Applicazione della recidiva
L’applicazione della recidiva segue le disposizione di all’art. 99 Codice Penale:
Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.
La pena può essere aumentata fino alla metà:
1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole;
2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;
3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l’esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all’esecuzione della pena.
Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l’aumento di pena è della metà.Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l’aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terzi.
Se si tratta di uno dei delitti indicati all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l’aumento della pena per la recidiva, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto.
In nessun caso l’aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.
Le Sezioni Unite della Corte di legittimità hanno qualificato la recidiva come circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole, hanno ribadito che essa va obbligatoriamente contestata dal pubblico ministero però il giudice può escluderla; hanno assegnato al giudice il compito di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (così Cass., Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, nel medesimo senso Cass., Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011; Cass., Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011; Cass., Sez. U, n. 31669 del 23/06/2016).
Corte di Cassazione Penale sentenza Sez. 5 n. 9325 del 2021