é soluzionato. Il mio avvocato non la vede sotto questa forma e mi propone
di fare una vera e propria causa con una spesa di 8-9000.00 euro!!!
Due legali che non la vedono nella stessa maniera, e pertanto sono professionalisti che utilizzano
le stesse leggi. (Sarebbe fattibbile?)
Uno stato di usocapione é ben maturato da tanti anni , ma una vendita della proprietà con un tempo assai
ristretto mi si presenta e la pratica meno costosa ma troppo llunga dell’ usocapione non sarebbe accettabile.
Dunque questo terreno non é di nessuno, non paga tasse fonziarie di nessun genere . Il proprietario é
deceduto da quasi 60 anni. gli ereditari hanno venduto una proprietà che non era volturata altrmenti
il notaio l’avrebbe notificata ecc. ecc.
Cosa mi consiglierebbe Lei? Posso vendere nello stato in cui si trova dal momento che la situzione é ben
conosciuta dal compratore e che il prezzo mi conviene?
Cordiali saluti, Nazzareno
.
Egregio Signore
affermando preliminarmente che la responsabilità del notaio è prescritta (si prescrive dopo dieci anni), l’unica soluzione che vedo fattibile (dal momento che secondo la piantina catastale il terreno di 60 mq. risulta ancora proprietà del padre dei venditori) è quella dell’usucapione. Se però lei è contrario ad avviare un processo per usucapione le consiglio di rivolgersi ad un notaio di sua fiducia che potrebbe indicare una soluzione alternativa.
Mentre per quanto riguarda la soluzione proposta dal figlio di uno dei venditori : “Il figlio di uno dei venditori che é avvocato, non contesta l’errore e mi propone una soluzione semplice che é di inviare lui una raccomandata tramite avvocato chiedendo la regolarizzazione dell’errore”, sinceramente non mi è chiaro in cosa dovrebbe consistere e a chi dovrebbe inviare la missiva per regolarizzare la situazione.
Prima di procedere alla vendita le consiglio di sanare tale situazione.
Buongiorno avvocato,
l’avvocato, che lui pur essendo erede della parte venditrice con gli altri venditori é anche
consulente legale di questi, ed é a lui che questa raccomandata dovrebbe essere indirizzata con la
richiesta de l’integrazione dell’area “contesa”.
Nella procedura , una volta che lui l’ avrebbe ricevuta e non avrebbe risposto nel tempo legale
impartito dal mio avvocato, il mio legale potrebbe legalizzare questa non risposta come accordo tacito,
l’ ufficializzare e depositarla non so in quale ufficio per poi proseguire depositando il risultato al catasto.
Prendo atto del suo consiglio nel consuitare un notaio qui in Belgio.e non vendere senza regolarizzazione.
Poi vedro in conseguenza.
La ringrazio molto del suo aiuto, Nazzareno
Egregio Signore
sinceramente non mi è “ancora” molto chiara questa procedura, e pertanto rinnovo il mio consiglio di consultare preventivamente un notaio prima di procedere alla vendita.
Buongiorno dottore,
grazie per la riconferma Nazzareno
Grazie a lei per averci contattato.
Eventualmente mi faccia sapere, rimaniamo a sua disposizione.
Salve, ho la mia banca che continua a mandarmi la corrispondenza con dati sensibili alla mia vecchia residenza, ed è successo anche che mio padre si sia sbagliato ed abbia aperto la busta visto il nostro identico cognome.
Nonostante sia passato più volte in banca a reclamare questo disservizio ed avere compilato l’apposito form nel sito dell’unicredit (reclami), ad oggi dopo quasi 4 mesi mi continuano ad arrivare le lettere nel vecchio indirizzo.
Questa cosa che mi sta accadendo può essere considerata violazione della privacy? Se si, mi conviene denunciare e pagare un avvicato? A quanto potrebbe ammontare il risarcimento, visto che indubbiamente sono la parte lesa? Grazie della risposta, le porco i miei distinti saluti.
Luca Tarabello
Egregio Signore
sebbene vi sia un comportamento errato da parte dell’istituto bancario la vedo difficile instaurare un procedimento volto ad ottenere un risarcimento del danno per violazione della privacy, (tenga presente che la corrispondenza, contenente i suo dati personali, arriva all’indirizzo della sua vecchia residenza in busta chiusa e sebbene il cognome con suo padre sia identico, il nome è certamente diverso).
Eventualmente, se nonostante le sue sollecitazioni e/o reclami, la situazione non dovesse cambiare le consiglio di inviare una missiva alla banca attraverso l’ausilio di un legale di sua fiducia.
Salve, è da un mese circa che mia mamma mi sta privando della mia libertà dicendomi che nonostante io fossi maggiorenne lei vorrebbe decidere per me il lavoro che vorrei fare privandomi di fare il lavoro dei miei sogni e praticamente mi sto frequentando con il mio migliore amico e non ho ancora la patente quindi fino a ieri mi hanno portato a casa sua i miei genitori ma mia mamma ieri senza darmi una valida motivazione mi ha detto che non mi porterà più ne a lasciarmi ne a venire a prendere perchè adesso vuole che adesso fa tutto mio papà ma a me sembra un’ingiustizia per anche il solo fatto che adesso c’è solo un genitore su due a ortarmi va a significare che ci dovremmo vedere sempre meno, a mia mamma da molto fastidio quando parlo del mio migliore amico e ritiene che la nostra relazione sia esagerata (ho chiesto spiegazioni ma ho ricevuto solo rabbia nei miei confronti da parte di mia mamma)…
ieri inoltre mi sono confrontato con il mio migliore amico che è rimasto scontento e sbalordito pure lui e pensa che questi comportamenti da parte di mia mamma sono igiustificati e secondo lui non mi merito neanche e mi ha consigliato di agire subito senza aspettare cercando aiuto…
non so cosa fare e in attesa di una vostra risposta pongo distinti saluti
Egregio Signore
come lei stesso scrive è una persona maggiorenne quindi in grado di autodeterminarsi e di decidere autonomamente in merito agli eventi della sua vita (studio, lavoro, vita personale, amicizie). Certamente i consigli e il supporto dei genitori è sempre importante nella crescita di qualsiasi persona, anche maggiorenne, ma ci sono dei limiti che devono essere sempre salvaguardati. Pertanto, non intravedo delle questioni legali, dal momento che lei essendo maggiorenne ha pieno potere di decisione e di autodeterminazione.
Per altre questioni più private può scrivere alla mail dell’associazione aletes.onlus@yahoo.it, risponderemo il prima possibile.
CONTRATTO DI LOCAZIONE ad uso TRANSITORIO – RESIDENTE STESSO COMUNE
Buongiorno,scrivo perché avrei bisogno di un chiarimento, possibilmente comprovato dalla documentazione necessaria, relativo alla stipula di un contratto di locazione ad uso transitorio per una persona residente nello stesso comune in cui vorrebbe prendere in affitto l’immobile.Nel caso specifico, si vorrebbe affittare un immobile a tre persone che necessitano di un contratto di locazione transitorio per esigenze diverse:
– studente fuori sede
– lavoratore fuori sede
– studente/lavoratore residente nello stesso comune, ma che non ha più uno spazio adeguato in cui alloggiare nell’abitazione in cui ha la residenza. Nello specifico, la camera non è più agibile e l’affittuario è alla ricerca di un futuro alloggio permanente. Come giustificare questa esigenza?
Vorrei inoltre avere un chiarimento in merito al rinnovo di questo contratto per le tre persone che vorrebbero prendere l’immobile in affitto.Se, dopo 18 mes,i l’affittuario volesse non rinnovare il contratto di affitto, bensì stipularne uno nuovo sempre di natura transitoria (evitando quindi 3+2 o 4+4) sarebbe possibile? Ovviamente, dimostrando nuovamente l’esigenza della transitorietà: es. studio fuori sede, lavoratore fuori sede, impossibilità di trovare un alloggio permanente. Non mi riferisco al fatto di rinnovare il precedente contratto, bensì di stipularne uno nuovo.
Necessito di ricevere delle risposte possibilmente documentate.
Vi ringrazio.
