Il Carretto Siciliano: Arte e Tradizioni di altri tempi

Vi è mai capitato, andando in vacanza in Sicilia, magari durante una festa tradizionale, di imbattervi in una giostra di immagini, fantasie e colori proprie di un bel carretto siciliano?

Pare che questo originale veicolo fosse già usato ai tempi di Federico II di Svevia (1194-1250), uno tra i più raffinati, affascinanti e colti re della storia innamorato delle terre del sud.

Il suo impiego si diffuse soltanto nella prima metà del diciannovesimo secolo quando vi fu una netta trasformazione della rete viaria dovuta all’ industrializzazione civile e commerciale del paese.

Fino a quel momento infatti, lo scarso sviluppo delle strade nella Trinacria non aveva certo avvantaggiato i trasporti su ruote, rendendo particolarmente gravoso il lavoro degli animali, di solito muli, a volte uomini-schiavi, costretti a trascinare i loro padroni su lettighe e portantine per mezzo di stanghe.

La caratteristica delle ruote molto alte rispondeva all’esigenza di dover superare le difficoltà delle “regie trazzere”, ovvero grandi sentieri con salite ripidissime e curve strette, soggette altresì a frane e piene di fossati; di conseguenza, l’altezza serviva efficacemente a tenere a debita distanza vipere e altri pericolosi animali durante l’attraversamento delle campagne.

Dopo l’annessione all’Italia (1860), nacquero i primi carretti “a colori”, contemporaneamente all’Opera dei Pupi in teatro.

Ma la prima descrizione abbastanza dettagliata di un carretto siciliano risale in realtà al 1833, e si trova nel resoconto di un viaggio intrapreso in Sicilia dal letterato francese Jean Baptiste Gonzalve del Nervo (1840-1897) il quale fu il primo viaggiatore a raccontare di aver visto, sulle strade siciliane, dei carretti recanti sulle fiancate l’immagine della Vergine Maria e di alcuni Santi, secondo un metodo di pittura su vetro molto popolare in quei tempi in Sicilia:

“(Ci sono) specie di piccoli carri, montati su un asse di legno molto alto; sono quasi tutti dipinti in blu… e il loro cavallo, coperto da una bardatura ornata di placche di cuoio e di chiodi dorati, porta sulla testa un pennacchio di colore giallo e rosso”.

Difatti, sono proprio questi i due colori che simboleggiano la Sicilia.

Principalmente, il carretto siciliano nacque come strumento di trasporto per merci e persone e la sua storia è strettamente collegata a quella dell’Isola.

Era utilizzato anche per lo spostamento di operai e ve n’era un tipo con le ruote grandi e altissime il quale serviva per dislocare il sale dal luogo di raccolta a quello di destinazione.

C’erano anche dei carretti definiti impropriamente in “arte povera”, veri miracoli d’intaglio e decoro, privi di colore ma di altissimo pregio, frutto dell’abilità di bravissimi ebanisti.

Erano prerogativa dei vignaioli e trasportavano l’uva dalle vigne alle cantine.

Nell’Ottocento quindi, i collegamenti tra campagne e centri urbanizzati erano assicurati quasi esclusivamente dai carrettieri. I primi a farne uso furono i venditori ambulanti che cercavano di attirare l’attenzione di potenziali clienti con quei colori vivaci.

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