Articolo 8 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, (“la Convenzione”)
Nel caso di specie il ricorrente denuncia altresì la violazione del diritto al rispetto della propria vita familiare a causa del regime detentivo speciale, e si appella all’articolo 8 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, così redatto:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. “
2. Non può aversi interferenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto a meno che questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la sicurezza pubblica, per il benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà degli altri.“
La Corte ricorda di aver già dovuto deliberare sul fatto di sapere se le limitazioni previste dall’applicazione dell’articolo 41bis in materia di vita privata e familiare di alcuni detenuti nonché l’allontanamento dal luogo di detenzione dal domicilio della famiglia di un detenuto costituiscano delle ingerenze ingiustificate dal punto di vista del paragrafo 2 dell’articolo 8 della Convenzione (vedi la sentenza Messina c. Italia (n° 2), n° 25498, §§ 59-74, CEDU 2000-X e Indelicato c. Italia (dec.), n° 31143/96, 6 luglio 2000).
La Corte ricorda la sua giurisprudenza secondo cui il regime previsto dall’articolo 41bis tende a tagliare i legami esistenti tra la persona interessata e il suo ambiente criminoso di provenienza, per ridurre il rischio di veder utilizzare i contatti personali di tali detenuti con le strutture delle organizzazioni criminose del suddetto ambiente.
Prima dell’introduzione del regime speciale, molti pericolosi detenuti riuscivano a conservare la loro posizione in seno all’organizzazione criminosa a cui appartenevano, a scambiare informazioni con gli altri detenuti e con l’esterno, ed a organizzare ed a far eseguire crimini.
La Corte ha ritenuto che, tenuto conto della specificità del fenomeno della criminalità organizzata, soprattutto di stampo mafioso, e del fatto che spesso le visite familiari sono state il tramite di ordini e di istruzioni per il mondo esterno, le restrizioni, certo notevoli, delle visite e i controlli che ne accompagnano lo svolgimento, nonché l’allontanamento dalla famiglia non possono risultare sproporzionate rispetto ai legittimi scopi perseguiti (vedi Salvatore c. Italia (dec.), n° 37827/97, 9 gennaio 2001).
Per concludere, la Corte ritiene che le limitazioni al diritto del ricorrente al rispetto della propria vita familiare non siano andate oltre quanto, ai sensi dell’articolo 8 § 2, è necessario, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione del crimine.
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sentenza dell’8 gennaio 2008 – Ricorso n. 9870/04 – Ercolano c/Italia