Cordialmente
Egregio Signore
Il contratto di locazione ad uso transitorio per uso abitativo (ex articolo 5 della Legge n. 431/1998 e D.M. 30 dicembre 2002), può avere una durata che va da un minimo di 1 mese ad un massimo di 18 mesi. In tal senso la transitorietà del contratto di locazione, che consente di derogare alle regole generali e ordinarie con canone libero o concordato (4+4 o 3+2), si deve concretizzare in esigenze di temporaneità (non turistiche) del locatore o del locatario, come necessità di lavoro o di studio o anche per ristrutturazione dell’immobile in cui l’inquilino ha la residenza, o ancora si pensi al caso di separazione dei coniugi che obbliga uno dei due ad allontanarsi dalla casa familiare in attesa della vendita. Tale esigenza di transitorietà deve essere specificatamente indicata nel contratto. In caso di mancata indicazione dell’esigenza temporanea, il contratto è soggetto alla disciplina ordinaria.
Alla scadenza del termine stabilito nel contratto lo stesso si conclude, in modo automatico. Alla scadenza può essere fatto un nuovo contratto.
Legge n. 431/1998, e D.M. 5 marzo 1999 e D.M. 30 dicembre 2002.
Spett.
Abbiamo acquistato un appartamento in palazzina di 5 unità abitative. Rogito effettuato il 30 giugno. Oggi scopriamo che il vano box è soggetto ad infiltrazioni ed allagamento parziale ogniqualvolta piove in maniera sostanziosa. Le infiltrazioni sembrano (non abbiamo ancora provveduto a perizia formale) dovute ad avvallamento pavimentazione in prossimità del portone d’ingresso box, non essendo più garantita la pendenza adeguata l’acqua entra fagocitando ulteriormente lo sviluppo di tale dislivello.
Il precedente proprietario ha sempre negato, anche dietro esplicita domanda da parte nostra, la presenza di infiltrazioni.
L’evento è impugnabile come vizio occulto? Se si, quali azioni (e con quali tempistiche) ci consiglia d’intraprendere?
Preciso che nel compromesso è riportata la seguente dicitura:
“La porzione immobiliare in oggetto sarà trasferita nello stato di fatto e di diritto in cui si trova come vista e gradita dalla Parte Acquirente, con tutte le servitù attive e passive, apparenti e non apparenti,
così come pervenuta alla Parte Venditrice in forza dei titoli di proprietà in possesso; con tutti i diritti
sulle parti comuni ai sensi dell’ art. 1117 C.C. ed in regola con il pagamento delle spese condominiali
ordinarie e straordinarie, derivanti dalle deliberazioni assunte dall’assemblea del condominio fino
alla data del rogito, anche riguardanti lavori condominiali eseguiti, da eseguirsi O in corso di
esecuzione. Le parti convengono che le detrazioni fiscali inerenti alle spese di ristrutturazione
rimangano a favore della parte venditrice. Alla data di consegna l’immobile dovrà essere libero di
persone e cose. Il momento della consegna fa testo circa l’assunzione di vantaggi ed oneri.”
Ringraziandola anticipatamente
Cordiali saluti
Marco Ausiello
Egregio Signore
nella compravendita di immobile è prevista la garanzia del venditore per i vizi occulti. Tale garanzia è prevista dall’art. 1490 cc che recita: Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”. Viceversa ai sensi del dispositivo dell’art. 1491 Codice Civile “Non è dovuta la garanzia se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa; parimenti non è dovuta, se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi”.
I vizi occulti sono quei vizi sconosciuti al momento del rogito ovvero opposti ai vizi palesi e quindi conosciuti al momento del rogito (cit. “La porzione immobiliare in oggetto sarà trasferita nello stato di fatto e di diritto in cui si trova come vista e gradita dalla Parte Acquirente,…”). Il problema fondamentale è capire cosa si intende per vizi occulti. La norma suindicata parla di vizi che rendono il bene inidoneo all’uso o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Può riguardare qualsiasi parte dell’immobile, dal tetto fino alle fondamenta.
Nel caso di specie credo che si possa parlare di vizio occulto (salvo perizia formale) e quindi non conosciuto e non palesato al momento del rogito. Le consiglio di documentare la situazione per iscritto inviando una lettera raccomandata ar alla parte venditrice denunciando in modo competo il problema riscontrato nell’immobile e richiedendo l’immediata riparazione o alla restituzione della parte di prezzo oltre al risarcimento del prezzo per la riparazione. Le consiglio di farsi assistere da un legale di sua fiducia, anche perchè il termine di prescrizione è di un anno.
Cordialmente
Aletes Onlus
Gentile avvocato
Sono a chiedere una sua consulenza al fine di capire se ci sono il presupporti per adire per le vie legali nei confronti della provincia di Frosinone e del comune di Trivigliano (FR).
Di seguito l’esposizione del caso:
In località Trivigliano (FR), Strada Provinciale, 200, a giugno 2023 ci sono stati dei lavori per la manutenzione dei chiavicotti stradali (non ricordo ne io ne i residenti ci fosse mai stata in passato opere di manutenzione), e di rifacimento del manto stradale.
In sede di lavori è stato accertato dai tecnici della ditta incaricata e dal Direttore dei lavori, due tubazioni sospette che si collegavano al chiavicotto da dove provenivano probabili/sospetti sversamenti diretti o indiretti di scarichi forse domestici, di qualsiasi tipo, scarichi che se confermati dovrebbero invece essere destinati alla fognatura e depurazione pubblica.
Faccio presente che tali tubazioni non sono parte della rete fognaria e che tutt’ora continuano a sversare acqua (oggi, dopo l’esposto in piccole quantità) che si incanalano nella condotta sotto il manto stradale e che finiscono sul terreno di fronte, terreno di proprietà di mio padre.
Al fine di accertare il percorso dello scarico succitato, i tecnici della ditta addetta ai lavori hanno provveduto a scavare un tratto di terreno fronte strada, di proprietà del mio papà, rinvenendo il flusso di acqua e/o presunti liquidi, proveniente dal chiavicotto da cui provenivano i liquidi sversati dalle tubazioni abusive al chiavicotto incanalate.
Considerando quanto suddetto e alla luce della scoperta fatta dai tecnici della ditta incaricata dei lavori, ho inviato formale esposto all’ufficio tecnico della Provincia di Frosinone e al Comando della Polizia Locale del Comune di Trivigliano per far verificare lo stato di fatto e chiedendo di interrompere qualsiasi intervento e procedendo prima:
1. Ad accertare le origini dello sversamento diretto o indiretto dell’acqua e/o liquidi;
2. Ad obbligare gli eventuali responsabili di tali sversamenti di acqua e/o probabili liquidi a bonificare le aree depurtate e ad allacciarsi alla rete fognaria pubblica, in quanto presente da decenni;
3. Proponendo di incanalare l’attuale scarico di acqua e/o presunti liquidi sino a collegarlo al chiavicotto successivo e distante circa qualche decina di metri dal chiavicotto in questione.
Dopo un contatto con il direttore dei lavori della Provincia di Frosinone con cui ho avuto un sopralluogo congiunto sul luogo in questione, mi è stato riferito che la condotta che porta sul terreno di mio padre, è una servitù per la raccolta delle acque piovane, condotta a noi assolutamente sconosciuta – senza sfogo in quanto coperta dal terreno – e su cui non vi è neanche memoria storica da parte delle persone del luogo da me intervistate (mio padre ha acquistato il terreno dal comune di Trivigliano (FR) nel 1973 e neanche nell’atto notarile non si fa riferimento alla presenza di servitù. Il terrenno acquistato è rimasto nelle sue condizioni originarie in quanto è restato incolto per sempre).
Il Direttore dei lavori in tale occasione mi ha proposto di prolungare la condotta che arrivava sul mio terreno deviandola sulla parte laterale destra con lo scopo di limitare al massimo il disagio. Alla luce ti tale proposta e al fine di arrivare ad una conclusione bonaria della questione io ho acconsentito.
Qualche giorno dopo mi è stato raccontato da alcune persone del luogo, essendo io non presente in quanto residente a Roma, che c’è stato un sopralluogo (hanno visto alcune auto logate Provincia di Frosinone) e sono state viste persone che forse eseguivano prelievi dei liquidi dal chiavicotto.
