La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la sostituzione della pena applicata con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 186, comma 9 bis, Codice della Strada, nonostante ricorra l’aggravante di aver provocato un incidente stradale.
A parere del Procuratore generale è del tutto irrilevante, nel caso di specie, che, all’esito del giudizio di bilanciamento con una circostanza attenuante, l’aggravante di aver provocato un incidente stradale non abbia influito sul trattamento sanzionatorio, poiché ciò non elide gli effetti che la legge ricollega all’aggravante, pur se sfavorevoli all’imputato.
A norma dell’art. 186, comma 9 bis, Codice della Strada, la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita con quella del lavoro di pubblica utilità soltanto al di fuori dei casi previsti dal comma 2 bis.
L’art. 186, comma 9-bis, Codice della Strada, esclude dunque testualmente la
sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilità in presenza dell’aggravante di cui all’art. 186, comma 2-bis, Codice della Strada.
Nel caso di specie la suddetta aggravante risulta contestata e ritenuta, per avere l’imputato provocato un incidente stradale, perdendo il controllo dell’auto da lui guidata, nell’affrontare una curva volgente a sinistra, anche a causa del fondo bagnato e alquanto sconnesso, urtando un terrapieno posto sulla sua destra e ribaltandosi su un fianco, a ridosso del ciglio della strada. Il giudice ha dunque ravvisato l’aggravante di cui al comma 2 bis ma, nonostante ciò, ha sostituito la pena applicata con il lavoro di pubblica utilità. Tale statuizione viola l’art. 186 comma 9 bis Codice della Strada, poiché la sussistenza della aggravante in disamina escludeva la predetta sostituzione in quanto la preclusione opera anche qualora l’aggravante sia stata ritenuta equivalente o, come nel caso in esame, subvalente in sede di giudizio di bilanciamento (Cass., Sez. 4, n. 37743 del 28-5-2013; Sez 4, n. 48534 del 24-10-2013). Quest’ultimo vale infatti solo quoad poenam e non elimina la sussistenza dell’aggravante in esame ma semplicemente ne paralizza l’effetto aggravatorio sulla pena (Cass., Sez. 4, n. 6739 del 3-2-2015), poiché la preclusione deriva dal semplice ricorrere della circostanza aggravante, a prescindere dall’incidenza o meno sul quantum della pena.
Corte di Cassazione Sez. 4, n. 38009/2022