La condotta oppositiva della madre del minore che ostacoli in ogni modo il rapporto del figlio con il padre, tenendo anche conto della evidente conflittualità esistente tra i genitori, viola il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione (Cass., 8 aprile 2019, n. 9764; Cass., 23 settembre 2015, n. 18817; Cass., 22 maggio 2014, n. 11412).
Tale orientamento trova riscontro nella giurisprudenza della Corte Edu, che, chiamata a pronunciarsi sul rispetto della vita familiare di cui all’art. 8 CEDU, pur riconoscendo all’autorità giudiziaria ampia libertà in materia di diritto di affidamento di un figlio di età minore, ha precisato che è comunque necessario un rigoroso controllo sulle “restrizioni supplementari”, ovvero quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di cui all’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, onde scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età ed uno dei genitori (Corte EDU, 9 febbraio 2017, Solarino c. Italia).
La Corte EDU, quindi, invita le Autorità nazionali ad adottare tutte le misure atte a mantenere i legami tra il genitore e i figli, affermando che “per un genitore e suo figlio, stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita familiare” (Kutzner c. Germania, n. 46544/99, CEDU 2002) e che “le misure interne che lo impediscono costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall’art. 8 della Convenzione” (K. E T. c. Finlandia, n. 25702/94, CEDU 2001).
I giudici di Strasburgo, inoltre, hanno precisato che, in un quadro di osservanza della frequentazione tra genitore e figlio, gli obblighi positivi da adottarsi dalle autorità degli Stati nazionali, per garantire effettività della vita privata o familiare nei termini di cui all’art. 8 della Convenzione EDU, non si limitano al controllo che il bambino possa incontrare il proprio genitore o avere contatti con lui, ma includono l’insieme delle misure preparatorie che, non automatiche e stereotipate, permettono di raggiungere questo risultato, nella preliminare esigenza che le misure deputate a ravvicinare il genitore al figlio rispondano a rapida attuazione, perchè il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui (Corte EDU, 29 gennaio 2013, Lombardo c. Italia).
In particolare, nella pronuncia da ultimo richiamata, la Corte EDU ha affermato che era stato violato l’art. 8 della Convenzione da parte dello Stato italiano, in un caso in cui le autorità giudiziarie, a fronte degli ostacoli opposti dalla madre affidataria, ma anche dalla stessa figlia minorenne, a che il padre esercitasse effettivamente e con continuità il diritto di visita, non si erano impegnate a mettere in atto tutte le misure necessarie a mantenere il legale familiare tra padre e figlia minore, attraverso un concreto ed effettivo esercizio del diritto di visita nel contesto di una separazione legale tra i genitori.
Nello specifico, i giudici Europei hanno messo in evidenza che quelle autorità si erano limitate reiteratamente e con formule stereotipate a confermare i propri provvedimenti, nonchè a prescrivere l’intervento dei servizi sociali, cui erano richieste di volta in volta informazioni e delegata una generica funzione di controllo, così determinandosi il consolidamento di una situazione di fatto pregiudizievole per il padre, mentre avrebbero potuto rapidamente adottare misure specifiche per il ripristino della collaborazione tra i genitori e dei rapporti tra il padre e la figlia, anche avvalendosi della mediazione dei servizi sociali.
Nel caso in esame i giudici di merito hanno omesso di prendere in esame quale fatto decisivo della controversia la condotta oppositiva della madre, quale risulterebbe dai fatti documentali introdotti nel giudizio dal padre del minore, su cui non svolgono alcuna considerazione, pur trattandosi di una condotta gravemente lesiva del diritto del minore alla bigenitorialità,… ., mancando nel contempo di apprezzare, avuto riguardo alla posizione del genitore collocatario, che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e sana. Ancora, i giudici di merito non hanno motivato sulle ragioni del rifiuto del padre da parte del figlio e sono venuti meno all’obbligo di verificare, in concreto, l’esistenza dei denunciati comportamenti volti all’allontanamento fisico e affettivo del figlio minore dall’altro genitore, potendo il giudice di merito, a tal fine, utilizzare i comuni mezzi di prova tipici e specifici della materia, ivi compreso l’ascolto del minore, e anche le presunzioni (desumendo eventualmente elementi anche dalla presenza, ove esistente, di legame “peculiari” tra il figlio e uno dei genitori).
Tali comportamenti, infatti, ove accertati, sicuramente pregiudicherebbero il diritto del figlio alla bigenitorialità e ad una sua crescita equilibrata e serena.
La Corte di legittimità, al riguardo, ha avuto occasione di osservare che, in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenuto conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, nonchè della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore (Cass., 23 settembre 2015, n. 18817).
Corte di Cassazione, ordinanza n. 28723 del 16 dicembre 2020