Detto ciò, non vedendo andare avanti i lavori, alla metà di settembre 2023 ho contattato via mail e telefono il direttore dei lavori della Provincia di Frosinone, il quale mi ha informato di aver inoltrato il mio esposto riferito agli sversamenti di acqua e/o probabili liquidi alla Polizia Provinciale, ma di non conoscere se c’è stato poi un seguito.
Mi ha anche riferito poi che quanto concordato in sede di sopralluogo avvenuto alla fine di giugno 2023, non aveva avuto un seguito in quanto non era certo fosse corretto prolungare la condotta deviandola verso destra, per il fatto che a suo parere si trattava di servitù preesistente nel terreno per la raccolta delle acque piovane. Ho aggiunto io che nel mio terreno non oggi solo le acque piovane ma anche acqua/liquidi che escono dalle tubazioni che si incanalano nel chiavicotto e che poi finiscono sul mio terreno.
Durante la telefonata mi ha comunicato che comunque si sarebbe informato e che mi avrebbe dato aggiornamenti.
Ad oggi, non ho ricevuto nessun aggiornamento dalla Provincia (ci sono anche mail trasmesse) e nessun aggiornamento neanche dalla Polizia Locale del comune di Trivigliano (FR).
Oggi pertanto la questione è totalmente irrisolta.
Volevo sapere se ci sono i presupposti per far eliminare la servitù sul mio terreno, considerando che, a mia memoria (ho 55 anni) la stessa è stata mai utilizzata per via del chiavicotto ostruito e dello sfogo della condotta sul mio terreno sotto circa un metro e mezzo di terra (i liquidi prima probabilmente defluivano lungo il la cunetta stradale, essendo la strada in discesa).
Resto a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti e in attesa di un suo gentile aggiornamento.
Distinti saluti
Fabio De Andreis
Egregio Signore
preventivamente occorre chiarire che la fattispecie che lei delinea è oggetto di accurato esame tecnico, in parte effettuato, così come lei afferma, e in parte ancora da effettuare in attesa delle conclusioni definitive. Detto ciò, mi pare di capire che la problematica, sotto il profilo giuridico, concerne una servitù per la raccolta delle acque piovane presente sul suo fondo, ereditato da suo padre. La suddetta servitù sebbene non menzionata negli atti notarili al momento in cui suo padre ha acquistato il terreno dal comune di Trivigliano nel 1973 è presente ed è stata accertata in sede di sopralluogo. Lo Scarico coattivo per il passaggio delle acque trova una disciplina nell’art. 1043 Codice civile e può essere anche domandato per acque impure, purché siano adottate le precauzioni atte a evitare qualsiasi pregiudizio o molestia. Su tale punto occorrerebbe accertare la tipologie di acque che passano nel suo terreno attraverso la servitù, mediante accertamenti specifici da parte del Comune.
In subordine, a seguito degli esiti di tali accertamenti si potrebbe procedere a richiede l’estinzione della servitù per prescrizione (quando non se ne usa per venti anni, ex art. 1073 Codice Civile). Agli effetti dell’estinzione si computa anche il tempo per il quale la servitù non fu esercitata dai precedenti titolari.
Gentile Avvocato Meatta,
La ringrazio per il pronto riscontro.
Confermo tale servitù non veniva utilizzata da circa 50 anni, in quanto non eravamo a conoscenza della stessa essendo la condotta che sfoga sul terreno, interrata sotto circa 2 metri.
Tale servitù è stata rinvenuta solo a giugno 2023 in occasione delle operazioni di manutenzione dei chiavicotti e quindi di nuovo operativa (questo fa pensare che l’ultima manutenzione eseguita da parte della Provincia risale a più di 50 anni fa, altrimenti sarebbe saltata fuori prima).
Dal suo punto di vista, alla luce delle informazioni suddette, posso procedere a richiede l’estinzione della servitù per prescrizione in base all’ex art. 1073 Codice Civile ?
Parlando con l’ing. dell’ufficio tecnico della provincia di Frosinone per la questione sversamento abusivo, con l’occasione ribadivo il fatto che la che la servitù non risultava nell’atto di compravendita e che nessuno delle persone del luogo rimaste in vita ne hanno memoria storica, lo stesso ingegnere mi ha risposto che anche se non risulta nell’atto e non era funzionante, nel gergo tecnico si tratta di servitù evidente e quindi non eliminabile.
Quali sarebbero i passi per richiedere l’estinzione della servitù per prescrizione in base all’ex art. 1073 Codice Civile ? Devo presentare istanza presso il tribunale ? devo citare in giudizio la provincia ?
Resto a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti e in attesa di un suo gentile aggiornamento.
Distinti saluti
Fabio
Egregio Signore
occorre adire al Tribunale del luogo come una normale causa di cognizione. La controparte è il proprietario del fondo dominante (proprietario privato, Provincia o comune del luogo della servitù). Preliminarmente le consiglio di attendere prima i risultati della Provincia in merito sia ai lavori per la manutenzione dei chiavicotti stradali e sia all’esame delle acque di scarico. In un secondo momento le consiglio di attivarsi presso il Tribunale, con l’ausilio di un avvocato di sua fiducia, previo esame dei luoghi.
Cordialmente
Aletes Onlus
In ogni caso mi tenga aggiornato. Rimaniamo a sua disposizione.
Avvocato Meatta buon pomeriggio
La ringrazio ancora per il pronto e chiaro riscontro, seguirò il suo consiglio.
Successivamente ai risultati delle verifiche, eventualmente lei potrebbe prestare assistenza legale per questo caso ?
Verificando su google vedo che svolge la professione nella città di Roma.
Diversamente, ovviamente di sua conoscenza, ha modo di indicarmi un professionista che svolge la professione sulla città di Frosinone ?
Un cordiale sauto
Salve, preventivamente la ringrazio per il suo interessamento. Io opero per lo più nella città di Roma, però mi tenga aggiornato sull’andamento della questione e magari possiamo valutare la situazione in concreto.
Buonasera Avvocato Meatta
La terrò aggiornata sugli sviluppi e successivamente la contatterò per le valutazioni del caso per capire se ci sono i presupposti per chiedere l’eliminazione della servitù.
Un cordiale saluto
Perfetto. Scrivo anche l’indirizzo mail privato dell’associazione aletes.onlus@yahoo.it
Grazie molte e buona giornata
Buongiorno Avvocato Meatta
Come da intese nel nostro ultimo scambio di messaggi, le ho trasmesso in data 21/12/2023 una mail all’indirizzo privato dell’associazione aletes.onlus@yahoo.it, contenente una relazione dettagliata del caso.
Resto in attesa di un suo aggiornamento/contatto.
Cordiali saluti
Agente rappresentante procura un ordine di manufatti alla sua rappresenntata la quale dimentica di registrarlo. Al momento della consegna il m<teriale risulta non disponibile. Il cliente annulla l'ordine. L'agente ha diritto ugualmente alla provvigione?
Ringrazio per un Vs parere
Cordfiali saluti
Egregio Signore
il rapporto tra agente e preponente è regolato dall’art 1742 cc. e seguenti con riferimento al contratto di agenzia: Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata.
Nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari. È nullo ogni patto contrario.
Con riguardo alla retribuzione detta provvigione si fa riferimento all’art. 1748 cc: Per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento.
In tal caso si fa riferimento alla conclusione del contratto ai fini del diritto alla provvigione.
E ciò si collega a quanto stabilito dall’art. 1748 comma 6 c.c. che espressamente afferma: “L’agente è tenuto a restituire le provvigioni riscosse solo nella ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il terzo e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. È nullo ogni patto più sfavorevole all’agente.”; ovvero quando il contratto procacciato dall’agente non abbia esecuzione o tale mancata esecuzione sia dipesa da una causa non imputabile al preponente.
Detto ciò, sulla base di quanto indicato, occorre verificare nella fattispecie concreta, se il l’affare procacciato dall’agente non è stato concluso ovvero ha avuto esecuzione per una causa non imputabile al preponente.
