La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento torna nuovamente a pronunciarsi in relazione alla mancata trasmissione degli atti al Prefetto per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida a seguito dell’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova per il reato di guida in stato di ebbrezza.
Ed invero, va ricordato che, ancora di recente la giurisprudenza di legittimità, in plurime pronunce, (Cass., Sez. 4, n. 29639 del 23/6/2016; Cass., Sez. 4, n. 40069 del 17/9/2015) ha affermato il principio di diritto, proprio definendo casi di guida in stato di ebbrezza in relazione all’art. 186 CdS secondo cui il giudice il quale pronunci sentenza di intervenuta estinzione del reato ex art. 168 ter comma 2 C.p. per positivo esito della messa alla prova, non può e non deve applicare la sanzione amministrativa accessoria, che verrà poi applicata dal Prefetto competente a seguito di trasmissione degli atti da parte del cancelliere ed in seguito a passaggio in giudicato della sentenza che tale estinzione del reato accerta e dichiara (ex art. 224, comma 3, CdS).
La sanzione amministrativa deve essere applicata in forza dell’art. 168 ter, comma 2, C.p., che stabilisce che l’estinzione del reato, conseguente al buon esito della prova, “non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge“. E nel caso della sanzione amministrativa della sospensione della patente, la competenza all’irrogazione della stessa all’esito della positiva messa alla prova e dell’estinzione del reato, va individuata, ai sensi dell’art. 224 comma 3 CdS in capo al Prefetto.
L’art. 224, comma 3, CdS, dopo avere stabilito che la declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputato importa l’estinzione della sanzione amministrativa accessoria, prevede ulteriormente che, nel caso di estinzione del reato per altra causa, fra cui si può far rientrare quella derivante dall’esito positivo della messa alla prova, la sanzione amministrativa accessoria viene applicata, previa verifica dei presupposti di legge, dal Prefetto.
Non deve, pertanto, fuorviare il contenuto degli artt. 186 comma 9 bis e 187 comma 8 bis, CdS, che, come è noto, nel caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, attribuiscono al giudice il potere di dichiarare estinto il reato e di ridurre alla metà la sanzione della sospensione della patente. Ciò in quanto, pur essendo l’istituto della messa alla prova, previsto dall’art. 168 bis C.p. e quello del lavoro di pubblica utilità, previsto dagli artt. 186 comma 9 bis e 187 comma 8 bis CdS, accomunati dal fatto che integrano entrambi una causa di estinzione del reato e si riferiscono alla medesima sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, ciononostante, i suddetti due istituti si distinguono tra loro, in quanto l’istituto della messa alla prova prescinde dall’accertamento di una penale responsabilità ed ha come finalità quella di pervenire ad una composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, mentre l’istituto del lavoro di pubblica utilità presuppone l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato (tramite la celebrazione del giudizio in forma dibattimentale, oppure con lo svolgimento del rito abbreviato, o, comunque, la sua definizione con l’adozione dell’applicazione di pena ex art. 444 C.p.P. o anche con decreto penale di condanna non opposto) e la condanna dello stesso ad una pena, che viene poi convertita nella forma alternativa di espiazione, costituita per l’appunto dal lavoro di pubblica utilità.
Dall’ontologica differenza dei due istituti, non implicando la messa alla prova un preventivo accertamento della penale responsabilità, che invece costituisce il presupposto del differente istituto del lavoro di pubblica utilità, discende che al nuovo istituto della messa alla prova non possa essere applicatala procedura prevista dagli artt. 186 comma 9 bis e 187 comma 8 bis, CdS, che attribuisce, in deroga alla regola generale di cui all’art. 224, comma 3, CdS, al Giudice la competenza ad applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente.
Di talché, in difetto di assimilabilità dell’istituto della messa alla prova all’istituto del lavoro di pubblica utilità, in regime di messa alla prova torna ad operare la regola generale di cui all’art. 224, comma 3, CdS, che radica la competenza in capo al Prefetto.
Va ricordato che già in passato la giurisprudenza di legittimità aveva chiarito (vedasi le sentenze 34293/2004 e 41818/2009) che il giudice, nei casi in cui dichiarava l’estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per intervenuta oblazione, non potesse applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, che andava rimessa, invece, ai sensi dell’art. 224, comma 3, CdS, al Prefetto. Lo stesso secondo comma dell’art. 221 CdS, inoltre, prevede espressamente che la competenza del giudice penale in ordine alla violazione amministrativa cessa se il procedimento penale si chiude per estinzione del reato o per difetto di una condizione di procedibilità.
Occorre altresì ribadire l’orientamento già espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di circolazione stradale, non sussiste alcun obbligo a carico del giudice che accerti con sentenza il reato di guida in stato di ebbrezza, anche se poi ne dichiari l’estinzione per esito positivo della messa alla prova, di trasmettere gli atti al Prefetto per l’applicazione della sanzione amministrativa della sospensione della patente, potendo a ciò provvedere anche il PM e potendo il medesimo Prefetto richiedere l’invio degli atti (Cass., Sez. 4, n. 6528 del 9/1/2018; Cass., Sez. 4, n. 12219 del 23/2/2017; Cass., Sez. 4, n. 3474 del 12/12/2007; Cass., Sez. 6, n. 11632 del 22/01/2007).
Il principio trova peraltro conferma in altra condivisibile pronuncia con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal pubblico ministero avverso una sentenza di non doversi procedere (nella specie: per intervenuta remissione di querela) che non aveva disposto la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa ex art. 221, comma secondo, CdS, potendo la parte impugnante procedere all’adempimento omesso personalmente, ovvero facendone richiesta all’ufficio del giudice che aveva emesso il provvedimento (Cass., Sez. 4, n. 5061 del 13/1/2010).
In altra materia, ma in situazione analoga è stato anche affermato che non è nulla la sentenza di non luogo a procedere per uso personale di stupefacenti che abbia omesso di disporre la trasmissione degli atti al prefetto a norma dell’art. 75 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), in quanto tale trasmissione non rientra nella tipologia delle disposizioni da adottare obbligatoriamente con la decisione che definisce una fase o un grado del giudizio (Cass., Sez. 6, n. 40672 del 30/10/2006).
A tale conclusione si perviene, come ricordato in altro condivisibile arresto della Corte di legittimità (Cass., Sez. 4, n. 14536 del 15/4/2010), in quanto, come è noto, ogni mezzo di impugnazione è finalizzato ad ottenere una pronunzia che modifichi o metta nel nulla, in tutto o in parte, una decisione che l’impugnante ritiene pregiudizievole per i propri interessi.
Purtuttavia, quando la parte è in condizione di far venir meno gli effetti della pronuncia senza dover richiedere l’intervento del giudice nel grado superiore, viene meno l’interesse concreto ad impugnare, pur se la decisione dovesse ritenersi, in ipotesi, erronea (cfr. Cass., Sez. Un., n. 4419 del 25/1/2005). E ciò si verifica anche nel caso di omessa pronuncia, ove la parte interessata possa ovviare direttamente alla stessa.
Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 16700 Anno 2021