Gli articoli 1 e 2 della Legge n. 1089/1939 prevedono la tutela rispettivamente dei beni (cose mobili o immobili) di interesse storico, artistico, archeologico, etnografico (art. 1) e di beni di interesse particolarmente importante per il loro riferimento alla storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere (art. 2).
L’art. 11 della stessa Legge vieta delle suddette cose una destinazione ed un uso non compatibile con il loro carattere e, comunque, tale da pregiudicarne la conservazione e l’integrità.
La tutela dei beni è determinata dal loro valore “culturale” e dal relativo interesse pubblico, da accertarsi con atto amministrativo discrezionale, soggetto al sindacato del giudice amministrativo.
Il valore culturale dei beni di cui all’art. 2 su richiamato è dato dal collegamento del loro uso e della loro utilizzazione pregressi con accadimenti della storia, della civiltà o del costume anche locale.
In altri termini, essi possono essere stati o sono luoghi di incontri e di convegni di artisti, letterati, poeti, musicisti ecc.; sedi di dibattiti e discussioni sui più vari temi di cultura, comunque di interesse storico-culturale, rilevante ed importante, da accertarsi dalla pubblica amministrazione competente.
La detta utilizzazione non assume rilievo autonomo, separato e distinto dal bene ma si compenetra nelle cose che ne costituiscono il supporto materiale e, quindi, non può essere protetta separatamente dal bene.
L’esigenza di protezione culturale dei beni, determinata dalla loro utilizzazione e dal loro uso pregressi, si estrinseca in un vincolo di destinazione che agisce sulla proprietà del bene e può trovare giustificazione, per i profili costituzionali, nella funzione sociale che la proprietà privata deve svolgere (art. 42 della Costituzione).
Il vincolo non può assolutamente riguardare l’attività culturale in sé e per sé, cioè, considerata separatamente dal bene, la quale attività, invece, deve essere libera secondo i precetti costituzionali (artt. 2, 9 e 33 della Costituzione).
La stessa iniziativa economica è libera, salvo il suo indirizzo e coordinamento a fini sociali a mezzo leggi (art. 41 della Costituzione).
Vi sono certamente attività culturali (c.d. beni-attività) che lo Stato tutela con incentivi vari, specie di natura finanziaria, disposti con leggi apposite, distinte da quella in esame.
Anche i centri storici hanno una protezione particolare e peculiare.
L’art. 4 del Decreto Legge n. 832 del 1986, convertito in Legge n. 15 del 1987, demanda alla discrezionalità del sindaco, in occasione del rilascio delle licenze di commercio per i locali siti nelle varie zone del centro storico, la valutazione della compatibilità di alcune attività commerciali con le caratteristiche delle suddette zone.
In particolare l’art. 9 della Costituzione impegna la Repubblica ad assicurare, tra l’altro, la promozione e lo sviluppo della cultura nonché la tutela del patrimonio storico ed artistico della Nazione, quale testimonianza materiale della civiltà e della cultura del Paese.
Anche per quanto si desume da altri precetti costituzionali, lo Stato deve curare la formazione culturale dei consociati alla quale concorre ogni valore idoneo a sollecitare e ad arricchire la loro sensibilità come persone, nonché il perfezionamento della loro personalità ed il progresso anche spirituale oltre che materiale.
In particolare, lo Stato, nel porsi gli obiettivi della promozione e dello sviluppo della cultura, deve provvedere alla tutela dei beni che sono testimonianza materiale di essa ed assumono rilievo strumentale per il raggiungimento dei suddetti obiettivi sia per il loro valore culturale intrinseco sia per il riferimento alla storia della civiltà e del costume anche locale.
Corte Costituzionale, 6 marzo 1990 n. 118.