Egregio Avvocato La ringrazio per la pronta risposta. Cofermo che l’Agente ha consegnato l’ordine all’Azienda e che lèAzienda ha diminticato di registrarlo nel sistema informatico di produzione. Conseguenza allo scadere del termine di consegna il materiale non risultava prodotto per cui il Cliente ha annullato l’ordine.
Cordiali saluti
Grazie a lei per averci contattato, rimaniamo a sua disposizione.
Cordiali Saluti
Buongiorno, gradirei il Vostro parere sul seguente quesito:
cassonetto posto sulla sede stradale a disposizione eslusiva del Condominio xyz.
su detto cassonetto viene posto un cartello A4 con l’icona telecamera e scritta a disposizione esclusi del Condominio xyz, la telecamera in realtà non esiste.
Domanda: l’operazione è lecita? occorrono permessi o autorizzioni? si incorre in sanzione?
Ringrazio anticipatamente per una cortese risposta
Cordiali saluti
Egregio Signore
l’informativa della telecamera in questione non mi sembra proprio conforme alla regole generali in materia, sia in primo luogo perchè la telecamera non esisterebbe quindi sarebbe una informativa falsa e sia perchè l’informativa, qualora la telecamera esistesse, dovrebbe essere collocata prima di entrare nella zona sorvegliata.
Cordialmente
Salve, avrei necessità di conoscere nel caso di Mia Moglie che è
totalmente a Mio carico e non possedendo beni o redditi di qualsiasi
tipo , avendo ricevuto una Cartella Esattoriale( Fonte INPS ) di
pagamento per imposte non pagate per la Liquidazione TFR anno 2018 ,
quando era ancora in attività lavorativa, anzi nella giornata di ieri è
giunto un sollecito con spese per ritardato pagamento e more , quindi in
questo caso potrei essere chiamato Io a saldare il debito in questione , eventualmente come potrei agire di conseguenza?
In attesa. Grazie. Cordiali Saluti.
Egregio Signore
molto dipende dal regime patrimoniale tra lei e sua moglie durante il matrimonio. Più precisamente se il regime patrimoniale è quello della comunione dei beni e uno dei coniugi contrae un debito, questo rientra nella comunione e quindi entrambi i coniugi possono essere ritenuti responsabili per il loro pagamento.
Cordialmente
Associazione Aletes Onlus
Buona sera Avv. Francesco Meatta, La Ringrazio vivamente della Sua Gentile risposta, il Nostro regime patrimoniale è la ” Comunione dei Beni “, e quindi mi può confermare che non vi è un alternativa a questa situazione in atto ? Cordiali Saluti.
Nel regime di comunione dei beni il debito di uno dei coniugi rientra nella comunione.
Buona sera Avv. Francesco Meatta, Grazie della Sua Gradita Disponibilità , e in ultima analisi desideravo conoscere se eventualmente si potrebbe transitare nel Regime della Separazione dei Beni , e con le modalità e i costi da sostenere per la medesima . Cordiali Saluti.
La separazione dei beni dopo il matrimonio deve essere fatta davanti ad un notaio, in quanto si tratta di un atto pubblico e deve essere trascritta sull’atto di matrimonio. Il costo può pertanto variare, a seconda delle tariffe praticate dal notaio, e comunque non dovrebbe superare i 2.000,00 euro.
Buonasera Avvocato Francesco Meatta,
le porgo questa domanda: l’intestazione temporanea del veicolo del “de cuius” da parte di un coerede configura
o non confugura l’accettazione tacita di eredità? Le sarei grato se ella potesse citare la norma in vigore.
Nel ringraziarla per l’attenzione porgo cordiali saluti , Alessandro
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza l’intestazione temporanea del veicolo del “de cuius” non configura l’accettazione tacita di eredità in quanto viene fatta in attesa di definizione della procedura di successione.
Cordialmente
Associazione Aletes
Buongiorno,gradrei il Vostro parere sul seguente quesito:
superbonus 110 versamento anticipo. L’organizzazione titolare degli accordi contrattuali per lavori di ecobonus e sismabonus,causa mancata cessione del credito con i relativi Enti corrispondenti, pur avendo espletato tutte le pratiche burocratiche per dare inizio ai lavori, non ha potuto/saputo realizzare gli accordi contrattuali.
Trascurando il rilevante danno oggettivo, premesso quanto sopra, come possiamo recuperare l’intera cifra versata come anticipo (da restituire a lavori terminati), senza tener conto delle modeste pratiche burocratiche svolte occorrenti per inizio lavori?
Egregio Signore
credo che in questi casi l’amministratore dovrebbe agire per ottenere la risoluzione del contratto dal momento che la banca non ha accettato la cessione del credito. In tal caso si ottiene la restituzione di eventuali caparre o anticipi sulla base di quanto stabilito dal contratto.
Cordialmente
Aletes Onlus
La Vostra iniziativa di consulenza gratuita svolta con comèetenza e coertesia è encomiabile.
Grazie
Vorrei una consulenza sul subentro nella locazione. La mia inquilina che ha un contratto di locazione di 3+2 anni, che scadrà nel febbraio 2025 (seconda scadenza) mi ha annunciato per email e poi per sms che “per problemi familiari” suoi , ha la necessità di far subentrare nel contratto una sua presunta cugina, che peraltro non fa parte del suo nucleo familiare.Mi vuole spingere a fare questo contratto di subentro, ma poi mi assicura che nell’appartamento continuerà ad abitare lei e la sua attuale famiglia, e mi assicura che pagherà l’affitto. Io non ci vedo chiaro in questa procedura tutt’ altro che trasparente. Se io facessi un contratto di subentro con un nuovo conduttore, che non è un suo familiare, il vecchio conduttore dovrebbe andarsene, o no? Se il nuovo conduttore non entra nella casa, questo sarebbe un subaffitto?E io dovrei ricevere il canone di affitto da un conduttore diverso da quello che è nella casa? E se poi il conduttore smette di pagarmi. io con chi dovrei rivalermi? Con chi ha firmato ilcontratto di subentro o con la precedente inquilina che continua a d abitare nella casa?E all’anagrafe condominiale dovrei comunicare il nome del nuovo conduttore anche se di fatto resta quello vecchio? Non so se questa procedura sia legale o no, chiedo il parere di un avvocato.
Gentile Signora
preliminarmente occorre affermare che il problema del subentro nella locazione è sempre argomento spinoso, da valutare accuratamente caso per caso. Il subentro nell’immobile di persona diversa da quella indicata nel contratto di locazione identifica un sub affitto; il canone di affitto deve essere pagato dalla persona indicata nel contratto di locazione e non da un conduttore diverso. Il punto focale è, per rispondere specificatamente al suo quesito che riporto: ” E se poi il conduttore smette di pagarmi. io con chi dovrei rivalermi? ”
la risposta corretta è che lei può rivalersi con chi ha firmato il contratto di locazione perchè quest’ultima persona è a tutti gli effetti il conduttore. E all’anagrafe condominiale deve comunicare il nome del nuovo conduttore (non del vecchio inquilino). Invero, in conclusione, non è una procedura perfettamente legale.
Cordialmente
Aletes Onlus
Salve, il principio di precisione (art. 25 della Costituzione) e il divieto di analogia (art. 14 preleggi) valgono anche per le pene accessorie, giusto?
Si anche nel caso di pene accessorie. Si tratta di principi generali
Buongiorno, vorrei un’informazione in merito alla pena accessoria della “chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione, nonché la revoca della licenza di esercizio o della concessione o dell’autorizzazione per le emittenti radiotelevisive”, prevista dall’art. 600 septies.2 del Codice Penale. Vorrei sapere se, dopo che un esercizio viene chiuso per la pena accessoria, il titolare dell’esercizio può continuare a svolgere l’attività lecita che svolgeva nell’esercizio altrove, in un esercizio di cui non sia titolare o in un altro posto o sul web. La persona in questione non potrà mai più riaprire un esercizio simile se non dopo l’eventuale riabilitazione, quindi non potrà riottenere la licenza o l’autorizzazione per riaprire l’esercizio, ma per l’attività non c’è necessariamente bisogno di un’autorizzazione o una licenza o l’iscrizione a un albo: per esempio, uno chef potrebbe possedere un ristorante che per la pena accessoria gli verrebbe chiuso, ma potrebbe continuare a esercitare la sua professione nel ristorante di qualcun altro perché per la professione dello chef, se non sbaglio, non sono necessarie autorizzazioni, licenze, iscrizioni ad albo, giusto? Ovviamente ho fatto l’esempio dello chef, ma potrei farlo con un’altra professione o attività per la quale non sia richiesta licenza, autorizzazione o iscrizione ad albo. Forse l’esempio dello chef non è neanche molto calzante, perché a me, in particolare, piacerebbe sapere di chi, proprio con la sua professione/attività, ha commesso nel suo esercizio uno dei reati puniti dalla pena accessoria, ma non svolge una professione/attività per la quale sia richiesta autorizzazione, licenza, iscrizione ad albo. Inoltre, la informo di tutto quello che sono riuscito a scoprire sulla pena accessoria, finora. So che con “esercizi” si intendono locali, luoghi fisici: non solo gli esercizi pubblici, ma anche i circoli privati. Io inizialmente credevo che con “esercizio” si alludesse anche a chi possedeva semplicemente una partita IVA, ma mi è stato detto che non è così, che la partita IVA non c’entra nulla. Inoltre, numerose ricerche su Google Books mi hanno confermato che per “esercizi” si intende ambienti, luoghi fisici. Quando si diede la notizia dell’approvazione della legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote, nel 2012, tutti i giornali scrissero che la pena accessoria riguardava solo “locali ed emittenti televisive”. Senza considerare la stessa Convenzione di Lanzarote, dove si fa riferimento a “strutture” (nella versione inglese “establishments”). Inoltre, un suo collega, in passato, ha escluso anche che con “esercizio” si possa fare riferimento a siti, blog, forum, social network, insomma al mondo di Internet, visto che “esercizi” significa ambienti, locali, luoghi fisici. Quindi suppongo che nel caso di esercizi di cui si abbia una pagina web (e ormai è normale che un esercizio abbia anche la sua pagina web, come nel caso di ristoranti, negozi, hotel), l’esercizio verrebbe chiuso e la pagina web, se il reato si è consumato anche (o solo) lì sopra, verrebbe sottoposta a sequestro/oscuramento.
Egregio Signore
L’art. 600 septies 2 prevede che alla condanna o all’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del cod. proc. pen. (c.d. patteggiamento) conseguono le pene accessorie, indicate di seguito nel medesimo articolo. Ciò in esecuzione della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale (ratifica con la L. 172/2012).
Preliminarmente, per una maggiore comprensione, dividiamo al disposizione in due parti: ” la chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente Sezione” (cit. Sezione I – Codice Penale – Dei delitti contro la personalità individuale) laddove per esercizi si intende attività svolta sotto il profilo materiale in strutture o locali, “nonché la revoca della licenza di esercizio o della concessione o dell’autorizzazione per le emittenti radiotelevisive”. Ne deriva che quella struttura verrà chiusa e la licenza verrà revocata. Se il titolare dell’esercizio ha la licenza revocata non potrà svolgere quella funzione altrove. La licenza è un contratto con cui regolare il permesso d’uso di una specifica proprietà intellettuale.
Si ribadisce infine che solo “la riabilitazione estingue le pene accessorie” secondo la disposizione di cui all’art. 178 Codice Penale.
Cordialmente
Aletes Onlus
Forse non sono stato abbastanza chiaro. Con “esercizi” non si intende “attività svolta in strutture”, ma semplicemente “strutture”, “luoghi fisici”, questo lo so per certo, come le dicevo.
Esistono una licenza che consente l’apertura di un esercizio e una eventuale licenza, concessione, iscrizione ad albo per svolgere una professione. Pensi a uno studio medico: c’è l’esercizio dove il medico riceve visite, per la cui apertura è stata richiesta una licenza o una concessione, e poi c’è il medico che svolge quella professione grazie all’iscrizione all’albo dei medici. Ora, non necessariamente per svolgere una professione è richiesta una licenza, un’autorizzazione, un’iscrizione a un albo.
La pena accessoria va a colpire “l’esercizio”, cioè il locale, il luogo dove viene svolta la professione perché la ratio della pena accessoria è quella di evitare la reiterazione del reato interrompendo il nesso di funzionalità che intercorre fra il luogo fisico e il reato stesso. Come va a colpire questo esercizio? Togliendo la licenza per l’esercizio e impedendo che possa essere riottenuta. Ma per la professione che si è svolta all’interno dell’esercizio, professione per la quale non sono richiesti titoli, iscrizioni ad albo o licenze e tramite la quale si è commesso il reato punito, non c’è la possibilità di svolgerla altrove, in un altro esercizio che appartiene a qualcun altro, in un altro posto, sul web? Stiamo parlando di una professione libera, una di quelle che non possono essere interdette secondo l’art. 30 del Codice Penale.
Inoltre, ho notato che, in questo spazio, qualcuno ha posto una domanda simile alla mia tempo fa. Riguardava l’attività di scrittura. Lei aveva detto che si può continuare a scrivere, nonostante la chiusura dell’esercizio dove il reato è stato commesso proprio con quella attività.
Si in quel caso, molto generico, si parlava di scrittura che non richiede sempre una licenza o una concessione o iscrizione ad albi o registri.
L’attività svolta attraverso una licenza è diversa da una attività o professione libera. Nel primo caso se la la licenza viene revocata ne consegue che quella attività non può essere svolta, in quanto viene a mancare un requisito necessario, ovvero la licenza.
L’anticipo di TFR, ottenuto per acquisto prima casa, può bloccato in caso di dimissioni volontarie?
Buongiorno vi contatto,in quanto sono proprietaria di un appartamento che ho affittato con un regolare contratto 3+2 ad una singola persona,ad oggi nell appartamento oltre al mio inquilino ci e’ venuta a vivere anche la sua compagna,( premetto che il contratto di affitto e’intestato solamente a lui ) ora il tizio mi chiede un nulla osta da rilasciare a mio nome,dove accetto che nell appartamento ci viva anche lei,in modo tale da fargli fare il cambio di residenza a quest ultima. Il mio quesito e’ ; a cosa vado incontro se dovessi rilasciargli questo nulla osta ???? Ovvero e’vincolante ai fini del contratto di affitto ??? Io preferirei lasciare la tizia fuori dal contesto di affitto,ma ho anche timore che se non gli rilascio quello che mi chiede,l inquilino puo’venir meno ai doveri di conduttore ( non rispettare la scadenza dell affitto,oppure non pagarlo proprio ) scusate ma se ne sentono talmente tante che io mi vorrei quantomeno tutelare !!! Grazie anticipatamente.
Gentile Signora
sinceramente non ho ben capito che cosa vuol dire “nulla osta” ai fini del rilascio della residenza. Credo si tratti di una dichiarazione di assenso del proprietario dell’immobile in quanto la compagna del suo inquilino, richiedente la residenza, non è titolare del contratto di locazione. In tali casi la valutazione è strettamente soggettiva. Nel senso che, sotto il profilo legale, essendoci un regolare contratto di locazione (3+2) non sussistono (o almeno non sussisterebbero) problemi con la locazione e, facendo una valutazione oggettiva ad ampio raggio, anche la residenza, rilasciata alla compagna dell’inquilino, non dovrebbe creare problematiche generali. Però, la valutazione, in questi casi, rimane per lo più soggettiva.
Cordialmente
Associazione Aletes
Per nulla osta si intende ,come ha detto lei di una dichiarazione di assenso rilasciata da me.
La ringrazio per la sua risposta esaustiva.
Cordiali Saluti
Ok, perfetto. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori comunicazioni o delucidazioni. Grazie per averci contattato e qualora abbia ulteriori dubbi non esiti a ri-contattarci.
Sono un lavoratore dipendente di una SpA. ho richiesto ed ottenuto l’anticipo di TFR per acquisto prima casa. Nel frattempo però ho presentato dimissioni volontarie .
Domanda: tali dimissioni bloccano l’anticipo di TFR? In dettaglio, fino a gennaio ( stipendio dicembre 2023) ho ricevuto l’aliquota pattuita di anticipo TFR. Poi questo mese nello stipendio di Gennaio 2024, a seguito dimissioni volontarie, ultimo giorno in azienda 29/03/2024, non ho ricevuto nulla
Egregio Signore
Con le dimissioni lei ha esercitato il recesso in modo unilaterale dal contratto di lavoro. In via generale con la cessazione del rapporto di lavoro la liquidazione del tfr (la cui quota viene accantonata ogni mese dal datore di lavoro) viene erogata alla fine del rapporto di lavoro (o successivamente alla chiusura dello stesso). Nel caso specifico, avendo richiesto un tfr anticipato per acquistare la prima casa per sé o per i figli e a seguito, nelle more della chiusura del rapporto di lavoro per dimissioni volontarie, verrà calcolato ( e di conseguenza erogato) la quota di TFR che residua.
Cordialmente
Associazione Aletes
In occasione di lavori previsti dal superbonus 110% la ditta appaltatrice ha mandato in casa mia 4 operai che si sono suddivisi in stanze diverse per sostituire gli infissi. Dopo un mese dalla fine dei lavori mi sono accorto che da un cassetto in camera da letto, che in genere resta sempre chiuso, sono spariti degli oggetti che avevo ingenuamente lasciati al loro posto (un anello d’oro, due catenine d’oro e tre medaglie d’argento). Preciso che vivo da solo e che da molti mesi nessuno è mai entrato in casa mia, all’infuori di quegli operai, per cui ritengo che gli oggetti siano stati rubati da uno o più di loro approfittando del fatto che trovandosi ognuno in una stanza diversa, non ho potuto seguire le mosse di tutti, che si sono anche alternati nelle diverse stanze. Vorrei sapere se posso agire legalmente, anche se non ho speranze di recuperare il maltolto. Grazie.
Egregio Signore
può fare denuncia contro ignoti (entro 3 mesi) indicando anche la presenza dei quattro operai presso la sua abitazione per la sostituzione degli infissi. Credo che non essendoci prove specifiche sia molto difficile procedere nei loro confronti.
Cordialmente
Aletes Onlus
Buon giorno Dottore Meatta,
già in agosto e settembre 2023 ho potuto usofruire dei suoi buoni consigli.
Nel caso che Le esporro si tratta di un piccolo terreno agricolo di circa 2000m2.
Questo terreno ha una larghezza sulla strada che é provinciale, di 32 metri, Quache anno fà, con pcocedura
legale con documenti ufficiali , la regione E- ROMAGNA ha effettuato un esproprio di 3 metri di profondità su
tutta la larghezza del terreno,( 32 ) per un totale di 96 m2. OK. Questo superfice non é più mia.
Il problema subentra nel fatto che sui 96 m2 espropriati esiteva ed esiste tutt’ora un canneto che si espande
anche sul mio terreno. Poiché un vicino intima di denunciarmi per terreno incolto con presenza di topi serperti ecc.(falso)
Io faccio il necessario per quanto riguarda la mia superfice, ma per quella espropriata, ho l’obbligo di tagliare
il canneto anche sulla superfice che non é più mia? Per questo interpello l’agenzia del territorio?
I vicini quello di destra e quello di sinistra mi chiedono che se vendo questo terreno sono propensi ad acquistalo. Da una parte vogliono fare delle denunce, poi dall’altra mi chiedono il terreno!
In caso di vendita posso vendere il terreno anche ad una persona che non é limitrofa ed anche ad un prezzo
inferiore?
Ringraziandola d’anticipo, Le porgo i miei più sinceri saluti!
Ferri Nazzareno
Egregio Signore
in ordine ai suoi quesiti:
– ho l’obbligo di tagliare il canneto anche sulla superfice che non é più mia?
No, non sussiste nessun obbligo perchè la pulizia del terreno è limitata al terreno di sua proprietà.
– In caso di vendita posso vendere il terreno anche ad una persona che non é limitrofa ed anche ad un prezzo inferiore?
– questa ipotesi è un pò più complessa. Sussiste, invero, il diritto di prelazione del confinante, purchè abbia la qualifica di coltivatore diretto. Ne consegue che il proprietario di un terreno agricolo che vuole venderlo, deve “prendere in considerazione” (attraverso una proposta di vendita) il proprietario del fondo confinante, purchè sia un coltivatore diretto. Il proprietario del terreno confinante ha 30 giorni di tempo della ricezione della proposta di vendita per esercitare il suo diritto di prelazione.
Cordialmente
Associazione Aletes
La ringrazio vivamente per i suoi chiarimenti .
Avevo omesso di dire che il confine opposto alla strada provinciale e me ne scuso, é delimitato
da un grande fosso di scolo di proprietà demaniale che separa giustamente il mio terreno da
un coltivatore diretto. Da considerare come quarto confinante malgrado la non acessibilità diretta
al mio terrreno? Ha sempre diritto di prelazione ad una vendita?
Posso infine donare ho cedere questo bene ha mio nipote dove ho già emesso procura speciale
ha suo nome dove puo anche ” vendersi ” questo immobile senza l’obblgo di prelazione?
la ringrezio
Ferri
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza il beneficio della prelazione in caso di vendita di un terreno agricolo spetta al confinante (ovvero che confina con il terreno oggetto della vendita) purchè sia un coltivatore diretto. Pertanto, per maggiore comprensione della questione, dal momento che non posso visionare nè planimetrie e nè visure catastali, le consiglio di chiedere un parere ad un notaio di sua fiducia, che comunque dovrà consultare in ogni caso per la conclusione dell’accordo.
In merito al quesito “Posso infine donare ho cedere questo bene ha mio nipote?”
Si, purchè ripeto non siano vigenti diritti di prelazione di confinanti.
Tale premura è necessaria per ono farla incorrere in future conseguenze legali.
Cordialmente
Associazione Aletes
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Buon giorno Avvocato
Il condominio ha citato in giudizio un condomino proprietario di un locale affittato ad un bar, che ha occupato lo spazio antistante il locale di probabile pertinenza della proprietà condominiale. Il condominio ha chiesto al giudice di deliberare in merito alla proprietà di tale spazio. Nella prima udienza i convenuti della controparte hanno rivendicato l’usucapione di tale spazio allegando documentazione. Il legale del condominio ha presentato la documentazione che contesta l’usucapione. Il giudice ha stabilito che il condomino citato in giudizio proceda all’integrazione del contraddittorio citando tutti i condomini, prima della prossima udienza fissata per il 1-1-2024.
Se la controparte non procede a tale integrazione del contraddittorio, citando gli altri condomini, cosa succede?
Si estingue il processo e il condomino, che rivendica l’usucapione, continuerà indisturbato a utilizzare lo spazio antistante il suo locale?
Grazie
Gentile Signora
la mancata integrazione del contraddittorio comporta l’estinzione immediata del processo. Se il processo si estingue la situazione regredisce, nella realtà materiale, allo stesso stato in cui era prima dell’instaurazione del giudizio.
E, per rispondere al suo quesito: “Si estingue il processo e il condomino, che rivendica l’usucapione, continuerà indisturbato a utilizzare lo spazio antistante il suo locale?” E’ altamente probabile.
Cordialmente
Associazione Aletes
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Buongiorno, avrei bisogno di un parere riguardo la prescrizione IMU. In data 26 marzo 2024 ho ricevuto un accertamento esecutivo con l’obbligo di pagare entro 60 giorni l’IMU (con relative sanzioni) per un terreno di cui sono stata proprietaria nell’anno 2018, e per il quale non ho mai ricevuto prima notifiche o solleciti da parte del Comune. Visto che dal 2018 sono passati 5 anni, è possibile che la suddetta cartella esattoriale non debba essere più pagata? In realtà sono confusa, anche perché da alcuni parti ho letto che al termine di prescrizione (nel mio caso il 31/12/23) bisogna aggiungere una proroga di 85 giorni come da decreto covid (e in tal caso il termine di prescrizione slitterebbe al 25/03/24, perché il 2024 è anno bisestile, anche se però la raccomandata mi è stata consegnata a casa – e da me firmata – il 26 marzo), mentre da altre parti ho letto che gli 85 giorni di proroga andrebbero aggiunti solo all’anno dell’emergenza covid (il 2020) e quindi non ai periodi d’imposta successivi al 2015. Confidando in un vostro consiglio, ringrazio per l’attenzione.
Gentile Signora
per quanto a nostra conoscenza il decreto legge n. 18/2020 (art. 67), ha disposto la sospensione dei termini relativi alle attivita’ di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori, con una proroga di ottantacinque giorni (8 marzo – 31 maggio) da aggiungersi ai termini ordinari (5 anni con scadenza al 31 dicembre 2023). Ne consegue che gli atti di accertamento esecutivi dell’anno 2018 (nel caso di specie mancato versamento IMU) slittano al 26 marzo 2024.
Le consiglio di rivolgere altresì il quesito ad un commercialista di sua fiducia che certamente sarà più preciso di noi, vertendo in materia tributaria.
Cordialmente
Associazione Aletes
Buonasera. Vorrei sapere se una partita IVA come ditta individuale (o una partita IVA come libero professionista o di altro tipo) potesse essere considerata come una licenza, un’autorizzazione o una concessione o un’iscrizione ad un albo o a un registro. Vorrei sapere questo per capire se l’attività di una persona che conosco può essere colpita dalla pena accessoria dell’interdizione da una professione prevista dall’art. 30 del Codice Penale.
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza la partita Iva è soltanto un regime fiscale.
Cordialmente
Associazione Aletes
Okay, questo significa che per la partita IVA come ditta individuale (o per una partita IVA da libero professionista o per una partita IVA di altro tipo) non si rischia neanche la pena accessoria della “chiusura degli esercizi”, prevista all’600 septies.2 del Codice Penale?
E’ indifferente (cit. partita IVA come ditta individuale o per una partita IVA da libero professionista o per una partita IVA di altro tipo) in quanto è un regime fiscale. La pena accessoria della “chiusura degli esercizi”, prevista all’art. 600 septies.2 del Codice Penale è svincolata dal regime fiscale e segue soltanto al pena principale, operando sul piano penale (e quindi personale).
Ok. Credevo che la partita IVA come ditta individuale (o come libero professionista o di altro tipo) andasse considerata come “esercizio”, ma non è così, è solo un regime fiscale, giusto?
Si certo è regime fiscale collegata ad una attività economica.
Quindi la partita IVA come ditta individuale (o come libero professionista o di altro tipo) non va considerata “esercizio”: me lo conferma?
la partita iva di per sè non è un esercizio economico ma è collegata ad un esercizio economico.
*all’art. 600 septies.2 del Codice Penale
Buonasera,
appartengo ad una associazione che controlla una fondazione.
Dallo statuto della fondazione: “La fondazione è retta da un Consiglio di Amministrazione che … … è composto da sette membri fra i quali è compreso di diritto il presidente dell’associazione il quale potrà farsi rappresentare dal segretario o da un consigliere dell’associazione.
Si vuole aggiungere il seguente articolo allo statuto dell’associazione:
1) Il presidente è membro di diritto del Consiglio di Amministrazione della fondazione. Può farsi rappresentare dal segretario o da un consigliere dell’associazione.
Lo stesso statuto in altro articolo precisa che ”Il vicepresidente [che è anche un consigliere, ndr] sostituisce il presidente, in caso di assenza od impedimento, nonché quando questi gliene dia incarico”. Parrebbe un controsenso designare il vicepresidente come sostituto del Presidente, ma non citarlo nell’articolo precedente, dove pure è stato menzionato esplicitamente il Segretario.
L’alternativa sarebbe il seguente articolo, da aggiungere allo statuto dell’associazione:
2) Il presidente è membro di diritto del Consiglio di Amministrazione della fondazione. Può farsi rappresentare dal vicepresidente o dal segretario o da un consigliere dell’associazione.
Ritengo che la modifica, di cui al punto 2, non creerebbe alcun conflitto con lo statuto della fondazione in quanto, se dal presidente dell’associazione viene nominato come suo sostituto il vicepresidente, questi non potrebbe che essere ritenuto idoneo dal Consiglio di Amministrazione della fondazione, perché, per statuto, il vicepresidente è anche consigliere dell’associazione e quindi rientra nella casistica prevista dallo statuto della fondazione.
Viceversa, non apportare la modifica di cui al punto 1, comporterebbe una innegabile discrepanza, sia pure solo formale, nello statuto dell’associazione.
Vi prego pertanto di farmi sapere se ritenete corretta la modifica di cui al punto 2 e se la ritenete da preferire all’altra modifica.
Vi ringrazio infinitamente e vi invio i più cordiali saluti.
Egregio Signore
Il presidente è membro di diritto (ovvero preside il) del Consiglio di Amministrazione della fondazione. E soprattutto il presidente ha la
rappresentanza legale della Fondazione. Solitamente nel caso di sua assenza o impossibilità subentra il vicepresidente nominato propriamente per tali scopi. Il presidente può delegare la rappresentanza ai vice presidenti e ad altri componenti d’intesa col segretario.
Solitamente si evita di delegare la rappresentanza dell’ente (o qualsiasi altra funzione) al segretario in quanto egli è un organo a tutti gli effetti della fondazione.
Pertanto, secondo il nostro parere si potrebbe vagliare l’ipotesi di inserire tale dicitura :
Il presidente è membro di diritto del Consiglio di Amministrazione della fondazione. Può farsi rappresentare dal vicepresidente o da altri componenti della commissione d’intesa col segretario.
Cordialmente
Associazione Aletes Onlus
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Salve,
il mio dubbio riguarda il trasferimento della cittadinanza dall’Italia ad un paese estero all’Unione Europea (l’Uruguay, nello specifico). Dando per vero ciò che ho letto, è requisito indispensabile non avere precedenti penali. Questo concetto è valido e a mio sfavore in ogni caso? Anche se le condizioni in essere durante l’atto per cui sono stato preso in causa e posto in Libertà Vigilata erano particolari quali durante i primissimi giorni di un Trattamento Sanitario Obbligatorio?
Egregio Signore
il requisito dell’assenza di precedenti penali è necessario ed indispensabile.
Cordialmente
Associazione Aletes
Buon giorno Egregio Avvocato
Sono stata citata singolarmente in giudizio insieme agli altri condomini per una integrazione di contraddittorio in una causa di usucapione.
Alcuni condomini si sono accordati per farsi rappresentare da un solo avvocato, che ha preventivato 1500 per il suo compenso e circa 400 per le spese processuali.
Vorrei sapere se le spese processuali per ogni condomino corrispondono a 400 euro oppure se l’intera somma di 1900 va ripartita tra i condomini rappresentati da un solo avvocato.
Grazie
Gentile Signora
occorrerebbe vedere il preventivo o parcella. Credo che €. 1.900,00 sia il totale per tutti condomini (Euro 1500 + 400 di spese).
Cordialmente
Associazione Aletes Onlus
Avvocato buongiorno, gradirei il Suo parere sul seguente quesito:
1995 – Dogana invia,INVITO A PAGATO, contestanto “reato”
1996 – respinta del “reato” contesato nel 1995
2000 – ricevuto copia di INVITO A PAGAMENTO già ricevuta nel 1995 precisando, N.B., IL PRESENTE ATTO E’ STATO EMESSO AI FINI INTERRUTTIVI DELLA PRESCRIZIONE.
Dal 2000 ad oggi nessun altro documento o richiesta è stato ricevuto. SI CHIEDE
L’atto interruttivo ricevuto nel 2000 è valido all’infinito o ha una scadenza prescrittiva?
Nel periodo 2000/2024 non vi è stato nessun Procwdimento a caico
Rngrazio e porgo cordiali sauti
Se dal 2000 ad oggi (2024) non è stato ricevuto notificato nulla la richiesta di pagamento si è estinta.
Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
OK, ANCORA GRAZIE
Accordo stabilizzazioni e collaborazioni Formazione Professionale del 7 agosto 2015, punto 2:
Gli Enti procederanno a proporre l’assunzione al personale che nell’anno formativo
2014/2015 ha ricevuto incarichi di collaborazione a partire dalle 400 ore di formazione
diretta o, comunque, per il personale eventualmente afferente a funzioni diverse da
quelle della formazione diretta, o in funzioni inquadrabili nelle aree contrattuali diverse,
con incarichi di collaborazione per almeno 795 ore, e per i quali è previsto a partire
dall’A.F. 2015-2016 un ulteriore impegno;
Significa che l’ente è obbligato a farlo o è solo un mero suggerimento che lascia comunque piena libertà all’ente?
Gentile Signora
dal tenore letterale non mi sembra un “suggerimento” ma una vera azione a cui adempiere da parte dell’ente preposto.
Cordialmente
Associazione Aletes
Buongiorno, abito in una palazzina di due appartamenti di cui uno è di mia proprietà. Ora i proprietari dell’altro vogliono vendere , ma poiché l’abitazione risale al 1959 non è in regola con le norme antisismiche previste ad oggi e quindi non possono vendere se prima non vengono fatti gli adeguamenti alla normativa odierna in materia antisismica che deve interessare l’intero fabbricato non solo l’appartamento da vendere.
Poiché per fare questo gli interventi strutturali sono costosi ed invasivi, ed io non ne sarei interessata, sono a chiedervi se sono ugualmente obbligata ad accettare di effettuare questi lavori di adeguamento e quindi pagare la mia parte o meno.
Inoltre per quanto riguarda i costi da sostenere con quale percentuale devo partecipare ? io sono la sola proprietaria del mio appartamento mentre dell’altro i proprietari sono due fratelli. Il costo va diviso per 2 o per 3?
Grazie dell’attenzione , attendo risposta. Distinti saluti.
Gentile Signora
l’adeguamento antisismico dell’edificio è obbligatorio in alcuni casi specifici, mentre nel caso di vendita dell’immobile è necessario il certificato antisismico ovvero il certificato che attesti la classe di rischio sismico dell’edificio, ossia la sua capacità di resistere ad un sisma. Nel suo caso non credo, da quello che lei scrive, che sia stato costituito un condominio, e in mancanza di tale entità è necessario un accordo tra le parti, proprietari dei singoli appartamenti in merito ai lavori da effettuare e i relativi costi.
Eventualmente i costi si dividono in base alle due unità immobiliari presenti nell’edificio, indipendemente dal numero di proprietari delle stesse.
Cordialmente
Associazione Aletes
(NON PUBBLICARE)
Mio zio, dopo il decesso della moglie (sorella di mia madre) e successivamente del figlio nel duemiladiciassette, rimase solo all’età di 92 anni. Si affidò a me e mia moglie, che da sempre eravamo punto di riferimento della sua famiglia molto problematica. Subito insistette per fare testamento presso un notaio designando il sottoscritto e mia moglie eredi universali della abitazione e del patrimonio bancario. Nel duemilaventi conobbe una badante che volle assumere al nero per alcune ore settimanali. Questa subito lo circuì, così da farsi regalare gioielli di famiglia, auto, assegni consistenti e la delega per prelievi bancari.In seguito lo zio confessò di aver fatto modificare il testamento (accompagnato di nascosto dalla badante), e di aver lasciato a lei l’appartamento, mentre tutto il patrimonio bancario a noi nipoti. Il notaio, alla morte dello zio (duemilaventitre) lesse a me e mia moglie il testamento modificato: aveva designato erede universale la badante, e soltanto il sottoscritto legatario per “il denaro che resterà”. Il notaio spiegò a noi e successivamente all’erede, che denaro significava contanti e titoli bancari. Infatti l’erede non si è mai presentata in banca a chiedere alcunché. La banca però ha affermato che per denaro intende soltanto il contante, per cui si rifiuta di liquidarmi titoli e azioni. Il notaio ha ribadito che le persone anziane per denaro intendono tutto, anche titoli e azioni, ma si rifiuta di rilasciare una dichiarazione ufficiale affermando che la volontà dello zio era quella a mio favore. Un avvocato mi ha consigliato di fare causa alla banca iniziando con richiesta di mediazione, ma la banca non si è presentata. Io, che ho già pagato anche le tasse di successione, perchè l’ufficio delle imposte ha riconosciuto i miei diritti, non so come procedere.
Chiedo un consiglio. Grazie.
Egregio Signore
preliminarmente occorre affermare che la situazione è abbastanza controversa nel senso che occorrerebbe analizzare il testamento e le esatte disposizioni del testatore. Nel senso che, secondo la mia opinione personale, per denaro si intende la moneta e banconote, intesa come liquidità; se nel testamento si parla di patrimonio bancario allora potrebbe intendere un pò tutto (ovvero denaro e titoli bancari). Però le consiglio comunque di proseguire l’azione nei confronti della banca, in quanto gli istituti di credito spesso si oppongono almeno in una prima fase per poi aprire un corridoio di trattative. Purtroppo oltre non riesco ad affermare in quanto, come detto precedentemente, occorrerebbe leggere e studiare il contenuto del testamento per poter dare una risposta più concreta.
Cordialmente
Associazione Aletes
Salve, vorrei un’informazione a proposito del reato di esercizio abusivo di una professione, se possibile. So che in caso di condanna è prevista la confisca di tutti gli oggetti che sono stati utilizzati per commettere il reato. Se viene confiscato un computer portatile, ne si può ricomprare un altro dopo aver scontato la pena principale?
Egregio Signore
si se viene confiscato un computer portatile si può ricomprare un altro, indipendentemente dalla pena principale.
Cordialmente
Associazione Aletes
Se a causa di un reato, di un qualsiasi reato, vengono sequestrati e/o confiscati un computer portatile, un cellulare, un blog (o sito Internet) o un account sui social media, è possibile, dopo aver scontato la pena detentiva, comprare un nuovo computer portatile e un nuovo cellulare e aprire un nuovo blog (o un nuovo sito Internet) e un nuovo account sui social media?
Quello che ha risposto al mio precedente quesito vale anche per questo?
Scusi potrebbe specificare meglio così possiamo formulare una risposta più concreta
Scusi, cosa non è chiaro di questo quesito: “Se a causa di un reato, di un qualsiasi reato, vengono sequestrati e/o confiscati un computer portatile, un cellulare, un blog (o sito Internet) o un account sui social media, è possibile, dopo aver scontato la pena detentiva, comprare un nuovo computer portatile e un nuovo cellulare e aprire un nuovo blog (o un nuovo sito Internet) e un nuovo account sui social media?”
La commissione di un reato non impedisce che dopo aver scontato la condanna si possa acquistare prodotti simili a quelli che sono stati sequestrati/confiscati o aprire nuovi blog, siti internet, profili social, giusto?
So che esiste l’interdittiva antimafia che può vietare l’acquisto di oggetti sequestrati/confiscati finché il divieto non viene meno per decisione del questore, ma non mi sto riferendo a quel caso, non mi sto riferendo all’interdittiva antimafia. Parlo di qualsiasi reato e di ciò che avviene dopo aver scontato una pena detentiva.
Uno dei reati di cui chiedo è l’esercizio abusivo della professione, ma mi interesserebbe sapere se si possono riacquistare tutte quelle cose e aprire nuovi blog, siti web e profili Facebook qualora venissero sequestrati/confiscati anche per altri reati?
Egregio Signore
dopo la condanna si può riacquistare qualsiasi materiale. Le cose sequestrate, quando non è necessario tenerle in sequestro a fini di prova, sono restituite al proprietario. Dopo la sentenza (definitiva) le cose sequestrate, se non ne è stata disposta la confisca, sono restituite a chi ne ha diritto.
Quello che ha risposto al mio precedente quesito vale anche per questo?
Buon giorno,gradirei il Suo parere sul seguente quesito: Due coniugi separati di fatto abitano, singolarmente, in due appartamenti di proprietà di ciascuno di loro e residenti nello stasso Comune. Si chiede, hanno diritto alla esenzione IMU? Ovviamente possono documentare consumi di luce riscaldamento spese Condominiali ecc.
Ringrazio anticipatamente e La saluto cordialmente
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza l’esenzione Imu avviene quando la casa è un luogo di residenza e dimora abituale del contribuente. Le consiglio di inoltrare la relativa domanda anche ad un commercialista di su fiducia, che certamente sarà più preciso sul punto.
Cordialmente
Aletes Onlus